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Prologo
La pioggia batteva insistente
sul taxi in corsa, grossi rivoli rigavano i finestrini e quel fragore mi rendeva
ancora più nervosa di quanto già non fossi. Stringevo tra le dita il biglietto
da visita con l’indirizzo, scritto ad inchiostro rosso sangue, che avevo appena
sussurrato a denti stretti al conducente. Il cuore mi martellava in gola e
continuavo a guardare dietro nel buio per controllare se qualche auto ci
seguisse. Ero in fuga, ero nel panico assoluto e mi stavo dirigendo verso
l’unica persona in grado di proteggermi si, ma che forse nemmeno si ricordava di
me e che forse non aveva la minima intenzione di aiutarmi. Ma dovevo provarci.
Ero in pericolo, mi ero trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato ma se
fossi stata una passante comune me la sarei cavata facilmente con qualche
intimidazione in cambio della bocca chiusa, ma io non ero una passante comune e
loro lo sapevano. Non avrei dovuto vedere ciò che avevo visto e per mettermi a
tacere loro avrebbero usato un solo ed efficace metodo…
Il taxi frenò di colpo e per
poco non sbattei la fronte contro il vetro, guardai fuori dal finestrino. Una
piccola villa si stagliava contro il cielo grigio, tutte le finestre erano
chiuse con tende, sembrava disabitata… sperai ardentemente in cuor mio che non
fosse così. Pagai velocemente il conducente e scesi dal taxi affondando
completamente con i piedi in una pozzanghera, quella era davvero la mia giornata
sfortunata! La pioggia mi cadeva potente sul viso schiacciandomi i capelli sugli
occhi, alcune gocce mi scivolarono nella maglietta lungo la schiena facendomi
rabbrividire di freddo. Mi strinsi le braccia intorno al corpo, mi feci forza e
mi avvicinai al citofono alla destra del cancello che proteggeva la villa.
Attraverso le sbarre vidi che l’intero giardino era allagato e il vialetto era
diventato un ruscello. Scossi la testa e premetti il pulsante accanto al quale
non c’era alcun nome che indicasse i proprietari della casa.
Attesi qualche minuto ma
nessuno mi rispose, oramai ero un pezzo di ghiaccio e avevo gli abiti zuppi.
Premetti con maggiore energia e per maggior tempo il pulsante, quasi con rabbia.
Ti prego rispondi ti prego ti prego ti prego!
Un ronzio mi fece sobbalzare,
poi una voce chiese:
- Si chi è?-
Era delicata, avvolgente come
la seta, un brivido d’emozione risalì lungo la mia schiena. Era lui non ne avevo
dubbi. Presi fiato e cercai di rispondere con voce ferma.
- Sono Katleen -
- Katleen? – domandò e la sua
voce mi schiaffeggiò come una folata di vento invernale. Sospirai demoralizzata,
lo sapevo non si ricordava di me ed io che dopo tutto quel tempo ancora ci
speravo. Deglutii a fatica e presi a snocciolare il discorso che mentalmente mi
ero preparata nel taxi nell’eventualità che lui non si ricordasse, ma non fu
così semplice come credevo.
- Katleen
Combs..
lo so che non ti ricordi di me, ma otto anni fa noi ci siamo incontrati.. mi
avevi detto che.. ecco.. io avrei bisogno di un posto dove.. -
- Katie! – la sua voce mi
interruppe, un misto tra il sorpreso e il felice, era dolce quasi palpabile,
troppo netta per provenire dal citofono. Mi voltai verso il cancello e tra le
sbarre scorsi un viso diafano e due occhi grigi e profondi che mi guardavano. Si
mosse lentamente con eleganza felina, aprì il cancello e mi porse la mano, io
allungai la mia continuando a fissarlo negli occhi incantata, mi tirò davanti a
se.
- Gabriel… - sussurrai
assaporando quel nome come un gustoso cioccolatino. Lui mi stringeva ancora la
mano nella sua e sorrideva. Era così bello coi lunghi capelli scuri che gli
incorniciavano il viso e gli occhi grigi e magnetici, era bello come la prima
volta che lo avevo incontrato, era rimasto immutato negli anni. La pioggia
continuava a scorrere su di noi che seguitavamo immobili a guardarci, era come
se il tempo si fosse cristallizzato rendendo tutto irreale.
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