Una
settimana dopo
Quando Teresa comparve nell'open space, il primo a vederla fu Kimball.
- Ehi, capo. - Le disse, salutandola con un cenno della testa.
Wayne e Grace alzarono gli occhi dalle loro scrivanie e sorrisero al
vedere Teresa, ferma sulla porta, con Dorothy per mano. Con un po' di
imbarazzo Teresa ricambiò l'abbraccio di Grace e sorrise a
Wayne, dicendo loro che sì, stava bene, e che aveva bisogno
di qualche minuto in ufficio per riordinare le sue cose prima di
prendersi una vacanza.
- Per qualunque cosa noi siamo qui. - Disse Grace, solerte.
- Lo so. - Replicò Teresa con un sorriso. -
Dov’è Jane? - Domandò, rendendosi conto
un attimo dopo che il suo consulente non era in ufficio.
Wayne si strinse nelle spalle.
- Era qui un minuto fa. Sarà in giro come al solito. -
Un quarto d'ora più tardi, mentre la squadra riordinava i
documenti del caso Doyle e Dorothy disegnava sdraiata a pancia in
giù sul pavimento del suo ufficio, Teresa stava cercando di
aver ragione della montagna di lavoro arretrato che si era arenato
sulla sua scrivania. In quel momento la porta si aprì
all'improvviso, facendole perdere per l'ennesima volta la
concentrazione. Alzò gli occhi per vedere chi era entranto,
ma la sua bambina fu più veloce: si precipitò
verso la porta esclamando con gioia il nome del consulente del CBI e
facendosi prendere in braccio per stampare a Patrick un bacio sulla
guancia.
- Ciao, Dorothy. - Replicò Patrick con un sorriso.
Senza metterla giù, si avvicinò alla scrivania di
Teresa con un sorriso.
- È bello vederti di nuovo qui. - Disse.
Anche Teresa sorrise.
- È bello essere tornata. -
- Speravo di poterti parlare. - Disse Patrick.
Alle sue parole seguì un attimo di silenzio, ma Teresa
riuscì a cogliere quello che l'uomo le voleva dire senza
bisogno di altre spiegazioni.
- Dorothy, aspettami un minuto di là. - Disse.
Dorothy mise il broncio, ma Teresa la guardò con uno sguardo
che non ametteva repliche.
- Sono sicura che Grace e Wayne ti racconteranno una bella favola, se
glielo chiedi. - Aggiunse con un sorriso.
Dorothy sbuffò, ma prese i suoi fogli e i suoi colori e si
avviò verso la porta. Si fermò un solo momento
per guardarsi indietro, ma quando i due adulti rimasero a fissarla
senza parlare capì che non c'era molto da negoziare,
così uscì di corsa, diretta all'open space.
Quando Dorothy fu uscita, Teresa si alzò per andare a
chiudere la porta. Poi si sedette sul divano, accavallando le gambe e
appoggiandosi allo schienale.
- Come l'hai capito? -
Patrick non rispose, limitandosi a guardarla.
- Come hai capito che era Haffner? -
- Ho seguito un filo rosso. - Replicò Patrick con un sorriso.
Teresa rimase per un momento in silenzio, cercando inutilmente un senso
a quelle parole.
Patrick colse il dubbio nei suoi occhi e le fece cenno di non fare caso
alla sua risposta. Si sedette accanto a lei e iniziò a
raccontare.
- È stato l'albero sulla porta della classe di Dorothy:
è stato quello che mi ha fatto pensare. Era un acero
rosso… e le sue foglie avevano la stessa forma di quelle
dell'albero sotto cui avevamo trovato Doyle. Immagina un cadavere sotto
un albero coperto di foglie rosse: è la scenografia perfetta
per un delitto alla John il Rosso. -
- Ma non c'era il suo simbolo. E non è autunno, l'albero era
pieno di foglie verdi. -
- Questo è vero. Ma se John avesse dovuto affrettare le
cose? Se il suo piano perfetto avesse dovuto essere anticipato? Di
rosso rimaneva almeno il nome dell'albero... e d'altronde è
difficile trovare un albero rosso in piena estate, non trovi? -
Teresa alzò un sopracciglio, scettica, ma Patrick
continuò imperterrito il suo racconto:
- Quando ho avuto questa intuizione sono tornato al carcere e ho
parlato con il compagno di cella di McDale, che mi ha confidato che
McDale non sarebbe dovuto uscire adesso, ma in autunno. In autunno,
capisci? John era entrato in contatto con lui in carcere mediante la
Visualize e aveva predisposto il tutto per l'autunno. Ma poi McDale
è stato mandato a casa prima, lui si è ritrovato
spiazzato e ha dovuto anticipare. -
- Quindi il fatto che Doyle è stato ucciso da John il
Rosso… -
- Mi ha fatto pensare che Haffner doveva essere un pezzo della storia:
la morte di Doyle era solo il pretesto per farlo tornare al CBI. -
- Tutto qui? Hai ucciso l'uomo che tormentava i tuoi incubi solo grazie
a un cartellone di una classe di prima elementare? - Domandò
Teresa incredula. - O sei molto furbo o molto fortunato. -
- Non è tutto qui. Quella dell'albero era solo
un'intuizione, io avevo bisogno di certezze. - Rispose Patrick. -
Quando sono andato a casa di McDale con Rigsby ho notato che sul
comodino c'era un vecchio libro. Mi sembrava interessante,
così l'ho preso… e su una pagina c'era una frase.
Una frase di John Charles Salak. Il nome mi ha fatto pensare,
così mi sono fermato a guardare meglio... e ho notato che la
frase era stata scritta dalla mano di un adolescente dalla calligrafia
alta e obliqua. -
Patrick si fermò un momento, dando a Teresa il tempo
necessario per abbinare quel tipo di scrittura alla firma sottile ed
elegante di Ray Haffner.
- Ma cosa ci faceva un libro di Haffner a casa di McDale? -
- Ottima domanda, Lisbon. Ottima domanda. - Replicò Patrick.
- All'inizio ho pensato che si fossero semplicemente visti in carcere,
dopotutto il "tipo tirato" di cui mi aveva parlato il compagno di cella
del padre di Dorothy si sposava perfettamente con Ray e sapevamo
già dei suoi legami con la Visualize... ma poi mi
è venuta in mente una cosa che ha detto la signora Scheer:
ti ricordi quanta paura aveva Dorothy di suo padre? -
- Certo. -
- Non sarebbe mai andata con lui di sua volontà. E per di
più la signora Scheer mi ha detto di aver visto il padre di
Dorothy fuori dal cortile della scuola insieme ad un altro uomo: se
Dorothy avesse visto Frank non si sarebbe mai mossa, quindi ho pensato
che doveva essere stato Haffner ad andare a prendere Dorothy in classe,
portandosi dietro Frank McDale perchè la riconoscesse tra le
sue compagne. Chissà, forse gli aveva detto che l'avrebbe
potuta portare via per ricominciare una vita assieme... non dimenticare
che McDale era cambiato. -
- Ma Dorothy non avrebbe mai voluto ricominciare una vita con suo
padre. - Mormorò Teresa, ripensando alla voce spaventata di
Dorothy quando le diceva che non voleva andare con il "signore col
distintivo". Come aveva fatto a non pensarci? Forse le sembrava troppo
assurdo che Ray, quello stesso Ray Haffner con cui aveva lavorato,
parlato e discusso fosse uno spietato serial killer senza scrupoli.
- Lo penso anche io. E penso che la morte di Frank sia stato un
incidente: forse quando si è reso conto che non si sarebbe
mai potuto redimere agli occhi della figlia, che Dorothy sarebbe stata
più felice senza di lui, ha deciso che voleva riportarla
alla sua vita... e allora Haffner, John il Rosso, ha deciso di farlo
fuori. -
Patrick diede a Teresa il tempo di metabolizzare la notizia e poi
continuò:
- Quando mi sono accorto che Haffner andava e veniva dall'ufficio ma la
sua automobile non si muoveva dal parcheggio ho pensato che doveva
avere una base da qualche parte, un posto in cui andare quando diceva
di "andare a casa". E quale posto migliore di una centrale di polizia
per nascondere due persone? Ma è stato quando i ragazzi gli
hanno detto che rivolevano te che mi sono reso conto che lui sapeva
tutto, era così arrabbiato e infastidito dalla mancanza di
rispetto che gli stavano dimostrando che ha perso per un momento il
controllo e ho capito. Ho capito che nascondeva qualcosa, che non era
il rispettabile agente che tutti conoscevano. Allora ho deciso che non
potevo più aspettare e l'ho seguito nel seminterrato. -
Il resto non c'era bisogno di raccontarlo, così Patrick
tacque.
Teresa non aveva mai smesso di guardarlo per tutta la durata del suo
racconto e ci mise un momento per rompere il silenzio.
- Patrick, io... - Iniziò Teresa, con la voce che tremava.
- Ti ho portato una cosa. - La interruppe Patrick, sfilando dalla tasca
interna della giacca una grossa busta. - Stiles mi ha fatto avere il
fascicolo su Haffner della Visualize. Non possiamo usarlo tra le prove,
ma credo che dovresti leggerlo. -
Teresa lo prese meccanicamente, appoggiandolo sulle ginocchia e poi
alzando gli occhi. Aprì la bocca per dire qualcosa ma
Patrick alzò un dito, bloccandola.
- Leggilo. -
Si alzò e uscì prima che Teresa potesse dire
qualsiasi cosa per fermarlo.
L'agente sospirò e decise di aprire il fascicolo.
La foto di un giovanissimo Ray Haffner, appena adolescente, era pinzata
in cima a un modulo riempito di dati anagrafici. Orfano di entrambi i
genitori, si era ritrovato tra le file della Visualize ancora
ragazzino, mentre lavorava in un fienile di proprietà
dell'associazione. Era stato lì che, per gioco, aveva
dipinto per la prima volta uno smile dagli occhi tristi sulla parete:
quel simbolo era diventato la sua firma. La firma di un uomo che faceva
buon viso a cattivo gioco, che nascondeva la sua paura di rimanere solo
dietro alla facciata di chi sapeva essere allegro e professionale.
Il fascicolo era ricco di relazioni e trascrizioni di colloqui e Teresa
le lesse sbirciando una frase qua e una là fino ad arrivare
ai documenti che risalivano a dieci anni prima, dove trovò -
tra le relazioni dei medici della Visualize - anche alcune lettere,
tutte scritte a mano da Haffner (la scrittura, sottile e obliqua, era
inconfondibile). In quelle lettere l'uomo raccontava la rabbia e la
frustrazione di chi non riesce ad emergere, di chi non riesce a
dimostrare al mondo quanto vale. Aveva tentato di utilizzare le sue
capacità carismatiche e intellettive per diventare qualcuno,
aveva tentato di sfondare nel mondo dello spettacolo e del paranormale,
ma nessuno l'aveva preso sul serio. Nonostante le sue indubbie
capacità e il tanto lavoro, non era riuscito a diventare
famoso, non era riuscito a costruirsi una famiglia… e non
riusciva nemmeno a tenersi una donna. Amava Rosalyn Parker, la pianista
cieca conosciuta per caso molti anni prima, ma non riusciva a pensare
di trascorrere la vita con lei. Non era abbastanza.
Non si rendeva nemmeno conto di essere arrivato ad uccidere. Teresa
ricordava bene i nomi delle sue prime dieci vittime e le
ritrovò tra quelle righe: racconti di storie
d’amore finite, di rimproveri sul lavoro e di insulti finiti
nel sangue. Chiunque insultasse la sua intelligenza o il suo carisma
veniva eliminato con metodo, precisione e freddezza.
Scorse rapidamente le ultime relazioni, fermandosi sull'ultima pagina.
In una breve lettera scritta in modo impeccabile su un foglio color
ocra Ray riportava la rabbia, feroce e divoratrice, che provava per
quell'uomo che era tutto quello che lui non era riuscito ad essere:
quel Patrick Jane che non era bravo nemmeno la metà di lui
con la mente delle persone ma che era famoso, era importante, era amato
e aveva perfino una famiglia. E che aveva avuto il coraggio di
affrontarlo in diretta televisiva.
Era stato in quel momento che si era reso conto che quell'uomo non
meritava di morire, no. Meritava di venire punito per la sua arroganza,
meritava di capire che non era nessuno, in confronto a lui. In
confronto al poliziotto diventato serial killer, a Ray Haffner
diventato John il Rosso.
Con un groppo in gola Teresa lesse la descrizione, accurata e
compiaciuta, di come Ray aveva tolto la vita a una donna e a una
bambina, sorprendendole nel sonno, vittime innocenti di un gioco di
potere di cui non erano nemmeno a conoscenza.
Chiuse il fascicolo e fece per rimetterlo nella busta, quando si
accorse che al suo interno era rimasta una busta più
piccola, con la linguetta strappata.
Incuriosita, la prese per guardarne il contenuto. Il cuore le si
fermò quando vide che conteneva una singola fotografia
scattata davanti all'ingresso del CBI: ritraeva Patrick con Dorothy in
braccio e lei ferma acanto a loro. Lui doveva aver appena detto
qualcosa di irriverente, perché Dorothy stava ridendo e lei
lo guardava con aria di divertito rimprovero.
Quella foto doveva essere stata la scintilla che aveva infiammato
l'animo di John il Rosso, che gli aveva fatto capire che il suo rivale
era riuscito di nuovo a farsi una vita. Teresa sorrise istintivamente
nel guardare quella foto, stupita da come le trasmettesse
serenità. Sembravano proprio una famiglia.
Chiuse il fascicolo con un gesto brusco, facendo sparire tutto nella
busta, e tenendola in mano raggiunse a passo di marcia l'open space.
Dorothy disegnava seduta alla piccola scrivania di Patrick, in fondo
alla sala: dondolava le gambe a ritmo e sembrava veramente molto presa
dai suoi colori. Gli altri della squadra erano seduti alle loro
scrivanie e lavoravano tranquillamente.
Teresa si voltò e senza far rumore si avviò verso
le scale che portavano al sottotetto.
La porta di alluminio era aperta e il sole dell'estate filtrava
attraverso i vetri polverosi disegnando riquadri dorati sulle assi del
pavimento. Patrick era in piedi vicino alla finestra; stava guardando
fuori, ma si voltò non appena riconobbe i passi di Teresa
sull'impiantito.
- Lisbon. - Disse solamente.
Teresa abbandonò la busta su un ripiano impolverato e si
avvicinò a lui.
- Grazie. Grazie per averci salvate. - Disse.
- Sei tu che hai salvato me. - Disse Patrick a bassa voce, guardando
fuori dalla finestra. - Mi hai salvato dandomi un motivo per alzarmi
dal letto ogni mattina. Un motivo per ritrovare l'equilibrio, per
ricominciare a pettinarmi e a mangiare. Mi hai ridato la forza di
svegliarmi e affrontare la giornata, consapevole che potevo ancora fare
la differenza nel mondo. - Si voltò a guardarla con gli
occhi azzurri che splendevano della luce riflessa dalle finestre. - Mi
hai dato un motivo per andare avanti diverso dalla vendetta. Un motivo
che mi fa alzare ancora dal letto anche adesso, ora che l'obiettivo a
cui ho dato la caccia per dieci anni è stato raggiunto. Sei
stata tu a salvare me, Teresa. -
Teresa abbassò gli occhi, arrosendo, e Patrick fece un passo
verso di lei, fermandosi al suo fianco e guardandola intensamente
mentre lei si sforzava di guardare altrove.
Le loro mani erano così vicine che ad ogni respiro si
sfioravano, finchè le dita di Patrick si allungarono
timidamente verso quelle di lei: era un tocco timido, gentile, a cui
lei avrebbe potuto ritrarsi senza creare troppo imbarazzo.
Continuando a fissare i tetti, Teresa cedette al proprio istinto e fece
scivolare le proprie dita tra quelle di lui, stringendo la sua mano
nella propria. Non aveva voce nè parole per rispondergli:
sperava che quella stretta gli sarebbe bastata per capire.
Patrick ricambiò la sua stretta con la stessa
intensità e non appena Teresa trovò il coraggio
di alzare gli occhi verso di lui, sorridendo timidamente, una voce alle
loro spalle li fece trasalire:
- Eccomi! - Gridò Dorothy, fermandosi sulla porta con i
capelli in disordine e le guance rosse.
- Dorothy! Cosa ci fai qui? - Esclamò Teresa.
- Ti ho visto che uscivi e che andavi via senza di me, ma io lo sapevo
che venivi qui, quindi sono venuta anche io. - Rispose Dorothy
allegramente, avvicinandosi a loro. Li guardò per un momento
con aria critica e poi si rivolse a Teresa, domandando in tono serio: -
Glielo hai detto? -
Teresa avvampò, sciogliendo immediatamente la mano dalla
stretta di Patrick.
- Dorothy, non mi sembra il caso. -
- Allora posso io? - Fu la reazione della bambina, illuminandosi tutta.
- Dorothy... - Tentò debolmente Teresa, interrotta
immediatamente da Patrick.
Il consulente infatti scoccò a Teresa un'occhiata divertita
e poi si rivolse a Dorothy, accovacciandosi per avere gli occhi
all'altezza di quelli della bambina:
- Dirmi cosa? -
- La mamma ha prenotato a Disneyworld. Per tutti e tre! - Disse con
gioia.
Patrick si alzò, così colpito da quella
rivelazione da non crederci ancora del tutto. Si rivolse a Teresa per
avere una conferma, e la donna lo guardò con aria colpevole.
- Non devi sentirti obbligato. - Fu il suo commento.
Patrick la guardò senza parlare, ma i suoi occhi dicevano la
gratitudine e l'emozione che quella proposta gli aveva fatto provare.
- Vero che vieni? - lo incalzò Dorothy, scrollandolo per una
manica.
Patrick le posò una mano sui capelli, sorridendo commosso.
- Ma certo. Certo che verrò. -
- Grande! Sarà bellissimissimo! - Esclamò
Dorothy, raggiante.
- E per festeggiare ho già in mente dove potremmo andare. -
Le disse Patrick con un sorrisetto. - Ma solo se hai voglia di muffin
alla banana. -
Dorothy non se lo fece dire due volte. Giunse le mani e si rivolse a
Teresa con gli occhi che brillavano di emozione:
- Oh, sì! Possiamo, mamma? Possiamo? Tipregotipregotiprego. -
Teresa sospirò sorridendo.
- D'accordo. Andiamo. -
- Evvai! - Con un saltello Dorothy si voltò, correndo felice
fuori dalla stanza.
Patrick si voltò verso Teresa e le sorrise.
- Ti ricordi cosa mi hai detto quando ci siamo conosciuti? -
Teresa lo guardò senza capire.
- Mi hai detto che dalla mia caccia a John il Rosso non sarebbe mai
venuto niente di buono. - Le sorrise con occhi più sereni e
luminosi che mai. - Ti sbagliavi. -
Si chinò verso di lei e la baciò con tenerezza
sulle labbra.
Cinque minuti più tardi Dorothy camminava allegramente sul
selciato della strada principale di Sacramento tenendo Patrick e Teresa
per mano. Il sole baciava le mattonelle del marciapiede inondandole con
una luce dorata così intensa da darle l'illusione che la
strada fosse fatta di mattoni gialli.
(NDA
lunghissime stavolta. Chiedo venia)
Sono quasi commossa, nel mettere la parola fine a questa storia.
Adoro Patrick e Teresa e ho scoperto di amare Dorothy quasi quanto
loro... mi mancheranno.
Dpero che il finale abbia chiarito i vostri dubbi e che sia stato non
troppo intricato!
Mi auguro anche che vi abbia soddisfatto più del finale vero,
in cui John Il Rosso è solo una pedina e non ha una vera
motivazione per fare quello che fa.
La frase che Patrick dice a Teresa alla fine è ripresa
dall'episodio "Alba Rossa"... ho pensato che era perfetta per questo
finale!
Le ultime due righe invece ricalcano il disegno che Dorothy lascia a
Patrick e Teresa alla fine della prima storia,
volevo che fosse un po' come un cerchio che si chiude!
Per chi non la conosce, il "filo rosso" a cui Patrick allude due
volte, prima con Rigsby e poi con Teresa,
è quello di una leggenda giapponese: due anime gemelle
sono legate da un filo rosso invisibile
che le farà sempre rincontrare, qualunque cosa accada.
Mi piaceva l'idea che fosse un po' così anche per Jane e
Lisbon, perciò l'ho usata nella storia...
mi sembrava romantica (e rossa!) al punto giusto!
Spero di avervi donato qualche momento Mentalistico all'altezza.
Vi ringrazio per aver letto e recensito.
Grazie, grazie davvero, di cuore.
Alla prossima storia.
Flora
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