Orfeo ed Euridice
La
voce della guida che stava facendo loro strada tra colonnati di marmo
e pareti decorate da mattonelle dai motivi più variati era
profonda ed estremamente calda, quasi un abbraccio in quel'ambiente
fuori dal mondo; Marco si ritrovò a fissare naso all'aria il
grande soffitto simile alla cupola di una moschea che a un tetto di
una casa vittoriana.
-
L'Arab Hall venne costruita tra il 1877 e il 1881 per conservare i
ricordi che Lord Frederic Leighton aveva portato con sé dai
suoi viaggi in Medio Oriente. - stava spiegando la guida alla piccola
folla di visitatori, indicando l'architettura con ampii gesti delle
mani e proseguendo verso quella denominata Narcissus Hall. Ancora
impegnato ad ammirare i mosaici nel soffitto, Marco non si accorse
del ragazzo che gli stava di fronte che quando sbattè contro
di lui, facendolo sbilanciare in avanti. - M...mi dispiace! -
Il
ragazzo – un suo compagno di corso all'università con
cui non aveva mai parlato – gli rivolse un'occhiata inviperita.
- Guarda dove vai. - borbottò, prima di sistemarsi la tracolla
in spalla e proseguire dietro alla guida senza degnarlo di ulteriori
attenzioni. Marco si strinse nelle spalle dispiaciuto e lo imitò,
raggiungendolo ma evitando di guardarlo; un po' a causa della sua
timidezza, un po' a causa del carattere all'apparenza non troppo
socievole dell'altro.
La
guida si era fermata davanti un quadro ritraente due giovani amanti,
ora; aspettò pazientemente che tutti i visitatori avessero una
buona visuale della tela prima di iniziare a spiegare ciò che
vi era ritratto. Marco notò che le dita del suo compagno di
corso erano corse a un blocchetto per gli appunti su cui aveva già
iniziato ad abbozzare il quadro che avevano di fronte. - Orfeo ed
Euridice, 1864. - Cominciò la guida, indicando la targhetta
dorata a fianco del quadro. - Non è uno dei più famosi
quadri di Leighton, ma il mito è uno dei più belli di
cui il Lord parlò nei suoi quadri. Qualcuno lo conosce? -
Ci
furono svariati mormorii di dissenso da parte del gruppo; Marco cercò
di richiamare a sé qualche accenno a quel mito, ma non aveva
proprio idea di cosa potesse trattarsi. La guida sorrise paziente.
- Orfeo era un giovane poeta, come mai se n'erano visti in tutta
la Grecia. Si narra che il dio Apollo, compiaciuto dalle sue doti
artistiche, gli fece dono di una lira; e quando Orfeo suonava, tutti
i mali del mondo cessavano e persino gli animali più feroci e
pericolosi si fermavano per ascoltarlo. - Mancava solo una donna
da amare, nella sua vita. E la trovò in Euridice, driade che
divenne sua sposa, ma solamente per poco: ella, fuggendo dalla
minaccia di un altro pretendente, non si accorse del morso velenoso
di un serpente, e morì.
Marco
si era spostato dal fianco del ragazzo per posizionarsi appena dietro
di lui e ammirare ciò che stava creando; i suoi bozzetti si
erano discostati dal ritratto originale per prendere una strada tutta
propria, fatta di lire e profili di donne di una bellezza fuori dal
mondo. Entrambi tornarono a rivolgere la loro attenzione alla
storia. - Pazzo di dolore, Orfeo cercò rifugio nella
musica ma non vi riuscì; decise quindi di scendere nell'Ade,
dove ancora una volta riuscì a proseguire la sua missione
grazie alle sue strazianti melodie. Persefone e Ade ebbero
compassione di lui e decisero di soddisfare la sua richiesta:
riportare Euridice in vita, scortandola fuori dall'Ade. Ma Orfeo
sarebbe riuscito nell'impresa solamente se non si fosse voltato a
guardare Euridice durante il tragitto... -
Un
rumore secco distrasse Marco dalla narrazione; riportò gli
occhi sul foglio del suo compagno, sussultando nel notare che le sue
dita tremavano e la punta della matita che teneva in mano era
spezzata. Fu tentato di posare la mano sulla sua spalla e scuoterlo
per assicurarsi che non si stesse sentendo male, ma la voce del
narratore lo distrasse.
-
Orfeo riuscì a mantenere la promessa fatta a Persefone...
quasi. Avvicinatosi all'ingresso dell'Ade, così disperatamente
vicino al mondo dei vivi, il dubbio che la regina dell'Ade avesse
mentito si insinuò in lui. -
Due
lacrime macchiarono il foglio su cui il ragazzo biondo stava
disegnando. Marco fece un passo avanti, la mano pronta a posarsi su
di lui per accertarsi del suo stato.
-
E a quel punto, Orfeo si voltò. -
Prima
che le sue dita si posassero sulla sua giacca, il ragazzo si voltò;
fu un gesto improvviso, che lasciò Marco con la mano a
mezz'aria e un'indecisione improvvisa sul da farsi. I suoi occhi
sottili erano bagnati e rossi, come se stesse piangendo
disperatamente e in silenzio da tempo.
-
Ehi. - la sua voce era rauca; le sue labbra tremavano. - Perchè
diavolo stai piangendo? -
-
E Euridice scomparve per sempre nelle tenebre dell'Ade, senza che
Orfeo avesse avuto un'ultima occasione di dirle addio. -
Marco
alzò la mano che aveva teso verso l'altro al suo volto, per
asciugare lacrime che non si era accorto di star piangendo; guardò
le proprie dita umide sorpreso e confuso, prima di rialzare lo
sguardo sul ragazzo. - Questa è la storia più
triste che abbia mai sentito. - mormorò. L'altro si voltò
verso il quadro, ammirandolo un'ultima volta. - Ne ho sentite di
molto più tristi. - rispose, pensieroso. Si asciugò il
volto con la manica della felpa, approfittando del fatto che il
gruppo si era ormai spostato per tirare su rumorosamente col naso e
ridacchiare nervoso.
-
Uhm, hai...hai bisogno di un fazzoletto? - Marco frugò nelle
proprie tasche fino a recuperarne uno, che porse al ragazzo. -
Grazie. Di solito non...piango. - si giustificò, asciugandosi
gli occhi. - Jean, comunque. - - Io sono Marco. - gli tese la
mano, sorridendo appena quando quello la strinse; ogni antipatia
difensiva che Marco aveva notato durante il loro primo incontro
sembrava essere scomparsa, sostituita da un'impacciata affabilità.
- Posso farti una domanda? - - Chiedi pure. -
Marco
si morse il labbro inferiore. - Perchè ti sei voltato di
scatto verso di me, prima? -
Un
centinaio d'emozioni diverse sembrò attraversare lo sguardo di
Jean, mentre lentamente chiudeva gli occhi e li riapriva, in cerca di
una risposta. - Lo sai? - mormorò alla fine. - Non ne ho la
più pallida idea. Sapevo che ti trovavi dietro di me, ma... è
difficile da spiegare. -
Un
sospiro, poi un altro. Marco sorrise incoraggiante, di fronte
all'insicurezza di Jean.
-
Non ridere di me. - mormorò infine. - Ma avevo paura che se mi
fossi voltato, ti avrei visto svanire nel nulla. -
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E anche questa è andata. Amo la mitologia greca, spero trasparga ;;
(porli letteralmente nelle stesse condizioni di orfeo ed euridice mi avrebbe uccisa, non ce l'ho fatta)
A domani (oggi sul tardi, se riesco a finire la terza in tempo)!
- Joice |