Disclaimer
» Dragon Ball © Akira Toriyama.
______________________________________________
It
will take a lifetime
[before
I love again]
All the
broken pieces' shattered all around me.
They've been
lying there since the day that you left
me.
“Last
goodbye” – Dead
by April
[
11 Settembre 2013 ]
«
Gohan! »
Il
ruggito di Videl lo fece sussultare.
Gohan
lasciò cadere il telecomando che teneva in mano, voltandosi
di scatto verso la
porta.
Biascicò
il nome della fidanzata, senza capire quale fosse il problema, quella
volta.
«
Ti avevo chiesto di andare a fare la spesa! »
sbottò la ragazza, puntandogli
contro l’indice accusatorio mentre gli occhi assottigliati
emanavano scintille.
«
Oh… » disse Gohan, con automatico dispiacere.
« Deve essermi sfuggito– »
«
Di mente, lo so! » lo interruppe Videl, portando le mani ai
fianchi. « Ti
sfugge sempre tutto di mente, Son
Gohan. Sei l’essere più idiota e insopportabile
che io abbia mai conosciuto! »
«
Dai, Videl, non esagerare… » tentò di
rabbonirla il ragazzo, con un lieve sorriso
conciliante.
«
Adesso tu esci e vai a comprare da mangiare. Subito. » lo
ignorò completamente
Videl, così Gohan, senza alcuna voglia di discutere, si
limitò ad annuire e
alzarsi in piedi, andando in camera a cambiarsi e afferrando le chiavi
della
macchina.
Videl
lo amava.
Gli
urlava contro, lo insultava anche, ma lo amava dell’amore
profondo che lega una
donna a suo marito.
Gohan
si rendeva conto di apparire – essere – distratto a
volte, di perdersi troppe
volte nel vortice dei suoi stessi pensieri, di non mostrare verso la
sua
fidanzata quell’interessamento e quelle attenzioni che
avrebbe meritato, ma non
poteva farne a meno.
Gohan
amava Videl.
Non
la baciava mai di propria iniziativa, non ricordava il giorno del suo
compleanno o del loro anniversario, ma l’amava
dell’amore sincero che si prova
nei confronti di un’amica, di una persona che nonostante i
tuoi difetti e le
tue mancanze ti è rimasta accanto per tanto tempo.
Forse
non era giusto, che le tacesse l’assenza di passione tra
loro, almeno da parte
sua. Forse non era giusto, che continuasse a vivere con lei,
raccontando silenti
bugie, senza chiudere tutto in nome di una sincerità e una
voglia di vivere che
aveva perduto tempo prima.
«
Ti dimenticherai presto di tutto questo.
»
Quella
dolce bugia risuonava ancora nella sua mente, mentre metteva in moto
l’auto.
«
No. Non potrei mai. »
«
Invece lo farai. E t’innamorerai di
nuovo. Presto. »
«
Mi occorrerebbe una vita intera per
innamorarmi di nuovo. »
«
Sentimentale. »
Accese
la radio con un gesto veloce, nell’illusione di mettere a
tacere il fantasma
che gli sussurrava nell’orecchio – che ancora
stringeva in mano i resti del suo
cuore spezzato.
* * *
[
2 ottobre 2011 ]
C’erano
volte in cui si sentiva fiero di sé.
Vegeta
Prince era una bestia indomita, un animale solitario che non voleva
essere
avvicinato da nessuno. Eppure lui era riuscito a entrare nelle sue
simpatie – a
guadagnarsi il suo rispetto –, era riuscito ad attirarlo a
sé, a stringerlo
senza che lo mordesse.
Aveva
molte cicatrici, segno dei fallimentari tentativi di tenerlo ancorato a
sé,
perché Vegeta non voleva essere chiuso in una prigione, e
quando si accorgeva
di essere troppo dentro a quella situazione mordeva e graffiava
– scappava.
C’erano
volte in cui si sentiva sconfitto.
Ogni
mattino, quando il sole sorgeva illuminando la stanza di luce fioca,
Vegeta si
vestiva e se ne andava, dandogli le spalle e negandogli un saluto meno
freddo
di un “a ’sta sera”.
A
Gohan andava bene.
Lo
conosceva, rispettava i suoi spazi e il suo orgoglio, il suo bisogno di
libertà
e menzogne – non voleva credere di essere coinvolto, chiamava
“sesso” ciò che
c’era tra loro, ma Gohan sapeva che fosse molto di
più, lo leggeva nei suoi
occhi e nel proprio cuore.
A
Gohan andava bene.
Ma
una piccola ferita si apriva ogni volta che lo vedeva andare via e la
pelle si
preparava a ospitare una nuova cicatrice.
«
Resta. »
Quel
sussurro fendette l’aria, giungendo alle orecchie di Vegeta
come un soffio di
vento – ma nonostante questo, poteva benissimo sentire la
speranza e la
preghiera mischiarsi in quell’unica parola, la testardaggine
di quel ragazzo
che continuava a illudersi di poterlo tenere accanto a sé.
«
No. » disse, continuando a dargli le spalle.
«
Perché? »
Gohan
non si era mosso dal letto, lo sentiva immobile tra le lenzuola, poteva
immaginare l’espressione sul suo volto e la speranza
– il dolore – nei suoi
occhi.
«
Perché non voglio. » rispose Vegeta, con fredda
semplicità – eppure continuava
a dargli le spalle.
«
Dimmelo guardandomi negli occhi. »
Decisione
e testardaggine, una buona dose di coraggio, voglia di lottare per
ciò in cui
credeva.
Erano
tante le cose che lo avevano colpito di Gohan – cose che
trasudavano da quella
semplice frase pronunciata a voce alta, con chiarezza –,
tante le cose che lo
spingevano a considerarlo degno di
passare la notte con lui – tante le cose che lo rendevano un
pericolo, un
possibile legame in quel mondo che nulla di buono gli aveva mai
regalato.
«
Non vedo perché dovrei. » disse, in tono annoiato
– incerto.
«
Perché altrimenti crederò che tu voglia stare con
me. E non ti lascerò mai
andare. »
Un
lieve sorriso increspò le labbra di Vegeta.
* * *
[
8 Dicembre 2011 ]
«
Perché non mi dai una mano? »
«
Perché no. »
Gohan
sbuffò, scendendo dalla scaletta che stava usando per
sistemare una ghirlanda
in cima alla parete.
Vegeta
sedeva sulla poltrona del salotto, lo sguardo fisso sulla tv che
trasmetteva una
partita di basket.
«
Sai benissimo che “perché no” non
è una risposta soddisfacente. » disse Gohan,
accomodandosi accanto a lui. Attese il grugnito che sapeva sarebbe
giunto come
risposta, poi prese in mano il telecomando che il Prince aveva
appoggiato
accanto a sé e spense la tv.
«
Ma che fai?! » esclamò Vegeta, indignato.
«
Perché stai facendo il musone? Più del solito,
intendo. Potresti darmi una
mano. »
Erano
ormai un paio di mesi che lo aveva convinto a venire a vivere con lui,
a essere
una vera coppia. Nonostante Vegeta si ostinasse a chiamare tutto quanto
“sesso”, quelle parole suonavano solo come bugie,
quando al mattino facevano
colazione insieme o quando passavano le serate abbracciati, Gohan che
parlava e
il Prince che ascoltava silenziosamente.
E
non importava che durante i litigi volassero insulti di ogni tipo, che
le prime
settimane Vegeta non facesse altro che scattare a ogni situazione
troppo intima
in senso affettivo e non sessuale, buttando a terra oggetti e
urlandogli che
non fosse altro che la sua puttana. Non importava, perché
Gohan gli urlava
contro di rimando, insulti e ingiurie di cuore ferito, Vegeta allora
imboccava
la porta e se ne andava sbattendola alle proprie spalle, ma poi
tornava, una
volta smaltita la rabbia, e anche se diceva “Non mi
fraintendere, sono solo
venuto a prendere la mia roba”, il Son poteva leggere le
scuse nel suo sguardo
e, alla fine, il Prince restava.
Non
era tutto perfetto, anche se ora i litigi erano notevolmente diminuiti
e Vegeta
aveva smesso di sbottare “È solo sesso!”
ogni cinque secondi, ma non per questo
a Gohan piaceva meno.
Non
importavano i mille difetti del Prince, la sua incapacità di
relazionarsi e
aprirsi in tempi ragionevoli, perché Gohan lo amava ed era
paziente, conosceva
l’arte dell’attesa e aveva ormai capito come
infiltrarsi nelle piccole crepe
che, mano a mano che divenivano più uniti, si aprivano nel
muro eretto
dall’altro.
C’erano
momenti di buio assoluto, momenti in cui Vegeta si rifugiava al bar,
magari
dopo una notte in cui i fantasmi di quel passato di cui Gohan conosceva
solo
sprazzi gli facevano visita con più insistenza del solito, e
tornava nel cuore
della notte, talmente ubriaco che a malapena poteva reggersi in piedi,
e il Son
doveva sostenerlo, ascoltandolo gorgogliare ingiurie contro suo padre
che lo
aveva mollato con “quel maledetto”, contro il mondo
che era un “posto di
merda”, e poi predizioni sul loro futuro, sulla tragedia che
la loro storia
sarebbe diventata, perché prima o poi il ragazzo, secondo il
suo parere, lo
avrebbe mollato lì, perché era così
che doveva andare.
Gohan
cercava di negare, ma Vegeta pareva non ascoltarlo, così
alla fine rinunciava
con un sospiro rassegnato.
In
mezzo alla loro vita così incasinata, era dunque troppo da
parte di Gohan
chiedere di poter trascorrere qualche momento in più nella
semplicità, come
qualunque altra coppia?
«
Non voglio darti una mano.
» gli
disse Vegeta, incrociando le braccia in attesa che gli venisse reso il
telecomando.
Il
Son assunse un’espressione scontenta.
«
Sì, lo immaginavo. » rispose « Ma
perché no? Che ti costa aiutarmi con gli
addobbi di Natale? »
«
Il Natale è per i bambini. » disse il Prince,
secco, con disprezzo.
«
Il Natale è per la famiglia. » fu la risposta di
Gohan, sicura, calda di un
affetto che Vegeta non sapeva come gestire – non era certo
che sarebbe mai
riuscito a imparare.
«
Allora ti suggerisco di telefonare a tua madre e a tuo fratello.
»
Il
Son sbuffò sonoramente, ma non si rassegnò.
«
Anche tu sei la mia famiglia. Mi rifiuto di credere che tu non
l’abbia ancora
capito. »
«
Sei tu quello che non capisce che tra noi– »
«
“C’è solo sesso.” »
lo scimmiottò Gohan, per poi lanciargli uno sguardo stanco.
« Mi chiedo quando smetterai di raccontarti menzogne.
»
Gli
restituì il telecomando e tornò ad addobbare la
casa.
Si
sforzò di mantenere lo sguardo fisso sul proprio operato,
tendendo
inconsciamente l’orecchio per ascoltare cosa l’uomo
stesse guardando non appena
riaccese la tv, finché, forse dieci minuti scarsi
più tardi, non sentì la
televisione spegnersi nel bel mezzo della partita, dal momento che non
aveva
udito il fischi finale.
Sentì
dei passi alle proprie spalle, ma si sforzò di non voltarsi,
almeno finché non
si vide porgere una pallina.
«
La partita era finita. » mentì spudoratamente
Vegeta, non appena il ragazzo gli
ebbe regalato un sorriso contento. « Non c’era
nulla d’interessante da
guardare. »
* * *
[
11 Settembre 2013 ]
Era
probabilmente una sua mera impressione, ma pareva quasi che ogni volta
che i
suoi pensieri rimanevano troppo fissi su Vegeta il mondo si riempisse
di coppie
felici, che camminavano mano nella mano per le strade, che si baciavano
di fronte
alle vetrine dei negozi, che vivevano la loro storia con la convinzione
che
sarebbe durata in eterno.
Solitamente
al supermercato incontrava nulla più che madri di famiglia,
anziane signore o
padri di famiglia, taluni accompagnati da bambini che correvano
allegramente
tra i corridoi o sedevano dentro i carrelli, indicando i dolci che
avrebbero
voluto comprare.
Quel
giorno, invece, c’erano mogli in compagnia dei mariti,
ragazzi accompagnati
dalla fidanzata, quasi nessuno camminava da solo.
Il
mondo aveva sempre avuto un dubbio senso dell’umorismo.
Una
volta portata la spesa a casa, annunciò di dover fare una
commissione, quando
in realtà ciò di cui aveva bisogno era prendere
un po’ d’aria.
Camminò
distrattamente lungo le strade, finché non arrivò
davanti all’insegna di una
biblioteca. Come ogni volta, si fermò, osservandola
combattuto tra la voglia di
entrare e quella di fuggire a gambe levate.
In
tutto quel tempo non vi aveva più messo piede, per futile
codardia e infantile
bisogno di serrare gli occhi di fronte ai ricordi. Quel giorno,
però, senza
sapere per quale motivo, si avvicinò alla porta ed
entrò.
L’odore
familiare di quel posto gli disegnò un lieve sorriso sulle
labbra, poi venne
investito da una donna sulla cinquantina, dai capelli castani tendenti
al
rossiccio e due enormi occhi verdi.
«
Gohan, benedetto ragazzo! Sono mesi che non ti vedo! »
«
Signora Kimura, salve. » mormorò il ragazzo,
soffocato dall’abbraccio della
donna.
«
Quante volte ti ho detto di chiamarmi per nome! »
esclamò la donna, il cui nome
era Ayame, lasciando andare Gohan. « Come mai non ti sei
più fatto vedere? »
«
Ho avuto… Qualche problema… »
tentennò il ragazzo, abbassando lo sguardo.
La
signora Kimura era la proprietaria
della biblioteca che Gohan frequentava ormai da anni e nella quale
aveva
trascorso infiniti pomeriggi. Era una donna paffuta, dal volto severo
di madre
che spesso si stendeva in calorosi sorrisi. Era molto chiacchierona, e
ogni
volta che aveva un cliente fisso ci faceva amicizia. Era accaduto anche
con
Gohan.
Se
non era più tornato, era solo perché
lì aveva incontrato Vegeta, tempo prima, e
vi erano tornati insieme più volte. Codardo, non aveva avuto
la forza di
affrontare i ricordi.
«
Ah, capisco. » rispose Ayame, cercando di intuire in qualche
modo quale fosse il
problema. « E Vegeta? Come mai non è con te?
»
«
Ci siamo lasciati un po’ di tempo fa » disse Gohan,
in fretta e in tono
incolore, cercando di sputare fuori le parole senza concentrarsi sul
loro
significato.
«
Oh, mi dispiace, figliolo. » disse la bibliotecaria,
strofinando le mani sulle
braccia del ragazzo. « Magari era semplicemente
così che doveva andare. »
Gohan
annuì distrattamente.
«
Forza, ci sono tanti bei libri che ti attendono, ci sono un sacco di
nuovi
arrivi, non crederai ai tuoi occhi! » esclamò
allora Ayame, prendendolo
gentilmente per un braccio e guidandolo verso una delle poltroncine.
* * *
[
21 Gennaio 2012 ]
«
Dove sei stato? »
Vegeta
alzò lo sguardo sul ragazzo, che lo aveva atteso seduto sul
divano, imbottito
di caffè per non cedere al sonno.
«
Non ricordavo di averti chiesto di aspettarmi alzato. »
constatò il Prince,
senza rispondere alla domanda e appendendo la giacca con fare
disinvolto.
«
Non ricordavo di averti sentito dire che saresti uscito ’sta
sera. » replicò
Gohan. « Dove sei stato? »
«
Dovresti imparare a farti i fatti tuoi. » disse semplicemente
Vegeta,
incamminandosi verso le scale. Il ragazzo si alzò in fretta
dal divano,
raggiungendolo per sbarrargli la strada.
«
Questi sono affari miei. Che cos’hai a che fare con
quell’evaso di prigione? »
domandò Gohan, e notò istantaneamente come gli
occhi del Prince si
assottigliarono.
Una
settimana prima, era stato annunciato al telegiornale che un
pluriomicida,
Freezer Ice, fosse evaso di prigione. Il ragazzo aveva subito notato i
muscoli
tesi del compagno, che aveva preso a fissare lo schermo con sguardo
talmente
freddo da farlo spaventare, ma al suo “Va tutto
bene?” aveva risposto con un
secco “Certamente” a cui Gohan aveva finto di
credere.
Ma
da quel giorno l’uomo spariva di sera o di pomeriggio per
rincasare a orari
improponibili, e quando Gohan, il giorno prima, glielo aveva fatto
notare,
aveva negato spudoratamente, per poi fingere di andare a letto e
sgattaiolare
fuori quando il ragazzo si era addormentato – salvo poi
svegliarsi pochi minuti
dopo.
Aveva
notato la reazione di Vegeta ogni volta che quel criminale compariva in
televisione, e voleva capire quale fosse il problema. Aveva paura che
si fosse
cacciato in qualche guaio.
«
Non so di cosa tu stia parlando. » disse il Prince,
lentamente, scandendo ogni
parola e assumendo quello sguardo gelido che ogni volta faceva salire
un
brivido lungo la schiena di Gohan.
Questi,
tuttavia, non indietreggiò.
«
Invece sì che lo sai. » continuò,
cercando di mostrarsi sicuro. « Pensi che non
abbia notato le tue reazioni ogni volta che vedi la sua foto? Ti prego,
dimmi
dove vai e cos’hai a che fare con quel criminale. »
Sono preoccupato per te. Non lo
disse, ma quelle parole aleggiarono
nell’aria come se le avesse pronunciate.
Vegeta
parve ignorarle spudoratamente.
«
Ti stai facendo troppi filmini mentali. »
annunciò, per poi scostare Gohan con
un gesto secco e salire le scale senza voltarsi indietro, ignorando i
numerosi
richiami del ragazzo.
Il
Son ponderò per un istante l’ipotesi di corrergli
dietro, ma, sapendo che non
avrebbe ottenuto nulla se non altre risposte che vere risposte non
erano,
decise semplicemente di dormire sul divano, quella notte.
* * *
[
23 Gennaio 2012 ]
«
Che accidenti ti è successo?! »
Gohan
si sforzò notevolmente di non suonare isterico, ma alle sue
stesse orecchie la
sua voce parve molto più acuta del normale.
E
come sarebbe potuto essere altrimenti, se quella sera Vegeta era
tornato a casa
con un taglio sanguinante sul volto e la maglia imbrattata di rosso?
«
Niente di che… » minimizzò il Prince,
ma Gohan non parve neppure ascoltarlo.
Gli
si avvicinò a grandi passi, offrendogli il suo aiuto per
salire le scale fino
al bagno.
«
Non sono ferito. » disse Vegeta, scostandosi leggermente.
«
Raccontalo al taglio che hai in faccia e alla tua maglia insanguinata.
»
ringhiò Gohan, per nulla propenso ad accettare scuse di
sorta.
«
Per la maggior parte non è mio. »
annunciò il Prince, in tono casuale.
Il
ragazzo lo fissò a occhi sgranati, domandandosi per la
millesima volta cosa
stesse succedendo, in che cosa l’uomo che amava si fosse
fatto coinvolgere. Tremava
leggermente, Gohan, di paura e preoccupazione, ma quando
parlò la sua voce era
ferma.
«
Adesso andiamo di sopra. » disse, in tono che non contemplava
alcuna replica. «
E ti disinfetto quel taglio. Poi mi spieghi tutto. »
Vegeta aveva esclamato di
non dovergli alcuna
spiegazione, ma non si era opposto quando il ragazzo lo aveva portato
al piano
superiore e gli aveva silenziosamente disinfettato il taglio che
partiva dal
sopracciglio destro e arrivava fino al collo, attraversando tutta la
guancia.
Quando
ebbe terminato, Gohan mosse un paio di passi indietro e, fissando il
compagno
negli occhi, domandò: « Che è successo?
»
Tremava
ancora leggermente, mentre sentiva una forte nausea, un po’ a
causa dell’odore
di sangue emanato dalla maglia che Vegeta aveva malamente cacciato per
terra,
un po’ per il terrore che sentiva serpeggiare dentro di lui.
«
Ti ho già detto che non ti devo alcuna spiegazione.
» affermò il Prince, secco.
Gohan
perse la pazienza.
«
Adesso basta con questa storia! » sbottò,
esasperato. « Devi piantarla di dirmi
che non mi devi alcuna spiegazione e di farmi gli affari miei,
perché viviamo
insieme, sono il tuo compagno e gli affari tuoi
sono anche miei! Ti ho sempre
lasciato i tuoi spazi, ma non pensi che io abbia il diritto di sapere
se ti
trovi in qualche guaio?! »
Il
ragazzo tacque, respirando affannosamente e sentendo gli occhi
bruciare, ma non
aveva nessuna voglia o intenzione di piangere.
Vegeta
lo fissò in volto qualche istante, poi, senza tradire alcuna
emozione, si alzò
in piedi.
«
No. » rispose, in tono incolore. « Non lo penso.
»
Mentre
Gohan lo fissava senza riuscire a replicare in alcun modo, il Prince
uscì dalla
stanza e quella notte fu lui a dormire sul divano.
* * *
[
24 Gennaio 2012 ]
Non
si erano rivolti la parola per tutto il giorno.
Solitamente
i litigi si rivolvevano quando entrambi cominciavano a fingere che
nulla fosse
accaduto, ma quella volta Gohan non aveva alcuna intenzione di passare
sopra a
quanto successo.
Non
c’erano mai state ingiurie capaci di impedirgli di perdonare,
ma quella volta
non poteva semplicemente cedere, poiché aveva davvero il
diritto di sapere cosa
stesse succedendo. E se non ne aveva il diritto, Vegeta avrebbe
comunque dovuto
coinvolgerlo perché…
Perché… Perché erano una coppia,
dovevano affrontare la
vita insieme, e questo comprendeva anche le difficoltà.
Sapeva
che il suo compagno avesse una concezione particolare del rapporto di
coppia,
che non riuscisse ad accettare fino in fondo il proprio coinvolgimento
sentimentale, ma non avrebbe soprasseduto su quel punto, non quando
c’era un
problema grave di mezzo.
Non
quando rischiava di non vederlo tornare a casa la sera.
Vegeta
si alzò dal tavolo strusciando rumorosamente la sedia,
pulì la parte di tavolo
dove aveva appena fatto colazione e se ne andò senza una
parola.
Gohan
ebbe la tentazione di seguirlo.
Non
lo fece.
Quando,
quella sera, Vegeta tornò, Gohan notò subito che
ci fosse qualcosa che non
andava.
Aveva
imparato, col tempo, a distinguere le sfumature di dolore negli occhi
dell’uomo, e quel giorno nel suo sguardo vedeva solo buio, la
desolazione di
chi è senza speranza, di chi ha perso tutto.
«
Cosa ti è successo? » domandò, con un
filo di voce, dimentico della rabbia e
della presa di posizione che si era autoimposto.
Non
ricevette risposta, solo quello sguardo intriso di oscurità.
Si
avvicinò di qualche altro passo e ripeté la sua
domanda.
Vegeta
increspò le labbra in un ghigno amaro.
«
Pensavo che saresti stato tu ad andartene. » disse.
« Detesto avere torto. »
Gohan
corrugò le sopracciglia, senza comprendere, e quando
riuscì a capire quanto
detto dal Prince, egli stava già salendo velocemente le
scale.
«
Vegeta! » esclamò il ragazzo, correndogli dietro.
« Vegeta, che stai dicendo? »
Non
ricevette risposta, poté solo fissare a occhi sgranati i
gesti secchi con cui
l’uomo afferrava una valigia e vi ammassava dentro tutto
quello che poteva, senza
guardarlo in faccia.
Gohan
scosse leggermente la testa, senza capire cosa stesse succedendo, e si
avvicinò
al Prince, afferrandolo per i polsi di modo da impedirgli di continuare
a
prendere i suoi effetti personali.
«
Che cosa sta succedendo? » domandò, in un misto di
paura e confusione.
Vegeta
incontrò il suo sguardo, con riluttanza.
«
Mi pare evidente. » disse, senza risparmiarsi un altro ghigno
tremendamente
amaro.
Si
ribellò alla presa di Gohan e riprese a infilare vestiti in
valigia alla bell’e
meglio. Il ragazzo tacque, incredulo, finché non lo vide
chiudere la cerniera e
controllare con lo sguardo di non aver lasciato nulla.
Lo
sguardo del Prince vagava velocemente per la stanza senza posarsi su
nulla ed
evitando accuratamente il ragazzo in piedi a poca distanza da lui.
«
Perché? » riuscì a mormorare Gohan,
ingoiando saliva che pareva cemento e
cercando di lottare per respirare mentre gli pareva di essere sul punto
di
morire per soffocamento.
«
Uno dei due lo avrebbe fatto, prima o poi. » disse
semplicemente Vegeta, evitando
ancora il suo sguardo. « Credevo solo che saresti stato tu.
»
Si
lasciò andare a una risatina che a Gohan parve il suono
peggiore del mondo. Era
come un pianto mascherato da risata. Era dolore che voleva fingersi
gioia.
«
Ma cosa stai dicendo… » mormorò il
ragazzo, senza dare alla frase l’intonazione
di una vera domanda.
«
Tranquillo. » ghignò, e Gohan ebbe
l’impressione che le labbra tremassero
leggermente. O forse erano solo i suoi occhi che cominciavano a
offuscarsi di
lacrime. « Ti scorderai presto di tutto questo. »
«
No. » replicò il ragazzo, muovendo un passo
esitante verso di lui. « Non potrei
mai. »
Ancora
non capiva bene cosa stesse succedendo, l’unica cosa che gli
fosse chiara era
che Vegeta se ne stesse andando. E lui non voleva perderlo. Non dopo
tutto
quello che avevano passato, non dopo tutti i litigi e la pazienza
portata, che
però venivano compensati da quei momenti, quelle ore, in cui
tutto pareva tanto
perfetto da poter essere scambiato per un sogno.
Non
voleva che tutto quello che avevano divenisse un ricordo.
«
Invece lo farai. » replicò Vegeta, e il ragazzo
non poté non notare
quant’amarezza ci fosse in quelle sillabe. « E
t’innamorerai di nuovo. Presto.
»
«
Mi occorrerebbe una vita intera per innamorarmi di nuovo. »
Aveva
risposto senza pensare, ma ciò che aveva detto era pura
verità. Non sarebbe
riuscito a lasciarsi tutto alle spalle, a fingere che nulla fosse
accaduto. Non
sarebbe riuscito ad andare avanti, lui non era forte. Resta
con me.
«
Sentimentale. » sbuffò Vegeta, e il sorrisetto che
gl’increspò le labbra sapeva
di pianto.
Prima
che Gohan potesse osservarlo meglio, però, il Prince mosse
un passo verso di
lui e lo attirò a sé, rudemente, in fretta,
stringendolo gli istanti necessari
perché il ragazzo riuscisse a imprimersi il suo odore nella
mente.
«
Vegeta… » tentò Gohan, senza celare la
preghiera nella propria voce, ma egli lo
allontanò subito, afferrò la valigia e
uscì dalla stanza senza neppure
voltarsi.
Il
ragazzo non lo seguì.
Tutto
ciò che fece fu sedersi sul letto e nascondere il volto tra
le mani.
* * *
[
11 Settembre 2013 ]
C’erano
volte in cui riusciva quasi a illudersi di essere felice.
C’erano
volte in cui stringeva a sé Videl, un sorriso sincero sulle
labbra, e si
sentiva nel posto giusto al momento giusto – blandi istanti
d’illusoria pace.
Mentre
sfogliava i libri della biblioteca, lo sguardo che correva tra le
pagine, Gohan
riusciva a entrare in mondi che lo accoglievano a braccia aperte e nei
quali
poteva sentirsi al sicuro per il tempo di un respiro.
Poi
qualcosa attirava la sua attenzione, gli occhi lasciavano la carta e si
posavano in quel luogo pieno di fantasmi del passato, e allora
ricordava.
Ricordava
le notti in cui il corpo di Videl non era sufficiente a scaldarlo, a
colmare il
freddo che sentiva dentro, e allora dietro alle palpebre lo attendeva
il
sorriso di un uomo le cui braccia erano prive di qualsivoglia
delicatezza, ma
la cui pelle lo scaldava meglio di qualsiasi camino.
Ricordava
i momenti in cui si estraniava dalla realtà per vivere di
ricordi, e sebbene si
rimproverasse per quella mancanza di partecipazione al presente, una
parte di
lui bramava quella felicità in bianco e nero.
Capitava,
durante quelle notti di rimpianto e dolore, che si sedesse per terra,
davanti
alla finestra, a fissare il cielo, chiedendosi se anche Vegeta lo
stesse
fissando, se anche lui sentisse la sua mancanza con egual
intensità.
Poi
prendeva il telefono e componeva quel numero che l’uomo non
usava più da tempo,
solo per sussurrare un breve messaggio che sarebbe rimasto registrato
in quella
segreteria – inascoltato, come tutti gli altri: « Mi manchi. »
_____________________________________________________
Angolo autrice
Ehilà, ciao a
tutti! *saluta con la mano* Mmh, sì, ho scritto una
one-shot, da unire alle
millecinquecento raccolte su questa coppia con cui sto intasando
allegramente
il fandom. Si tratta, come avrete notato, di una human!AU decisamente
angst. Mi
è stata ispirata dalla canzone “Last
goodbye”, da cui
sono presi sia
il titolo che la citazione che trovate all’inizio. Mmh,
c’è qualche precisazione
da fare? Non so, non mi viene in mente nulla ^^” Boh, se
qualcosa non fosse
chiaro, chiedete pure :) E ovviamente non esitate a segnalarmi
eventuale OOC
dei personaggi (Gohan mi preoccupa particolarmente, in questa
OS…) o errori che
potrebbero essermi sfuggiti nonostante i numerosi controlli…
Niente, grazie
mille a chiunque sia arrivato fin qui :)
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