La
Contea di
Haiden ed il suo segreto.
Entrare
nella foresta
senza muovere un filo d'erba, entrare nell'acqua senza increspare la
superficie, addestrare un cavallo senza usare la forza.
Pensando a questo Frederick si
addentrava nel fitto bosco
con accanto a sé il suo fedele Klaus. Cavalcavano mesti i
loro destrieri.
Avevano una missione da compiere
stasera e qualunque cosa
fosse successa, qualunque persona si fosse frapposta tra loro ed il
loro fine
sarebbe perita sotto le loro lame, anche a costo di permettere a
Giacomo di
carpire il segreto della Contea.
Elisabeth doveva essere portata in
salvo a qualunque costo.
Suo padre ormai era un pericolo per lei. L’incantesimo di Es
aveva dato i suoi
frutti più tremendi con Giacomo.
La foresta si infittiva sempre di
più man mano che i due
cavalieri si addentravano.
Cominciava ad avere paura Klaus e
voleva tornare indietro,
sentiva che quella spedizione non sarebbe andata a buon fine e che
avrebbero
perso il loro feudo, ma non sapeva che oggi il destino avrebbe messo in
gioco
qualcosa di più importante del loro feudo.
Cavalcarono pazientemente per tutta
la notte fin quando
all’alba arrivarono al castello di Haiden,
dell’omonima Contea.
Scesero dai loro cavalli, impugnarono
le spade e
attraversarono il ponte che li avrebbe portati all’entrata
del castello.
Frederick si fermò.
Neanche lui era sicuro di quello che
stava per fare, ma
sentiva che doveva farlo, che non aveva altra scelta.
Si fece coraggio ed aprì
il portone.
Davanti a sé si apriva lo
scenario tanto vaneggiato e tanto
aspettato. Una tavolata immensa, vuota, e lì in fondo seduto
sul suo trono
Giacomo. Sopra di lui l’aquila, il suo amato stemma.
Frederick rabbrividì.
Non riuscì a muoversi fin
quando il suo rivale non iniziò:
“Bene, Frederick, finalmente ci rivediamo faccia a faccia,
finalmente ho
l’opportunità di lavare col tuo sangue i torti
subiti. Hai paura Frederick?”.
“No”, rispose
seccamente il cavaliere.
“Faceva prima a stare
zitto”, pensò Klaus che ormai
riconosceva perfettamente le reazioni del suo leggendario amico.
I due amici avevano paura, ma
dovevano portare a termine la
spedizione; dovevano farlo per la loro Contea, per il feudo e
perché Elisabeth
non meritava quella fine.
Frederick, sguainando la spada dal
fodero: “Battiti,
vigliacco e smetti di sprecare il tuo fiato con queste fandonie,
battiti, ho
detto!”
Giacomo ascoltò il
consiglio del suo nemico e sfoderò la sua
arma, oggi più luccicante che mai.
Cominciò impavido
Frederick a sferzare i suoi colpi a
destra, poi a sinistra.
Non riusciva a centrare il bersaglio
e cominciava ad
innervosirsi. Questo il suo nemico l’aveva capito e non si
lasciò scappare
l’occasione di fargli del male.
Si distrasse solo per un momento, uno
stupido ed insulso
momento di combattimento perché tra le lame vide il suo
volto, il suo bianco
volto bagnato da una lacrima che osservava pietosa e spaventata la
scena.
“Elisabeth…”
sussurrò.
Un momento e la spada lo travolse,
attraversò la sua carne
da parte a parte.
Guardò il suo braccio
Frederick.
Cominciava a scorrere il sangue.
Ora tutti avrebbero conosciuto il suo
segreto, ma badò poco
a tutto ciò.
Il
suo scopo adesso
era un altro.
Sogghignando il suo nemico trasse la
spada dal braccio di
Frederick che soffrendo cominciò a sentir venire meno le
forze.
Si trasse indietro per potersi
riprendere e mandò avanti
Klaus.
Perché lo fece,
perché gli diede con quell’accenno del capo
l’assenso
a battersi per lui non lo capì mai Frederick.
Giacomo lo stava uccidendo, gli stava
facendo patire le pene
dell’inferno, e lui? Lì, immobile in un angolo che
sognante guardava Elisabeth.
Sentì la pelle ricucirsi e
la ferita ricompattarsi. Il dolore
scomparve e sul suo braccio non c’erano più i
segni di quel duello. Alzò il
capo e riuscì appena a vedere il corpo del suo fedele
scudiero cadere sotto i
colpi di fioretto del suo acerrimo nemico.
Vide i suoi occhi azzurri velarsi.
Vide la morte che gli
traversava lo sterno e sul suo volto un brivido; nei suoi occhi tanta
paura,
tanto rispetto per il suo cavaliere. Lo stesso vigliacco che gli aveva
permesso
di morire lì ai piedi di Giacomo all’interno del
castello stregato di Haiden
dove era cresciuto. Lo stesso pavimento che i suoi piedi avevano
battuto tanti
anni fa ora lo vedeva soccombere e spirare l’ultimo alito di
vita.
Con il suo solito sogghigno Giacomo
estrasse la spada già
per due volte insanguinata dallo sterno di Klaus e si sentirono le ossa
rompersi, una ad una, prima che il suo capo destinasse il suo ultimo
sguardo
verso Elisabeth che non era più dove l’aveva vista
l’ultima volta.
Era scesa giù, nella sala.
Aveva sceso le scale a perdifiato
ed era giunta nei pressi dell’aquila.
Ridestò i suoi sensi
Frederick e si scagliò con tutta la
forza che lo pervadeva contro Giacomo.
Corse, sempre più forte,
alzò in alto la spada, raccolse
tutte le forze che aveva per cercar di colpire alle spalle il suo
nemico che
nel frattempo s’era girato per seguire i movimenti di
Elisabeth e che per non
farla scappare la afferrò e la strinse a sé.
Fu un attimo, un solo attimo anche
stavolta.
Giacomo girò appena la
testa per rivolgere parte del suo
sguardo al suo nemico e si rese conto di quello che stava succedendo.
Senza pensarci due volte
afferrò il bianco braccio di
Elisabeth con una mano e con l’altra le tappò la
bocca. Un ultimo sguardo
furtivo al suo nemico e poi si voltò.
Un grido sordo di dolore e Frederick
vide la sua spada
traversare da parte a parte lo sterno di Elisabeth.
Si era fatto scudo con lei.
L’aveva fregato, anche stavolta.
Con un gesto di stizza trasse la
spada dallo sterno della
giovane donna. Un altro grido di dolore, l’ultimo.
Come aveva potuto fare questo? Come
aveva potuto proteggere
la sua vita dimenticandosi che sua figlia sarebbe morta con questo suo
gesto?
L’aveva realmente
dimenticato? Era stato un gesto voluto?
Mentre pensava tutto ciò
portando a sé il volto tumefatto
della sua donna sentì una voce dall’alto. Era il
mago Es. Ancora lui.
Gli aveva rovinato la vita donandogli
l’immortalità. Lui era
lì vivo, la ferita al braccio era scomparsa, ma la sua donna
era stesa per
terra senza vita. Voleva delle spiegazioni. E le voleva anche Giacomo.
“Era proprio questo che
volevo da voi, stupidi uomini
bramosi di potere ed immortalità”
esordì Es. Mosse le dita spasmodicamente e
tutt’a un tratto Frederick si ritrovò seduto al
tavolo di fronte al suo nemico
che osservava sprezzante come non mai.
Sopra di loro fluttuava sorridente
Es.
“Giacomo guardami. Hai
visto cosa hai fatto? Hai perso tua
figlia, la tua Contea l’avevi già persa da tempo,
cosa ti rimane ancora da
perdere? Credo niente, visto che non possiedi più niente, se
non la tua rabbia
per non aver mai capito che il segreto
dell’immortalità lo possedeva il tuo
acerrimo nemico. Per cosa odiavi Frederick? Solo perché egli
sposando tua
figlia avrebbe ereditato i tuoi ultimi poderi? Solo perché
saresti rimasto in
completa povertà e chiunque ti avrebbe schivato, anche la
servetta che tanto
sfruttavi fino a pochi anni fa? Solo per questo caro
Giacomo?” chiese
sorridendo Es.
“Sono stufo della tua
ironia, del tuo prenderti gioco delle
vite degli altri soltanto perché conosci il segreto della
Contea di Haiden.
Sono stufo della vita che mi hai rovinato con le tue sporche magie.
Voglio
farla finita con te e con i tuoi stupidi ed infiniti giochetti da
fattucchiere
di sogni spezzati”.
“Calmati Giacomo, il
segreto è già stato rivelato, lo hanno
visto tutti anche tua figlia prima di morire. Come mai non ti sei reso
conto di
niente?”, sogghignando ancora sotto la folta barba.
“Mi hai chiuso gli occhi,
non mi hai dato la possibilità di
vedere ciò che stava succedendo, ti sei impossessato delle
mie braccia e hai
lasciato che ammazzassi mia figlia. Ti ucciderò Es, lo
farò!” dicendo così si
scagliò verso il mago.
Quest’ultimo
afferrò le braccia di Frederick e protesse se
stesso con il corpo del cavaliere.
La spada lo trapassò
ancora una volta. La lama, però, toccò
il cuore e quello non poteva ricucirsi da sé, con nessun
segreto, nessuna
pozione, nessun elisir d’immortalità. Tutto
ciò, però, Frederick non lo sapeva
e con gli occhi cercava Es ed esalando l’ultimo sospiro
disse: “Perché non si
ricuce, perché…”
Sogghignò di nuovo nel non
dare una risposta al cavaliere.
“Cosa si dovrebbe ricucire
bastardo Es? Cosa?” urlò Giacomo.
“E’ questo il
segreto, era questo il segreto, prima che tu
uccidessi anche lui”.
L’ultimo sogghigno e
volò via, lasciando nella disperazione
Giacomo, che rivolgendo a sé la lama maledì se
stesso, la
Contea di Haiden, ma
soprattutto quel bastardo mago che gli aveva tolto tutto, anche la sua
amata
figlia.
Esalò l’ultimo
respiro anch’egli e lasciò nella disperazione
le anime colpevoli di quel castello che avevano assistito inermi a
tutta la
scena.
Qualcuno ancora piangeva per lui,
qualcuno di inconsistente
però.
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