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3.
- Vieni entriamo in casa – mi
disse e io lo seguii a testa china sotto la pioggia.
L’interno della casa era buio
illuminato solo da qualche candela, sulla destra si intravedeva un salotto
rischiarato dal bagliore del camino, sulla sinistra c’era una porta a vetri
chiusa e una scala che saliva al piano superiore.
- Torno subito, aspettami qui.
–
Si allontanò da me sparendo
nell’oscurità e io rimasi sola a fissarmi intorno, mi diressi verso il salotto,
gettai su una sedia la mia borsa e mi accostai al fuoco per riscaldarmi, avevo
le mani gelide. Dopo qualche minuto lui tornò e tra le mani reggeva degli abiti
asciutti.
- Cambiati o altrimenti ti
ammalerai! – disse con un espressione che non ammetteva obiezioni e lo seguii
davanti ad una porta di legno scuro che conduceva al bagno. Mi porse il fagotto
di abiti asciutti con un sorriso malizioso dipinto sulle labbra, mi fissava
insistentemente ma mi accorsi che non mi stava assolutamente guardando in
faccia.
- Vedo che sei cresciuta! –
affermò ammiccando e continuando a sorridere, io allora abbassai il capo e capii
a cosa lui alludesse. La pioggia aveva completamente bagnato la camicetta bianca
che portavo sotto il giubbotto, rendendola trasparente e aderente al mio seno.
Arrossì e sbuffai furiosa.
- E io vedo che tu non sei
cambiato per nulla! – esclamai entrando nel bagno e chiudendogli la porta in
faccia, lo sentii ridacchiare mentre si allontanava e alla fine sorrisi anche
io.
Il bagno era un rettangolo
luminoso dove prevalevano i colori bianco e borgogna, semplice ma lussuoso.
Poggiai il fagotto asciutto sul lavandino e cominciai a spogliarmi, i miei abiti
erano completamente fradici così li stesi ad asciugare sul calorifero. Indossai
quelli che mi aveva dato Gabriel che comprendevano una camicia azzurra da uomo,
probabilmente la sua, che mi stava troppo grande e lunga fino a mezza coscia, e
un pantalone sportivo nero che strinsi al massimo in vita per non farmelo cadere
di dosso e rimanere in mutande. Mi guardai allo specchio e contemplai perplessa
il mio riflesso, i miei lunghi capelli castani erano completamente bagnati, il
viso era più pallido del solito e il mascara sciolto aveva creato aloni scuri
intorno agli occhi color nocciola. Aprii il rubinetto e mi sciacquai la faccia
ripulendomi dal trucco sbavato.
Camminando a piedi nudi sul
freddo parquet ritornai da Gabriel, che mi aspettava nel salotto seduto
comodamente sul divano porpora di fronte al camino, quando mi vide arrivare
sorrise e mi invitò ad accomodarmi accanto a lui. Il divano era a tre posti,
Gabriel sedeva nell’angolo destro così io decisi di accoccolarmi in quello
opposto lasciando un posto vuoto tra di noi.
Se la cosa gli diede fastidio
di certo non lo diede a vedere e comunque poco me ne sarebbe importato. Lui era
pur sempre un vampiro e anche se avrebbe dovuto proteggermi io dovevo pur
pensare a come proteggermi da lui nel caso ce ne fosse stato bisogno. Quindi
ogni mia precauzione era più che lecita.
- Ti ho fatto preparare del
caffé – disse indicandomi delle tazze poggiate sul tavolino basso davanti ai
miei piedi, ne presi una e la strinsi forte tra le mani per riscaldarmi le dita
ancora un po’ intirizzite. Sorseggiai lentamente il fumante liquido nero che mi
scivolò nello stomaco provocandomi una tenue sensazione di benessere. Mi chiesi
a chi Gabriel avesse chiesto di preparare del caffé e quindi se non fossimo soli
in casa, fui sul punto di domandarglielo ma lasciai perdere. Forse non ero così
sicura di volerlo sapere.. Comunque sotto la camicia enorme portavo la fondina
ascellare con la mia pistola, certo senza proiettili d’argento avrei fatto ben
poco contro un vampiro ma almeno ero sicura di potermi difendere da altri esseri
umani e non era cosa da poco. Mi accomodai meglio nell’angolo del divano
rannicchiando le gambe contro il bracciolo, il silenzio era pesante e se non
avessi avuto il vampiro davanti ai miei occhi avrei giurato di essere sola in
quella stanza, la sua presenza era difficile da percepire. Riusciva a rimanere
immobile come una statua bellissima e fredda, se stesse respirando o meno non
riuscivo a capirlo.
Anche lui si era cambiato gli
abiti bagnati indossando una camicia nera aperta sul petto che metteva ancora
più in risalto il pallore della sua pelle, i capelli scuri e umidi li aveva
pettinati all’indietro dando luce al viso e lasciando interamente spazio allo
splendore dei suoi occhi grigi. Un po’ imbarazzata mi misi a fissare il fuoco
del camino sperando che lui si decidesse a rompere il ghiaccio.
- Che ci fai allora qui? –
disse ad un tratto con voce normale come se stesse parlando da ore, la sua
domanda mi lasciò un po’ spiazzata, era di una crudezza palpabile.
- Ho bisogno del tuo aiuto.. -
- Che tipo di aiuto? – chiese
con maggior dolcezza, io presi fiato e mi preparai a raccontare ciò che mi era
successo quella sera.
- Erano le dieci e avevo fatto
un po’ tardi a lavoro, stavo tornando a casa a piedi quando ho pensato di
prendere una facile scorciatoia visto che stava cominciando a piovigginare. Ho
imboccato il vicolo che unisce Raft Road a Mercedy Street, ero quasi arrivata
alla fine quando ho sentito dei rumori… mi sono nascosta dietro dei cassonetti e
ho visto due vampiri che… picchiavano uno di loro. –
- Cosa? – domando Gabriel
senza agitarsi ma nella sua voce colsi una tremula nota di stupore.
- Si, due vampiri che
litigavano con un terzo. Non ho visto i loro volti ma so per certo che erano tre
vampiri, e tu sai che io non posso sbagliarmi… Due di loro erano abbastanza
antichi ma il terzo doveva essere davvero potente – continuai a spiegare
stringendo ancora più forte la tazza tra le mani, il suo sguardo era fisso
immobile su di me e ciò mi metteva nettamente a disagio. Era come se fossi sotto
interrogatorio, mezza parola sbagliata e sei fritto!
- Tre vampiri antichi che si
picchiano in un vicolo? - fece lui perplesso – Continua.. -
- Lo so che può sembrare
assurdo ma io non me lo sto inventando! – esclamai offesa – Comunque alla fine
uno dei vampiri ha estratto un arma, probabilmente una spada e ha ucciso il
terzo vampiro, e non ci crederai ma.. -
- ..il vampiro ucciso era
quello più antico e potente?! – continuo Gabriel la frase al posto mio con
perspicacia, io annuii.
- Poi cos’è successo? –
- Volevo intervenire ma non mi
è sembrata una buona idea in quel momento, così con cautela ho indietreggiato ma
ho urtato contro qualcosa e.. oddio! Ho fatto un casino terribile! I due vampiri
si sono accorti di me e credo proprio che mi abbiano riconosciuta.. mi son messa
a correre sotto la pioggia per seminarli e.. – spiegai tutto d’un fiato ma lui
mi interruppe nuovamente.
- Tu che scappi? Ma non potevi
usare la pistola? –
- Io veramente.. non avevo
proiettili d’argento con me! – dissi con un deprimente mezzo sorriso, mi
conosceva bene a quanto pare per sapere che non era da me fuggire via in quelle
situazioni.
- Ecco perché non ti sei
immischiata! Che piccola bugiarda! – esclamò Gabriel sorridendo – E allora a
cosa ti serve portare quella pistola sotto la camicia? Lo sai che senza
proiettili placcati non mi faresti nemmeno il solletico… -
In quel momento sentii le mie
guance andare in fiamme, fu imbarazzante come essere vista nuda all’improvviso.
Si fu proprio quella la sensazione mi sentii spogliata dai suoi occhi, non so
come facesse a sapere che portavo la fondina sotto i vestiti ma lo sapeva e ciò
mi innervosiva parecchio.
- Io sono libera di portare
ciò che voglio! – dissi inviperita e lui alzò le mani in segno di resa ma i suoi
occhi ridevano, ridevano di me e si divertiva da morire a prendermi in giro.
- Ad ogni modo, - ripresi
cercando di tornar calma – ho corso più veloce che potevo ma non sapevo proprio
dove rifugiarmi, son salita sul primo taxi che ho trovato e ho avuto paura che
se fossi tornata a casa loro mi avrebbero seguita e scoperto dove vivo. Un
rischio troppo alto per me! Così mi sei venuto in mente tu… - pronunciai le
ultime parole con un fil di voce, lo guardai negli occhi e provai un’avvolgente
sensazione di olio caldo che scivola sulla pelle. Deglutii a fatica e distolsi
lo sguardo dal suo rapidamente.
- Hai fatto bene – disse
Gabriel in un sussurro che mi scivolò sul viso come brezza estiva mentre fissavo
dinanzi a me un punto imprecisato del pavimento cercando di vincere la
tentazione di guardarlo nuovamente negli occhi, ma sentivo la sua presenza
pulsante di potere e bramosia al mio fianco e questo rendeva il mio sforzo
ancora più difficile.
- Tu non sai nulla riguardo a
questi vampiri? – gli chiesi continuando a guardare altrove.
- Il tuo racconto non è stato
proprio così esauriente per farmi un’idea di chi possano essere.. e poi lo sai
che son fuori da questi giri ormai! – rispose con una nota amara nella voce.
- Si lo so, ma se magari ti
informi.. cavolo hanno ucciso un vampiro, uno di voi davvero potente, dovrà pur
saltare fuori qualcosa a riguardo! –
- Se erano vampiri del Master
di S. Francisco posso facilmente scoprirlo, ma ne dubito che sia così.. lui
non permetterebbe un comportamento del genere. Ad ogni modo indagherò! –
- Grazie – dissi sollevata,
nonostante tutto saperlo dalla mia parte mi faceva sentire un minimo protetta.
Infine mi voltai e vidi che mi sorrideva, uno dei più dolci e teneri sorrisi che
avessi mai visto, sembrava un bellissimo angelo ma sapevo che dietro quel viso
perfetto si nascondeva un diavolo potente.
- Come hai fatto a trovarmi? –
mi domandò con voce soffusa, con quel tono da chiacchiere intime scambiate sotto
le coperte.
- Il biglietto.. – risposi in
un flebile sussurro, cavolo stavo perdendo di nuovo il
controllo.
- Quale biglietto? –
- Quello che mi hai dato quel
giorno, con il tuo indirizzo. –
Lui mi fissò con uno sguardo
intenso e mi sentii annegare nelle profondità di quegli occhi luminosi,
magnetici, voluttuosi, e per poco non mi scivolò via dalle mani la tazza che
ancora stringevo così mi allungai verso il tavolino per posarla. Quando tornai a
sedermi lui era accanto a me, troppo vicino, si era spostato così velocemente e
così silenziosamente che non ero riuscita nemmeno a percepirlo. Aveva eluso i
miei sensi con una facilità preoccupante, pochi vampiri ci riuscivano, non a
casa ero una Prescelta. Sedeva accanto a me con un braccio allungato sullo
schienale e la sua mano mi sfiorò la nuca, io con uno scatto mi ritrassi e lo
guardai perplessa.. o forse spaventata.
- Così hai conservato per
tutto questo tempo il mio biglietto.. – disse lascivo con voce vellutata mentre
le sue labbra si increspavano in un languido sorriso – Sei stata fortunata a
trovarmi stanotte. Per gli ultimi quattro anni ho vissuto in Europa, sono
tornato qui a S. Francisco solo pochi mesi fa. -
- Un tempismo perfetto! –
esclamai sarcastica e lui ridacchiò, ma pensando all’eventualità di non averlo
potuto trovare e di non aver potuto avere il suo aiuto mi sentii lo stomaco
stretto come in una morsa. Ma per fortuna lui era lì e io sarei riuscita a
scoprire la misteriosa morte del vampiro.
Con la sua naturale eleganza
ad un tratto si chinò verso di me e i suoi capelli mi sfiorarono una guancia,
eravamo così vicini che mi sentii completamente immersa nei suoi occhi che
apparivano grandi e limpidi, come due pozze d’acqua in cui una luna argentea vi
si stava specchiando.
Sentivo il suo potere e la
bramosia turbinare attorno alla sua figura come un’aura elettrica che crepitava
nell’aria e mi pizzicava la pelle. Non mi piaceva quella situazione,
assolutamente, lui era troppo potente per riuscire a opporsi, sentivo che stava
per accadere qualcosa tra di noi che era rimasta sopita negli anni ed ora si
stava risvegliando. Gli poggiai una mano sul petto per spingerlo via e contro il
palmo sentii il battito del suo cuore, troppo veloce e frenetico. Trattenni il
fiato spaventata. Lui con delicatezza ma con decisione si oppose alla mia spinta
e si chinò ancora di più verso il mio viso.
- Non sono più l’ingenua
ragazzina di otto anni fa… - gli dissi cercando di respingerlo, lui parve capire
l’allusione e sorrise divertito. Beato lui che almeno
si divertiva…
- Lo so piccola mia – mi
sussurrò dolcemente mentre il suo respiro mi solleticava le labbra facendomi
trasalire e arrossire.
- Smettila! – esclamai – Non
sono venuta qui per questo –
- Sei venuta qui per avere il
mio aiuto – puntualizzò Gabriel allontandosi pochi centimetri da me, giusto per
star più comodo in quella posizione.
- Si infatti! –
- E secondo te io non dovrei
aver nulla in cambio di questo aiuto? –
- Mi sembra che tu ti sia già
preso abbastanza da me.. - precisai contrariata inarcando le sopracciglia, in
quell’istante il suo bel viso parve sgretolarsi.
- Ricordati che ti ho salvato
la vita, è questa la tua riconoscenza? – il suo tono di voce fu calmo ma l’aura
intorno a lui crepitò ancora più forte colpendomi in viso come vento caldo.
- Mi hai salvato la vita solo
per avere ciò che ti serviva, per impormi il tuo marchio senza permesso e per
attingere al mio potere! Credi che non lo sappia!! – esclamai mentre il volume
della mia voce aumentava ad ogni parola, sfogando in ogni sillaba tutta la
rabbia e il rancore che mi covavo dentro da anni.
La sua energia crebbe
nuovamente, questa volta però esplose in un’ondata di potere che mi sommerse
spingendomi via da lui. Caddi oltre il divano senza fiato mentre la sua energia
mi pizzicava ancora la pelle come minuscoli insetti zampettanti, ansimante lo
guardai in volto. I suoi occhi erano totalmente grigi senza pupille e senza il
bianco, erano due pezzi di ghiaccio incastonati in un volto di marmo. Mi alzai
in piedi barcollando, avrei voluto gridargli contro tante altre cose ancora ma
un nodo alla gola me lo impedì, cacciai indietro le lacrime che mi pungevano
agli angoli degli occhi. Non era il momento per piangere, per mostrarsi debole.
- Piccola mia.. – sussurrò
Gabriel ed io alzai il viso per guardarlo, i suoi occhi e il suo volto erano
tornati normali ma mostravano un’espressione addolorata – Lo sai che non è
quello il motivo per cui mi son intromesso nella tua vita. –
- E qual è? – chiesi
incrociando le braccia intorno al petto per difendermi.
- Non volevo che tu morissi –
disse lui tranquillamente avvicinandosi a me con passi flessuosi.
- Perchè?? – urlai con voce
roca e disperata.
- Eri ancora inesperta,
sarebbe stato sleale.. –
- Taci!! – lo interruppi e lui
mi guardò confuso – Smettila con questa storia a cui non ho mai creduto. Per
otto anni hai invaso la mia mente e i miei sogni facendomi credere che fossero
solo frutto della mia fantasia, dei miei ricordi, ma oggi ho avuto la conferma
che eri tu! Eri tu che entravi nella mia testa quando ti faceva comodo! Mentre
venivo qui in taxi.. ho avuto quasi paura che tu non ti ricordassi di me.. che
stupida che sono stata! Che ingenua! Tu non mi hai mai dimenticato e hai sempre
fatto parte della mia vita. Allora se non lo hai fatto per incrementare il tuo
potere, perché? Perché lo hai fatto?? –
Lui mi fissò con sguardo grave
e si avvicinò ancora di più.
- Non posso dirtelo – fu la
sua risposta semplice, secca, tagliente. Io sgranai gli occhi indecisa se
mettermi a urlare o a ridere.
- Come? Scherzi? –
- No – rispose ancora Gabriel
tentennando il capo – E’ qualcosa che va oltre me, e te.. se te lo rivelassi
rischierei di rovinare tutto –
- Cosa significa!? – chiesi
esasperata, lui mi sorrise dolcemente e allungò una mano ad accarezzarmi la
guancia, io non mi ritrassi e anzi mi abbandonai a quella delicata sensazione.
Ero stanca, confusa, avevo solo voglia di stendermi, riposare, dormire senza più
fare strani sogni.
- Mia piccola Prescelta, hai
sempre voluto sapere tutto e subito – rise delicatamente – ma per stanotte hai
già capito più di quanto dovevi, ci sarà il tempo giusto per rivelarti ogni
cosa. Devi solo fidarti di me! –
- Ma io.. – provai a replicare
ma Gabriel mi poggiò un dito sulle labbra per zittirmi.
- Ora ti accompagno nella
stanza dove dormirai. La notte sta terminando e io devo ritirarmi a riposare
prima che faccia giorno. –
Sospirai e poco convinta
annuii, guardai l’orologio appeso al muro che segnava le quattro del mattino.
Così seguii Gabriel al primo piano e lui mi mostrò la bellissima ed elegante
camera con un gran letto a baldacchino nel quale avrei dormito. Sulla soglia
prima di ritirarsi nella sua stanza mi disse – Scusa se prima ho perso il
controllo dei miei poteri, non avrei mai voluto che accadesse.. –
- Non importa – risposi con
tono neutro senza fingere che davvero ci avrei messo una pietra sopra, ci
sarebbe voluto più di un “scusa” per farmi dimenticare.
- Ad ogni modo ti prometto che
questa notte sarà senza strani sogni, me ne starò tranquillo nella mia mente.
Ora che ti ho qui con me non ho bisogno di venirti a trovare in sogno per
vederti.. – disse Gabriel e la sua voce mi avvolse come velluto, sorrisi
rilassata. Lo guardai nei grandi occhi grigi che sembravano brillare nel buio
del corridoio, poi lo sguardo mi scivolò sulle sue labbra, leggermente spigolose
ma morbide e piene, ripensai al casto bacio che mi rubò otto anni prima e provai
una sensazione di vertigine allo stomaco. Gabriel si chinò verso di me ma io gli
posai le mani sulle spalle e lo bloccai.
- Non provarci! – ordinai
risoluta.
- Eppure lo stavi pensando,
piccola mia. – disse lui con un sorriso furbo.
- Pensavo è vero, ma questo
non significa che sia quello che voglio! –
- Non fingere con me, forse
non sai che ho il potere di percepire se qualcuno mi sta mentendo o cosa sta
provando. Il tuo corpo parla chiaro mia piccola prescelta.. lo desidera! – disse
Gabriel con tono sensuale e ammiccante, io mi sentii avvampare e siccome avevo
ancora le mani poggiate sulle sue spalle, per evitare qualsiasi fraintendimento
o mio ripensamento, mi staccai velocemente da lui.
- Sarà pur vero ciò che dici..
ma io gli istinti del mio corpo li so tenere a bada a differenza tua! – esclamai
sarcastica e lui sorrise.
- Nemmeno un bacio della buona
notte piccola mia? – mi chiese imbronciando leggermente le labbra in un
espressione da cucciolo sofferente. Io trattenni a stento una risata.
- Nessun bacio Gabriel! –
dissi infine con tono che non ammetteva repliche, il suo dolce viso riacquistò
la solita aria seria e distaccata e senza dire altro si allontanò nel buio
corridoio scomparendo dopo pochi passi.
Io entrai così nella mia
stanza, accesi un piccolo abatjour e appesi alla testiera del letto la fondina
con la pistola dopo essermela sfilata da sotto la camicia. Su un comodino trovai
una sveglia e la programmai per le 7.30 del mattino visto che dovevo andare a
lavorare ma prima sarei dovuta passare a casa per vestirmi e fare scorta di
munizioni d’argento anti-vampiro. Chiusi a chiave la stanza, non so se per la
paura di ritrovarmi Gabriel nel letto o solo come semplice forma di privacy.
Finalmente mi rannicchiai sotto le coperte tirandomele fin sopra la testa e
chiusi gli occhi. La voce di Gabriel mi raggiunse dopo qualche minuto. –
Buona notte piccola mia – mi sussurrò nella mente poi caddi profondamente
addormentata in un sonno tranquillo e privo di sogni.
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