CRAZY DIAMOND. Tracce di Syd Barret

di Dom Turco
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Quasi tutti i prof di chiara fama consideravano la storia di Mu poco più di una fiaba, nobilitata dall’interesse di scrittori importanti ma eccentrici come Lovecraft, di cui mio padre,  Rufus Barrett, studiò tutta la vita l’opera omnia, giungendo alla conclusione che non fosse completamente  frutto di fantasia. E, per avvalorare questa tesi, in gioventù aveva visitato la vasta area compresa tra la Nuova Zelanda e il Cile, dove un tempo sorgeva il continente perduto di Mu,  per poi stabilirsi definitivamente in Australia. Qui trovò le tracce dei Primi Umani, che non adoravano Chtulu ma Eartha, la Madre Terra, onnipresente nei miti e nei riti degli aborigeni della Contea di Dandaragan, ribattezzati Ertiani in omaggio alla loro dea. La spedizione archeologica doveva confermare le tracce del  sapere primordiale occultato nei racconti dell’autore preferito dallo Gnomo, nom de plum attribuito all’altezza poco entusiasmante, o forse alla predilezione per l’omonima canzone dei suoi idoli musicali: i Pink Floyd. Personalmente non ero un grande appassionato di archeologia misteriosa, e, a parte il divertimento di giocare con la sabbia rossa del deserto armato di pala e piccozza, non comprendevo l’utilità scientifica della missione: l’inverosimile ricerca dei relitti di una perduta civiltà antidiluviana depositaria dei segreti della resurrezione.
 
Il luogo degli scavi si trovava a sei ore di distanza dal più vicino centro abitato. Era notte fonda, quindi, quando ci imbarcammo sul nostro furgone a energia elettrica, non prima di aver caricato nel retro tutti gli attrezzi indispensabili al provetto archeologo. Fu un viaggio breve quanto  sinistro, o, per meglio dire, inquietante. Scoppiò un temporale improvviso, insolito per quella stagione, in un’area dove pioveva di rado (al massimo qualche minuto). Il cercatore di tesori era immerso nella guida e non badava ad altro (in auto parlava pochissimo). Io guardavo stupito lo spettacolo psichedelico dei lampi che illuminavano a giorno il monotono paesaggio e lo rendevano magico. Roger smanettava con la radio nella speranza di trovare una frequenza decente, fino a quando, sconfitto, non ripiegò su uno dei dvd giurassici che nostro padre si portava dietro.
 
Una voce sottile e spettrale si sentì fluire nell’aria, con il sottofondo bisbigliante delle acque del cielo. In quel momento ebbi la sensazione di non udire un uomo in carne ed ossa ma una creatura eterea sfuggita alla tomba. In effetti erano le parole di un morto, recitate, non cantate, da un attore, anche lui scomparso, lasciando sparse tracce (musicali) di Syd. La traccia, anzi. Non riesco più a togliere dalla testa quei versi cantilenanti e contorti, quel delirio onirico che ancora oggi avvelena le mie lunghe notti d’insonnia & d’angoscia:
 
Emily prova ma non capisce
Lei è spesso incline a farsi prestare
I sogni di qualcun altro fino a domani.
 
Non c'è un altro giorno
Proviamo in un altro modo
Libererai la tua mente e giocherai
Giochi gratis oggi
Guarda Emily che gioca
 
Poco dopo che si è fatto buio Emily piange
Guarda fissa attraverso gli alberi, afflitta
Quasi non emette un suono fino a domani
 
Indossa un vestito che tocca terra
Galleggia su un fiume
Per sempre
Emily, Emily
 
(Emily tries but misunderstands
She's often inclined to borrow
Somebody's dreams till tomorrow
 
There is no other day
Let's try it another way
You'll loose your mind and play
Free games today
See Emily play
 
Soon after dark Emily cries
Gazing through trees in sorrow
Hardly a sound till tomorrow
 
Put on a gown that touches the ground
Float on a river
For ever and ever
Emily, Emily).
 
Fu proprio alla fine della canzone che apparve il Deserto degli alberi di pietra, il più incredibile dei luoghi incredibili, da sempre oggetto di venerazione perché incuteva una sorta di timor panico. L’energia che emanano certi punti cardinali della geografia sacra del pianeta accende un fuoco magico nel profondo del cuore, fenomeno  che difficilmente può essere spiegato con il freddo linguaggio della logica. 
 
For ever and ever
Emily, Emily…
 
Ancora mezzo assonnato in quel momento pensavo a quell’esile e soave fanciulla tra gli alberi, visione psichedelica evocata dalle parole di un giovane strano e meraviglioso di cui per una singolare congiunzione astrale portavo il nome. Il testo di questa canzone ebbe su di me un effetto ipnotico, che cessò quando un poliziotto si affacciò al mio finestrino…
 
TO BE CONTINUED…
 
By Domenico Turco 2014 – Proprietà letteraria riservata©
 




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