La maschera di Odino
La maschera di Odino
Asgard, prigioni
sotterranee
“Vi prego,
ditemi che questa è l'ultima
cella da controllare”, mugugna Volstagg, facendo a pezzi un
intrico di ragnatele - spesse come velli di capra - a colpi d'ascia.
“Solo l'ultima ala,
purtroppo”, precisa Fandral, prima di starnutire
rumorosamente.
“Non possiamo lamentarci”, afferma con decisione
Sif
sorpassando i compagni e accedendo per prima all'ennesimo settore
detentivo delle segrete di Asgard, “per il nostro tradimento,
ci saremmo dovuti aspettare di peggio.”
La guerriera sparisce oltre il muro ricoperto di bassorilievi e
polvere, i passi pesanti rimbombano nel buio di un'aria stantia ed
immobile, quasi minacciosa.
Volstagg si aggancia la scure in vita, sospirando.
“Inutili camminate, polvere e puzza di marcio, nessuno
scontro...” si colpisce con poca grazia l'addome rotondo, e
lo
stomaco protesta con un brontolio basso e prolungato, “...e
niente cibo. Cosa ci può esser di peggio?”
Fandral afferra una fiaccola appesa alla parete e fa strada,
ridacchiando.
“Potrebbe giovare alla tua linea, mio pingue
amico.”
“Dimenticavo di aggiungere alla lista: pessima
compagnia.”
“Oh, andiamo Volstagg! Le mie parole non ti
allietano?”
“Intendi le tue tronfie chiacchiere? Hanno il solo merito di
farmi rimpiangere Hogun e il suo cipiglio fosco.”
“Non mi dire...”
Sif appare improvvisamente davanti a loro, accigliata.
“Se avete finito, abbiamo delle prigioni da
controllare.”
I due si scambiano uno sguardo di fastidio simulato, poi avanzano nel
buio. Il fuoco della torcia scoppietta vivace e diffonde nell'aria un
tiepido bagliore e aroma di legna bruciata. Quando finalmente
raggiungono le ultime celle, appaiono tutte intatte: non sono
più
di una dozzina e meno della metà è occupata.
Sorpassano
le prime, vuote e senza luce, registrando con sollievo che nemmeno
quell'ultima ala dei sotterranei ha sofferto danni conseguenti
all'attacco di Malekith. Volstagg, pregustando la fine della missione
ormai prossima, comincia a fischiettare, cullando il manico dell'ascia
tra le dita.
Le barriere detentive sfrigolano appena, spandendo nel buio un pallido
bagliore aranciato. La luce del sole manca in quelle sale da secoli,
tanto che persino il bianco delle pareti interne è sbiadito
in
aloni grigi e spenti.
Le ultime cinque celle sono occupate da un singolo prigioniero
–
esseri strani, pelle bluastra, squame, occhi di pece... un gran bel
caleidoscopio di mostri antichi, là sotto –
eccetto
l'ultima.
Fandral piega le labbra in un ghigno impressionato.
“Finalmente, una visione che valga la nostra
missione.”
Dietro la schermatura semitrasparente, due donne in catene. Indossano
quelli che un tempo erano abiti di splendida fattura, ormai logori,
sudici ed infeltriti. I loro monili d'oro sono stati ossidati dal tempo
e dal rancore. I capelli, in spettinare onde stoppose e rossicce,
incorniciano volti pallidi, eppure ancora dotati di una bellezza fuori
del comune, pericolosa.
“Asgardiane?”, domanda Volstagg, incerto. C'è una strana malia,
nel loro sguardo...
“Della peggior specie”, afferma Sif, stringendo la
mascella
e portandosi di fronte alla cella. Istintivamente, la mano corre al
metallo freddo dell'elsa.
“Davvero? A me paiono...” replica Fandral,
accarezzandosi la barba affascinato,
“...incantevoli.”
“In effetti, non sei lontano dalla
verità”, replica
la guerriera, seria. “Le chiamavano Incantatrici.”
I due uomini si lanciano un'occhiata allarmata, deglutendo, e arretrano
impercettibilmente.
“Se è così sono grato che la loro cella
sia
intatta”. mormora Volstagg, distogliendo lo sguardo,
“si
dice che potessero soggiogare qualsiasi uomo con un tocco.”
Sif piega le labbra in un sorriso amaro, quasi di spregio.
“Molti
sono caduti al solo suono delle loro voci” spiega indicando i
collari dorati che imbrigliano loro il collo, fino a nasconderne le
labbra, “per questo era necessario farle tacere.”
Le due donne li fissano con astio e si alzano dalla panca di legno,
unico mobilio concesso al loro isolamento. Hanno i polsi legati da una
spessa catena che, assicurata al pavimento con un piolo, stride ad ogni
loro movimento. La più giovane lancia uno sguardo obliquo
alla
volta di Sif e, sotto le sbarre della museruola, pare affilare un
sorriso.
“Non abbiamo altro da fare qui”, sibila la
guerriera, senza
abbassare gli occhi. “Andiamo, il Padre degli Dei attende il
nostro rapporto.”
Fandral e Volstagg non se lo fanno ripetere due volte e si dirigono
verso l'uscita a passo svelto. Sif indugia ancora qualche istante, lo
sguardo imprigionato in un ricordo lontano.
Haldorr...
Poi, con uno scatto secco, si volta e segue i compagni. Ha quasi
percorso l'intero salone, quando qualcosa
la blocca. Istinto, intuito, paura... la sensazione che prova non trova
transcodifica ma è reale e vivida, come una scossa gelida
sotto
la pelle.
Pericolo.
Si volta di colpo, aguzzando la vista, verso la cella delle
Incantatrici. Un occhio disattento, non l'avrebbe nemmeno colto, quel
guizzo opalescente dietro la schermatura aranciata, ma lei lo
intercetta.
“Sif, che succede?”
La guerriera ode Fandral ma non si premura nemmeno di rispondergli.
Inizia a correre, sollevando sottili nuvole di polvere.
“Dove stai andando?”
Non può
essere.
Di fronte alla cella, ansima e cerca un indizio che avvalori la sua
intuizione. Tutto pare immutato, ma trova la sua conferma nello sguardo
di gelido trionfo della maggiore tra le due Incantatrici.
È troppo
tardi, Lady Sif.
La guerriera comincia a colpire la barriera con l'avambraccio,
l'armatura di metallo asgardiano produce vivaci scintille rossastre ma
non ne scalfisce in alcun modo la superficie.
“Sif, cosa stai facendo?”, Fandral le afferra un
braccio, cercando il suo sguardo, stranito.
“Devo entrare”, scandisce la donna, ricambiando
l'occhiata, seria.
“Cosa, perché? Non possiamo...”,
Volstagg arretra,
confuso, quando l'Incantatrice muove qualche passo verso di loro, oltre
la schermatura. La spessa catena di metallo striscia e sfrigola in modo
sinistro sul pavimento, e la prigioniera li fissa divertita, tremando
appena.
“Riderai ancora per poco, Amora” sibila tra i denti
Sif.
Estrae la spada e rotea l'elsa verso il basso, attivando il meccanismo
che sblocca anche la seconda lama, che subito affonda nella colonna
più vicina. Il flusso d'energia si interrompe e il campo di
forza svanisce crepitando. Dentro la cella, tutto sembra immutato, ma
la più giovane Incantatrice pare scomparsa.
Sif non si perde in chiacchiere e afferra Amora per un braccio,
poggiandole il filo della spada alla base del collo.
“Dov'è tua sorella?”. L'Incantatrice
abbassa gli
occhi ironica, fissando le sottili sbarre d'oro che le impediscono la
voce.
“Non pensarci nemmeno, strega. Richiama la tua
illusione.”
La donna aggrotta le sopraciglia, provocatoria, dunque Sif rafforza la
presa e, a denti stretti, sibila:
“Ora.”
Amora mugugna per il dolore e prova a divincolarsi, ma ogni sua fibra
è indebolita dalla prigionia e dal rancore, quindi,
sbuffando
rabbiosamente, desiste.
La parete alle sue spalle sfuma in mille bagliori verdastri, rivelando
una falla spessa almeno due metri. La luce filtra debolmente dalla
superficie, lontana ma non più irraggiungibile.
“Che è accaduto?”, domanda Volstagg,
preoccupato.
Sif lascia andare l'Incantatrice - che indietreggia
soddisfatta, facendo rumoreggiare la catena – e scrolla le
spalle. L'altro capo della catena è tranciato e a terra
giace il
congegno dorato che bloccava la voce dell'Incantatrice fuggita.
“Lorelai, è fuggita...” sputa Sif,
raccogliendo il
collare da terra e assicurandoselo alla cintura “... ed
è
senza controllo.”
Esce dalla cella senza indugio e recupera la sua spada. Non appena la
estrae dalla colonna la schermatura sigilla nuovamente la cella,
spandendo nell'ambiente un riflesso di luce arancione.
“Dobbiamo avvertire l'Allfather,
prima che sia troppo tardi.”
Mentre i tre guerrieri si dirigono immediatamente verso l'uscita,
correndo, Amora li segue con lo sguardo, assottigliando le palpebre,
finché l'eco concitato dei loro passi gradualmente si spegne
e
tra le mura della sua secolare prigione torna a rimbombare solo
silenzio.
Asgard,
Bifröst
“Lady Sif...”
“Heimdall, dov'è il Padre degli Dei? Ci hanno
detto lo avremmo trovato qui.”
Il guardiano volta appena la testa, lanciando ai tre guerrieri
trafelati uno sguardo imperscrutabile.
“Sta tornando... dal Mondo Oscuro” risponde, prima
di
ruotare la spada nel suo piedistallo dorato. Il Bifröst si
riapre
al suo comando e un istante dopo, attraverso un cono di luce che presto
svanisce, riappare Odino, accompagnato da due einherjar.
“Allfather,
necessitiamo
conferire con voi”, afferma Sif, facendosi avanti. Odino la
fissa
senza parlare, inclinando leggermente il capo, e le pare quasi di
carpire una leggera ombra di fastidio nel suo sguardo. Realizza poi di
non aver mostrato adeguato rispetto al suo Re, tanta era la foga di
parlare. Si prostra immediatamente, subito imitata da Volstagg e
Fandral, portandosi un pugno al petto. Registra un lieve mutamento
nell'espressione di Odino, che non riesce a decifrare, ma non se ne
dà pensiero.
“Mio Re, portiamo infauste notizie. In seguito all'attacco
degli
Elfi Oscuri una cella nell'ultima ala delle prigioni è stata
danneggiata...” il Padre degli Dei si avvicina di qualche
passo,
puntellandosi sulla sua lancia dorata, e aggrotta l'unico sopracciglio
visibile sotto l'elmo “... e una prigioniera,
sfortunatamente,
è fuggita.”
“Di chi si tratta?”, domanda Odino, stringendo
l'asta di Gungnir.
“Di un'Incantatrice, mio Re.”
Il Padre degli Dei abbassa lo sguardo, come a voler inseguire un
pensiero.
“Lorelai”, scandisce quindi Sif, come se stesse
sputando un fiotto di bile.
Odino rialza gli occhi, serio, quindi rivolge la sua attenzione verso
Heimdall.
“Riesci a vederla?”
Il guardiano pare dilatare lo spettro del suo sguardo, le iridi
aranciate riflettono i bagliori di mille galassie. Pochi istanti, per
scrutare ogni angolo di universo. Poi, il triste responso.
“No, mio Re. Non è più ad Asgard, ma il
suo cammino è in qualche modo celato ai miei
occhi.”
L'Allfather
contrae le dita strette intorno alla lancia, senza proferire parola.
“Già una volta la mia vista è stata
offuscata nel
medesimo modo. Quando... qualcuno usò altri sentieri, nascosti, per
viaggiare tra i mondi.”
Sif si rialza di scatto, facendosi avanti.
“Lasciate che la cerchi io. La stanerò, in
qualsiasi reame sia fuggita non rimarrà nascosta a
lungo.”
“No”, replica imperioso Odino, “sarebbe
una perdita
di tempo, e non ne abbiamo. Finché resterà nei
sentieri
oscuri sarà al riparo dal nostro sguardo.”
“Ma...”
“Attenderemo che esca allo scoperto, Heimdall
resterà di
guardia. Nel frattempo, ho altri incarichi per voi. Tu...”
ordina
indicando Fandral “... farai rapporto a Tyr, che organizzi
armamenti e riparazioni.” Il guerriero annuisce, la mano
sull'elsa, poi si allontana rapido.
Volstagg, rigirandosi nervosamente l'ascia tra le mani, si schiarisce
la voce.
“E noi, Vostra Maestà?”
“A voi affido un compito semplice, ma di vitale
importanza.” Odino fa un cenno all'einherjar
alla sua sinistra, che porge a Sif un piccolo scrigno nero.
All'interno, pare muoversi una forza sinistra, che emettere
intermittenti bagliori rossastri.
“Abbiamo recuperato, ed imbrigliato, l'Æther. Ma
non possiamo tenerlo qui.”
Per un rapido istante, negli occhi dell'Allfather, passa
un'ombra scura. Potrebbe persino sembrare paura. “La
porterete a chi può tenerla al sicuro.”
Sif accetta lo scrigno, imponendo al suo braccio di non tremare.
È stranamente pesante, e pare vibrare. E sibilare.
“A chi dobbiamo affidarlo?”
Odino si appoggia nuovamente alla lancia, alzando il mento.
“Il suo nome è Taneleer Tivan. Lo chiamano il
Collezionista.”
“E dove si trova?”
“Questo non è affar vostro. Heimdall vi
invierà
direttamente nella sua dimora. Trattenetevi il meno possibile, e non
stupitevi di ciò che vedrete.”
Volstagg lancia un'occhiata preoccupata alla volta di Sif, che stringe
la mascella.
“Che messaggio dovremo riferire?” domanda la
guerriera,
sistemandosi di fronte alla finestra dorata sui mondi, pronta per il
viaggio, subito affiancata dal compagno.
“Solo la verità. Con il Tesseract già
in nostro
possesso, sarebbe poco saggio custodire così vicine due
Gemme
dell'Infinito.”
Sif annuisce appena, anche se in realtà non comprende, poi
Heimdall attiva il Bifröst e il faro di luce la investe,
trasportandola lontano.
Odino li osserva sparire, quindi congeda gli einherjar e rivolge
la sua attenzione al guardiano.
“Torneranno presto. Non appena riuscirai a trovare
l'Incantatrice
fuggita, invia Sif alla sua ricerca. Bada di riferirle che la voglio viva. Io mi
recherò nelle prigioni... Devo interrogare quella
rimasta.”
Heimdall annuisce e riprende a scrutare le stelle, immobile come una
statua d'oro e bronzo.
Il Padre degli Dei lo sorpassa a passo svelto, l'armatura segna ogni
passo con un cigolio di metallo e il mantello dorato fluttua nel vento.
Quando si ritrova fuori dalla portata del suo udito, si ferma, nel
mezzo del ponte dell'Arcobaleno, e non riesce ad impedire che la
maschera si incrini. Sotto l'apparenza di Odino, la voce di Loki
sogghigna sinistra, mentre un nuovo piano prende forma nella sua mente.
“... Devo rivedere una vecchia amica.”
Questa
one-shot è nata dopo la visione del quindicesimo episodio
della
prima stagione di Agents of S.H.I.E.L.D., dato che l'asgardiana fuggita
a causa dell'attacco di Malekith si chiama Lorelai, il collegamento con
Amora è stato automatico (nell'universo Marvel infatti
l'Incantatrice ha una sorella che si chiama così...
coincidenze?
XD). Poi, quando Sif riporta il comando di Odino di riportarla ad
Asgard viva - sapendo in realtà chi
c'è
dietro le sembianze di Odino - ho cominciato subito a chiedermi cosa
starà mai architettando il nostro divino ingannatore. Ho
fatto
ovviamente anche riferimento alla scena post-credit di Thor: the Dark
World.
Grazie a chiunque
passi di qui, alla prossima!
Sayuri
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