Lotta allo Iabbok

di Ciuffettina
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Nonostante gli angeli fossero migliaia, tutti notarono che Michael non solo era arrivato tardi alle lodi mattutine per il loro Padre ma aveva pure le piume delle ali arruffate. Che seccatura! Per secoli era sempre stato in perfetto orario, persino in anticipo, e nessuno l’aveva mai notato e ora che era leggermente in ritardo tutti lo guardavano di sottecchi; d’altronde dovendo stare a destra del Trono di suo Padre, non poteva certo pensare di passare inosservato.
Lanciò un’occhiata al lato sinistro del Trono, altro che leggero ritardo! Il sempre ritardatario Gabriel era già al suo posto e lo fissava, ghignando.
Michael sperò almeno che nessuno avesse il coraggio di domandargli che cosa gli fosse successo, anche perché, a ripensarci, era piuttosto imbarazzante. Speranza che svanì non appena finirono di cantare. Venne subito raggiunto da Gabriel e Raphael.
«Ehilà, fratellone! Per una volta hai deciso di farmi fare bella figura?» chiese Gabriel, dandogli una manata in mezzo alle ali.
Michael, prima lo fissò freddamente, poi si guardò intorno se qualcuno li stava ascoltando, infine rispose a bassa voce: «Ho avuto uno scontro con Giacobbe.»
«Ma chi, il Patriarca?» chiese Raphael, stupito.
«Già, proprio lui. Gli sono apparso per annunciargli che i doni che aveva inviato a suo fratello avevano sortito l’effetto desiderato e che Esaù aveva deciso di perdonarlo(1), pertanto non doveva temere d’incontrarlo e quello mi è saltato addosso, pretendendo una benedizione. Gabriel, a te non è mai successo?»
«No mai, di solito gli umani si limitano a spaventarsi» rispose il Messaggero di Dio.
«Solo che il mio compito non era quello di benedirlo. Abbiamo lottato per quasi tutta la notte, quando ho visto che si avvicinava l’alba, per liberarmi, l’ho colpito all’articolazione del femore che si è slogato ma niente da fare e quando gli ho detto che doveva mollarmi perché cominciava a schiarirsi ha avuto l’impudenza di chiedermi se fossi un ladro, giacché temevo la luce dell’alba e che non mi avrebbe lasciato finché non l’avessi benedetto. Vi rendete conto?»
«Guarda che gli umani sono fragili» disse Raphael.
«Perché pensi che non sia riuscito a liberarmi? Prova tu a scrollartene di dosso uno senza romperlo» replicò Michael.
«Non potevi farlo addormentare?» chiese Gabriel.
«No che non potevo, dovevo ancora annunciargli il messaggio, avrebbe anche voluto sapere il mio nome, come se già non bastasse che mi ha estorto una benedizione. Alla fine gli ho ripetuto quella che gli era già stata fatta(2); a proposito ora si chiama Israel. Ovviamente dovrò dirlo a nostro Padre ma voi, per favore, non raccontatelo a nessuno, i cherubini mi riderebbero dietro le ali per l’eternità.»
«Devo scendere a guarirlo?» chiese Raphael.
«No, voglio che per tutta la vita ricordi che ha sfidato un arcangelo e che è sopravissuto.» “Che nessun umano pensi di potermi battere impunemente.

*****

Racconto ispirato al capitolo 32 della “Genesi”.
1) Giacobbe con un inganno, prima aveva sottratto la primogenitura e poi la benedizione di suo padre Isacco al fratello Esaù.
2) Precedentemente Giacobbe aveva avuto una visione di angeli che salivano e scendevano da una scala che arrivava fino in Cielo ed era stato benedetto.




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