Disclaimer: i personaggi citati non appartengono a me, ma al legittimo
proprietario. Da parte mia non c’è alcuno scopo di lucro, ma ci ricavo solo
tanta soddisfazione nel veder avverati i miei sogni ^^ E chissà che non si
avverino davvero *ammicca*.
Note: questa idea parte un po’ per caso. Saranno capitoli molto
semplici, una sorta di commediola romantica, che è il mio genere. Come è
scritto nell’introduzione, riguarderà il rapporto con la famiglia. Un po’ tutte le famiglie
XD Mi sono accorta che nel mondo di Naruto sono quasi
tutti orfani (^^”), quindi mi sembra giusto scrivere su un argomento così
importante. O almeno ci ho provato.
I personaggi presenti sono i due
principali, più il resto delle famiglie di contorno, ma più da sfondo che
altro.
Non c’è molto altro da dire, a
fine raccolta ho tentato di dare un senso logico ai 4 capitoli, lo capirete già
dal prossimo.
Buona lettura!
You make me feel at home
Capitolo
1- Breakfast time
Il sole filtrava tenue attraverso
la grande finestra della camera. Il vento doveva averla aperta durante la
notte, e ora i raggi del mattino si infilavano con debole forza all’interno
della stanza disordinata. Shikamaru tentò di girarsi
sull’altro fianco, nascondendo il viso nel cuscino, ma il cinguettio non
proprio sommesso dei due uccellini che si erano appollaiati sul suo davanzale
non aiutava nell’impresa. Cercò di voltarsi nuovamente, ma, ancora mezzo
addormentato, perse l’equilibrio e scivolò giù dal letto. Si tirò a sedere
mentre si stiracchiava, dando libero sfogo ad un rumoroso sbadiglio e
rendendosi conto di ciò che era successo.
“Iniziamo bene…” commentò stanco,
alzandosi controvoglia e iniziando a vestirsi piano, tra un “proprio oggi…” e
un “il vento è una seccatura”. Si diresse in cucina per mangiare qualcosa,
pensando a come avrebbe impiegato la sua giornata libera, che quella bionda
scatenata del suo capo gli aveva concesso per grazia divina. Non credeva nel
destino, al contrario di Neji, ma era sicuro di avere
una sorta di malocchio con le bionde. Prima Tsunade,
che lo caricava di lavoro, poi Ino, con quel
caratterino problematico che si ritrovava, e poi… Represse malamente uno
sbadiglio, mentre varcava la soglia della cucina.
“’giorno” sussurrò stanco,
rivolto verso i suoi genitori.
“Buongiorno” gli arrivò una voce
che non classificava come suoi genitori.
Spalancò gli occhi, improvvisamente
sveglio, e a corto di parole balbettò un “e t-tu ch-che
ci fai qui?”
“Colazione” Temari
rispose semplicemente, alzando la tazza del caffè. “Che altro si dovrebbe fare
in una cucina?”
“Non intendevo questo!” riprese lui,
che aveva ritrovato la parola. “Che ci fai tu qui, in casa mia!”
“Non mi era stato detto di
andarmene al sorgere del sole, certo che voi di Konoha
non sapete proprio cosa sia l’ospitalità” borbottò, non intenzionata
minimamente ad alzarsi. Anzi, accavallò le gambe e prese un altro sorso della
bevanda.
“Tu hai…?”
“Dormito qui?
Sì” e la ragazza si alzò andandogli incontro.
“Ma come… ma perché… ma chi…”
“Caffè?” lo bloccò, alzandogli la
sua tazza ancora fumante davanti agli occhi.
“No…” rifiutò,
un po’ imbarazzato.
“Ieri sera, dopo aver finito di
lavorare agli esami dei Chuunin” cominciò a spiegare
lei, mentre gli dava le spalle e cercava qualcosa dentro un cassetto, “quando
ti ho riaccompagnato a casa…” sottolineò.
“Ehi, hai detto che il tuo albergo
era su questa strada, non mi hai esattamente
riaccompagnato a casa” la corresse imbronciato.
“Mi hai salutato sbadigliando e
ti sei richiuso la porta alle spalle” continuò facendo finta di non aver
ascoltato le sue parole. “Ma quando stavo per incamminarmi, i tuoi genitori mi
hanno fermato, sono sbucati dal giardino all’improvviso-”
“Eh?”
“E mi hanno costretta a dormire qui, perché non era onorevole che un’ospite di
un altro Paese dormisse in un triste albergo… Almeno a detta di tuo padre” alzò
le spalle, sgranocchiando un biscotto e versando del caffè in un'altra tazza.
Shikamaru
rimase senza parole. Quello di cui era certo era che nessuno al mondo sarebbe
riuscito a costringere Temari del Deserto a fare
qualcosa, a meno che lei non lo volesse. Nessuno, nemmeno sua madre.
“Quindi… tu hai…” si sedette,
conscio del fatto che quella ragazza avesse dormito sotto il suo stesso tetto,
e lui non ne fosse stato a conoscenza.
“Biscotti?” gli porse la scatola
di latta, che lui accettò volentieri.
“Sì… grazie.”
“Hai una bella casa” notò Temari.
“Oh… niente di che” si sminuì,
pensando a quella che doveva essere la dimora del Kazekage.
“No, invece!
E’ piccola e accogliente, dà idea… di famiglia” costatò
sicura.
“Ah…”
“Tieni!” Temari
gli porse la tazza di caffè che gli aveva appena preparato, agitandola
pericolosamente sotto al suo naso. Shikamaru
l’afferrò cauto, prima che il contenuto gli si riversasse addosso.
Rimasero in silenzio per qualche
minuto, lui soffiando sulla bevanda calda, e lei mangiando qualche altro
biscotto.
“Sei sempre così loquace al
mattino?” lo prese in giro sorridendo.
“Mh”
arrossì lui.
“Che c’è?”
“Sei tu che parli troppo, non io
che parlo troppo poco” esordì, nascondendo il viso dietro la tazza di caffè ed
evitando di dire che vedersela così, improvvisamente e in una situazione così
intima, era per lui decisamente imbarazzante.
Temari
lo guardò a fondo, prima di scoppiare in una risata argentina. “Sei sempre il
solito…”
“Mh. Non ti lamenti di come hai dormito? Immagino che a Suna si stia meglio, eh?”
la stuzzicò, cambiando abilmente discorso.
“Certo che a Suna si sta meglio! Ma anche qui
non è male…” sussurrò infine, abbassando gli occhi.
Shikamaru
si ritrovò particolarmente interessato. La sua collega non faceva che parlare
del suo paese natio, del clima troppo fresco di Konoha,
del sole poco caldo, della gente che non si faceva mai
gli affari suoi… Sentirle fare un complimento era un evento raro.
“Non è male, eh?” ripeté, mentre
pensava che anche Choji si era
lamentato del letto scomodo della loro camera per gli ospiti. E non che
fosse un tipo sensibile…
“Tuo padre mi ha parlato per ore
della tua famiglia, come è nata, come si sono tramandate le
tecniche ninja…” spiegò lei, appoggiando il gomito sul tavolo e la testa
sul palmo aperto della mano.
“Mio padre cosa?” domandò stupito
lui.
“E tua madre si è premurata di
farmi sentire a mio agio, portandomi un infuso per dormire meglio e dandomi le
migliori coperte che aveva” continuò, rigirandosi un biscotto tra le dita,
guardandolo con sguardo annoiato.
“Mia madre che ha fatto?” chiese
sempre più sconvolto lui.
“Mi hanno anche parlato di te.”
All’improvviso Shikamaru deglutì a vuoto, fissando sbalordito la ragazza
di fronte a sé. “E che ti hanno… detto?” conosceva i suoi genitori, quando
iniziavano a parlare di lui non la finivano più, ricordando gli aneddoti più
imbarazzanti di tutta la sua giovane vita. Senza pietà. Quello era considerato
il pegno da pagare per essere il figlio unico della famiglia Nara, colui che avrebbe ereditato tutte
le tecniche ninja e tutte le troppe
attenzioni dei genitori.
“Hai giocato
con le bambole fino ai dieci anni. E poi prendi in giro Kankuro…” esordì pungente, mangiandosi in un sol boccone il
biscotto.
Il ragazzo sbiancò. “N-non è vero! Avevo
cinque anni, è successo soltanto una volta, e poi Ino
mi aveva costretto!” si difese, mentre il rossore si diffondeva sulle guance.
“E raccoglievi tanti bei
fiorellini per la tua mamma, vero?” lo prese in giro.
“Avrò avuto tre anni l’ultima
volta che l’ho fatto!” commentò, il viso ancor più rosso.
“E quella volta che ti sei messo
a cucinare con un grembiulino rosa?”
“Era di mia madre, che dovevo
fare?” ribatté, ormai violaceo.
“I tuoi mi
hanno detto che è un colore che ti dona. Dovresti
tingere la giacca da Chuunin di quel colore” scoppiò
a ridere fino alle lacrime, ormai incapace di trattenersi.
“Ah, lo trovi
divertente, eh? Chiederò ai tuoi fratelli i tuoi
scheletri nell’armadio!” la minacciò, sorridendo.
Ma Temari
si fece d’un tratto seria, mentre un velo di tristezza le attraversava gli
occhi verdi. Giocò con un cucchiaino, tenendolo in equilibrio sul dito, mentre
evitava accuratamente di guardarlo.
Shikamaru
rimase spiazzato, eppure non gli sembrava di aver detto nulla di male! Ma
realizzò all’improvviso la situazione.
“Non ho… nessun ricordo del
genere se penso alla mia infanzia” sussurrò lei.
Si sentì uno stupido per averle
fatto ricordare tristi pensieri. Essere la sorella di un mostro e la figlia
dell’uomo più potente del villaggio non doveva essere stata una passeggiata! Ma
soprattutto, si rimproverava per aver spento la scintilla di genuina
spensieratezza che albergava nei suoi occhi verdi, e che si ritrovava spesso ad
osservare senza farci caso. Sorrise e afferrò la zuccheriera, prendendo con decisione
un cucchiaino di zucchero.
“E invece sono sicuro che qualche
ricordo divertente lo avrai anche tu” esordì. Lei lo guardò con stupore,
alzando le sopracciglia. “Avrai picchiato Kankuro un
bel po’ di volte!”
“Certo!” sorrise lei. “E vincevo
sempre io!” affermò, battendosi un pugno sul petto.
“Non avevo dubbi…” le sorrise,
mentre sentiva la tensione di poco prima sciogliersi velocemente.
“Ehi!” gli gridò contro. “Ma
quanto ne stai mettendo?” chiese indicando il cucchiaino di zucchero che teneva
in mano lui, pronto per essere gettato nel caffè.
“Oltre una certa quantità è
vietato?” domandò retorico, scaraventando il suddetto nella bevanda.
“Troppo zucchero fa male” lo
sgridò.
“Anche troppi biscotti”
evidenziò, mentre Temari lanciava nella scatola
metallica l’ennesimo biscotto della mattinata, rinunciandovi un po’
imbronciata.
“E poi il caffè mi piace dolce”
riprese lui, mescolando il liquido nero.
“Lo dicevo io che eri una
femminuccia” borbottò lei divertita.
“E tu sei un maschiaccio.”
“Beh, siamo lo stesso una coppia
equilibrata, no?” gli sorrise, poggiando entrambi i
gomiti sul tavolo e il viso sulle mani.
Shikamaru
nascose di nuovo il viso dietro la tazza, bevendone il contenuto ormai freddo.
Vederla nella sua cucina, la mattina, così a suo agio, gli provocava qualcosa
di non ben definito all’altezza dello stomaco. Un qualcosa di stranamente
piacevole, però.
Quando si decise a guardare di
fronte a sé, notò che la sedia era vuota, e Temari
che posava qualcosa nel lavandino e apriva l’acqua.
“Ah, lascia stare, ci penserà mia
madre dopo” la fermò.
“Ancora con
queste teorie maschiliste? Non muoio mica se lavo un
cucchiaino, e neanche tu” gli rinfacciò fintamente offesa.
Lui mugugnò qualcosa, prima di uscirsene con un “a proposito, ma i miei genitori dove
sono?” si ricordò improvvisamente dell’assenza sospetta dei due, che ogni
mattina ritrovava puntualmente in quella cucina.
“Non lo so.
Tuo padre sistemava qualcosa in giardino e tua madre faceva
qualcosa di importante da un’altra parte” rispose lei con un’alzata di spalle.
Ma Shikamaru
non ebbe nemmeno il tempo di riflettere che lei finì di asciugarsi le mani e si
avviò verso la porta.
“Dove vai?” si ritrovò a chiedere
lui, sentendosi lasciato solo.
“Ho del lavoro da sbrigare, io”
lo informò con un sorriso, prima di scomparire dietro la porta.
“Ah… aspetta, ti accompagno!”
propose lui, alzandosi di scatto e avvicinandosi a lei.
“Non credo di perdermi, ormai
conosco la casa” gli rispose, prendendo il suo ventaglio dal divano della sala.
“Sì, ho capito…” sbuffò lui. “Che
c’è?” chiese, notando che Temari fissava con
interesse il divano.
“Sembra comodo…
Di sicuro più del letto della camera degli ospiti! E’
come il ferro…” fece finta di lamentarsi.
“Vorrà dire che la prossima volta
dormirai qui” le disse, indicando il divano.
“Oh, no, non
eri un uomo? La prossima volta dormirò nel tuo letto!” lo prese in giro,
rendendosi conto solo dopo di ciò che aveva affermato, mentre arrossivano
entrambi. “Da… sola, ovviamente” si corresse con un sussurro.
“Ovviamente…” ribadì lui,
cercando di non pensare a niente. Niente di niente.
“Beh, io vado” e aprì la porta di
casa, incamminandosi verso il cancello, seguita da lui. Giunta sulla soglia si
fermò, voltandosi a guardarlo.
“Ci vediamo
domani” lo salutò.
“Certo. Tanto rimani qui finché non finiamo gli esami, vero?” chiese,
curiosità mista a speranza.
“Sì, prepariamoci a vederci
ancora a lungo” fece finta di sbuffare. “Ah, dimenticavo!
Tuo padre mi ha detto che mi avrebbe regalato una medicina
per un mio Genin che si era fatto male, ma non l’ho
più visto…” disse, guardandosi in giro e sperando di avvistare la figura di Shikaku.
“Ah… Io non l’ho ancora visto
stamattina, ma possiamo cercarlo finché-”
Un rumore alle loro spalle li
fece voltare, e da dietro il muro esterno dell’abitazione spuntò Shikaku, un po’ traballante.
“Papà” lo chiamò, “ma dov’eri?”
“Oh, buongiorno ragazzi” li
salutò lui, mentre teneva una mano dietro la nuca, con l’espressione più
normale e ingenua che riuscì a trovare, nonostante i due che lo guardavano
incuriositi. “Ehm, questa è per te” disse, cercando di sviare l’attenzione,
porgendo una fialetta a Temari. “Per il tuo Genin.”
“Grazie, Shikaku-san”
ringraziò cortese.
“Ma figurati, ma figurati, questo
e altro per gli amici di mio figlio, no?” sorrise impacciato.
“Come vuole.
Beh, io vado, grazie dell’ospitalità” affermò lei, compiendo
un piccolo inchino.
“E’ stato un piacere, anzi, se
vuoi tornare a trovarci, che so, oggi a pranzo, noi saremmo contenti” si
affrettò a risponderle, inchinandosi a sua volta.
“Non posso, devo stare con i miei
Genin” rifiutò cortesemente.
“Oh, allora magari stasera a
cena…” continuò l’uomo, visibilmente preoccupato.
Shikamaru
intanto aveva osservato allibito la scena, incerto se
stesse ancora sognando o se suo padre fosse impazzito improvvisamente. Spostava
lo sguardo dall’uno all’altra, seguendo quel discorso come se lui non fosse
realmente lì, come se non potesse davvero essere vero che suo padre, l’uomo che
ammirava forse di più al mondo, stesse tentando di invitare di nuovo, e con tutte le sue forze, quella a casa loro. C’era qualcosa
sotto.
“Stasera sono impegnata con il
lavoro” riprese la ragazza.
“Beh, ma spero che almeno
tornerai a farci visita prima della tua partenza…” provò a giocarsi l’ultima
carta.
“E va bene, come vuole” sorrise,
mentre l’uomo di fronte a sé tirò un sospiro di sollievo al pensiero che non
sarebbe tornato dalla moglie, che li scrutava curiosa e minacciosa da dietro
l’angolo, a mani vuote. E chi l’avrebbe sentita poi?
“A presto allora, Temari” la salutò.
“A presto.
Noi ci vediamo domani, Shikamaru”
evidenziò lei, diretta al ragazzo.
“Eh? Oh,
certo. Se vuoi posso aiutarti oggi pomeriggio, con le
scartoffie per l’Hokage” propose.
“Oggi è il tuo giorno di riposo,
te lo sei dimenticato?” lo prese in giro ridendo. “Lascia
stare. A domani” salutò con quel suo sorriso dolce,
allontanandosi.
“A domani…” ripeté lui, prima di
riportare la mano alzata per il saluto nella sua tasca.
“Che dici, rientriamo?” propose
il padre, dopo che la figura di Temari era sparita da
davanti ai loro occhi. Quasi fosse stato uno di quei sogni del dormiveglia che
spariscono con il risveglio.
“Mh.”
“Altrimenti poi tua madre se la
prende con me” borbottò l’altro, avviandosi verso la casa.
“Papà” lo richiamò. “Pensi che accetterà il
tuo invito?”
“Spero proprio di sì, figliolo,
altrimenti tua madre è capace di farmi dormire sul divano per un mese per non
essere stato capace di convincere quella ragazza” ammise scuotendo le spalle.
“Ma in fondo non lo so, le donne sono imprevedibili, vogliono sempre avere
ragione, stare al centro della nostra attenzione e comandare su tutto.”
“Già…”
“Ma penso che tu abbia capito
anche la loro importanza, no?”
Shikamaru
ripensò a quella mattinata, al fatto di aver visto lei per prima, alla sua voce, al suo profumo, alle sue battute e al
suo sorriso, ripensò al battito del suo cuore, a quella sensazione strana, ma piacevole, quasi di calma, di pace, come se fosse
giusto così, come se non ci fosse nient’altro di meglio.
“Mh. Rientriamo” disse,
incamminandosi verso la porta di casa, con le mani in tasca e lo sguardo basso.
Ma quel debole sorriso non sarebbe sparito facilmente.
Fine
Note: e questo era il primo.
Gli altri 3 capitoli non sono
ancora scritti, ma vedrò di metterli metaforicamente “su carta” il prima possibile (sempre se l’idea piace ^^”).
Le idee ci sono, ma purtroppo ci sono
anche gli impegni ç____ç e devo ancora adattarmi del tutto alla nuova città in
cui sono finita dopo il mio trasloco (niente nostalgia di casa, mi basta canticchiare
“la società dei magnaccioni” per tirarmi su di morale,
anche troppo XD). A voi che importa tutto ciò non lo so, abbiate pietà di una
povera disperata a cui manca la sua Central City XD
Ah! Al solito, un grazie speciale
alla mia Vale-sensei ^^ che è sempre tanto buona e
compassionevole ^^ (ti sto descrivendo tipo essere mitico… nel prossimo
capitolo posso dire che hai un corno bianco sulla fronte o che risorgi dalle
tue ceneri? Ma quanto sono scema? XD).
Ok, commentino?
Siete autrici anche voi, sapete
quanto sia importante, no? ^^
Ps. Come
al solito ho risposto ai commenti ricevuti per Her perfect man, in fondo alla pagina della fic.
Ringrazio tutte, siete state gentilissime ^^ E chi volesse è ancora in tempo per leggere e commentare XD