aladdin
''Brilla il sole da sud,
soffia il vento da nord,
c'è
un'intensa complicità.
Sul tappeto ora va,
dove andare lo sa,
nelle notti d'Oriente
andrà"
''Intendi cantarla tutta?''
''Ti do forse fastidio?''
''Con quella voce gracchiante da maschiaccio faresti meglio a tacere''
''Ha parlato il tenore!''
Un pugno sulla spalla del ragazzo e tornò a volgere lo
sguardo
allo schermo. Aladdin era certamente il suo film d'animazione preferito.
''Da dove sono uscite tutte queste videocassette?''
''Ssh! Me
le ha prestate Yuka, comunque. Domani devo ridargliele, quindi vedi di
lasciarmele guardare tutte''
''Sarò muto come un pesce, anzi, come Abu''.
Mentre Aladdin scappava dalle guardie del Sultano, nella scena
iniziale, Akane
prese a fissare il viso di Ranma con uno sguardo indagatore un po'
troppo insistente, per i suoi gusti.
''Che vuoi?''
Il viso della Tendo sembrò illuminarsi, le labbra si
schiusero in un sorriso ilare.
''Che c'è? Akane?''
''Ah!''
''Akane?''
''Ma non ti sei accorto di niente?''
''Cosa?'', chiese guardandosi intorno.
''La-sua-voce'', indicò lo schermo guardandolo di traverso.
''Eh?''
''La voce di Aladdin!''
''Mi sembra una voce normalissima'', rispose sovrappensiero.
''Maschile, profonda, virile...''
''Ok, ma non ti ricorda nessuno?''
''Nessuno in particolare'', fece spallucce.
''D'accordo...'', sospirò. ''Straccione''
''Non sono uno straccione!''
''SOLO UN POVERACCIO! MA
IN NOI C'E' DI PIU'...''*, prese a cantare, allargando
teatralmente le braccia.
''Hai bevuto, Akane?''
''Lascia perdere'', ridacchiò. ''Dimmi, non ti senti
strano?''
''S-Strano?'', chiese arrossendo ed allontanandosi immediatamente dalla
fidanzata, dopo essersi reso conto di essere praticamente avvinghiato a
lei. Chissà da quanto tempo erano in quella posizione.
''Sì!'', rispose lei. Sembrava non si fosse resa conto di
niente. ''Temo di non aver smaltito del tutto quei maledetti Manju. Mi
sento totalmente rintronata ed alterno momenti di lucidità a
momenti in cui chiuderei gli occhi e... Yawn...'',
sbadigliò rumorosamente, portandosi una mano alla bocca.
''In effetti, ora che mi ci fai pensare...''
Tre secondi netti ed Akane dovette raccogliere il corpo addormentato
del ragazzo, che si era accasciato con la faccia sulle sue ginocchia, e
metterlo sdraiato sul tappeto.
Aprì gli occhi ed era fuori dal Furinkan.
Come ci era finito, lì?
Sentì l'impulso di fuggire, come se qualcuno lo inseguisse.
Qualcuno che non aveva buone intenzioni.
Corse per centinaia di metri, forse chilometri, prima di rendersi conto
di essere ancora nel cortile della scuola.
Non ebbe tempo di chiedersi cosa stesse succedendo, che mise il piede
su qualcosa di duro e liscio e vi inciampò sopra.
Una teiera.
Era abbastanza piccola da poter essere contenuta nella cartella di
scuola, e Ranma pensò che gli sarebbe stato utile portarsela
sempre dietro, in modo da averla pronta in caso di
necessità,
per quando la pioggia lo coglieva di sorpresa o qualcuno gli versava
dell'acqua fredda addosso.
Ma era un po' sporca di terra, quindi decise di ripulirla. Appena ne
sfregò la superficie con un lembo della casacca, una potente
luce multicolore uscì dal beccuccio, insieme a del denso
fumo
bianco e ad un'ombra maestosa.
''ZUCCHERINI MIEI!''
Il fumo, i colori, l'ombra gigantesca di un omone muscoloso, la luce,
persino qualche fuoco d'artificio in cielo, e poi lui. Quel
pervertito di Happosai.
''Io me ne torno a casa'', mugugnò con aria annoiata
voltandosi
ed allontanandosi dall'uomo, che invece lo supplicava di fermarsi.
''Che vuoi?''
''Ranma, possibile che tu riesca ad essere così irritante
già di prima mattina?''
''Non ho tempo da perdere con un nanetto pervertito come te''
''Sei proprio un pulcino, ragazzo. Non sarai mai un vero uomo!''
''Cosa? Come ti permetti? Ripetilo, se ne hai il coraggio!'', lo
minacciò con il pugno chiuso che indicava pericolosamente la
faccia del vecchietto.
''Sei-un-pulcino. Un bamboccio emozionalmente minorato e sessualmente
inappetente'', gli soffiò un po' di fumo di pipa in faccia,
con
aria saccente.
''Non è vero!'', arrossì.
''Ma allora c'è speranza!'', gli saltò al collo
gioviale,
abbracciandolo con le lacrime agli occhi, ''Allora li fai anche tu i
pensieri sconci su Akane!"
''I-io non faccio nessun pensiero!''
''Questo è certo'', sospirò.
''Intendevo su Akane, vecchiaccio. Ed ora scendi dal mio collo''
Raggiunta la terra ferma si spirmacciò la solita tutina,
asciugò il sudore che gli imperlava la fronte con un paio di
mutandine in pizzo e gli puntò un dito contro.
Tre dita contro, in realtà.
''Tre desideri. Mi dispiace, ragazzo, fa più male a me che a
te.
Non vorrei essere proprio io ad avverarli, ma sarò legato a
te
finchè tu stesso non mi libererai, e per farlo dovrai prima
esprimere tre desideri. Credimi, mi secca dover aiutare uno zoticone
come te, ma questa è la regola''
''Tre desideri, eh?'', socchiuse gli occhi, chinando la testa per poter
cogliere nell'espressione fiera e sacrale del vegliardo il minimo cenno
d'esitazione.
''Purtroppo. Certo che tra tutte le belle signorine della squadra di
ginnastica ritmica che potevano venire a sfregarmi il beccuccio della
teiera, giusto tu dovevi...''
''Fermo'', la mano aperta di fronte a sè, ''Morto, piuttosto
che sentirti parlare del beccuccio della tua teiera''
Passò un tempo inquantificabile ed erano ancora
lì, uno di fronte all'altro, in silenzio e con la guardia
alzata.
Furono i nervi di Happosai i primi a cedere.
''Oh, insomma, ti vuoi decidere o no?'', strillò isterico.
''Ma tu speri veramente che ti creda?''
''Mi devo mettere a cantare?''
''Cosa?''
''Ok, mi metto a cantare''
''No!''
''Ma in queste scene c'è sempre qualcuno che canta!", mise
il broncio.
''Che c'era in quella pipa, vecchio?''
''Li vuoi esprimere o no questi tre desideri?'', iniziò a
saltellare nervoso.
Ranma era esasperato.
''Ok, vecchiaccio, farò finta di crederti''
''Era ora'', sospirò.
''Mi sembra inutile dirti quale sia il mio primo ed unico desiderio,
per cui...'', allargò le braccia.
''Eccole'', annuì sicuro il Maestro passandogli un lembo di
delicatissima seta rosa cipria.
''Ma... Che cosa...'', lo esaminò.
''Le mutandine di Akane, proprio loro'', assentì con la
testa.
''Ma sei scemo?'', un calcio al vecchio ed un lancio olimpionico di
slip.
''Hey, trattale bene, sono uno dei pezzi più rari della mia
collezione!''
''Io me ne vado, ciao''
Si allontanò fischettando con le mani dietro la schiena,
fino a raggiungere il portone principale del liceo.
Dove trovò Happosai ad aspettarlo.
''Che fai, mi segui?''
''Sei sordo, Ranma? Tre desideri, devo realizzare tre maledettissimi
desideri entro mezzanotte o sarò legato a te per sempre. Non
è colpa mia, sei stato tu a trovare la teiera''
''Ok...'', sospirò.
''Di' le paroline magiche: Io
voglio...''
''Mi sento un idiota. Maestro,
io voglio diventare un ragazzo normale''
''Fossi matto!'', scoppiò a ridere.
''Ma come?'', per poco non cadeva per terra.
''Ranma, ci sono delle clausole. Del-le
clau-so-le.
Non posso esaudire qualunque tipo di desiderio. In particolare: non
posso ammazzare, resuscitare i morti o far innamorare qualcuno di te''
''E questo che c'entra con la mia richiesta di tornare ad essere un
uomo al cento per cento?''
''Niente, ma non mi va di dire addio a quello zuccherino di
Ranma-chan!''
''Bene, allora sarò io a dirlo a te. Addio''
''Fermo''
La
voce di Happosai si fece cupa e gutturale come quando si arrabbiava
davvero. Forse stava facendo tardi per il consueto giro di furti di
biancheria intima.
''Tre desideri''
''Ok'', sbuffò per l'ennesima volta, ''Io voglio un panino
ed un succo di frutta. Va bene così, Maestro?''
Lo stupore negli occhi del giovane col codino fu enorme nel vedere
materializzarsi di fronte a lui quanto aveva appena chiesto.
''Dovresti smetterla di burlarti di ogni cosa. Non tutto è
un
gioco, Ranma. Questi desideri possono realmente cambiarti la vita, e tu
ne hai appena sprecato uno''.
''Ah sì? Ed in che senso potrebbero cambiarmi la vita?''
''Ad esempio...'', uno schiocco di dita e Shampoo, Ukyo e Kodachi,
vestite di poco più che qualche velo di tulle, gli si
materializzarono intorno ed iniziarono a prostrarsi ai suoi piedi.
''No, no, no!''
Con un altro schiocco di dita, il vecchio le fece sparire.
''Peccato''
Ranma era stupito. Il Maestro poteva realmente esaudire ogni sua
richiesta? Mentre addentava il delizioso panino iniziò a
pensare
più seriamente alle sue parole. Effettivamente gli
rimanevano
ancora
due desideri. Avrebbe potuto chiedere di diventare l'artista marziale
più forte del mondo... No, voleva arrivarci con le proprie
forze, e sapeva di essere sulla buona strada. Avrebbe potuto... No, la
scuola non gli piaceva, ma chiedere di diplomarsi senza andarci mai
più era un atto meschino, una cosa che avrebbe fatto suo
padre.
E poi gli sarebbe dispiaciuto non vedere più i suoi amici.
La realtà lo travolse come un Moko Takabisha. Lui
non aveva desideri.
Non desiderava nient'altro che diventare un vero uomo: aveva sprecato
buona parte della sua giovinezza dietro ad un sogno che, le
disavventure e gli intoppi degli ultimi anni gliene davano conferma, se
ci ripensava, probabilmente non si sarebbe mai avverato.
''Mi dispiace di essere stato io a liberarti dalla teiera, Maestro.
Dico davvero. Ma la realtà è che io non ho sogni.
Il mio
unico e solo desiderio è quello di essere un uomo al cento
per
cento, e se non potrai soddisfarlo credo che ti chiederò
altre
due stupidaggini e poi me ne tornerò a casa'', si
accigliò.
''Ranma'', era stranamente serio, ''Ci sono molti modi per essere un
vero uomo, che non includono necessariamente il liberarsi da una
maledizione che francamente io considero un dono del Cielo''
''Che vuoi
dire?'', la sua pazienza era al limite. Odiava il modo in cui quel
maniaco pensava al suo corpo femminile.
''Non stai dimenticando proprio niente?'', alzò un
sopracciglio, eloquente.
''Non penso, io... No. C'è la maledizione, e...''
''Guarda lassù'',sorrise sornione.
La terrazza del Furinkan.
Sì, la conosceva bene, ma non capiva a cosa alludesse il
vecchio
Happosai quando diceva che qualcos'altro oltre ad una cura miracolosa
per la sua maledizione lo avrebbe potuto rendere un vero uomo. Sul
tetto c'era forse la soluzione ai suoi problemi? Qualche
rampa di scale non lo spaventava di certo, tanto più che non
aveva fatto jogging, quella mattina, e che valeva la pena tentare.
Valeva sempre
la pena tentare. Salutò il Maestro, ripose la teiera nella
cartella e si precipitò a destinazione.
''Non lo
sposerò mai, mai e poi mai!''
Un'irrequieta, tanto per cambiare, Akane ed un irritante P-Chan tra le
sue braccia sembravano ignorare del tutto la sua presenza.
''Ma Akane, figliola, ragiona. Devi sposarti entro mezzanotte per poter
ereditare la Palestra, non vorrai che tutto vada perduto? Io sono
vecchio, ormai, ed il tuo ventunesimo compleanno è tra poche
ore! Dovevi proprio picchiarlo così forte?''
''Ma papà, io non voglio sposare quel deficiente! E' solo un
bamboccio, un ragazzino viziato e capriccioso, e...''
''Hey!''
''Papà, ti prego, lasciami libera di fare le mie scelte!
Perchè un matrimonio combinato? Con uno che non amo, poi...''
''Ma... Hey! Akane!''
Che fosse contraria al matrimonio combinato Ranma lo sapeva bene, come
sapeva che la sua fidanzata, sempre che potesse ancora definirla tale,
non era molto generosa con i giudizi quando si trattava di lui, ma
definirlo un bamboccio e soprattutto dire che non... Che non lo... Dopo
tutto quello che avevano passato...
''Io voglio sposarmi per amore, non perchè lo hai deciso tu!
Chi lo conosce, quello?''
''Ma come? Il monte Hooh ed il fatto che stessimo per sposarci non ha
significato niente, per te? Akane, rispondimi!", urlò ferito.
''Guarda che non ti sente'', bisbigliò Happosai da dietro le
sue
spalle, buttandogli nell'orecchio degli sbuffi di fumo mentre sedeva
comodamente all'interno della sua cartella, ''Akane non può
vederti nè sentirti. Tra l'altro non sta parlando neanche di
te.
Curioso, però, il modo in cui le sue parole sembrano darti
fastidio...''
''Cosa? Figurati se m'importa qualcosa di quella scema!'',
replicò seccato ruotando la testa di novanta gradi per
guardare
in faccia il suo interlocutore, finendo per girare in tondo su se
stesso come un cane agitato che si morde la coda.
''E allora perchè ti scaldi tanto, pulcino?'',
domandò saltando giù dalla cartella.
Ranma strinse i pugni, abbassando lo sguardo.
''Mi hai fatto venire fin quassù'', scandì bene
le parole
mentre si avvicinava pericolosamente al suo avversario, che
indietreggiava spaventato, ''Mi hai preso in giro con la storia dei
desideri, mi hai illuso e poi mi hai umiliato facendomi vedere questa
scena penosa. Se pensi che mandarti all'altro mondo sia la chiave per
diventare un vero uomo, considerati pure libero, Genio,
perchè il mio desiderio sta per essere esaudito''
Quelle furono le ultime parole, poi gli si scagliò contro.
E si ritrovò, in qualche modo, seduto sul prato in cortile,
accanto ad un Happosai in panciolle che beveva quello che restava del
suo succo di frutta.
''Hey, ma...''
''Lo so, te lo stai chiedendo''
''Sì''
''Non puoi uccidermi, sono immortale'', asserì serafico.
''Che cosa?'', spalancò gli occhi, preoccupato per gli anni
a venire. Davvero non se ne sarebbe mai liberato?
''Sono un genio della teiera, sono onnipotente ed eterno, posso fare
tutto a parte uccidere...''
''...Riesumare cadaveri e far innamorare qualcuno di me, me lo
ricordo'', sbuffò il codinato.
''Quindi, caro Ranma, hai qualche domanda da farmi?''
''Perchè Akane non può vedermi?''
''Perchè non sei di sangue blu. Akane è una
principessa''
''Ma se ha appena parlato di una Palestra, e...''
''Sì, la Palestra è lo stemma di famiglia, una
specie di distintivo''
''E chi sono i candidati a prendere in moglie la bisbetica INdomata?
Così, giusto per curiosità'', fece spallucce.
''Giusto per
curiosità'',
gli sorrise allusivo, ''Tutti i nobili d'Oriente e buona parte di
quelli d'Occidente hanno provato a chiedere la mano della giovane
Akane. Vedi, lei li fa scappare tutti. Li mena. In seguito ad una
stupida legge emanata dal figlio del consigliere di corte, anch'esso
innamorato della tua bella, solo colui che riuscirà a
batterla in
combattimento sarà degno di prenderla in moglie. Lui ci ha
già provato, ed è stato sconfitto''
''E' quel perdente di Tatewaki Kuno, vero?''
''Proprio lui''
''Akane se lo mangia a colazione'', sorrise intenerito. Certe cose
erano in un certo modo, e sarebbero sempre rimaste così, in
qualunque stupida realtà parallela ci si fosse trovati.
''Ma c'è una cosa che nè Akane nè il
suo povero padre sanno, caro Ranma''
''E cioè?'', gli strinse le mani intorno al collo
apprensivo, scuotendolo poi per le spalle per esortarlo a parlare.
''Calmo, calmo, figliolo. Vedi, a mezzanotte Akane compirà
ventun anni. Se entro lo scoccare di quell'ora non avrà
scelto
chi sposare, suo padre sarà costretto a darla in moglie al
consigliere di corte, che come avrai capito è...''
''Il preside Kuno?'', urlò isterico. Avrebbe messo Akane
anche
nelle mani di Ryoga, se fosse stato necessario, ma di quel verme, per
giunta molto più vecchio di lei, no, mai. ''Che posso fare,
Maestro?''
''Vedi, Ranma, diventare un vero uomo non sempre significa esserlo
biologicamente. Solo chi conosce il vero amore può definirsi
tale. Un artista marziale, un uomo
che si ripetti, è prima di tutto un cuore vivo e pulsante a
cui è attaccato un corpo''.
''Poche chiacchiere, dimmi che fare''
''La risposta è dentro di te''
''Dentro di me c'è solo il panino di prima, e se devo
dirtelo mi è rimasto anche indigesto"
''Pensa, figliolo, pensa...''
Sparito. Era sparito nel nulla.
Prese a camminare nervosamente per tutto il cortile, entrò
nell'edificio, sbirciò nelle classi vuote e scrisse il suo
nome
su una lavagna. Poi decise di tornare di sopra a vedere come se la
stava cavando la sua fidanzata.
Il principe Kiryn, il principe Toma, il fidanzato della principessa Ori
di cui faticava a ricordare il nome e poi Tatewaki Kuno, tutti i membri
delle squadre di calcio, baseball, kempo, sumo e pugilato del Furinkan,
l'odioso Shinnosuke, Sentaro, Picolet, e chiunque altro fosse passato
dalle loro vite, anche solo per un saluto veloce, era lì,
per
terra, esanime, mentre Akane si ravvivava il caschetto e riprendeva con
calci, pugni, schiaffi, e ne lasciava per terra un altro, poi un altro
ancora.
Certo che ne aveva di pretendenti, la ragazza.
Ranma non li aveva mai contati, prima.
Il preside Kuno, vestito come al solito da turista americano in
vacanza, sorrideva
soddisfatto alla vista di tutti quei giovani corpi ridotti in fin di
vita.
''Tua figlia è proprio forte, eh Tendo? Very strong!''
''La mia bambina, lei è...'', un pianto disperato,
l'ennesimo.
''Amico mio, come faccio a trovarle un marito entro la mezzanotte? Tu
sei il mio solo amico fidato, l'unico. Dammi un consiglio''
''Beh, you know, Tendo. Ci sarebbe una clausola. Una piccola clausola
che ho letto sul regolamento di corte proprio ora. Se Akane non
prenderà marito entro la midnight del suo ventunesimo
compleanno, l'unico modo per far sì che non perdiate la
Palestra, è...''
''Questo è troppo! Happosai, dove sei?''
Si materializzò di fronte a lui con l'immancabile pipa in
bocca
ed un paio di collant attorcigliati intorno al collo grinzoso.
''Fai schifo''
''Avevo freddo! Spero che tu non abbia disturbato la mia meditazione
senza un valido motivo...''
''Sposerò io Akane. Avanti, fa' sì che avvenga,
tanto era stato deciso sin dall'inizio''
''Piano, non essere precipitoso. Ricordati che dev'essere lei a
scegliere chi prendere come suo sposo, e come ha detto poco fa vuole
sposarsi per amore''
''Non posso permettere che diventi la moglie di quel vecchio! Ho ancora
due desideri, no? Bene, allora Io
voglio che lei si innamo...''
''Eh no! Te l'ho detto, Ranma, non posso far innamorare qualcuno di te!
Cos'hai nel cervello, il pizzo sangallo?'', gli colpì la
fronte
con il tizzone rovente della pipa.
''E allora come faccio, se non può neanche vedermi?''
''Oh, per questo ti aiuto io. Potrebbe vederti se fossi un principe''
''Ma non lo sono!'', strillò indicandosi la casacca lisa ed
i
pantaloni sporchi di fango, ''Come faccio a diventare un principe se...
Oh... Ah!"
''Ce l'hai fatta, finalmente. Stavo invecchiando''
''Maestro'', alzò il pugno al cielo con aria trionfante,
mentre un tuono scoppiava teatrale alle sue spalle, ''Io voglio diventare
un principe!''
''Detto, fatto! Abracadabra, eccettera eccetera! Ecco a voi il nuovo e
migliore Ranma Saotome,
il principe Ranma Saotome!"
La durata d'un battito d'ali, la solita poco virile luce
multicolore e qualche petalo di rosa caduto dal cielo ed eccolo
lì, un principe. Era diventato un principe.
Un principe a cavallo di un panda.
''Che ci fa qui mio padre?''
''E' il tuo nobile destriero. Mi dispiace ma non ho potuto fare di
meglio''
''E va bene. Dunque ora sono un principe ed Akane può
vedermi, una è fatta''
''Ed ora si canta! Voi,
proprio voi, via da quel niwa! Hey tu, proprio tu, c'è una
grande star...''*
''Ti ho detto che non si canta!", lo prese nuovamente per il collo.
''Ma scusa, è così carino quando cantano tutti!"
''Non siamo in un musical, testa di...''
''Chi c'è?''
Se c'era una cosa in cui Ranma Saotome era campione imbattuto, certo
era il fingere di non ammettere quanto Akane fosse carina.
Se l'avesse fatto anche quel giorno, probabilmente avrebbe dubitato lui
stesso della sua mascolinità.
I capelli della principessa, lunghi fino al collo, erano tenuti in
ordine da una tiara di diamanti sulla fronte, i pantaloni del karateji,
più stretti e rivelatori del solito, erano fermati da una
cintura, stranamente nera, e le sue forme, più generose di
quanto Ranma ricordasse, erano coperte da un top corto ed attillato,
che lasciava scoperta la pancia scolpita dagli allenamenti.
La versione sexy di una karateka, in pratica il suo sogno proibito.
''Chi sei?'', gli si avvicinò. Il cuore del ragazzo batteva
a mille.
''Sono Ranma Saotome, il
principe Ranma Saotome''
''E dimmi, principe
Ranma Saotome, sei qui per prenderle anche tu?'', pose le
mani sui fianchi, severa.
''Non mi batterei mai con te'', la provocò, ''Sei troppo
debole''
''Debole a chi, scusa?''
''Vuoi combattere?'', alzò un sopracciglio.
''Sì, ma solo per divertirci. Anche se mi dovessi battere,
cosa altamente improbabile, non ti sposerò mai, meglio che
tu lo sappia sin dall'inizio''
''Credi sul serio che io voglia sposare una ragazza violenta come te?''
''Non vedo cosa tu sia venuto a fare, altrimenti''
Tossì.
Che ci aveva fatto a casa Tendo tutti quegli anni, se non aveva
intenzione di sposare Akane?
Che intrinsecamente una piccola parte di lui volesse...
No, era fuori discussione. Lui era lì solo per evitarle di
finire tra le grinfie di quel pervertito del loro preside, quanto alla
loro vita, alla loro vera
vita... Ci avrebbe pensato una volta tornato a casa. Se fosse mai
riuscito a tornarci, ovviamente.
''Poche chiacchiere, principessa. Ti vuoi battere o no?''
Fu un combattimento leale. Anche in quella pseudo-realtà
immaginaria Ranma non avrebbe mai alzato realmente le mani su una
donna, per cui si limitò a schivare, lasciarla stancare per
bene e farla andare a terra con un' impercettibile spintarella,
approfittando della sua distrazione.
''Sei un' imbranata''
''Non vale, hai barato!'', mise il broncio.
''Non sai perdere''
L'espressione stizzita della principessa Akane dinanzi alla sua
linguaccia fu impagabile.
Soun Tendo si avvicinò alla figlia piangendo e battendo le
mani, sotto lo sguardo risentito del preside Kuno, il cui spirito
combattivo stava crescendo a dismisura.
''Akane, tesoro mio, finalmente abbiamo trovato un degno pretendente! E
tu, giovanotto, ti chiami Ranma, vero?''
''Sì, signor Tendo'', chinò la testa in segno di
rispetto.
''Molto bene, d'ora in poi tu sarai il fidanzato di mia figlia. Avete
tempo fino a mezzanotte per conoscervi, dopodichè si
celebreranno le nozze!", urlò gioviale.
''Che cosa?'', domandarono all'unisono Akane ed il consigliere, mentre
Ranma taceva imbarazzato. In fondo era lì per quello, giusto?
Mentre Kuno Senior meditava vendetta, la coscienza di Ranma
iniziò a farsi sentire.
Certo, sposarla era la scelta migliore per tutti, ma cosa voleva
veramente lei?
A breve si fece sera, tutto era pronto per la cerimonia.
Ranma, accompagnato da Genma e dal fidato Happosai, attendeva la sua
futura consorte sul tetto del Furinkan addobbato a festa, mentre il
sole tramontava.
Avevano passato una giornata stupenda insieme: lui le aveva raccontato
tutto degli anni
trascorsi a Nerima: delle sue
pretendenti, della maledizione, delle disavventure che si era trovato
ad affrontare in quella che ormai aveva iniziato a considerare la sua
vita precedente e del panda che li seguiva ad ogni passo, e la
principessa aveva trovato il tutto molto divertente. Di certo era
qualcosa di diverso rispetto alla vita piatta e noiosa che aveva sempre
condotto tra le mura dell'edificio.
Quando uscì dalla scuola e fece la sua comparsa tra gli
invitati, il cuore del codinato mancò ben più di
un battito.
''Ranma'', lo avvicinò, ''Mi hai fatto vedere un mondo
nuovo, di cui ignoravo l'esistenza. Ascoltare i tuoi racconti, questo
pomeriggio, è stato come sorvolare i cieli del mondo a bordo
di un tappeto magico: ho visto come sarebbe la vita con te, e se vuoi
sapere quale sarà la mia risposta quando il sacerdote mi
chiederà di sposarti, beh...''
''Un momento''
L'aveva bloccata. L'aveva bloccata un istante prima che lei gli dicesse
di sì.
La sua stupidità stava per mandare a monte un altro
matrimonio.
''Akane, prima che tu dica qualunque cosa tu stia per dire
c'è una cosa che dovrei confessarti...''
''Ad esempio che non sei un principe?''
Il preside Kuno fece il suo ingresso trionfale in terrazza,
accompagnato dal calare definitivo delle tenebre.
''Akane, my dear friend Soun, questo guy è un bugiardo, un
millantatore. Come diciamo noi? Liar''
''Ranma, che significa?'', tuonò Soun Tendo mentre PChan,
tra le sue braccia, grugniva inferocito.
''A-Akane, io...''
''E' vero?'', chiese furiosa mentre gli abiti eleganti del giovane si
dissolvevano e lasciavano spazio alla solita casacca rossa, ''E' vero
quello che sta dicendo, Ranma?''
''Ecco, io... Stavo per confessartelo! Se questo scemo non ci avesse
interrotti te l'avrei detto io stesso!''
''Sei qui solo per la Palestra, vero? Sei qui solo per la Palestra!''
''No, Akane, fammi parlare!''
I rintocchi della campanella della scuola rendevano ancor
più lugubre la scena in cui si trovava il giovane: non una
stella in cielo, un forte vento gelido, i cordiali invitati trasformati
in fantasmi dei pretendenti di Akane, di tutti i pretendenti di Akane.
Più ricchi, più gentili, più bravi ad
esprimere i propri sentimenti di lui.
Ma non certo più forti.
Li lasciò a terra uno per uno, prima di trovarsi faccia a
faccia con il preside, che lo minacciava con una macchinetta taglia
capelli gigante.
''Now, caro Ranma, ti farò a fettine come un pezzo di
arrosto! Prima ti taglierò tutti quei capelli ribelli, poi
ti metterò in punizione, e poi...''
''Io non ci conterei''
Gli si avventò contro con tutta la forza, utlizzando ogni
tecnica fosse in suo possesso.
Kuno resisteva, arrancava ma resisteva, ma fu quando si
arrabbiò veramente, dopo più di un'ora di
combattimento, che Ranma, esausto, ne vide la vera essenza.
Aveva assunto l'aspetto di un nemico che Ranma conosceva molto bene, un
nemico che non avrebbe mai, nemmeno nei suoi peggiori incubi, voluto
trovarsi a fronteggiare.
Un nemico di nome Ranma. Ranma-chan.
Ranma sapeva che mai, in nessun modo, avrebbe potuto sconfiggerla senza
mettere a repentaglio la propria vita, quindi, per una volta, ed in via
del tutto eccezionale, decise di mettere da parte la
passionalità e giocare d'astuzia, di raziocinio.
Non era con Ranma-chan che stava combattendo, ma con se stesso, con le
sue paure più recondite.
''Happosai'', tuonò, ''Sei pronto per l'ultimo desiderio?''
''Prontissimo, vostra altezza!", sorrise il vecchio.
''Io voglio, anzi no, io esigo, che quest'essere scompaia dalle nostre
vite per sempre. Voglio che il suo fantasma la smetta di venirmi a
tormentare, che le nostre vite continuino senza il terrore della sua
ombra dietro alle nostre spalle. Maestro, io voglio che tu
sia libero, e che la mia paura di non essere un uomo all'altezza della
situazione sia imprigionata nella tua teiera, per sempre''
''Akane'', sussurrò tenendole le mani mentre il
dodicesimo rintocco della campanella dell'Istituto superiore Furinkan
rimbombava nella notte. Era tutto finito. ''Akane, ti ho mentito, non
sono un principe. E non sono un vero uomo. Ci sono centinaia, migliaia
di giovani più valorosi di me che meritano il tuo amore, e
di questo sono consapevole. Dimmi tu. Dimmi cosa vuoi che faccia ed io
lo farò, fa' solo che non sia soltanto per ereditare la
Palestra''.
''Ranma, io...''
Una goccia d'acqua sul bel viso lo svegliò.
Dovevano proprio ripararlo, quel buco nel tetto.
Si alzò in piedi di scatto, sudato, e diede una rapida
occhiata in giro. I Manju soporiferi di Shampoo dovevano aver fatto di
nuovo effetto anche su Akane, che stava dormendo placidamente a pancia
in giù sul tappeto, con i capelli davanti al viso e le
braccia distese sul pavimento freddo.
Chissà con quanti altri ragazzi avrebbe potuto passare una
folle notte senza genitori, pensò, chissà con
quanti più
ricchi, più gentili, più bravi ad esprimere i
propri sentimenti di lui avrebbe potuto uscire a divertirsi.
''Principi, nobili, capitani della squadra di kempo della scuola...'',
sussurrò mentre le scostava i capelli dal viso, ''Sei
proprio una scema, Akane''.
Sorrise nel vedere la sua espressione rigida rilassarsi, mentre le
posava la copertina addosso, andò in cucina a bere un
bicchiere d'acqua e riavvolse il nastro della videocassetta, ormai
terminata, per poi estrarne un'altra dalla custodia e, senza nemmeno
leggerne il titolo, inserirla nel videoregistratore.
In fondo dovevano guardarle tutte, no?
* All'inizio mi
riferisco ovviamente al fatto che il doppiatore di Ranma, Massimiliano
Alto, è lo stesso di Aladdin. Le canzoni accennate (e
modificate all'occorrenza, con buona pace degli autori) fanno tutte
parte della colonna sonora del film.
Eccomi qua con il
primo capitolo, ve l'avevo detto che era una mezza scemenza, per cui
non ditemi niente!
Grazie come sempre
a chi ha letto, davvero grazie mille, e come al solito scusate per
eventuali errori!
Alla prossima!
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