Sesta nella
Prima Sfida di Anonima Autori, multifandom, tema "Donne di
carattere", mio prompt specifico "Essere in panciolle".
Cerco di
contenere la logorrea, ma una premessa devo farla: questa one-shot
finisce ma non è completa. Un giorno, spero non lontano,
apparirà un secondo capitolo che conterrà la
parte che
per il concorso ho dovuto tagliare (con un limite di 'sole' 6000
parole si fa quel che si può! XD) e chiuderà
riproponendo l'attuale finale. Also, più Rikku e
più
Kimahri. Ho preferito troncare di netto tutta una sezione pittoresca
ma accessoria a un lavoro di lima su ogni singolo paragrafo... *si
tronca le ditina per evitare un'intro più lunga della
fanfiction*
Dulcis in
fundo, solite note ri-traduttive bla bla, evocatore, luci fatue
eccetera. I dialoghi ripresi dal gioco sono ugualmente ritradotti,
non per spocchia, semplicemente non saprei dove pescare uno script
italiano!
(E
trattatemi bene i what-if centrali, sono i miei bambini *_* Ci ho
messo tanto ammmmoreh, specie quello spezzato <3)
Yuna era
pronta a dare la vita per sconfiggere Sin, come suo padre prima di
lei e infiniti altri evocatori, famosi o oscuri, avevano offerto la
loro in mille anni di ciclica tragedia.
Alcuni
l'avevano osteggiata nella scelta; altri, seppur grati, non capivano
cosa la spingesse verso un viaggio che comprendeva solo rinuncia o
morte. Per Yuna (come per suo padre prima di lei e infiniti altri
evocatori, famosi o oscuri), il conto era molto semplice: una vita in
cambio di mesi di tregua dal mostro. Mesi di vita invece che di
sopravvivenza, come le raccontava Braska con voce piena di speranza.
Uno scambio più che equo.
Capiva e
rispettava chi non aveva la forza di partire, ma seguire le orme
paterne era stata una scelta autonoma, per quanto scontata, di cui
non si era mai pentita. Dare tutta se stessa per il suo mondo era
difficile, crudele, splendido.
Certo era
stata felice quando i suoi compagni, più saggi o
intraprendenti di lei, avevano trovato un'altra strada per
sconfiggere Sin, una che non prevedesse il suo sacrificio. Il suo
cuore era poi scoppiato di gioia quando aveva capito che, se avessero
avuto successo, la loro vittoria non sarebbe stata una semplice
tregua ma il trionfo definitivo, spezzando infine la spirale di morte
che regnava da un'era.
Sin stava
cadendo per sempre e nessun sacrificio era troppo grande. Alla fine
dell'interminabile battaglia, però, Yuna comprese che morire
assieme a lui sarebbe stato l'epilogo più semplice.
Il
sole non tramonta
(valiantly
ever after)
Un
assunto matematico: X-2=0
I primi a
cadere: Valefor, Ixion, Ifrit, Shiva. Parti innominate di lei li
seguirono, corrotte dall'avversario e poi perse per sempre.
Abbandonando
Bahamut, sentì che ogni oncia di saggezza la lasciava.
Yojimbo
le tolse il coraggio. Anima la svuotò anche del dolore e da
principio le fu grata.
Da ultimo,
con le sorelle Magus, le sembrò che tutta la magia fosse
scomparsa dal mondo.
Lasciandosi
morire, Auron le tolse l'ultimo legame con suo padre e il passato.
Tidus, il
futuro.
Yuna lo
ringraziò sottovoce e non distolse lo sguardo fino a che il
suo unico amore non fu scomparso nell'aria della sera.
Restò
in piedi, incerta sul da farsi, su cosa il mondo si aspettasse da
lei. Sentì la brezza soffiare sulle spalle nude e grazie a
quella sentì veramente, per la prima volta in quel giorno,
di
essere ancora in piedi, unica fra i suoi pari.
Così,
visto che le gambe la reggevano, fece quello che riteneva giusto:
danzò. Si affidò al suo corpo sapendo che la
mente
rischiava di non reggerla.
Danzò
a lungo nella notte, sul ponte dell'aeronave, per tutti i morti della
sua terra presenti e passati, per tutti i sognatori e i sogni che
avevano portato con sé. Si sentiva leggera al limite della
non-esistenza e continuò a danzare al ritmo della canzone
che
tutta Spira stava nuovamente intonando, grata, e che tornava
inconsapevolmente ad essere un inno di sfida a Bevelle e a tutte le
bugie con cui la capitale aveva regnato per mille anni. Le menzogne
sarebbero crollate e lei danzava anche per loro, accompagnandole con
fermezza verso l'aldilà. Confortata dai consueti movimenti
sacri, dal peso familiare dell'asta con cui fendeva l'aria fresca,
riuscì a sopportare il vuoto.
Le sue
ultime memorie della giornata si persero in una coltre di stelle.
***
Sentì
intorno a sé lenzuola morbide e il ronzio dei motori. Con
una
calma che da mesi non era abituata a concedersi, non forzò
il
risveglio e lasciò che i ricordi del giorno precedente si
avvicendassero nella sua mente col pacato ritmo tipico del
dormiveglia.
Il primo fu
la sconfitta di Sin e, strettamente connessa, la commovente
consapevolezza che suo padre le stesse sorridendo
dall'aldilà.
Spira era libera e Yuna si sentì pienamente in diritto di
dormire ancora un poco.
Si girò
sotto le coperte, scostando con una smorfia un ciuffo di capelli, e
lasciò che il tepore e il ronzio costante la riportassero al
sonno. Qualcosa, nella fatica di quei semplici gesti, parlava di
febbre, ma se Yuna se ne accorse non se ne dispiacque, quasi fosse un
motivo in più per abbandonarsi al dolce far nulla cullata
dalla certezza di aver compiuto il suo dovere.
La verità
era anche che non era pronta ad affrontare i dolori che il giorno
passato (i giorni...? Quanto aveva dormito? Un occhio a mezz'asta le
rivelò una luce prossima al tramonto) aveva portato con
sé,
sopra ogni altro la morte di Tidus. Si ostinò da allora a
chiamarla sempre "morte", come si dice di una persona o di
un sogno particolarmente importante: 'scomparsa' era la prospettiva
di una vita insieme, 'svanita' la promessa di visitare la sua
Zanarkand e sdraiarsi sulla spiaggia a guardare l'orizzonte che
s'infiamma, ma lui era 'morto' e nessuno al mondo l'avrebbe reso meno
vero di così. Di quel pensiero Yuna aveva fatto una forza,
ma
le mancava quella di accettare davvero l'accaduto senza rinunciare
alla memoria dei pochi mesi passati insieme, così per il
momento si limitò a rinchiudere tutta quella parte della sua
vita in una scatoletta e lasciarla lì, sapendo che presto
l'avrebbe dovuta riaprire. Ma Sin era morto, Spira era libera e tutto
il resto sarebbe venuto dopo.
Sir Auron... poteva accettarlo. Con difficoltà e sentendosi
come una bambina piccola che per la prima volta cammina lasciando la
mani dei genitori, ma poteva accettarlo: la vera vita del guardiano
era finita più di dieci anni prima e, in fondo, Yuna aveva
guardato a lui più per il suo ruolo che per un legame reale
cui l'altro era sempre stato restio ad aprirsi. Se era stata una sua
libera scelta lasciarsi morire, Yuna non poteva che ammirare
l'onestà
della decisione, dispiacersi della saggezza che loro tutti avevano
perduto e accettare che per lui era meglio così.
Gli Eoni si
trovavano in uno stato intermedio, un dolore pungente che sapeva di
non poter rinchiudere in un'altra scatoletta o di lei sarebbe rimasto
molto, molto poco.
Si girò
su un fianco, gustando il familiare fruscio delle coperte.
L'attenzione alle piccole cose era una dote che aveva coltivato
quando sapeva che ogni giorno che passava sarebbe stato quasi il suo
ultimo e continuare ad esercitarla ora che si vedeva davanti una vita
inaspettatamente lunga le dava una gioia pigra e compiaciuta.
"La
mia bambina!", sentì esclamare suo zio da oltre la
parete, con un'enfasi tale che per poco non la svegliò del
tutto. Si aggrappò al suo prezioso sonno con le unghie e con
i
denti. "La mia bambina ce l'ha fatta!"
Il seguente
grugnito d'approvazione di Wakka e un clangore lontano di cinghie la
rassicurarono sull'amore che ancora la circondava, al di là
di
ogni perdita. Si cullò in quell'affetto, che
sentì
improvvisamente vicino e tangibile, e per un po' dormì un
sonno profondo e senza sogni.
Mani caute si avvicendarono nel carezzarle la guancia o nel
lanciare magie che le garantissero un riposo sereno, sussurrandole le
storie che già circolavano, gloriosamente, pericolosamente,
sulla bocca di tutti gli abitanti di Spira, dalla capitale
all'estremo Sud.
Si svegliò
di colpo, sudata, con un pensiero scolpito in mente: un evocatore
senza Eoni è come un sarto senza stoffa, un guerriero
senz'arma, un - Un evocatore senza Eoni non è più
un
evocatore ed è inutile.
Fuori era
notte, l'aeronave ancora in volo, diretta chissà dove. Un
vassoio con della carne fredda e un tozzo di pane la attendeva di
fianco al letto: si sedette, appoggiandosi allo schienale, e
iniziò
con l'addentare il pane.
Sin è
morto e Spira è libera e nessuno sa cosa farsene di un
evocatore vivo, concluse inquieta, primo fra tutti
l'evocatore
stesso.
Era il male più sottile, quello, lasciatole in
eredità
dagli Eoni con cui si era unita nei mesi passati. Perdere il loro
affetto era stato il dolore più evidente, poiché
durante l'ultima battaglia era stata veramente sola per la prima
volta dalla sua iniziazione e l'umanissima saggezza di quegli spiriti
millenari le sarebbe mancata fino al giorno della sua morte, molti
anni dopo. Yu Yevon glieli aveva strappati a forza , lacerandole la
mente per toglierglieli, possedendoli con la sua Arte sublime ma
depravata e mandandoglieli contro, uno dopo l'altro, prime vittime
dello scontro, mentre lei faticava a ritrovarsi unita quando pezzi e
pezzi del suo essere venivano offerti all'evocazione, fusi nella
creazione fisica di ogni Eone e poi gettati nel vuoto senza alcun
riguardo.
Faticava ancora.
Le sarebbe piaciuto avere un ultimo ricordo migliore dell'Arte. Ma
non c'erano più Fedi su Spira, nessun'anima rimasta cui
legarsi ed era un bene per loro, ma un dolore per lei, come spesso
era accaduto in quei giorni. Yuna capiva e, lentamente, accettava.
Di tutto questo, però, averla lasciata senza una meta era
certo il torto maggiore che chiunque potesse fare a una persona che,
da quando era bambina, ricordava di aver puntato il dito al bordo
estremo di ogni carta geografica e di aver ripetuto con fermezza:
"Qui."
Guardando
all'immediato futuro, riusciva a pensare ad un'unica prospettiva, non
spiacevole. Infiniti giorni di ozio, a casa sua, nell'amata Besaid.
Suonava invitante, carico di placide promesse di mattinate passate in
spiaggia, o al telaio, o sul promontorio a guardare le navi passare.
C'era un vuoto insidioso ai margini di quel pensiero e l'idea di
restare con le mani in mano per il resto della sua vita era talmente
aliena da spaventarla, ma le memorie di casa furono sufficienti a
tranquillizzarla, facendola scivolare nuovamente verso l'incoscienza.
Yuna era
lacerata e si affidò al sonno affinché la
guarisse.
***
Si svegliò
nel blu. Un'enorme luna la ammaliava, lontana, protetta da un velo
increspato d'onde. Sotto di lei, l'acqua densa e scura di un piccolo
lago.
Luci fatue
ovunque. Ricordi. Conosceva quel posto e non si stupì che il
sonno l'avesse condotta proprio lì, un punto importante
nella
vasta geografia della sua vita. Si rammaricò unicamente di
essere sola: nelle sue memorie non era così e aveva sperato
che, almeno in sogno, il passato potesse tornare a sostenerla, ma a
consolarla c'erano solo l'acqua, gli alberi, la luna lontana.
Un albero
catturò la sua attenzione, solitario al centro della fonte.
Massiccio e rigoglioso, i suoi rami offrivano frutti splendenti color
arancio, trasparenti e delicati come se fossero intagliati nel
cristallo. La chiamavano e lei si scoprì affamata,
così,
con un certo sforzo, smise di galleggiare sulla schiena e
ordinò
all'acqua di farle da appoggio per permetterle di raggiungere quelle
deliziose promesse. Passo dopo passo vide l'albero crescere, mentre
ogni ramo si assottigliava in infinite biforcazioni. Le sue radici
erano arrivate a poter cingere il mondo intero, così forti
che
nemmeno Sin le avrebbe potute spezzare - ma, già, Sin era
morto e Spira era libera e avrebbero dovuto cambiare anche i termini
di paragone.
Ammaliata dalla visione, Yuna perse il dominio sulle luci fatue
che le davano presa sull'acqua, lasciandole disciogliere nel loro
elemento, e le seguì in mezzo agli spruzzi. Nuotando in
silenzio, per non offendere ulteriormente la fonte con maldestre
dimostrazioni di perizia magica, ne raggiunse il centro dove
l'albero, non più immenso, sembrava darle il benvenuto. Yuna
ricambiò l'ospitalità con un rispettoso inchino,
unendo
le braccia nel cerchio rituale e sperando che il suo ospite ne
apprezzasse l'intento anche se l'origine del gesto si era rivelata
impura.
Accarezzò
una radice. Con un gesto ben più agile di quello di cui
sarebbe stata normalmente capace, si sedette a cavalcioni di uno dei
rami bassi e allungò una mano verso il frutto più
vicino, che si rivelò liscio, luminoso e freddo. Luci fatue
guizzavano al suo interno.
Yuna lo
addentò e il suo sapore era, inaspettatamente, quello di
casa,
della bella Besaid baciata dal sole. Chiuse gli occhi e
appoggiò
la schiena al tronco, assaporando ogni morso.
Al secondo,
davanti alle sue palpebre si formò l'immagine di una ragazza
dell'isola, vestita dei variopinti abiti del clero. Si riconobbe a
stento.
Al terzo,
le onde consegnarono alla spiaggia uno strano ragazzo biondo che
diceva di provenire dal passato. Voleva tornare a casa, ma
trovò
l'amore nella riverita sacerdotessa di Yevon e si stabilì al
villaggio prendendola in sposa. Fu una vita felice e benedetta: la
sacerdotessa che era e non era Yuna ringraziò sempre Yevon
per
averle permesso di vedere due Calme in una sola vita, la prima
portata da suo padre, la seconda dal giovane Lord Pacce, qualche anno
dopo.
Il loro
amore si conservò puro fino alla morte. Fuori dal loro
angolo
di perfezione, il ciclo continuava.
Il frutto
era finito, Yuna piangeva. Sarebbe stata una vita felice.
Allungando
il braccio poté coglierne un altro, che cresceva poco
più
in su. Osservò meglio lo sfavillio al suo interno e le
sembrò
di distinguervi l'albero e la fonte, la luna e due minuscole figure
che nuotavano abbracciate.
Luci
fatue, comprese. Ricordi, sono ricordi raccolti e
registrati.
Non
miei, aggiunse con amarezza. Quasi.
Tenne il
frutto alto davanti a sé, sul palmo aperto della mano.
"Yuna,
non farlo", ricordò con un dolore acutissimo.
"Dimenticati di Sin, di essere un'evocatrice. Dimenticati di
tutto e vivi una vita normale. Cosa ne dici, Yuna?", le aveva
chiesto il suo strano ragazzo biondo che veniva dal passato.
"Zanarkand!
Andiamo a Zanarkand. Non quella su Spira, quella da cui vengo io.
Possiamo...", continuò nell'altra memoria, dopo il primo
morso.
"Sì",
rispose quella Yuna fra le lacrime. "Verrò. Non posso
morire con te al mio fianco. Gli altri capiranno."
Al secondo
morso capirono. Auron versò una lacrima dietro agli occhiali
scuri, chiedendo perdono ad amici scomparsi. Lulu annuì.
Rikku
festeggiò, ma per poco, perché sua cugina sarebbe
partita nuovamente verso Zanarkand e lei non l'avrebbe potuta
seguire. Si consolò al pensiero che era una Zanarkand di
vita,
una in cui la sua Yunie sarebbe stata felice. Fece giurare a Tidus
che l'avrebbe resa felice. Yuna rise. Iniziarono il viaggio.
Il nono
morso li portò alla verità, quando ogni altra
strada
aveva fallito, e sulla vetta del sacro monte Gagazet pensarono a
lungo a come, da svegli, raggiungere un sogno.
"Non
un sogno", si corresse Tidus facendo del suo meglio per
convincersene lui stesso, "un'evocazione."
"Che
anche ora sta venendo evocata", proseguì Yuna pensierosa,
"quindi, come un Eone, da qualche parte, in qualche modo,
esiste."
Al decimo
morso giunsero strane voci alle loro orecchie: l'uscita di Magister
Kelk Ronso dai ranghi di Yevon, proprio a ridosso dello scandalo del
matrimonio, aveva gettato ombre sui Templi e innescato una catena di
scontento dagli esiti ignoti. La loro felicità,
però,
era totale e passo dopo passo continuarono il loro viaggio verso la
città che non dorme mai.
Ormai
giunta al torsolo, Yuna si vide veleggiare assieme al suo compagno
nelle più remote acque settentrionali.
"Eccola!",
gridò lui con quanto fiato aveva in gola. La strinse a
sé
e le diede un bacio appassionato e pieno di gioia. "Ammira
Zanarkand, Zanarkand la grande! La nostra casa."
E Yuna la
vide, come immersa in una fitta foschia. Maestosa. Impalpabilmente
bella.
Si obbligò
ad aprire gli occhi e a riporre il frutto, o quel poco che ne era
rimasto: prezioso, poteva cercarne altri e tornare in seguito a
quell'incanto.
Si leccò
le labbra e vi trovò rimasugli di felicità, ma
qualcosa
l'aveva scossa nella precedente visione e non era, come dapprima
aveva pensato, una scatola colma di ricordi che faticava sempre
più
a rimanere chiusa. Un sapore acido le fece interrompere ogni
ragionamento per cercare nuova dolcezza con cui coprirlo. Nascose il
prezioso torsolo in una manica e salì ancora.
Quando
giunse al frutto successivo, parecchi rami più in alto, la
fame era intollerabile: lo addentò velocemente con una vaga
sensazione di fastidio e subito si trovò a discendere la
montagna sacra accompagnata dai suoi guardiani.
Dai suoi
cinque guardiani. Tidus mancava. La scelta facile.
"Non
ho alternative", si sentì ricordare. "Se anche
l'Evocazione Finale è una tradizione menzognera, se anche
gli
insegnamenti di Yevon si fondano su quella menzogna... io vivo per le
genti di Spira e, con me, i guardiani che mi accompagnano. Se anche
sono due le vite da sacrificare, la Calma che ne risulta è
vera. Sono giunta fino a Zanarkand per portarla e non
tornerò
indietro."
"Hai
scelto la speranza, giovane evocatrice", le aveva fatto eco,
compiaciuta, Lady Yunalesca. "Dunque? Chi muterai?"
"Ci ho
pensato tanto", si era intromesso Tidus. "Il mio sogno è
là, nell'altra Zanarkand. Volevo diventare un campione -
guardare il mondo dall'alto, sai. Ma ora so che non esiste una strada
che mi può riportare a casa. Non la rivedrò mai
più,
il mio sogno non si avvererà." Inspirò a fondo.
"Fai di me la tua Fede. Combatterò Sin con te, Yuna."
Nell'aria,
pesante, una possibilità inespressa.
Al quinto
morso, sentirsi morire insieme la scosse di un violento brivido:
anche nel sogno di un sogno, la potenza dell'Evocazione Finale la
riempì tutta per poi lasciarla svuotata di ogni senso e
forza.
Lasciò
cadere quel che rimaneva del frutto, che raccontò alla luna
riflessa la fine della sua storia: giunse la Calma e quando, qualche
tempo dopo, Sin rinacque, la spirale di morte riprese. Senza Templi a
diffondere speranza, per quanto falsa: perso Kelk, morti i suoi altri
due Magistri, il capo spirituale di tutta Spira aveva ceduto a una
disperazione cui era sempre stato incline e si era lasciato scivolare
nella morte che lo tentava già da trent'anni. E, con lui, la
Chiesa di Yevon come era esistita per un millennio.
In preda
all'ansia, sbucciandosi un ginocchio per la fretta, Yuna si
issò
malamente sul punto d'appoggio più vicino e, in precario
equilibrio, colse l'ultimo frutto di quei rami, il più
acerbo.
Eppure il gusto era dolce, e piacevole la visione: infiniti giorni di
ozio, a casa sua, nell'amata Besaid con le sue placide promesse di
mattinate in spiaggia, o al telaio, o sul promontorio a guardare le
navi passare. Senza nessuno al suo fianco, ma viva e in un mondo
benedetto da una Calma eterna.
Yuna si
rilassò, appagata da un futuro che anche da sveglia poteva
sentire a portata di mano, fresco e zuccherino.
Fu colta di
sorpresa da un retrogusto così aspro da serrarle la gola:
voci
spaventose arrivavano alle sue orecchie, attraversando il mare fino a
raggiungere il suo idillio isolano. Sin era morto e Yevon con lui e i
popoli di Spira non sapevano come imbrigliare le infinite
possibilità
improvvisamente guadagnate, avendo perso ogni memoria di una vita che
non fosse guidata dalla minaccia del mostro né dai
paralizzanti dogmi della Chiesa che proprio di Sin si era rivelata
strumento. Si erano ritrovati infine liberi ed euforici sotto il
cielo aperto, senza osare confidarsi l'un l'altro la segreta speranza
che dallo stesso cielo discendesse una nuova guida, che immaginavano
più benevola, ma che avrebbe dovuto allo stesso modo
indirizzarli tutti verso un destino certo. Speranza vana. Erano
invece sorte fazioni che si arrogavano ciascuna quel potere,
chiedendo appoggio chi alla pura forza del cambiamento, chi a
ciò
che di buono era esistito in Yevon al di là delle menzogne,
chi invece alla tecnologia che, da eresia qual era stata, stava
rientrando di prepotenza nella vita quotidiana di ogni cittadino.
Mentre il lontano passato e il futuro prossimo spalancavano le loro
porte, entrambe spaventosamente accomunate da spiragli di guerra, la
dolce Besaid rimaneva immobile come un gioiello incastonato nei mari
del Sud.
***
Si svegliò
madida di sudore e con la bocca ancora impastata, divincolandosi
dalle lenzuola per mettere quanto più spazio possibile fra
sé
e quel sogno, come se il letto ne avesse una qualche colpa.
Respirò
a fondo quando fu finalmente in piedi, coperta solo da una leggera
camicia da notte. Si avvicinò a uno dei grandi
oblò che
davano luce alla stanza e poggiò una mano sul vetro, come
cercando di fare suo e comprendere tutto il mondo che scorreva al di
sotto, che iniziava a dispiegarsi in tutta la sua splendida e
terrificante complessità. Yuna rabbrividì. Vide
una
trapunta piegata su una sedia e se la gettò sulle spalle,
tornando poi a osservare il cielo, pensierosa.
Se Yevon
crolla, così farà Spira, aveva detto
una volta
Auron e in allora l'evocatrice non aveva prestato troppa attenzione
alle sue parole, occupata com'era a scrutare il cielo in cerca di
segni dell'altro retaggio millenario della loro
società.
Scusò la se stessa di quei giorni, comprensibilmente poco
interessata a quel che sarebbe stato dopo la sconfitta di Sin, tutto
considerato che non ne avrebbe fatto parte - fu invece meno tenera
con quella delle ore precedenti. Strinse i pugni, spingendo le
nocche bianche sul vetro.
Eppure...
Nel suo
precipitoso ritorno alla realtà aveva scordato un dettaglio,
proprio quello che aveva tenuto da parte con tanta cura e, se voleva
chiarezza, crearla dentro di sé era necessariamente il primo
passo. Doveva accertarsene.
Si sedette
a gambe incrociate per terra, appoggiando la schiena alla paratia, e
cercò nuovamente quel sogno. Il bosco le si negò,
restando un'immagine sfumata sullo sfondo, ma pur rimanendo ancorata
alla cabina immaginò di frugare nell'ampia tasca della sua
manica destra e vi trovò un torsolo brillante, che sembrava
intagliato nel cristallo. Yuna deglutì e diede un piccolo
morso.
Zanarkand
non era più reale di una memoria evocata da luci fatue.
Tidus,
il cui cuore si sentiva quasi battere sopra lo sciabordio delle onde,
aveva accostato la barca - la Mark III, come l'avevano chiamata in
memoria della prima volta in cui si erano parlati in confidenza - a
una spiaggetta sabbiosa illuminata a festa da decine di lampade,
ultime propaggini di una città che anche per quella notte
aveva deciso di non dormire, ed era sbarcato, con l'acqua che gli
arrivava alle ginocchia, tendendo una mano affinché la sua
bella lo seguisse.
Ma per lei
era solo mare aperto.
La città
torreggiava davanti a loro, più splendida che nei suoi
sogni,
luminosa e invitante e irraggiungibile. Yuna si voltò,
cercando di nascondergli l'attimo più nero del suo
sconforto,
coprendo il viso con le mani, e quando infine si sentì
pronta
ad affrontarlo alzò lo sguardo. In quel momento lo vide.
Sin.
Vigile,
come un vecchio cane da guardia, emergeva silenzioso dal mare alle
loro spalle. Yuna si sporse e prese per mano Tidus, semplicemente.
Lui risalì in barca, con una calma che non sentiva sua, e
restarono abbracciati fino alla fine.
Si
risvegliò con l'immagine persistente di una gigantesca onda
e
un ricordo di salmastro.
Non era la
soluzione, neanche quella.
Superato
uno strascico di tristezza cui non negò qualche lacrima, ne
fu
doppiamente sollevata. Primo, perché il suo cuore era
finalmente sgombro e si sentiva libera di agire con l'onestà
che era sempre stata sua. Secondo, osservando razionalmente quelle
prime reazioni istintive, per essersi sentita sollevata invece che
amareggiata nell'accantonare i frutti e le loro possibilità:
Sin era morto e tante cose erano e sarebbero cambiate, ma Yuna era
Yuna e Yu Yevon le aveva tolto molto, ma non il cuore. Che iniziava a
vedere una strada.
Sentì
bussare piano alla porta. Stringendosi nella coperta, invitò
ad entrare.
Distinse
appena un turbine biondo e arancione prima che sua cugina le
piantasse fermamente le braccia al collo, con tutta l'irruenza dei
suoi quindici anni.
"Yunie!",
esclamò. "Stai bene, Yunie, sei sveglia..."
Nulla di
meglio per sentirsi di nuovo, inconfondibilmente fra i vivi.
Ricambiò
l'abbraccio, appoggiando la testa sulla spalla di Rikku, e
scoppiò
a piangere.
Sentì
la stretta della cugina aumentare, per comunicarle tutto l'affetto e
la comprensione del mondo anche a costo di incrinarle una costola,
poi allentarsi per permetterle di guardarla in faccia. Di fronte a
un'espressione così teneramente inquisitrice, Yuna
tentò
di ricomporsi. Tirò su col naso e accennò un
sorriso,
per quanto forzato.
"Manca
a tutti", sussurrò Rikku quando la vide calma. "Ma
noi siamo ancora qui, ti siamo vicini."
Scosse la
testa vigorosamente, in diniego. Non era quello, non ancora! Ma
sentiva un groppo in gola e sapeva che se avesse parlato avrebbe
pianto di nuovo.
La risposta
silenziosa colse di sorpresa la giovane Al-Bhed, che contrasse il
viso nella più buffa delle smorfie cercando di capire cosa
intendesse. Quando Yuna la vide osservarla così perplessa
non
poté che scoppiare a ridere, questa volta senza forzature.
"Oh,
Rikku, non so cosa farei senza di te", le confidò fra le
risa.
"Sono
pur sempre una tua guardiana, Lady Yunie", rispose lei con finto
sussiego. Ridacchiarono entrambe, appoggiandosi l'una sulla spalla
dell'altra.
"Grazie",
riprese Yuna con maggior serietà. "Davvero, ne avevo un
gran bisogno, prima di parlarti di quello che... di parlarvi.
Anche gli altri devono sapere", si corresse portandosi una mano
alla fronte. "Potresti chiamarli?"
"Certamente",
rispose Rikku con un velo d'apprensione.
"Vi
raggiungerò davanti al portello esterno."
"Va
bene. Yunie? Non è qualcosa di grave, vero?"
"Grave?
No, non grave... importante."
Forse sua
cugina l'avrebbe definito tale, ma non voleva preoccuparla prima del
tempo. Quando fu uscita, il sorriso che ancora la illuminava si
spense: seguire quello che credeva giusto non la turbava, la sua
precedente vita era stata preparazione più che sufficiente.
Essere certa che il naturale slancio cui i sogni l'avevano portata
fosse la via giusta, però, era tutt'altra cosa, e rischiare
tutto per un errore non le apparteneva e la spaventava.
***
Riabbracciarli
tutti fu commovente.
Per un po'
poté dimenticarsi di tutto, ma Lulu non ci mise molto ad
intuire che qualcosa non andava. Yuna negò, ma cadde il
silenzio e prima di rendersene conto aveva appoggiato una mano sul
vetro ed era tornata all'espressione decisa che tutti, lì
dentro, conoscevano fin troppo bene.
"Non è
finita", disse.
"Ma
l'abbiamo visto cadere", ribatté debolmente Rikku,
più
svelta degli altri ad elaborare la strana rivelazione. "Stanno
ancora festeggiando ovunque."
"Non
potranno festeggiare per altri mille anni. Dove sta andando la
nave?", chiese d'improvviso.
"Besaid",
rispose Cid con un rozzo sorriso. "Ti riportiamo a casa."
Di nuovo
negò con vigore, con gli occhi chiusi e un sorriso lieve,
come
era solita fare quando il resto del mondo non la capiva. "Portatemi
a Zanarkand."
"Yunie,
che intendi fare?"
"Quel
che devo."
"Tu non devi più nulla, Yunie... per
zio, il tuo nome era un omaggio al suo credo, ma zia ti
chiamò
così pensando alla sera che le piaceva tanto, quella di
Sanubia e delle sue stelle..."
Cid guardò
con rispetto sua figlia. Non riusciva a capire cosa stesse spingendo
Yuna, ma anche se l'avesse intuito sapeva anche, e se ne doleva, di
esserle troppo lontano per poterla raggiungere a parole.
"Concediti
la sera, Yunie, il tuo giorno è stato lungo e doloroso",
concluse Rikku abbassando la testa.
"Non
posso... il mio sole non può tramontare, non vedi? Non
è
ancora finita."
"Yuna
forte", disse Kimahri annuendo. "Corno di Yuna alto come
montagna sacra."
"Ora
lo sono, Kimahri", rispose lei aprendosi in un sorriso. "Il
sonno mi ha fatto da guida."
"Non
erano brutti sogni...?", chiese Rikku, che così si era
spiegata le lacrime di prima - con buona intuizione.
"Anche
quelli possono guidare", intervenne Lulu. "Nell'indecisione,
scoprire cosa è male non è meno utile del
contrario.
Dico bene, Yuna?"
Annuì,
lieta di avere sempre al suo fianco qualcuno capace di capirla e
spiegarla.
"Ma
devi essere tu a dirci dove questi sogni hanno portato, piccola mia."
"Solo
a capire che non è ancora finita. Posso ancora sbagliare.
Aiutatemi."
Fu colta di
sorpresa da un abbraccio di Lulu, cui si abbandonò con
gioia.
Wakka si avvicinò ma, insolitamente quieto, si
limitò a
strizzarle un occhio per farle sapere che anche lui la sosteneva,
sempre.
"Dice
bene Kimahri", le disse la maga. "E io mi ripeto. Altri si
spezzano di fronte alle avversità, tu invece le sfrutti,
facendone la tua forza."
"Yevon
sta crollando, non posso permettermi di seguirlo", le spiegò
Yuna senza sciogliere l'abbraccio, traendone coraggio. "Ora la
gente festeggia. Ma quando finirà di festeggiare? Mika
mentiva, Seymour peggio e Yunalesca guidava nell'ombra. Ma io sono
cresciuta coi Precetti e così tu Lulu, tu Wakka e..."
Si scontrò
con lo sguardo interessato di Rikku e Cid.
"...e
buona parte di Spira, ad ogni modo", riprese, rossa per la
figuraccia. "In una cosa Yunalesca ha detto il vero: la speranza
che Yevon dispensava alla gente ha tenuto insieme Spira per mille
anni, ha dato agli evocatori il coraggio di partire... e persone come
Shelinda o Padre Zuke certo non condividono le colpe dei Magistri, si
sono uniti al clero seguendo il loro buon cuore, come io ho scelto la
mia strada e voi la vostra. Potete farne loro una colpa?"
"Yuna
è Yuna. Kimahri è Kimahri."
"Grazie,
Kimahri. Allo stesso tempo, però, tanto male è
stato
fatto... temo lo scontento. Rappresaglie, spaccature. Sin, nella sua
tragedia, ci ha sempre protetti da tutto questo. Dico il falso?",
chiese, affidandosi alla loro saggezza. Sperava di avere torto, ma li
vide annuire. "Yevon ci ha protetti da tutto questo, ma ora ci
attende il cambiamento, è inevitabile. Spira ha bisogno di
una
guida, anche solo per imparare a non avere guide. Ci vuole qualcuno
che la gente segua, che porti a compimento quel che di buono Mika
aveva iniziato, rimediando concretamente a tutto il male. Che mostri
le falsità dei precetti, conoscendoli a fondo e avendo visto
coi propri occhi la verità, e che lo faccia poco per volta o
precipiteremo nel caos. Qualcuno che scavi nei vecchi archivi della
capitale e che, con onestà, porti alla luce il nostro
passato.
Qualcuno che... oh, c'è così tanto da fare! Serve
qualcuno che vi dedichi una vita intera."
"Dove
vuoi arrivare?", le chiese Rikku preoccupata.
"Non
vedi? Devo essere io quella persona. È... giusto che sia
così."
Ora che
l'aveva detto, si sentì vuota e spossata. Sperava di averli
preparati a sufficienza con le sue precedenti parole, ma si aspettava
lo stesso di dover fare fronte a una valanga di opposizioni. Con sua
sorpresa, fu solo sua cugina a risponderle.
"No!"
"Sì,
Rikku. Non dovrei neanche essere viva, non posso restarmene in
panciolle mentre il mio mondo va alla rovina. È sempre la
mia
vita per quella di Spira... la cedo volentieri oggi come quando sono
partita."
"Non
sarà facile."
"No,
lo so. Ma lo scopo di un evocatore è servire, con tutte le
sue
forze. E cosa sono io se non un'evocatrice? Questo mi hanno insegnato
i sogni e sono fiera della mia scelta. Vi chiedo solo di starmi
vicino, perché non so che un decimo di quello che dovrei."
"E noi
siamo fieri di te", la rassicurò Lulu, evidentemente
sollevata. "Non osavo chiedertelo, perché con quello che
hai passato non devi niente a nessuno. Pensavamo tutti che
desiderassi una vita serena nella nostra vecchia casa e nessuno
avrebbe detto nulla... ma le cose stanno come dici. La gente ti
vuole, ti chiama a gran voce. Sei la salvatrice del mondo e il tuo
ruolo è in mezzo a loro."
"Anch'io
pensavo di volerlo. Ma anche allora sentivo che c'era qualcosa di
sbagliato, come se stessi tralasciando un particolare importante. Mi
sento stupida ad aver pensato così in piccolo."
"È
normale, eri stanca."
Negò
ancora. "No. Sarebbe stato così ingiusto... Non ho
superato Zanarkand per rinunciare qui.", affermò con
fierezza.
"Ma
perché proprio a Zanarkand?", chiese cocciuto Cid, poco
propenso a lasciare che l'unica figlia di sua sorella tornasse a
esporsi al pericolo.
"Non
è... non volermene, zio. Non posso arrivare su una nave
volante, non mi accetteranno mai. Farò quanto in mio potere
per aiutare la tua gente, ma i pregiudizi non si superano da un
giorno all'altro." Fissò Wakka.
"Dateci
almeno qualche mese, ya?", rispose lui imbarazzato, alzando gli
occhi al cielo.
"Pensa
invece a un pellegrinaggio, la base stessa di Yevon... ma al
contrario. L'Alta Evocatrice torna dalla
città sacra
accompagnata dai suoi guardiani: ha sconfitto la morte. Torna in
mezzo alla gente - non al di sopra - e guida Spira verso una nuova
era di prosperità."
"Continua
a non piacermi, ma devo ammettere che suona bene."
"Se
voglio che mi ascoltino, devo parlare la loro lingua."
"Credo
in verità che ti ascolterebbero anche se tu iniziassi a
ruggire in Ronso, Yuna, mia cara", intervenne Lulu divertita.
"Sei l'Alta Evocatrice, ti dobbiamo tutti la vita. Le storie che
già raccontano su di te sono incredibili! Apri bocca e Spira
sarà ai tuoi piedi, non c'è bisogno che tu arrivi
a
Bevelle..."
"...Luca."
Viso compunto, serio e deciso. Non ci aveva pensato prima di aprire
bocca in quell'istante, ma le sembrò la soluzione
più
logica.
"Luca?"
"Bevelle
è la città degli intrighi e dei misteri. Luca
è
della gente. A Bevelle si prega, a Luca si fa il tifo."
"Ben
scelto, Alta Evocatrice", sorrise Wakka.
"Ma
mal sviata", riprese Lulu. "Continui a non convincermi, c'è
qualcos'altro sotto. Siamo degni di venirne messi al corrente?"
"Ah,
Lulu, non potrò mai nasconderti nulla! E quando giri
l'occhio,
c'è Kimahri a studiarmi... Spira potrà dormire
sonni
tranquilli, non mi sarà concessa neanche una bugia piccola
così!", sorrise.
"Voglio
rivedere il mondo prima di chiudermi in una torre a Bevelle, voglio
ascoltarlo e annusarlo e ricordarmelo tutto in ogni minimo
dettaglio." Aprì le braccia e inspirò. "E ho
bisogno di pensarci ancora prima di iniziare. A cosa fare, cosa dire,
a chi. E voglio farlo ragionando al mio ritmo. E poi voglio... voglio
iniziare con l'inaugurazione della stagione del blitz! Ho fatto i
conti, arriverei proprio in tempo. Non sarebbe meraviglioso?"
"Per
Wakka sì, suppongo. E poi? C'è ancora qualcosa?"
"Sì",
rispose Yuna arrossendo un poco. "Non fraintendetemi, credo
davvero in tutto quello che ho detto su quello che è il mio
dovere e sul volerlo compiere, con tutte le mie forze."
"È
che, per tre giorni o quanti erano, e ho dormito tutto il tempo, e
insomma vorrei... vorrei una vacanza."
***
Due mesi,
nulla più: tanto durò il suo viaggio, tanto
l'ultima
Alta Evocatrice volle concedersi prima di accingersi a salvare il
mondo per la seconda volta. Sarebbe stato un sacrificio meno vistoso,
quello, ma uno che sarebbe durato tutta la sua lunga vita e ogni
volta che, guardando fuori dalla sua finestra nella stanza
più
alta del Tempio di Bevelle, avesse visto un mondo che col suo passo,
sotto una guida attenta, stava fiorendo e mettendo radici di
libertà
sempre più profonde, Yuna avrebbe ringraziato. Avrebbe
ringraziato suo padre che le aveva indicato la via; ogni Eone che
l'aveva resa possibile, in particolare l'ultimo, campione di
fallibilità e in virtù di questo vincitore; la
saggezza
e il cuore di chi ancora le rimaneva vicino, sostenendola e
consigliandola. Soprattutto avrebbe ringraziato Tidus che, ne era
certa, più di chiunque altro non l'aveva mai abbandonata,
seguendola con amore dal cielo e dal mare di Spira.
Non scordò
mai la dolcezza dei frutti di scelte non compiute né l'amaro
che avrebbero portato con sé e altresì mai
rimpianse di
aver rinunciato alla prima se farlo significava risparmiare ad altri
il secondo. Era per lei quella, in fondo, l'essenza stessa
dell'evocazione e se tale doveva essere già prima di parlare
con la prima Fede, quando ancora simili prodigi esistevano al mondo,
tale sarebbe rimasta anche dopo aver salutato l'ultima. Dare tutta se
stessa per il suo mondo era difficile, crudele, splendido - era la
sua strada.
Il mattino
della sua elezione a Gran Magister, in un lontano giorno d'estate
nell'assolata Luca, quel sentiero era ancora incerto sotto i suoi
piedi, fresche le decisioni e i dolori. Messa di fronte ad un'impresa
che pure poteva essere sua e sua soltanto, Yuna si sentì del
tutto inadatta. Piccola. Con diciott'anni e un'inezia di esperienza,
poteva a stento guidare se stessa. Si diresse allora verso un molo
deserto, chiuse gli occhi, portò due dita alle labbra e
fischiò, come lui le aveva insegnato, promettendole che quel
richiamo sarebbe stato il loro modo per ritrovarsi sempre.
A orecchie
esterne - quelle della sua sorella maggiore, per esempio, che da
mezz'ora la cercava invano - poteva sembrare il fischio più
triste del mondo, ma l'animo di Yuna era sereno, per quanto
possibile. Aveva già assistito a tante meraviglie in vita
sua,
e al miracolo più importante: non sarebbe stato giusto
sperare
in un secondo. Ma non aveva altro modo di salutarlo, così
fischiava, volendo credere che da qualche parte, in qualche modo, lui
la stesse ascoltando.
Col primo
fischio richiamò il suo ricordo. Col secondo gli chiese se
poteva prestarle un po' della sua energia, perché quella che
aveva non bastava per un compito così grande. Col terzo
già
si sentì rincuorata e lo ringraziò. Col quarto lo
salutò, rammaricandosi di dover chiudere anche l'ultimo
strascico di quel capitolo della sua vita.
A essere
del tutto onesti, una piccola, infantile parte di lei ci aveva
sperato, giusto o ingiusto che fosse. Il suo cuore aveva segnato il
battito veloce dei momenti di sciocca aspettativa. Ma nulla era
accaduto, come ben sapeva che sarebbe stato, perché Sin era
morto e Spira era libera e l'era dei prodigi era passata, nel bene e
nel male. Poteva però serbarne ricordo, e così
fece.
"Yuna",
la chiamò Lulu con affetto, "è ora."
Lei annuì
e la seguì verso lo stadio, lasciando una scatoletta vuota
aperta in riva al mare.
Quando
infine parlò, la sua voce era dolce e chiara, ancora e per
sempre una luce incrollabile di speranza.
Ognuno... ognuno
ha perso qualcosa di prezioso. Ognuno qui ha
perso casa, sogni, amici.
A voi tutti dico...che ora, infine, Sin è morto.
Ora, Spira
torna ad essere nostra.
Lavorando insieme, possiamo ora porre le basi per nuove case -
per
nuovi sogni.
So che sarà un cammino difficile, ma non abbiamo
fretta:
insieme, ricostruiremo Spira.
Questa è la strada che ci attende, imbocchiamola
oggi
stesso.
Solo un'ultima cosa.
Le persone, gli amici che abbiamo perso -
O i sogni che sono svaniti...
Non dimentichiamoli mai.
***
Chi più
in panciolle di un evocatore che si trova d'un tratto vivo, senza
Eoni e senza Sin, in fondo? E, soprattutto, un What-if di un What-if
è un What-if anch'esso? No perché io all'X-2 ci
avrei
da dire un paio di cosine sulla caratterizzazione di Yuna e relative conseguenze politiche che...
ù_ù
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