Life Stories

di Gio_Snower
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Zero Gravity 



 

Quando l'Universo si creò, noi fummo creati con lui. Chi ci creò o cosa, non lo sappiamo né ci interessa. 
All'inizio eravamo solo entità di luce, correvamo sulla superficie bollente del nuovo pianeta senza accorgerci dello scorrere del tempo né dei cambiamenti che il suo scivolare comportava. Non avevamo una forma ben definita, non sapevamo cos'era la gravità, il peso, il pensiero. Sapevamo, comunicavamo, non parlavamo. Non esistevano le parole o un linguaggio fatto di suoni, come quello che avremmo usato molto più tardi.
Eravamo una decina, all'incirca. Ma io, fra i tanti, ne preferivo uno.
Passavo il mio tempo con lui, correvamo, giocavamo, scivolavamo su quello che presto sarebbe stato lo strato del pianeta chiamato Terra. L'unica differenza fra noi era il colore della nostra luce: il mio era un color ambra, il suo era un azzurro chiaro che sfumava alla fine in un blu scuro, forse un poco nero. 
Vedemmo lo sviluppo del pianeta e gli strati di terra uniti – che in seguito furono chiamati “continenti” - che spuntavano fra l'acqua; molto tempo dopo, il tempo in cui continenti erano uniti, fu denominato Pangea. 
Adoravamo volare sopra il mare per poi tuffarci nel suo intenso blu, creando onde scintillanti, e vedere che, piano piano, nuove forme di vita si creavano. 
Molto, molto, molto tempo dopo vedemmo i primi uomini, ma prima di poter essere chiamati così, s'erano succeduti molti stadi evolutivi in cui la loro struttura fisica e le loro caratteristiche erano cambiate. A lui piacevano molto quei nuovi esseri; si divertiva a guardarli per ore, osservandoli con una malinconica dolcezza e curiosità. 
Non capivo cosa ci trovasse in loro.
Erano rozzi, stupidi, deboli. Morivano.
Ovviamente noi eravamo una specie superiore; non morivamo, non dovevamo ingerire cose estranee ai nostri organismi per sopravvivere, non ci uccidevamo fra noi e per comunicare non dovevamo usare quello strano linguaggio formato da suoni gutturali.
Quando glielo dicevo, sembrava triste. La sua luce, solitamente brillante, si affievoliva un poco e per qualche ora, a volte un giorno, non lo vedevo, poiché se ne andava da qualche parte. 
Così rimanevo solo, continuavo a scorrere, a scivolare sulla superficie, a volte mi tuffavo nell'oceano, ma nulla era uguale a quando lui non c'era; quando ero solo, non mi sentivo bene così come mi sentivo con lui. 

 

 

 

 





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