FALLEN ANGEL
Desclaimer: ebbene no,
i personaggi non mi appartengono nemmeno 'sta volta!
JUST A
MATTER OF TIME
FALLEN ANGEL, TELL ME
WHY?
I
am your Angel of
Music…
Come to me, Angel of
Music…
Ferma
tra la neve davanti alla
cripta di suo padre, Christine aspettava, ancora sotto
l’influsso ipnotico
della voce del suo maestro. Inconsciamente, forse, era anche per quello
che,
all’alba e senza avvertire nessuno, si era fatta portare di
nascosto al
cimitero. Sapeva bene quello che il suo Angelo, o meglio, il suo
Fantasma, era
in grado di fare, ma sapeva altrettanto bene che mai e poi mai avrebbe
alzato
un dito su di lei con l’intenzione di farle del male.
L’amava. Il temuto,
misterioso Fantasma dell’Opera era innamorato di lei.
Christine era riuscita a
realizzarlo davvero solo dopo il ballo in maschera di quella notte,
dopo aver
visto i suoi magnifici occhi grigi carichi di desiderio e di nostalgia,
di una
profonda malinconia e di un amore forse ancora più profondo
e certamente più
dannato. Aveva visto quell’amore terribile anche nella sua
rabbia, quando le
aveva strappato dal collo la catenina con l’anello di Raoul.
E ora aspettava
che le si mostrasse di nuovo per dirgli… nemmeno lei sapeva
esattamente cosa,
ma doveva parlargli. Tra loro c’erano troppe cose in sospeso.
Salì gli ultimi
due gradini della scalinata guardandosi attorno per cercarlo.
«Non
potrai mai liberarti di me,
Christine!» Si voltò di scatto al suono della sua
voce, trovandoselo di fronte
e, istintivamente, arretrando di un passo.
«Che
tu lo voglia o meno,
Angelo,» proseguì, avanzando minacciosamente e
costringendola, di conseguenza,
ad arretrare fino a sfiorare il muro della cripta con le spalle
«tu appartieni
a me!» Sollevando il capo per fissarlo negli occhi, Christine
si accorse con un
accenno di panico della pochissima distanza tra di loro.
«Cosa
ti fa credere che voglia
liberarmi di te?» domandò con un filo di voce. Lui
scosse il capo piegando le
labbra in un sorriso amaro.
«Quanto
sei ingenua, Christine!
Credevo sapessi che in qualunque luogo, sia esso all’interno,
sotto o sopra l’Opera
Populaire, io sento e vedo
tutto.» Lei
spalancò gli occhi e
iniziò a tremare, senza sapere se per il freddo
all’esterno o se per quello che
sentiva dentro. Li aveva sentiti, li aveva visti… il suo
Angelo sapeva. Le
prese il volto tra le mani costringendola a fissarlo, mentre la sua
espressione
lentamente cambiava in quella che sembrava disperazione.
«Perché?»
le chiese «Ti ho dato
tutto, la mia musica, la mia anima, per quanto nera possa
essere…! Dimmi
perché, Christine!» Lacrime silenziose
cominciarono a rigarle il viso scendendo
a bagnare anche le dita di lui. Chiuse gli occhi, senza il coraggio di
guardarlo, mentre il suo corpo veniva scosso da violenti singhiozzi. Il
suo
Angelo aveva visto, il suo Angelo sapeva… il suo Angelo che,
in realtà, tanto angelo
non era.
«Forse
dovrei essere io a chiederti
il perché, Angelo…»
«Erik.»
lo sentì sussurrare dopo
un attimo di silenzio. Il significato di quel nome la colpì
come un fulmine e
riaprì gli occhi, sprofondando in quelli grigi e carichi di
tristezza
dell’uomo, niente di più, che le stava di fronte.
«Non
sono un angelo, Christine,
dovresti averlo capito ormai. Gli angeli non hanno bisogno di mentire
per
sentirsi amati. E, soprattutto, non devono nascondersi dietro una
maschera.» La
malinconia che impregnava le sue parole era tale che per un attimo, un
attimo
soltanto, Christine fu convinta di aver visto l’ombra di una
lacrima scivolare
silenziosa sotto la stoffa bianca che copriva la parte destra del suo
volto.
Eppure, per la prima volta nella sua giovane vita, il rancore prese il
posto
della compassione.
«Mi
hai ingannata.»
«Ti
ho ingannata.» ammise senza
vergogna «E ti ho mentito. Mi chiedi il
perché…» Lo sentì ridere,
una risata
completamente priva di allegria «Se ti avessi detto la
verità fin dall’inizio
saresti fuggita senza guardarti indietro. Per questo, solo per questo.
Mi sono
finto un angelo, pur sapendo che non sono altro se non il figlio del
Diavolo, e
ti ho insegnato a cantare. E ora tu mi ripaghi
così…» La sua mano scese alla
gola di lei, stringendo senza farle del male in una muta minaccia. Si
avvicinò
ancora, spingendola di più contro il muro, intrappolandola
con il suo corpo.
Chinò il capo sul suo viso, la distanza ormai solo una
questione di centimetri,
puntando gli occhi offuscati quasi da una nube di rabbia in quelli
scuri e profondi
di Christine.
«Io
ti ho ingannata…» sibilò «ma
tu mi hai tradito!» Strinse la presa sulla sua gola e
istintivamente le mani di
lei raggiunsero la sua nel tentativo di fermarlo. Christine
cominciò ad
ansimare, un po’ per la paura di quell’attacco che
non si aspettava e un po’
per la stretta, mentre il suo viso perdeva il poco colore rimasto.
Tremando,
piangendo, ma senza mai distogliere lo sguardo da quello infuriato di
lui, si
ritrovò a pensare che forse si era sbagliata sul conto del
suo Angelo maledetto:
il Fantasma era perfettamente in grado di farle del male.
«Erik…»
sussurrò, assaporando,
nonostante la situazione, la sensazione del suo vero nome sulle proprie
labbra.
Lui sembrò fare lo stesso, rilassando la sua espressione e
allentando la presa sulla
sua gola. Con la punta delle dita sfiorò delicatamente i
segni rossi che la sua
stretta le aveva lasciato ai lati del collo. Vedendo la tristezza
emergere
dalla grigia tempesta degli occhi dell’uomo, Christine si
chiese, con una punta
di preoccupazione e una di paura, come potesse cambiare radicalmente
umore in
così poco tempo. L’istante successivo si rese
conto che non le importava,
perché, nonostante tutto, lui era ancora il suo Angelo,
l’uomo che aveva messo
le ali alla sua voce, l’uomo che
l’amava… anche fino al delitto. Dolcemente gli
strinse la mano tra le proprie, muovendo inconsciamente un passo per
avvicinarsi di più a lui.
«Ti
prego,» sussurrò tra le
lacrime «cerca di capirmi. Per anni non sei stato altro che
una voce. E poi,
appena dopo aver scoperto che eri un uomo in carne ed ossa, un uomo che
avrei
potuto amare…» un singhiozzo spezzato interruppe
la frase «Che altro avrei
potuto fare? Ero terrorizzata! Avevi appena ucciso un uomo sotto ai
miei occhi,
temevo che potessi far del male anche a Raoul…» Al
nome del visconte
l’espressione di Erik si irrigidì, mentre lei
continuava a stringergli
convulsamente la mano senza smettere di piangere e di tremare.
«Ho avuto paura,
Erik. Tanta. E non avendo più il mio Angelo a proteggermi
sono corsa dall’unica
altra persona in grado di farlo.» Lo vide chiudere gli occhi
e trarre un
profondo sospiro, scuotendo ripetutamente il capo con aria colpevole.
Dopo
quella che le sembrò un’eternità,
risollevò finalmente lo sguardo su di lei
prendendole il viso tra le mani e cercando, per quanto possibile, di
asciugarle
le lacrime.
«Potrai
mai perdonarmi,
Christine?» domandò, la sua voce angelica
atrocemente triste. Istintivamente,
senza riflettere, lei gli gettò le braccia al collo,
nascondendo il volto
contro il suo petto, continuando a piangere. Dopo un primo attimo di
esitazione
ricambiò l’abbraccio, stringendola a sé
tanto da arrivare quasi a farle male,
seppellendo tra i suoi capelli quelle lacrime che ora, mentre lei non
poteva
vedere, scivolavano dai suoi occhi
libere
e silenziose. Avrebbe potuto passare l’eternità
così, avvolto nel suo dolce
profumo, riscaldato dal calore che il suo corpo sottile emanava.
Aspettò che
smettesse di piangere, desiderando egoisticamente che non lo facesse
mai per
non essere costretto a lasciarla andare, poi, quando la
sentì sospirare contro
il suo collo e rilassarsi poggiando la testa alla sua spalla, le
baciò i
capelli, mormorando un debole
«Perdonami…» tra la massa dei suoi ricci
castani.
Christine si limitò a stringerlo di più,
lasciandosi cullare dal battito
leggermente accelerato del suo cuore.
«Perdonami,
amore mio, perdonami…»
ripeté in un sussurro quasi disperato. Lentamente lei
sollevò il capo tornando
a fissarlo negli occhi, mentre posava dolcemente la sua mano sulla
parte scoperta
del suo viso. Senza riflettere, ignorando il buon senso che le gridava
di
tornare da Raoul prima che scoprisse che se n’era andata, si
alzò sulle punte
dei piedi e, sotto lo sguardo sorpreso di lui, gli accarezzò
le labbra con le
proprie. Erik si ritrasse appena, come ustionato da quel lieve
contatto, mentre
il suo cuore traditore sembrava pronto a scoppiargli nel petto. Poi,
con
esasperante lentezza, si chinò su di lei, sfiorandola con un
bacio identico a
quello di poco prima. Christine socchiuse gli occhi, soccombendo alla
marea di
sensazioni che, ora riusciva a rendersene pienamente conto, solo lui
riusciva a
farle provare. Si sentiva bruciare, come se stesse per prendere fuoco
dall’interno, dal suo cuore, o dai punti in cui le labbra di
Erik entravano in
contatto con le sue. Aveva la sensazione di cadere, precipitare in un
vuoto
oscuro, oscuro come l’uomo che le stava davanti, lo stesso a
cui si aggrappava
come se fosse l’unica ancora di salvezza. Ironicamente,
forse, non sarebbe
potuta essere più lontana dalla verità, in quanto
il suo Angelo, il suo
Fantasma, era probabilmente l’uomo più pericoloso
che avesse mai incontrato.
Eppure, anche con quella consapevolezza, non riusciva a rompere il loro
bacio,
un’armonia di toccate e fuga in costante crescendo.
«Christine…»
lo sentì mormorare
contro le sue labbra, mentre una voce completamente diversa gridava in
lontananza lo stesso nome. Ancora abbracciata a Erik si
voltò, perdendo
completamente ogni traccia di colore in volto quando la voce
risuonò più vicina
chiamandola di nuovo.
«Raoul…»
sussurrò sconvolta,
spalancando gli occhi per la sorpresa. Un basso ruggito felino la
costrinse a
spostare nuovamente la sua attenzione sull’uomo accanto a
sé, metà del suo
volto contratto in un’espressione di rabbia,
l’altra metà nascosta dalla fredda
e impassibile maschera bianca.
«Ti
prego, non fare follie…!»
L’occhiata che le lanciò la fece tornare a
tremare: nemmeno la notte
precedente, durante il ballo, le era sembrato così infuriato
e terribilmente
potente.
«Follie,
mon ange?» chiese con voce
pericolosamente calma «Cosa ti fa
credere che io possa commettere delle follie?» Avrebbe potuto
rispondergli che
era il bagliore omicida nei suoi occhi a farla preoccupare, ma temeva
che
dicendolo avrebbe solo peggiorato la situazione. E Raoul era sempre
più vicino…
«Erik,
ti prego…» Sentì le
lacrime soffocarle in gola qualsiasi altra supplica, mentre
l’ira sul volto del
suo Angelo si scioglieva in una profonda, dolorosa delusione.
«Verrà
il giorno, Christine, in
cui sarai costretta a fare una scelta. È solo una questione
di tempo.» E se ne
andò, lasciandola sola a fare i conti con l’altra
metà del suo cuore… una metà
che non batteva più come prima.
xXx
NdA:
Ebbene sì, ladies and gentlemen, sono tornata! Suppongo di
non
esservi minimamente mancata... ma questo non mi ferma dal ricominciare
con un'altra follia! Questa volta niente miscugli assurdi tra libri e
film (anche nella speranza che qualcun altro si accorga della mia
misera esistenza...), ma solo un po' di sana pazzia! In teoria questa
cosa (mi rifiuto di definire ciò che scrivo una storia...)
è nata come one-shot... non so esattamente come è
diventata quello che è diventata, cioè un gran
casino con
un finale probabilmente ultra drammatico... D'altra parte è
saltata fuori all'improvviso dalla mia immginazione folle e con il
tempo, crescendo e assumendo una volontà propria, ha
ottenuto il
completo dominio sul mio povero cervellino bacato che non ha avuto la
forza necessaria per resistere ad un attacco di simile
intensità... mi dispiace... Ad ogni modo, spero che vi possa
piacere e/o interessare e che qualcuno recensisca (speranza
inutile?)... Vi avviso fin da ora che purtroppo temo che non
sarò in grado di aggiornare con costanza, un po' per la
scuola e
un po' per l'ispirazione che fa i suoi porci comodi. Bene, per ora
penso di aver detto anche troppo.
I remain your humble
servant,
bloodred_rose
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