Era
una giornata particolare, si sentiva ancora nell’aria
l’odore dell’estate, il calore dei raggi del sole
che accarezzavano la pelle ancora abbronzata, la brezza marina che si
disperdeva nel vento, i grilli stridevano ancora le loro zampette, una
figura minuta con una buffa testolina lilla correva,
nell’enorme parco brulicante di piante secolari e variopinti
cespugli di fiori, cercando di raggiungere una grossa libellula dalle
ali lunghe che ormai aveva spiccato il volo.
All’improvviso
spuntò da dietro il fusto di una quercia un’altra
testolina stramba stavolta con dei capelli neri e uno strano taglio.
“Ehi
Trunks… aspettami!” cercava di raggiungere
l’amico che ormai attratto dall’animaletto era
andato lontanissimo.
“Fa
presto Goten, sto rincorrendo una libellula!”
gridò al compagno di giochi saltellando
all’indietro.
Poi
d’improvviso inciampò su qualcosa e si
ritrovò gambe all’aria a guardare il cielo terso,
l’altro finalmente lo raggiunse e si chinò su di
lui.
“Tutto
bene Trunks?” gli disse tendendogli la manina piccola e
paffuta.
“Ce
la faccio da solo!” con un colpettino, scostò
l’aiuto offertogli e cercò di rialzarsi con non
poca fatica.
Era davvero
piacevole osservare da lontano quei due piccoli bizzarri bambini,
pensava la madre di uno dei due, seduta su un giaciglio non molto
distante da loro… così simili eppure
così diversi, figli di due mondi completamente lontani.
“Ma
cosa è stato a farmi cadere?” indispettito Trunks
cercava tra i fili d’erba l’oggetto del misfatto,
vide un luccichio e si apprestò a raccogliere una palla
arancione lucida con stampate sopra tre stelline.
“Ehi
guarda cos’ho trovato Goten.” Mostrò la
sfera con fare trionfante e uno scintillio nei grandi occhioni azzurri.
“Wow,
ma è una biglia grande.. è bellissima, me la fai
toccare?” anche Goten era entusiasta, anche nei suoi occhi si
intravedeva un senso di esaltazione.
“Puoi
toccarla, ma senza farla cadere okay?” raccomandò
il più grande alzando l’indice a mo’ di
ammonimento.
“Si,
si, certo” rispose l’altro annuendo anche con la
testa,… la prese nelle piccole mani e ci si
specchiò dentro tanto era lucida.
“Okay
ora basta ridammela…”
“La
voglio tenere un altro po’ in mano è
così liscia!” chiese il più piccolo
alzando il braccino per evitare che l’altro gli prendesse la
sfera tra le mani.
“Ma
è mia, l’ho trovata prima io!”
Cominciarono a
darsele di santa ragione come erano soliti fare, la donna attirata
dalle piccole urla di sfida che si lanciavano pensò che
nonostante conducessero una vita “normale” la loro
natura era quella di combattere e nulla avrebbe potuto cambiarli.
Decise che era
il momento di separarli e tornare a casa…
Rotolavano a
terra “Dammela!” diceva uno “soltanto un
altro po’” affermava l’altro e
continuavano a combattere e a sporcarsi, finché non li
sovrastò la figura di una donna alta, magra, con un paio di
occhiali da sole e un piccolo foulard intorno al collo.
“Adesso
è giunto il momento di andare a casa… Trunks
lascia subito il collo di Goten!”
“Si
mamma.” Immediatamente il bimbo ritrasse le mani. E
aiutò l’altro a rialzarsi da terra.
“Che
cos’è quella cosa che avete in mano? Trunks, sai
che non voglio per casa oggetti trovati a terra.”
Subito il
ragazzino si affrettò a nascondere la sfera dietro la
schiena e disse: “niente Mamma, non è proprio
niente… andiamo?”
La donna
s’incamminò davanti seguita da suo figlio e dal
figlio del suo miglior amico…
Si, il suo
miglior amico… che adesso non è qui sulla terra
per godere delle prodezze del secondogenito: un bambino dalle
innaturali doti combattive e da un cuore puro e ingenuo, proprio come
il padre!
Prese una
capsula dalla tasca del jeans e la lanciò per terra, ne
uscì l’ultimo modello di Air-car,
aprì
lo sportello posteriore del velivolo, ci fece salire il moretto seguito
a ruota dall’altro, poi andò davanti e si
posizionò al lato guidatore.
Una nube di
fumo si alzo dietro quando mise in moto il mezzo che li avrebbe
riportati alle loro dimore.
Il paesaggio
che si poteva vedere una volta giunti nelle terre dei monti Paoz era il
più caratteristico del mondo… distese e distese
di boschi abbracciati da colli che si susseguivano come le dune di
sabbia nel deserto, all’orizzonte si poteva ammirare la palla
di fuoco che al tramonto fuggiva dal giorno e si nascondeva dietro le
verdi colline che ombreggiavano sulla piccola dimora Son.
Appena
l’Air-car fermò il suo volo e si spensero i motori
il piccolo Goten aprì lo sportello e si fiondò
fuori per abbracciare la sua adorata mamma.
“Ciao,
Mamma!” disse saltandogli al collo.
“Ciao
piccolo mio!” rispose la donna dai lunghi capelli neri e due
occhi dello stesso colore nei quali si rispecchiava l’amore
che nutriva per il proprio figlio, nonostante sentisse incessantemente
la mancanza del marito.
“Come
sono stati oggi queste due piccole pesti, Bulma, ti hanno fatto
disperare?” disse mettendo giù il figlio che si
apprestò entrare in casa con l’amico.
“Assolutamente
Chichi… due “angioletti”! Tuttavia sono
nati per combattere è inevitabile tenerli calmi senza che si
azzuffino…” rispose Bulma passandosi le dita tra i
suoi capelli azzurri.
“Comunque,
Trunks ha già deciso che tra due giorni ritorneremo a
prendere Goten… avete da fare?” chiese la donna
turchina.
“No…anzi…
Gohan sta preparando l’esame di ammissione alla scuola di
Satan City e un po’ di tranquillità ci vuole in
casa…” rispose la mora.
“Okay
allora ci vediamo tra due giorni! Trunks, vieni subito, dobbiamo
andare, dì a Goten che verremo giovedì”
I due
nanerottoli uscirono dalla porta di casa e mentre Trunks
salì sul piccolo aereo Goten rimase abbracciato alla gamba
della madre guardando il suo migliore amico andare via.
La grossa
cupola gialla che sovrastava l’enorme giardino circostante si
ergeva maestosa al centro della Città dell’Ovest,
la si poteva vedere già da due kilometri prima di arrivarci.
Bulma
parcheggiò l’air-car nel giardino ed
entrò in casa.
Il silenzio che
aleggiava in entrando nell’edificio fu interrotto dai passi
piccoli e veloci di Trunks che si affrettò a salire le scale
per riporre al sicuro il suo prezioso tesoro.
“Finalmente!”
una voce roca e profonda fece sussultare la donna che era appena
entrata nella spaziosa cucina.
“Oddio
Vegeta, mi hai fatto paura!” disse poggiandosi una mano sul
petto.
“Tsk,
Donna terrestre…” borbottò
avviandosi verso le camere e i bagni per una doccia rigenerante.
Il bambino
uscì dalla stanza allegro per aver nascosto la sfera in un
posto sicuro, mentre trotterellava per il corridoio incrocio una figura
maestosa e imponente con un asciugamano intorno al collo.
“Ciao
Papà” disse il piccolo con gli occhi bassi.
“Mmm”
fu la risposta del padre che lo superò senza neanche
guardarlo e si chiuse in bagno.
Il piccolo
“angioletto” chinò il capo e triste per
la risposta appena ricevuta continuò il suo cammino verso la
cucina.
“Ehi
piccolino, cosa c’è?” disse la
donna affaccendata ai fornelli quando fide il visino triste del
figliolo, gli passo una mano sulla testa lilla e lui alzò lo
sguardo.
“Mamma,
perché Papà non mi rivolge la parola?”
Una morsa allo
stomaco colpì Bulma che si sentì persa per quella
domanda che tante volte aveva cercato di evitare.
“Vedi,
Trunks…” cominciò la turchina prendendo
il figlio in braccio e conducendolo sul divano.
“Tuo
padre, è un po’ triste perché non ha
avuto la fortuna di nascere in una famiglia allegra come la
nostra.” Il bambino guardava la madre con gli occhi carichi
di interesse e meraviglia… era la prima volta che lei gli
parlava di suo padre.
“Non
aveva un amico come io ho Goten?” chiese ingenuamente
“No,
tesoro, non aveva amici, passava tutto il tempo ad
allenarsi!” concluse infine Bulma.
“Anche
il padre di Goten era solo?”
Un altro
piccolo colpo inferto al cuore…
Parlare di Goku
era per Bulma ricordarsi di un grande amico che era andato via per
sempre, per salvare loro…
“Si,
anche il padre di Goten è vissuto senza amici,
finché non ha incontrato me.”
La storia si
faceva ancora più interessante, il bambino si rese conto che
quella sarebbe stata una serata indimenticabile.
Bulma
continuò la sua storia:
“Abbiamo
passato tante avventure insieme, ci siamo divertiti tantissimo avevamo
tutti un solo obiettivo: eravamo in cerca delle sfere del
Drago”
Ancora
più preso Trunks interruppe la madre
“Wow,
cosa sono le sfere del Drago Mamma?”
Bulma riprese a
parlare soddisfatta dell’interesse che aveva suscitato nel
figlio.
“Sono
delle sfere poco più grandi di una pallina da tennis, sono
lucide e arancioni, con delle stelline sulla superficie, sono
sette in tutto e quando sono riunite tutte è possibile
evocare un drago che esaudisce un desiderio.”
Trunks non
aveva capito bene tutto ciò che aveva detto la madre, ma
sapere della fattezza delle sfere e della possibilità di
esprimere un desiderio, era per lui un momento di gioia pura.
Si
ricordò della palla arancione che aveva trovato al parco e
fu entusiasta della scoperta: avrebbe potuto chiedere ciò
che voleva alla sfera e al drago che ci abitava dentro.
Bulma
guardò il bimbo di sottecchi, si rese conto che forse gli
aveva parlato troppo presto delle sfere poiché il piccolo
aveva lo sguardo perso nel vuoto e un espressione sognante stampata sul
visino paffuto.
Appoggiato allo
stipite della porta c’era la sagoma di un uomo che pareva
fatto d’alabastro, osservava la scena di una madre che parla
con il proprio figlio e ascoltava tutto ciò che la donna
diceva al bambino…
A Bulma,
parlare di lui, le riusciva benissimo, solo lei sapeva cosa albergava
nel cuore dell’uomo, era l’unica a poter parlare
dei suoi sentimenti.
Poi
un’affermazione del pargolo attirò
ancora di più la sua attenzione
“Che
peccato che Papà non aveva una sfera del drago da piccolo,
magari esprimeva il desiderio di non essere più
solo!”
Bulma
capì che la situazione stava degenerando e così
fece scendere Trunks dalle sue gambe e lo intimo di andare a lavare la
mani poiché tra poco sarebbe stata pronta la cena.
Quando il
bambino passo dinanzi alla porta l’uomo era
scomparso… era andato fuori.
Bulma
cercò di non pensare a ciò che il figlio aveva
affermato, le faceva male sapere che anche Trunks si fosse reso conto
dello stato d’animo del compagno.
La cena era
pronta, un profumo inteso e invitante aleggiava per l’intera
stanza, era, però, piuttosto strano il fatto che nessuno dei
due uomini della casa stesse già li a reclamare il pasto.
Vegeta era
fuori in giardino, con le braccia conserte e lo sguardo rivolto verso
un cielo nero e puntellato da una miriade di lucine bianche,
pensava…
Pensava a cosa
sarebbe successo se avesse scoperto l’esistenza delle sfere
del drago quando era ancora piccolo, avrebbe chiesto
l’immortalità? O la forza eterna? Non sarebbe
stato vittima dei voleri di Freezer… sarebbe potuto essere
un ragazzino libero!
Trunks era in
camera sua, aveva scovato il suo tesoro e adesso era lì a
rimirare la sua superficie patinata e con le minuscole dita scorreva
lungo il contorno delle tre stelle, pensava…
Pensava che
avrebbe potuto esprimere il desiderio di poter rendere la
felicità al padre, magari così facendo,
l’avrebbe accettato come figlio e magari anche fatto allenare
con lui… sarebbe stato finalmente un ragazzino felice!
“La
cena è pronta!” disse sottovoce.
Era uscita
anche lei in giardino, si affiancò all’ombroso
principe e continuò
“Forse
ti ha turbato sentire che tuo figlio si preoccupa per te?”
Un breve lampo
di stupore passò sul viso del Sayan, si chiese come facesse
quella stupida donna terrestre ad accorgersi sempre della sua presenza
in ogni occasione… sempre!
“NO.
Non mi interessa affatto! Preoccuparsi per qualcun altro non
è da Sayan!”
Rispose brusco.
“Oddio,
Vegeta, Trunks è solo un bambino che vorrebbe
l’attenzione del padre, ma è così
difficile da comprendere?”
Poi avviandosi
verso casa aggiunse: “Forse per voi scimmioni fissati per la
guerra un bambino è solo una macchina da
combattimento!”
Entrò
dall’enorme porta a vetri e si diresse in camera del figlio,
bussò e disse tutta allegra
“Trunks
è pronta la cena, sbrigati altrimenti quella ruspa di tuo
padre se la spazzola tutta!”
Trunks
uscì dalla stanza in preda al panico, corse verso la cucina
e trovò davvero il padre seduto a mangiare come un
forsennato… per fortuna era ancora tutto li…
fiuu!!
Si sedette
accanto a lui e cominciò a trangugiare tutte quelle
prelibatezze.
Finita la cena
il più piccolo della strana famigliola scese dallo sgabello
e corse verso la sua cameretta dove ci si barricò a
contemplare la sua fonte di speranza.
“Bene,
è il caso che carichi i robot e la lavastoviglie”
disse Bulma interrompendo quel religioso silenzio che si era creato da
quando Trunks aveva lasciato la tavola, si alzò e
cominciò a trafficare con i macchinari.
Vegeta rimase
per un po’ a fissare i movimenti della donna, si
alzò… nella stanza si sentivano solo i rumori
metallici dei robot e il fruscio dei vestiti dell’uomo che si
avvicinava lentamente alla figura china dinnanzi ad esso.
Lei ebbe un
sussulto nell’essere presa da due braccia possenti…
Lui con dei
movimenti secchi della testa le spostò i capelli e si
insinuò tra il viso e il collo respirando in modo profondo.
Sentire il suo
respiro sul collo le provocava sempre delle fitte al bassoventre,
appoggiò entrambe le mani sul ripiano di marmo, si diede una
spinta e si voltò di scatto… si ritrovarono
faccia a faccia, occhi negli occhi.
Come sempre
ognuno di loro era invaso da una valanga si sensazioni familiari ma
tuttavia ancora ignote… si guardavano e bramavano
l’uno le labbra dell’altro, con le bocche
semiaperte sospiravano e si cercavano.
Finirono di
agonizzare e finalmente si baciarono, un calore pervase il collo del
Sayan, sentiva la testa pulsare e un’irrefrenabile voglia di
lei, tutto ciò lo dimostrava nell’impeto con il
quale muoveva la lingua e dalla velocità con cui muoveva le
mani.
Si ritrovarono
nel giro di pochi ma interminabili minuti sul letto della loro camera a
consumare ciò che solo la notte e le mura di
quella stanza potevano vedere, uniti l’uno
all’altra come due spiriti selvaggi, a corrodersi
l’anima nel piacere di quelle sensazioni…
Quella mattina
sembrava che il Dio del sole avesse deciso di trasmettere a tutti che
era un giorno singolare, specialmente per un cucciolo di Sayan che quel
giorno aveva deciso di realizzare un progetto maturato nei due giorni
passati.
Con la sua
minuta manina bussò alla cascina della famiglia Son, in
attesa che la madre del suo amichetto venisse ad accoglierlo
salterellava dall’inquietudine di dover portare a termine il
piano.
“Buongiorno
Trunks” disse Chichi nel momento in cui apri la porta di casa.
“Ciao,
Chichi, Goten è in casa?” rispose.
“Certo,
ora te lo chiamo… Ciao Bulma” aggiunse poi alzando
gli occhi e rivolgendosi alla donna nell’air-car affacciata
al finestrino. Poi si voltò e urlò:
“Goten
vuoi sbrigarti che Trunks è già qui?”
“Si
mamma, arrivo..!” rispose una vocina sommessa
dall’interno della casa.
Si
sentì un trambusto e poi si vide un piccolo
marmocchietto uscire fuori casa dare un bacio alla madre e
schiacciare la mano contro quella dell’amico.
Insieme
salirono sul velivolo e si avviarono verso la residenza Brief.
Un colpo dopo
l’altro, avanti… indietro, un pugno nel
vuoto… la pressione sul corpo, la gravità
più alta di duecento volte… come un macigno sul
petto… quel giorno era davvero insopportabile il caldo: una
boccata d’ossigeno avrebbe purificato l’aria
metallica di cui erano impregnati i suoi polmoni.
Uscì
dalla stanza gravitazionale e si diresse in cucina, stava troppo sudato
e accaldato, doveva rinfrescarsi, prese una bottiglia di succo di
pompelmo da frigorifero e la bevve camminando… ma qualcosa
attirò la sua attenzione al di là della finestra
che dava sul retro del giardino.
Due piccoli
Sayan nascondevano qualcosa, bisbigliavano tra loro…
finchè uno di loro, il più grande, disse a voce
alta: “ La mia Mamma ha detto che dentro questa sfera
c’è un drago che realizza i desideri!”
il moretto stupefatto chiese: “Un drago? un drago
vero?”
“Ma
certo, razza di sciocco un drago vero e magico che
realizzerà il mio desiderio!” rispose orgoglioso
di se l’altro.
“tsk”
borbottò Vegeta da dietro e si girò, si
avviò per uscire fuori, c’era un sole da spaccare
le pietre e sicuramente la compagna stava distesa sotto qualche grande
albero a godersi la frescura dell’ombra.
Appena uscito
fuori si vide passare dinanzi i due nanerottoli, che correvano verso la
parte più isolata del giardino, si voltò e vide
lei… leggeva, all’ombra del grande salice con un
vestitino che lasciava tanto all’immaginazione, non
potè fare a meno di sentire di nuovo quella morsa al collo.
Decise che non
era il caso di avvicinarsi così alla luce del giorno.
Passò
in casa, diretto alla camera di gravità, quando
sentì di nuovo la voce del figlio di Kakaroth che
bisbigliò sottovoce: “Trunks, qui va benissimo,
dai caccia la sfera e esprimi il desiderio!”
“Okay…”
disse.
Si sentirono
rumori di carte e di nuovo la voce di quello che si diceva fosse suo
figlio che disse: “Oh, potente drago, che abiti in questa
sfera, puoi realizzare un mio desiderio?” il bambino rimase
per un momento con l’orecchio teso in attesa della risposta
del Drago… ma questa non venne, poi continuò:
“Fai che mio padre possa sorridere qualche volta, ma
sopratutto che mi faccia allenare con lui. Grazie ciao!”
Un buco allo
stomaco… come una lama che trafigge il petto… una
sensazione di smarrimento e di stupore, questo fu quello che il
Principe sentì dopo quella affermazione. Non riusciva a
sopportare oltre, girò i tacchi e tornò ad
allenarsi ancora con più foga e rabbia.
A
cena, Bulma si rese conto che Trunks era davvero di ottimo
umore, spesso alzava gli occhi verso il padre e mangiava la sua cena
con una luce di speranza nei grossi occhioni azzurri.
Che strano,
anche Vegeta si era reso conto degli sguardi del figlio ma ancora non
aveva urlato dicendogli di non fissarlo… era davvero una
situazione paradossale.
Prima che
quella sottilissima atmosfera di tranquillità potesse
rompersi Bulma propose al figlio un bel bagno giardino.
“Che
bello. Grazie Mamma! Vado a prepararlo!” usci dalla stanza
ancora più felice di prima.
“Tu
adesso mi spieghi cosa è successo!” disse la donna
tra il sospetto e il divertito.
Lui
alzò lo sguardo e rispose: “Tuo figlio possiede
una sfera del drago…”
“Beh
allora? Cosa c’entra questo con il fatto che lui ti fissava
felice e tu non hai fatto una grinza?”
Chiese ancora
una volta Bulma.
“niente!”
ribatté di nuovo Vegeta, poi si alzò e
s’incamminò verso i piani superiori,
passò davanti alla compagna e le passò una mano
sul fianco sussurrandole nell’orecchio: “ti
desidero da oggi!”
Poi si
staccò e camminando disse senza voltarsi: “Prima
di salire sopra dici al moccioso che domani cominceremo
l’allenamento, e poi spiegagli il vero significato delle
sfere perché non ci ha capito un tubo!”
Lei
esterrefatta cominciò a sbraitare sul fatto di continuare a
non capire cosa volesse dire quel suo comportamento, lui la
lasciò urlare come una gallina, tanto prima o poi si sarebbe
calmata, avrebbe messo a posto le cose con il figlio e sarebbe andata
da lui…
Per cinque anni
si era chiesto come avesse potuto rimanere ancora in quella casa, dopo
la sconfitta di cell e il sacrificio di Kakaroth non c’era
nessun motivo per continuare a starci… ma lei…
forse era lei il solo motivo che l’aveva spinto ad essere uno
di loro… No, c’era qualcos’altro e
l’aveva appena scoperto…
Si
avviò verso le camere da letto con un leggero sorriso sulle
labbra… dopotutto gli avevano reso la felicità!
Salve a
tutti!!! Sono tornata con questa One - Shot, spero davvero di non aver
fatto un flop! Fatemi sapere se sono negata per queste cose... Un Bacio
Grosso ^^ Izanamina
|