Desiderando la vita

di Troyeshoney
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Un giorno mi svegliai con la consapevolezza di essere triste.
 Fin da piccola pensavo che ci fosse qualcosa di atipico in me, ma non credevo fosse “tristezza”. Quando mio padre abbandonò me e la mia famiglia, mia madre decise di portarmi dalla psicologa per capire come stessi affrontando la separazione . Beh, ricordo solo una cosa di quello studio: le bambole. La dottoressa continuava a chiedermi “ ti manca papà? Vuoi ancora bene a papa? Sai dov’è andato?”, mentre fissavo ininterrottamente l’enorme scatola di bambole e le rispondevo con dei sorrisoni sperando che avrebbe smesso di importunarmi. A fine seduta mi lasciava quindici minuti a giocare mentre, un po’ imbarazzata, ammetteva che fossi una bambina “normale” a mia mamma. Ed è proprio la routine, la normalità, ad avermi resa profondamente insoddisfatta della mia vita. Quando mi guardo allo specchio vedo una ragazza affascinante nel complesso, con qualche difettuccio come le mani troppo piccole, una valanga di nei sulla schiena, le gambe non esilissime, ma con dei lineamenti delicati e dolci che mi fanno apparire come la ragazza della porta accanto. La noiosamente tipica ragazza della porta accanto. A detta di mia madre, Ludovica, da bambina ero la più posata e tranquilla neonata di tutto il vicinato, non piangevo mai, non la svegliavo mai durante la notte, mangiavo tutto quello che mi dava. Una bambina perfetta. Poi cominciai a diventare sempre più silenziosa, cupa, asociale e mia mamma allora desiderò  che le avessi dato più problemi da piccola e che fossi più vivace.  Anche i miei tre migliori amici, Dario, Leonardo e Agnese, mi vorrebbero diversa, però mi conoscono da sempre, si sono abituati al mio brutto carattere e non cercando più di cambiarmi . Quando avevo 8 anni provai a diventare un’altra persona:  mi tagliai i capelli da sola e usai le bombolette spray di Halloween per farli rosa,  mi vestii  come una pop star dei poveri con i jean scoloriti dei tempi d’oro di mia mamma e dissi ai miei compagni di classe di chiamarmi “Kati con la i” (perché non sapevo ancora scrivere la y). Katy durò solo due settimane, gli insegnanti si preoccuparono del mio cambiamento e contattarono mia mamma che , ovviamente, mi rimproverò per aver dato problemi a scuola.   Da quel giorno decisi che ,per quanto mi sforzassi, non sarei mai diventata vivace, simpatica, particolare, solare. Ma il ventisei ottobre, cambiò tutto. Volevo essere felice. Desideravo la vita. 




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