Tempo sprecato

di Notteinfinita
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NDA:Sono trascorsi due mesi dal mio ultimo aggiornamento, sorry!

A mia discolpa devo dire che non è tutta colpa mia...ad un certo punto i personaggi hanno deciso di fare di testa loro e così sono stata a lungo combattuta se oppormi o se assecondarli quindi non riuscivo ad andare avanti con la scrittura.

Prima di lasciarvi all'ultimo capitolo eccovi un breve riassunto per capire dove eravamo rimasti:

Akane si sente male durante l'ora di ginnastica. Ricoverata in ospedale, le viene diagnosticata una malattia incurabile.

La famiglia è disperata, naturalmente lei è all'oscuro di tutto.

Quando viene dimessa, tutti a casa cercano di comportarsi normalmente.

Desiderando che Akane trascorra bene i suoi ultimi giorni, Ranma da appuntamento ai suoi nemici e alle sue spasimanti e, dopo aver rilevato loro la malattia di Akane, gli chiede di lasciala tranquilla nei suoi
ultimi giorni: niente combattimenti, niente assalti amorosi.

Tornato a casa, inoltre, si rende conto che gli è rimasto poco tempo da trascorrere con lei, così prende una decisione: le farà trascorrere una fantastica giornata. 

Dopo aver chiesto a Soun di non seguirli, porta Akane al Lunapark.

Trascorrono una giornata splendida e quando si addormenta un dolce sorriso abbellisce il viso di Akane.

Era notte fonda quando qualcosa svegliò Akane. Non sapeva dire cosa fosse stato, un rumore, una presenza, la sensazione di sentirsi osservata.

Cautamente aprì gli occhi e, rimanendo immobile, diede un'occhiata alla stanza accorgendosi che la porta era socchiusa.

Con un balzo saltò giù dal letto, afferrò la sua spada di legno e spalancò l'uscio.

«Chi va là?» urlò, ma il corridoio era vuoto.

Dandosi della stupida tornò a letto. Per un attimo, gli era sembrato di vedere...no, non poteva essere lui, eppure l'ombra che aveva visto dietro la porta sembrava proprio quella di Ranma.



«Buongiorno!» trillò Akane allegra, uscendo dalla sua stanza.«Hey Ranma, hai dormito male, guarda che occhiaie!» esclamò la ragazza, vedendo l'aspetto sciupato del ragazzo.

«Bé, ecco, io...» iniziò a balbettare, non poteva certo dirle la verità.


La sua mente tornò alla sera prima, felice per la bella giornata che era riuscito a regalare alla sua fidanzata era andato in camera sua per godersi un po' di meritato riposo. Appena si era sdraiato sul futon ed aveva chiuso gli occhi, però, le immagini di Akane svenuta in palestra, della corsa in ospedale e le parole del medico avevano iniziato a tormentarlo.

Silenziosamente si era avvicinato alla camera della ragazza, aveva socchiuso la porta ed era rimasto ad osservarla. Aveva uno sguardo così sereno mentre dormiva, le labbra erano atteggiate in un sorriso e si era chiesto, con orgoglio, se non fosse stato merito suo.

Improvvisamente la gioia era sparita dal suo cuore, giorni come quelli, serate come quella erano destinate a finire presto.

Prima che avesse tempo di accorgersene, un singhiozzo era sfuggito dalle sue labbra e, nel medesimo istante, la figura nel letto si era mossa.

Era saltato sul cornicione della porta ed era rimasto avvinghiato al soffitto finché Akane non era rientrata in camera sua, quindi, con cautela, si era calato fino a terra, era salito sul tetto e lì aveva trascorso l'intera notte, troppo angosciato per dormire o per pensare ad altro che non fosse la sua Akane.


Uno spintone alla spalla lo riportò alla realtà, la sua fidanzata era ancora di fronte a lui, con lo sguardo divertito e gli occhi brillanti di felicità.

«Dii la verità, hai avuto gli incubi a causa della casa degli orrori!» suppose Nabiki, ridacchiando e oltrepassandoli.

«Hey, non sono mica un bambino!» protestò il ragazzo, lanciando però uno sguardo grato alla cognata, sapeva bene che quella battuta aveva il solo scopo di distrarre Akane dal suo aspetto.

«Magari il gatto fantasma...» gli sussurrò Akane, passandogli a fianco ridendo e scendendo le scale.

«Questo è il ringraziamento per la giornata!» borbottò il ragazzo, felice in cuor suo che lei si sentisse abbastanza bene da prenderlo in giro.

«Ragazzi, la colazione è pronta!» chiamò Kasumi.

I tre si affrettarono a raggiungere la sala da pranzo.

«Akane, non sarebbe meglio se ti riposassi un altro giorno?» chiese il padre, vedendo che portava la divisa scolastica.

«Papà non avrebbe senso perdere un altro giorno di scuola per una sciocchezza e poi oggi non ho neanche ginnastica.»

Rassegnato, Soun si mise a sedere.

Finita la colazione, i tre studenti corsero all'ingresso. Erano appena usciti di casa quando Ranma si bloccò.

«Il quaderno di matematica!» urlò, rientrando in casa.

«Io devo scappare, lascio a te il piacere di aspettare quel baka del tuo ragazzo.» disse Nabiki, salutando la sorella.

«Possiamo andare.» annunciò Ranma, tornando trafelato. «Dammi la cartella.» comandò.

«Perché?»

«Se no a scuola tutti mi accuseranno di maltrattare la povera ragazza che è stata male.» spiegò Ranma con tono ovvio.

Akane avrebbe voluto protestare ma vedendo lo sguardo da finto martire del ragazzo, sorrise, scrollo la testa e gli porse la cartella.

«Andiamo Baka o per colpa tua arriveremo in ritardo anche oggi!» esortò quindi, incamminandosi.

Da quando i Saotome si erano trasferiti in casa Tendo i due avevano fatto quella strada centinaia di volte ma stavolta apparve diversa ad entrambi.

Ranma cercò di godere di ogni passo, di ogni attimo, non potendo sapere quale sarebbe stata l'ultima volta, mentre Akane guardava il ragazzo di sottecchi e non poteva fare a meno di sorridere ripensando alla giornata trascorsa con lui al Lunapark.

Avevano appena messo piede nel cortile della scuola, quando Kuno si materializzò davanti a loro armato di un mazzo di gigli.

«Angelo mio, sono felice di vederti qui di fronte a me. Avrei voluto accoglierti in maniera più consona ma mi è stato chiesto di non metterti in agitazione perciò eccoti questo modesto omaggio.» disse, porgendole i fiori per poi sparire.

Un muscolo all'angolo della bocca di Ranma si contrasse per la tensione.

E quello secondo lui equivaleva a lasciarla in pace?” si chiese, stizzito.

D'altronde cosa poteva aspettarsi da un esponente della famiglia Kuno?

Cercando di tenere a freno la voglia di strozzarlo, Ranma seguì Akane dentro la scuola.

Arrivati in classe, vennero subito accerchiati dai compagni che chiedevano alla ragazza come stesse mentre lei, sorridente, tranquillizzava tutti.

Alzati gli occhi, Ranma vide Ukyo che lo fissava, dal suo sguardo capì che lei comprendeva il suo tormento: ogni parola rassicurante pronunciata da Akane era, per lui che conosceva la verità, come una stilettata al cuore. Per fortuna l'arrivo del professore riportò l'ordine e mise fine a quella tortura.



«Sacro fuoco guidami.» pregò l'anziana donna vestita da sacerdotessa inginocchiata di fronte all'altare. «Sacro fuoco, mostrami la via.»

«Maestra Akemi, uscite anche oggi?» chiese l'aiutante del tempio vedendo gli oggetti posti all'ingresso.

«È necessario, la mia ricerca non ha ancora dato i suoi frutti.» rispose la donna mentre il suo sguardo s'incupiva.

Sospirando la sacerdotessa si mise in piedi e lentamente si avviò verso l'uscita. Doveva compiere la sua missione, non poteva concepire un fallimento.



Il suono della campanella che annunciava l'inizio della ricreazione venne accolto con sollievo dagli studenti.

Immediatamente, Akane venne catturata da Yuka e Sayuri che, senza darle tempo di protestare, la trascinarono fuori dall'aula.

Reagendo d'istinto, Ranma si slanciò per trattenerla ma, subito dopo, si ricompose prima che qualcuno lo notasse. Non poteva pretendere di passare con Akane ogni attimo della giornata, anche se avrebbe voluto.



«Allora, dove sei stata ieri di bello?» chiese Sayuri appena si furono sedute sull'erba del cortile.

«Io veramente...» balbettò Akane arrossendo nel ripensare alla giornata trascorsa con Ranma.

«Lo sapevo, eravate voi!» esclamò ancora la ragazza, puntando gli occhi su Akane come un lupo sulla preda. «Ieri sera mia sorella Mako era alla stazione e su un treno che era appena arrivato ha visto due ragazzi che somigliavano a te e Ranma stretti l'uno all'altra.»

«Il treno era pieno.» cercò di giustificarsi.

«E dove eravate andati?» chiese Yuka, incuriosita.

«Ranma mi ha portato a Illusioland.» ammise, mordendosi il labbro, imbarazzata mentre le sue amiche si davano agli urletti estatici.

«Se questo è il risultato dovresti svenire più spesso!» scherzò Sayuri.

«Dai racconta tutto!» la incitò Yuka.

Akane sorrise ma si disse che avrebbe fatto alle amiche solo un racconto sommario della giornata. Voleva bene ad entrambe ma quell'uscita era qualcosa di troppo prezioso per farne del pettegolezzo, qualcosa che riguardava solo lei e Ranma.



«Come va?» chiese Ukyo avvicinandosi alla finestra a cui era appoggiato il ragazzo col codino ed indicando col capo il terzetto seduto sull'erba nel cortile.

Lui si limitò a rivolgerle un sorriso triste e a tornare a fissare la ragazza sul prato.

Come poteva spiegarle che da quando aveva udito le parole del medico si sentiva come morto dentro? Sentiva che la sua vita sarebbe finita con quella di Akane.

Cosa avrebbe potuto dirle “Vorrei poter morire io se ciò servisse a farla vivere” oppure avrebbe dovuto raccontale delle notti insonni e degli allenamenti protratti fino a sfinirsi pur di non pensare. No, non poteva.

«Si cerca di andare avanti.» si limitò a rispondere, facendo attenzione che la voce rimanesse ferma.

«Deve essere dura per voi.» bisbigliò la ragazza, attenta che nessun altro udisse la sua conversazione. «Anche Ryoga è distrutto.»

«Ryoga?»

«Si, lo ospito da me. L'ho già fatto altre volte e lui in cambio mi aiuta al locale.» spiegò Ukyo mentre gli occhi le si velavano di tristezza.

Con voce mesta e lo sguardo fisso fuori dalla finestra gli raccontò di come lo avesse trovato fuori dal suo locale, sabato sera, all'orario di chiusura.

Era in uno stato pietoso e così lo aveva fatto entrare.

Inizialmente non aveva voluto spiegarle cosa avesse finché lei non gli aveva chiesto se avesse incontrato Ranma e gli aveva rivelato di essere a conoscenza delle reali condizioni di Akane.

A quel punto il ragazzo era scoppiato in un pianto dirotto, urlando tutta la sua disperazione.

Da allora viveva a casa sua, nel magazzino del locale per poter essere vicino nel momento in cui fosse successo qualcosa ad Akane.

Evitò di raccontare al ragazzo di come l'amico si fosse stretto a lei piangendo ma, ripensandoci, dovette stringere forte le palpebre per impedirsi di piangere a sua volta. Sentire la forte stretta delle sue braccia su di se e la sua disperazione l'aveva devastata.

Quando finì di raccontare, si sforzò di sorridere a Ranma per poi allontanarsi, a breve sarebbe rientrata Akane e non voleva essere causa di un litigio tra i due.



Hai un senso dell'orientamento pessimo, perciò se vuoi stare vicino ad A..., insomma, a Nerima c'è un'unica soluzione, devi rimanere nel mio locale. Se non uscirai non potrai perderti. Non aprirai né finestre, né porte esterne mentre io non ci sono, promettilo!”

Le parole della ragazza delle okonomiyaki le risuonarono nella mente mentre osservava il panorama fuori dalla finestra.

Finito di parlare gli aveva sorriso e lui non aveva potuto fare altro che acconsentire alla promessa.

Era una ragazza dolcissima ed era stata molto gentile ad accoglierlo ancora una volta.

Ryoga non poté fare a meno di arrossire ripensando alla sera in cui lo aveva trovato; si era reso conto di essersi stretto a lei solo quando, finalmente, le sue lacrime erano scemate.

Appena se ne era accorto aveva fatto un balzo indietro, scusandosi mille volte; lei aveva detto che non importava ed era corsa a sistemargli il letto ma si vedeva che era a disagio.

Adesso Ukyo era a scuola e lui si ritrovava da solo chiuso nel locale.

Con un sospiro si guardò intorno, avrebbe dovuto trovare qualcosa da fare per ripagare la ragazza dell'ospitalità.


«E vai, la scuola è finita!» esclamò Ranma saltando fuori dal banco appena la campanella iniziò a suonare.

«Signor Saotome, se fossi così pronto anche quando si tratta di rispondere alle domande di algebra sarebbe il primo della classe.» commentò il professore, prima di lasciare l'aula e scatenando l'ilarità generale.

Continuando a ridacchiare, Akane gli si avvicinò.

«Andiamo a casa.» propose scuotendo la testa.

«Ciao ragazzi!» urlò Ukyo, uscendo di corsa dalla classe.

«Quanta fretta, che succede?» chiese Ranma.

«Devo correre da Ry, al locale, ho molto da fare.» spiegò la ragazza, incespicando contemporaneamente nelle parole e nei suoi stessi piedi.

«Mah!» esclamò Ranma, perplesso.

«Già, era proprio strana, magari si è innamorata.» suppose Akane, sorridendo maliziosa.

«Nooo, impossibile.»

«So che per te è impensabile che una tua spasimante volga gli occhi su qualcun' altro ma mai dire mai.» affermò, per poi uscire dall'aula.

Giunti a metà strada, la ragazza si appoggiò ad una pensilina del bus, sbuffando.

«Uff, che stanchezza!»

«Cosa ti senti?» chiese il codinato, preoccupato.

«Una gran fame, ma penso che una bella crêpe potrebbe farmi sentire meglio.»

Dopo avergli lanciato un'occhiata assassina per lo spavento che gli aveva fatto prendere, Ranma si avviò verso il chioschietto sistemato all'angolo della strada.

«Grazie!» cinguettò la ragazza quando, poco dopo, lui fu di ritorno con una crêpe alla vaniglia, quindi ripresero a camminare.

«Se continui a mangiare così la tua vita diventerà ancora più larga.» lo avvisò, saltando sulla ringhiera che recintava il fiume.

«Pensa per te, quando mangi sembri un aspirapolvere!» ribatté Akane, facendogli una linguaccia e sferrando un pugno alla ringhiera nel tentativo di farlo cadere in acqua.

«Signorina, posso leggerle la mano?» chiese un'anziana donna vestita da chiromante seduta in una specie di panchetto a lato del marciapiede.

Akane si fermò, titubante.

«No, grazie, non c'interessano queste sciocchezze!» rispose Ranma, acido.

«Il mio credo m'impone di fare almeno una buona azione al giorno, perciò il consulto per te sarà gratis, coraggio, non avere paura.» la esortò la donna.

«Dai, è divertente!» esclamò Akane, avvicinandosi.

«Bene, signorina, io sono Madame Akemi, porgimi la destra e il tuo futuro ti sarà rivelato.»

Mordicchiandosi il labbro inferiore, le porse la mano.

Nel momento in cui la prese un brillio soddisfatto sfavillò per un attimo negli occhi della donna, prima che il suo sguardo tornasse imprescrutabile.

«Ragazza complessa, testarda e caparbia.» elencò la donna.

«Non ha idea quanto!» commentò Ranma, sarcastico.

«Hai una linea della vita molto lunga» continuò, guadagnandosi un'occhiata truce da parte del ragazzo. «Vedo anche una persona molto importante, nel tuo futuro c'è una grande felicità ma solo se saprai dare il giusto valore a chi ti è accanto.» l'ammonì.

«Brava, dalle ascolto!» commentò Ranma, venendo zittito dallo sguardo di fuoco della sua fidanzata.

«In bocca al lupo.» disse la donna, stringendo per un attimo la mano della ragazza nella sua.

«Quanto le devo?» chiese Akane.

«Te l'ho detto, è la mia buona azione di oggi. Sii felice.» rispose la donna alzandosi e iniziando a smontare il suo banchetto.

«Bé, allora grazie!» esclamò Akane, salutandola.

«Non crederai a tutte le sciocchezze che ti ha detto, vero?» chiese Ranma.

«No, tranquillo, con te vicino ciò che so di avere per certo nella mia vita è una montagna di casini e di pazzi squinternati!» rimbeccò Akane, ghignando.

Giunti a casa i due si separarono per andare nelle rispettive stanze in attesa della cena.


Ranma era disteso sul suo futon quando un discreto bussare alla porta attirò la sua attenzione.

«Avanti!»

«Ranma, scusami, ho bisogno di favore.» disse Kasumi, entrando nella stanza.

«Dimmi pure.» rispose il ragazzo, mettendosi a sedere.

«Stavo preparando la cena ma mi sono accorta che è finita la salsa di soia, potresti andare a comprarla? » chiese gentilmente «Sai quanto piaccia ad Akane il sukiyaki.»

«Non c'è problema, faccio un salto al negozio.» rispose Ranma, balzando in piedi.

Non c'era cosa che non avrebbe fatto per Akane e poi era impossibile dire no di fronte alla dolcezza di Kasumi ed al suo sguardo triste quando nominava la sorella.



Trafelata, Ukyo giunse davanti al suo locale.

Dandosi della stupida, si fermò a riprendere fiato.

Perché era corsa fino a casa?

Solo per accertarsi che Ryoga non si fosse perso?

Non aveva senso, doveva tornare in se.

Fatto un grosso respiro, aprì la porta del locale.

Appena l'ebbe fatto, il rumore di un tonfo proveniente dalla sala a fianco si diffuse nell'aria.

Armatasi di spatola, si affacciò per capire cosa lo avesse provocato.

«Oink, oink!» protestò il maialino nero zuppo d'acqua e attorcigliato ai vestiti che indossava fino a poco prima.

«Oh, Ryoga, mi hai fatto prendere uno spavento!» esclamò la ragazza, avvicinandoglisi e riponendo la spatola. «Che ne dici di tornare umano?»

«Oink, oink.» rispose l'animaletto facendo segno di si col capo.

Raccolto l'animale, ed anche i suoi vestiti, Ukyo si diresse in bagno e riempì la vasca.

«Ecco fatto. Adesso ti lascio sul bordo della vasca e quando esco ti immergi.» spiegò Ukyo mettendo giù il maialino ed i vestiti.

«A dopo» aggiunse, dirigendosi verso la porta. Fatti due passi, però, sentì un piede scivolarle su uno schizzo d'acqua e, in men che non si dica, si ritrovò nella vasca, appoggiata al petto di un Ryoga tornato ragazzo e con le orecchie fumanti per l'imbarazzo.

«Mi...mi dispiace!» balbettò la ragazza, sgusciando fuori dalla vasca e fuggendo nella sua stanza con i vestiti grondanti e gli occhi coperti dalle mani per non vedere il corpo nudo del ragazzo che però non aveva potuto fare a meno di sentire premuto contro il suo.

Arrivata in camera sua, Ukyo si chiuse la porta alle spalle e si lasciò scivolare a terra.

Non si era mai sentita tanto in imbarazzo in vita sua. Certo, se non ci fosse stato il corpo di Ryoga avrebbe sicuramente sbattuto la nuca sul bordo della vasca ma forse avrebbe preferito un bel bernoccolo, ok, in realtà avrebbe preferito anche una commozione cerebrale a quella assurda situazione.

Non poteva sentirsi così agitata per lui, era solo Ryoga. È vero, in quei giorni gli era stata molto vicino, lo aveva ascoltato e consolato ed aveva scoperto quanto fosse dolce e sensibile ma ciò non giustificava il suo comportamento.

Non era successo nulla, non aveva visto nulla, è vero, aveva sentito le sue braccia che la cingevano ma si era trattato di uno stupido incidente, qualcosa a cui non aveva senso pensare ancora.

Scrollando il capo energicamente si impose di scordare quanto era successo e di tornare in se.

Quando si fu calmata un poco, si tolse i vestiti bagnati e, una volta rivestitasi, raccolse gli indumenti e li portò in lavanderia.

Passando davanti al bagno e rendendosi conto che era vuoto si disse che forse Ryoga era già sceso in cucina. Pur se titubante, si avviò anche lei da quella parte.

Come immaginato, trovò il ragazzo intento a ripulire il pavimento dall'acqua che vi aveva versato.

«Si può sapere cosa stavi facendo con quel secchio?» chiese, cercando di mantenere un tono di voce tranquillo.

«Visto che tu mi ospiti volevo fare qualcosa per te.»

«Mi aiuti già col ristorante!» protestò la ragazza.

«Si ma volevo fare qualcosa in più.» spiegò Ryoga, mantenendo lo sguardo basso, non riusciva a guardarla in viso senza ripensare a quello che era successo poco prima nel bagno. «Così avevo pensato di annaffiarti le piante.»

«Non ti sei accorto che sono finte?» esclamò Ukyo, scoppiando a ridere mentre il ragazzo arrossiva, imbarazzato.

«Scusami, non ridevo di te, anzi, grazie, sei sempre premuroso.» aggiunse la ragazza, vedendo il disagio dell'altro. «Ora però andiamo a cenare, tra poco dobbiamo aprire il locale.»

Detto questo si diresse in cucina seguita dal ragazzo.

«Un'okonomiyaki alle verdure va bene?» chiese, dirigendosi alla piastra.

«Certo.» rispose semplicemente Ryoga, iniziando a preparare la tavola.

Quando finì di cucinare i due si sedettero a tavola.

«Ukyo-chan?» chiamò una voce un po' gracchiante.

Sentendo qualcuno entrare nel locale, i due si affacciarono all'ingresso, trovandovi un'anziana coppia ad attenderli.

«Oh cara, scusami per averti disturbato, non sapevo avessi invitato a cena il tuo fidanzato.» si giustificò la donna. «A proposito, complimenti, è davvero un bel giovanotto.» aggiunse, con fare civettuolo.

Ukyo volse lo sguardo su Ryoga. Appena i loro sguardi s'incontrarono non poterono fare a meno di arrossire e di scostarsi imbarazzati.

«No, vede, lui non...» cercò di spiegare la ragazza, senza riuscirci.

«Bé, comunque, ero solo venuta a dirti che stasera verranno a cena i miei nipotini, sai quanto amino le tue okonomiyaki quindi volevo chiederti di prepararmene cinque, tra un'ora mio marito verrà a prenderle.» disse la donna. «Scusami ancora per avervi disturbato.»

Dopo aver salutato, la coppia andò via lasciandoli soli.

«Perdona la signora Harada, abita vicino al mio locale» spiegò Ukyo. «È una brava donna ma tende ad impicciarsi troppo.»

«Capisco!» esclamò Ryoga.

I due si ritrovarono a ridere insieme, l'atmosfera finalmente più leggera.

«Finito?» chiese la ragazza, poco dopo, togliendo i piatti dalla tavola.

«Grazie mille» rispose Ryoga, alzandosi a sua volta.

«Metteresti l'insegna fuori?»

«Certo, non c'è problema.» rispose il ragazzo, prendendola ed aprendo la porta del locale.

Mentre stava agganciando l'insegna intravvide una sagoma a lui familiare. Immediatamente sentì un brivido attraversargli la schiena: non c'era dubbio, il ragazzo che aveva visto saltare sui tetti era Ranma. Si chiese se quel suo correre avesse un significato sinistro, per un attimo fu tentato di seguirlo ma si disse che probabilmente stava correndo solo perché era in ritardo e farsi prendere dal panico non sarebbe servito a nulla. Dopo essersi preso un attimo per recuperare la calma, rientrò nel locale. Non avrebbe detto nulla ad Ukyo, non aveva senso farla preoccupare inutilmente.



Maledizione, possibile che oggi avessero tutti voglia di salsa di soia?” si chiese Ranma, continuando a saltare da un tetto all'altro. “Ho dovuto fare i chilometri per trovarla e adesso rischio di arrivare tardi per la cena.

Giunto sulla via di casa, saltò giù in strada. Alzati gli occhi, qualcosa attirò la sua attenzione; davanti casa Tendo era parcheggiata un'auto di proprietà dell'ospedale. La salsa di soia che aveva così tenacemente cercato gli scivolò dalle mani rotolando sul selciato mentre il ragazzo si slanciava in una corsa disperata sentendo il cuore uscirgli dal petto per l'apprensione.

Spalancata la porta di casa, ciò che vide lo gelò sul posto: Kasumi stava di fronte a lui con le lacrime agli occhi.

Barcollando, col cervello annebbiato dal panico, attraversò l'ingresso ed aprì la porta della sala da pranzo. Immediatamente, un essere singhiozzante lo strinse in un abbraccio spezza-costole. Non ebbe necessità di guardarlo per capire che si tratta di Soun Tendo.

Kasumi aveva gli occhi lucidi, suo padre piangeva a dirotto; temeva di sapere cosa fosse successo ma si rifiutava anche solo di formulare quel pensiero.

Ancora più confuso e stordito dalla disperazione alzò gli occhi in cerca di una spiegazione e ciò che vide gli mozzò il fiato.

Avrebbe voluto chiedere se era vero o se erano i suoi occhi ad ingannarlo ma si rese conto di essere incapace di emettere alcun suono.

Akane stava di fronte a lui, sorridente.

«Ranma, sto bene!» annunciò la ragazza, felice.

«Che significa?» chiese il ragazzo, smarrito.

«Ranma, il fidanzato di Akane,giusto?» intervenne il medico, palesando la sua presenza.

Il codinato si limitò ad un cenno di assenso.

«Se ricordi, quando ci siamo incontrati all'ospedale ti dissi che non c'era possibilità di errori negli esami, bé, stavolta è stato proprio così, hanno confuso gli esami di due pazienti.»

«Confusi?» chiese Ranma, cercando di capire le implicazioni di questa nuova informazione.

«Akane ha davvero una semplice carenza di ferro.» spiegò il medico, sorridendo.

«Ma allora quegli esami?»

«Appartengono ad un'altra paziente di nome Akemi Tendo, da qui l'errore.»

«E quella donna...» disse Ranma, tentando di assimilare la notizia.

«Sono già stato a casa della signora, quando le ho comunicato la notizia mi ha sorriso e mi ha risposto “Ho vissuto ben novantacinque anni, ho visto crescere i miei figli e i miei nipoti, ora è giusto che raggiunga mio marito”. È stato strano, sembrava quasi che lei stesse consolando me.»

«Dovrai sopportarmi ancora a lungo!» esclamò Akane, notando lo sgomento del ragazzo.

Finalmente libero di muoversi, dopo aver staccato da sé un piangente Soun, Ranma si avvicinò ad Akane, non sapeva cosa dirle ma sentiva come se il suo cuore avesse finalmente ripreso a battere dopo giorni in cui era stato come morto.

Giuntole davanti, deglutì a vuoto, cercando la forza di parlare.

Un senso più acuto dell'udito, però, gli permise di percepire un sinistro scricchiolio; fu un attimo e la porta scorrevole che dava sul giardino andò in frantumi mentre una folla di gente si riversava all'interno.

«Maledetto Saotome! Era tutto un imbroglio per tenermi lontano dalla mia Akane!» urlò Kuno, brandendo la sua spada di legno e cercando di colpire Ranma.

«Tesoro, sono certa che sia stata quella orribile ragazza a chiederti di starmi lontano ma adesso ti porterò con me e così potrai gustare i più deliziosi piatti della cucina francese!» esclamò Kodaci, cercando di afferrare il ragazzo con il suo nastro.

«Lanma amole, adesso che Akane sta bene non è più necessario che ti stia lontano, facciamo un pic-nic per festeggiare.» urlò Shampoo saltando sulle teste dei fratelli Kuno.

«Maledizione!» imprecò Ranma, lanciando un ultimo sguardo dispiaciuto ad Akane prima di catapultarsi in giardino con un balzo per sfuggire agli attacchi di nemici e spasimanti.

Guardandolo correre via Akane sospirò delusa. Doveva essere un bel momento ma come al solito quegli impiccioni avevano rovinato tutto.

«Scu-scusate, io dovrei tornare in ospedale.» disse il dottore, ancora sconvolto dalla scena a cui aveva appena assistito. «Spero potrete perdonarci per i dispiaceri che il nostro errore vi ha causato.»

«Mia figlia sta bene, è quello che conta.» rispose Soun, asciugando le ultime lacrime.

«L'accompagno.» propose Kasumi, precedendo il medico alla porta.

«Dottore, aspetti, potrebbe ripetermi il nome della paziente a cui appartenevano le analisi?» chiese Akane, raggiungendoli all'ingresso.

«Akemi Tendo, perché?» rispose il dottore.

«Niente, curiosità.» rispose la ragazza, arrossendo leggermente. Il nome era uguale a quello della chiromante che le aveva letto la mano al ritorno da scuola ma ciò non voleva dire nulla, non poteva di certo chiedere al dottore se la sua paziente fosse una chiromante.

Dopo che il medico fu andato via le due sorelle rientrarono in casa.

Arrivate in sala da pranzo videro che loro padre ed il suo amico avevano provveduto a riparare la porta.

«Che ne dite di metterci a tavola?» chiese Genma, allegramente.

«La cena è pronta ma Ranma non è ancora rientrato.» rispose Kasumi.

«Dubito che potrà tornare presto.» affermò Akane, tristemente. «Ceniamo.»

Si erano appena accomodati quando sentirono bussare alla porta.

«Accomodatevi!» disse Kasumi, aprendo la porta.

«Buonasera, ho portato delle okonomiyaki per festeggiare!» esclamò Ukyo entrando in sala da pranzo e poggiando sul tavolo il vassoio con le sue specialità.

«Abbiamo saputo la bella notizia, siamo felici che tu stia bene, Akane.» continuò, parlando anche a nome di Ryoga che le stava a fianco limitandosi a guardare la ragazza sorridendo.

«Ma come lo avete saputo?» domandò Akane, perplessa.

«Sasuke, il servitore di casa Kuno, saltava di tetto in tetto gridando che tu non eri malata.» spiegò Ukyo.

«Allora tutti sapevano della diagnosi, tranne me.» dedusse la ragazza, amareggiata.

«Non è così.» la corresse Ryoga, prendendo la parola per la prima volta. «Oltre ai tuoi familiari eravamo in pochi a conoscere quelle che credevamo essere le tue reali condizioni.»

«Ranma ha messo al corrente della tua situazione solo le sue spasimanti e i suoi nemici chiedendoci una specie di tregua affinché tu potessi vivere serenamente per il tempo che ti rimaneva.» spiegò Ukyo.

Improvvisamente Akane si rese conto di cosa aveva reso gli ultimi giorni diversi, non erano state le premure quasi asfissianti del padre ma l'assenza di combattimenti e di agguati da parte di pazze esaltate e Ranma era l'artefice di tutto questo.

Non poteva credere che avesse fatto tutto questo per lei.

Per questo l'aveva stretta a se nel Lunapark, perché pensava che presto l'avrebbe persa?

E perché si era dato tanta pena per lei? Solo perché impietosito dal suo triste destino o perché provava qualcosa per lei?

Mille pensieri affollarono la mente di Akane, avrebbe voluto avere Ranma lì di fronte a lei affinché chiarisse i suoi dubbi ma sapeva anche che sicuramente appena se lo fosse trovato davanti sarebbe andata nel pallone, non sarebbe stata capace di chiedergli nulla o avrebbero finito per litigare.

«Non l'ho mai visto così disperato come quel giorno in cui mi ha detto che eri malata.» confessò Ryoga, distogliendola dai suoi pensieri.

«Ora però basta con questi discorsi. Togliamo il disturbo e vi lasciamo festeggiare.» affermò Ukyo, alzandosi.

«Saremmo felici se vi fermaste per la cena.» protestò Kasumi, sorridendo.

«Devo tornare al ristorante, mi dispiace.» rispose Ukyo.

«A presto Akane, sono felice che tu stia bene.» salutò Ryoga, alzandosi a sua volta.

Accompagnati gli ospiti alla porta, la famiglia Tendo e il signor Genma si misero a tavola.

«Akanuccia!!!» urlò Happosai, entrando dalla porta sul giardino e tentando di fiondarsi sulla ragazza.

«Eh no, maestro!» lo rimproverò Kasumi. «Akane è stata poco bene quindi la lasci tranquilla.» aggiunse, sedendolo accanto a se e servendogli la cena.

I tre giorni alle terme gli avevano dato molte occasioni per sfogare i suoi istinti e poi, in fondo, neanche lui sapeva dire no alla dolce Kasumi così sedette tranquillo e la cena poté finalmente avere inizio.



«Mi è sembrato strano sentirti difendere Ranma, non è il modo migliore per cercare di conquistare Akane!» esclamò Ukyo, tentando di mantenere un tono di voce scherzoso e continuando ad incamminarsi verso il ristorante.

«Ho rinunciato ad Akane dopo ciò che è successo nella foresta di Ryugenzawa» spiegò Ryoga «Le vorrò sempre bene, avrà sempre un posto importante nel mio cuore e il pensiero che potesse morire mi devastava ma il sentimento che provo per lei adesso è quello di un amico.»

A quelle parole Ukyo gli lanciò un'occhiata veloce.

Possibile che fosse vero?

Non voleva pensarci, non voleva illudersi.

«Purtroppo però ci sono ricaduto, ho rivolto nuovamente il mio interesse ad una ragazza il cui cuore batte per Ranma.» aggiunse, fermandosi di colpo e fissandola negli occhi.

Non era da lui tanta audacia ma se c'era una cosa che aveva imparato da quanto successo ad Akane è che non si può sapere quanto tempo si ha davvero a disposizione.

Ukyo si sentì paralizzare da quello sguardo.

Aveva davvero capito quello che pensava?

«Allora mi dispiace dirtelo ma quella ragazza deve proprio essere davvero stupida. Se avesse un po' di cervello avrebbe lasciato perdere Ranma; è impossibile non accorgersi di quanto quei due tengano l'uno all'altra.» rispose Ukyo, incapace di dire di più e riprendendo a camminare per sfuggire allo sguardo del ragazzo.

«Nevica!» esclamò poco dopo, sentendo il tocco freddo di un fiocco su una guancia.

Immediatamente sentì uno scatto ed un ombrello a lei noto si tese su di lei per coprirla.

Afferrato il manico lo raddrizzò affinché l'ombrello riparasse entrambi e rivolse un sorriso impacciato al ragazzo.

Fianco a fianco i due proseguirono la loro strada. Non si erano detti molto ma entrambi sentivano che quella passeggiata sotto la neve poteva essere il primo passo di un cammino che portava alla felicità.



«Maledetti rompiscatole!» ringhiò Ranma quando, a notte fonda, poté fare ritorno a casa Tendo dopo aver seminato nemici e pretendenti.

Le stanze erano tutte buie e silenziose, per colpa di quegli stupidi si era perso i festeggiamenti per Akane e non aveva potuto passare nemmeno due minuti con lei.

Non che avesse la più pallida idea di quello che le avrebbe detto ma sarebbe già stato piacevole vederla felice e sorridente sapendo che non temeva più di perderla.

Sentendo lo stomaco brontolare, entrò in cucina, nella speranza di trovare qualcosa da mangiare.

Senza accendere la luce si diresse verso il frigorifero e lo aprì.

«Avrai fame dopo aver corso così a lungo!» esclamò Akane, accendendo la luce.

Ranma si bloccò. Moriva di fame ma temeva ciò che gli sarebbe potuto succedere se Akane gli avesse preparato qualcosa e, d'altro canto, non voleva neanche litigare con lei proprio adesso quando aveva appena scoperto che non rischiava più di perderla.

«Tranquillo, Kasumi ti ha messo da parte la cena. Vai di là, la riscaldo e te la porto.» disse Akane, quasi leggendogli nella mente.

«Gr-grazie!» balbettò il ragazzo, abbagliato dal dolce sorriso che lei gli stava rivolgendo, quindi uscì dalla stanza.



«Akemi, che ci fai qui?»

«Sorpresa!» rispose la donna, ridacchiando.

«Mi avevano detto che avrei dovuto attendere a lungo prima di rivederti.»

«E così doveva essere.» spiegò. «Solo che io ho cambiato un po' le carte in tavola.»

L'anziano le si sedette a fianco, guardandola confuso.

«Sai che sono una sacerdotessa, le mie predizioni hanno contribuito a salvare molte vite ma stavolta non c'era nulla che potessi fare se non scendere a patti con la signora dalla lunga falce.» continuò a raccontare. «Ho scorto la ragazza in una visione, avrebbe dovuto avere tutta la vita davanti ma il suo destino era segnato così l'ho incontrata ed ho scambiato i nostri destini.»

«Dimmi chi ti ricordano.» disse poi la sacerdotessa indicando i due nella cucina di casa Tendo.

«Noi due.» rispose l'anziano, cingendo le spalle della moglie.

«Bé, direi che è giunto il momento di andare.» affermò la donna, alzandosi un po' barcollante dalla nuvola su cui era seduta.

«Andiamo.» approvò l'anziano, alzandosi a sua volta e porgendo il braccio alla donna.

Un attimo dopo i due spiriti erano già spariti mentre un colpo di vento scompigliava le nubi.



«Ecco a te.» disse Akane, poggiando il vassoio sul tavolo della sala da pranzo ma senza lasciarlo anzi, stringendo la presa nel tentativo di trovare la forza di parlare. «Ukyo e Ryoga mi hanno raccontato quello che hai fatto per me. Grazie.» disse tutto d'un fiato senza trovare il coraggio di voltarsi per guardarlo in faccia.

Ranma arrossì istantaneamente.

Non sapeva se uccidere i due impiccioni o ringraziarli per il loro gesto.

L'unica cosa di cui era consapevole era la vicinanza di Akane e la dolcezza del suo profilo illuminato dalla luce.

Prima che il pensiero cosciente lo rendesse consapevole di cosa stava facendo, afferrò il braccio di Akane, costringendola a voltarsi e fece ciò che aveva tanto desiderato e sognato di fare. Passata una mano dietro la sua nuca, poggiò le sue labbra su quelle di lei baciandola con tutta la dolcezza di cui era capace.

Fu un bacio a fior di labbra ma bastò a scombussolare entrambi.

Quando si staccarono, Akane lo fissò, stupita.

Ranma si chiese se non fosse il caso di scappare o di giustificarsi in qualche modo. Immediatamente il ricordo dei giorni appena trascorsi gli affollarono la mente, le sofferenze patite gli serrarono la gola.

«Non voglio mai più rischiare di perderti.» affermò Ranma, con voce strozzata, attirando a sé Akane e stringendola tra le braccia. Non gli importava se dopo lei lo avrebbe mandato in orbita, aveva pensato di doverle dire addio e adesso voleva solo sentire il calore del suo corpo stretto al suo.

Ad un tratto un tocco morbido sulla guancia lo ridestò dai suoi pensieri. Fu solo in quel momento, quando Akane gli asciugò gli occhi con la sua mano, che si rese conto di stare piangendo.

Imbarazzato da questa sua debolezza tentò di allontanarsi ma non poté perché Akane aveva intrecciato una mano con la sua in una stretta ferrea.

«Non correrai mai più questo rischio.» bisbigliò lei, sorridendogli felice per poi accoccolarsi nuovamente tra le sue braccia.

Ranma consumò la sua cena continuando a tenere la ragazza stretta a sé, parlando di piccole cose, giocando con le esili dita di lei, assaporando finalmente un po' di felicità.

Adesso sapeva che c'era tempo per loro ed era deciso a non sprecarlo più, a godere di ogni singolo attimo che il destino benevolo aveva voluto regalargli.

ANGOLO AUTRICE:Che ve ne pare? Delusi? Soddisfatti?

                                   Vi aspettavate la Ryoga x Ukyo?

                                    Io no ma loro hanno deciso così, le scene si sono evolute da sole e così li ho assecondati.

                                    Grazie a tutti coloro che hanno seguito la storia.

                                     Spero tornerete a trovarmi.

                                          Notteinfinita.
















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