Pane umano

di Amens Ophelia
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3. Imporsi – di non vivere, di non morire


 
 
La stringeva fra le braccia, lasciando che il suo zigomo si sovrapponesse perfettamente al cuore. Gli era talmente vicina che era certo che, se lei fosse stata viva, se quelle palpebre non fossero improvvisamente state di sordo marmo, sarebbe morto di pura estasi. Ma i suoi occhi non si aprivano, per quanto lui la chiamasse.
 
Non era mai stato tanto adiacente al suo petto, quel capo che ora si reclinava irrimediabilmente all’indietro.
 
«Forse stai solo dormendo, Rin. Stai sognando Ka… lui, non è vero?», le chiese in un rauco mormorio, mentre le mani si stringevano convulsamente attorno all’incavo delle sue ginocchia e al gomito, sollevandola da quella pozza scarlatta. 

 
                                                                                                                                                                           
[109 parole]
 
***
 

 
Osservavi quel buco ancora gemente, nel suo petto, in corrispondenza di un muscolo cardiaco squarciato e inerte, che aveva incessantemente battuto per colui che l’aveva invece messo a tacere; avevi sempre pensato di poter essere tu il ragazzo degno di colmare il suo cuore, ma, anche in quella circostanza, stavi miseramente fallendo.

«Ricordi quando mi stringesti la mano, sotto quel masso? Posso ricambiare solo ora la cortesia, e con l’animo a pezzi».
Le giurasti che saresti rinato, che avresti plasmato un nuovo mondo, per lei.

Sì, l’avresti fatto, ma non quella sera: non eri che un ragazzino in lacrime, Obito. Madara, il dio dell’apocalisse e della genesi, sarebbe sorto l’indomani.


 
[110 parole]
 
 

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Note dell’autrice

Il quadro cui mi sono ispirata è La morte e la fanciulla di Egon Schiele. 
Il titolo fa riferimento alla volontà di Obito di non soccombere – pur sentendosi quasi senza un motivo per cui andare avanti, ora che Rin giace fra le sue braccia – e di non vivere, allo stesso tempo, perché desidera custodire e riservare quella che potrà definire “vita” per il compimento dello Tsukoyomi Infinito.
Desidero precisare che ho scelto di scrivere “apocalisse” e “genesi” con le iniziali minuscole perché non alludo agli eventi biblici, bensì alle catastrofi/distruzioni e rinascite in senso generico. Inoltre, per “Madara” non intendo il vero Madara Uchiha – con cui comunque Obito ha già avuto a che fare, naturalmente –, ma il nome con cui Tobi preferirà presentarsi, una volta entrato nell’Akatsuki, per conferirsi più autorevolezza.
 
 
Un appunto sulla raccolta, a questo punto, dato che siamo giunti all’ultimo giro di drabbles: perché chiamarla “Pane umano”?
Perché la disperazione, il dolore, la rassegnazione e la voglia di riscatto – più o meno attuabile – sono quel cibo di cui ogni essere umano si nutre, volente o nolente, nel corso della sua vita; è l’alimento che ci permette di crescere, di andare avanti, di fare esperienza e diventare più forti.
Perché questi titoli, per le drabbles?
Perché sono una climax – ascendente o discendente, dipende dai punti di vista – della condizione umana: ci si spoglia della corazza, ci si abbandona al dolore e, infine, ci si impone di trovare un modo per andare avanti.
Perché queste coppie?
Perché mi piace sperimentare. Di questi tre pairing, personalmente amo veramente solo l’ultimo, mentre per gli altri due nutro una simpatia ancora “latente” (mi piacciono, ma non mi fanno impazzire; ciò non toglie che io legga volentieri fiction su queste – e altri milioni – di ship!). Probabilmente “Naruto” terminerà nel NaruHina e SasuSaku, quindi sto cercando di farmene una ragione XD Scherzi a parte, ribadisco che era un esperimento – se sarà riuscito, spero me lo direte voi – e ammetto che non sarei stata capace di immaginare queste drabbles – nella forma in cui le avete lette, con le parole usate – con altre coppie. Chissà, forse è proprio in virtù dell’Angst, dell’amore tormentato, della mancanza di un lieto fine che è stato piuttosto fattibile scrivere una SasuSaku e una NaruHina. 

Grazie a tutti voi per la lettura, davvero. 

Ophelia

 




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