NDA:Sono trascorsi due mesi dal mio ultimo
aggiornamento, sorry!
A mia discolpa devo dire che non
è tutta colpa mia...ad un certo punto i personaggi hanno
deciso di fare di testa loro e così sono stata a lungo
combattuta se oppormi o se assecondarli quindi non riuscivo ad andare
avanti con la scrittura.
Prima di lasciarvi all'ultimo capitolo
eccovi un breve riassunto per capire dove eravamo rimasti:
Akane
si sente male durante l'ora di ginnastica. Ricoverata in ospedale, le
viene diagnosticata una malattia incurabile.
La
famiglia è disperata, naturalmente lei è
all'oscuro di tutto.
Quando
viene dimessa, tutti a casa cercano di comportarsi normalmente.
Desiderando
che Akane trascorra bene i suoi ultimi giorni, Ranma da appuntamento ai
suoi nemici e alle sue spasimanti e, dopo aver rilevato loro la
malattia di Akane, gli chiede di lasciala tranquilla nei suoi
ultimi giorni: niente combattimenti, niente assalti amorosi.
Tornato
a casa, inoltre, si rende conto che gli è rimasto poco tempo
da trascorrere con lei, così prende una decisione: le
farà trascorrere una fantastica giornata.
Dopo
aver chiesto a Soun di non seguirli, porta Akane al Lunapark.
Trascorrono
una giornata splendida e quando si addormenta un dolce sorriso
abbellisce il viso di Akane.
Era
notte fonda quando qualcosa svegliò Akane. Non sapeva dire
cosa
fosse stato, un rumore, una presenza, la sensazione di sentirsi
osservata.
Cautamente
aprì gli occhi e, rimanendo immobile, diede un'occhiata alla
stanza
accorgendosi che la porta era socchiusa.
Con
un balzo saltò giù dal letto, afferrò
la sua spada di legno e
spalancò l'uscio.
«Chi
va là?» urlò, ma il corridoio era vuoto.
Dandosi
della stupida tornò a letto. Per un attimo, gli era sembrato
di
vedere...no, non poteva essere lui, eppure l'ombra che aveva visto
dietro la porta sembrava proprio quella di Ranma.
«Buongiorno!»
trillò Akane allegra, uscendo dalla sua
stanza.«Hey Ranma, hai
dormito male, guarda che occhiaie!» esclamò la
ragazza, vedendo
l'aspetto sciupato del ragazzo.
«Bé,
ecco, io...» iniziò a balbettare, non poteva certo
dirle la verità.
La
sua mente tornò alla sera prima, felice per la bella
giornata che
era riuscito a regalare alla sua fidanzata era andato in camera sua
per godersi un po' di meritato riposo. Appena si era sdraiato sul
futon ed aveva chiuso gli occhi, però, le immagini di Akane
svenuta
in palestra, della corsa in ospedale e le parole del medico avevano
iniziato a tormentarlo.
Silenziosamente
si era avvicinato alla camera della ragazza, aveva socchiuso la porta
ed era rimasto ad osservarla. Aveva uno sguardo così sereno
mentre
dormiva, le labbra erano atteggiate in un sorriso e si era chiesto,
con orgoglio, se non fosse stato merito suo.
Improvvisamente
la gioia era sparita dal suo cuore, giorni come quelli, serate come
quella erano destinate a finire presto.
Prima
che avesse tempo di accorgersene, un singhiozzo era sfuggito dalle
sue labbra e, nel medesimo istante, la figura nel letto si era mossa.
Era
saltato sul cornicione della porta ed era rimasto avvinghiato al
soffitto finché Akane non era rientrata in camera sua,
quindi, con
cautela, si era calato fino a terra, era salito sul tetto e
lì aveva
trascorso l'intera notte, troppo angosciato per dormire o per pensare
ad altro che non fosse la sua Akane.
Uno
spintone alla spalla lo riportò alla realtà, la
sua fidanzata era
ancora di fronte a lui, con lo sguardo divertito e gli occhi
brillanti di felicità.
«Dii
la verità, hai avuto gli incubi a causa della casa degli
orrori!»
suppose Nabiki, ridacchiando e oltrepassandoli.
«Hey,
non sono mica un bambino!» protestò il ragazzo,
lanciando però uno
sguardo grato alla cognata, sapeva bene che quella battuta aveva il
solo scopo di distrarre Akane dal suo aspetto.
«Magari
il gatto fantasma...» gli sussurrò Akane,
passandogli a fianco
ridendo e scendendo le scale.
«Questo
è il ringraziamento per la giornata!»
borbottò il ragazzo, felice
in cuor suo che lei si sentisse abbastanza bene da prenderlo in giro.
«Ragazzi,
la colazione è pronta!» chiamò Kasumi.
I
tre si affrettarono a raggiungere la sala da pranzo.
«Akane,
non sarebbe meglio se ti riposassi un altro giorno?» chiese
il
padre, vedendo che portava la divisa scolastica.
«Papà
non avrebbe senso perdere un altro giorno di scuola per una
sciocchezza e poi oggi non ho neanche ginnastica.»
Rassegnato,
Soun si mise a sedere.
Finita
la colazione, i tre studenti corsero all'ingresso. Erano appena
usciti di casa quando Ranma si bloccò.
«Il
quaderno di matematica!» urlò, rientrando in casa.
«Io
devo scappare, lascio a te il piacere di aspettare quel baka del tuo
ragazzo.» disse Nabiki, salutando la sorella.
«Possiamo
andare.» annunciò Ranma, tornando trafelato.
«Dammi la cartella.»
comandò.
«Perché?»
«Se
no a scuola tutti mi accuseranno di maltrattare la povera ragazza che
è stata male.» spiegò Ranma con tono
ovvio.
Akane
avrebbe voluto protestare ma vedendo lo sguardo da finto martire del
ragazzo, sorrise, scrollo la testa e gli porse la cartella.
«Andiamo
Baka o per colpa tua arriveremo in ritardo anche oggi!»
esortò
quindi, incamminandosi.
Da
quando i Saotome si erano trasferiti in casa Tendo i due avevano
fatto quella strada centinaia di volte ma stavolta apparve diversa ad
entrambi.
Ranma
cercò di godere di ogni passo, di ogni attimo, non potendo
sapere
quale sarebbe stata l'ultima volta, mentre Akane guardava il ragazzo
di sottecchi e non poteva fare a meno di sorridere ripensando alla
giornata trascorsa con lui al Lunapark.
Avevano
appena messo piede nel cortile della scuola, quando Kuno si
materializzò davanti a loro armato di un mazzo di gigli.
«Angelo
mio, sono felice di vederti qui di fronte a me. Avrei voluto
accoglierti in maniera più consona ma mi è stato
chiesto di non
metterti in agitazione perciò eccoti questo modesto
omaggio.»
disse, porgendole i fiori per poi sparire.
Un
muscolo all'angolo della bocca di Ranma si contrasse per la tensione.
“E
quello secondo lui equivaleva a lasciarla in pace?” si
chiese,
stizzito.
D'altronde
cosa poteva aspettarsi da un esponente della famiglia Kuno?
Cercando
di tenere a freno la voglia di strozzarlo, Ranma seguì Akane
dentro
la scuola.
Arrivati
in classe, vennero subito accerchiati dai compagni che chiedevano
alla ragazza come stesse mentre lei, sorridente, tranquillizzava
tutti.
Alzati
gli occhi, Ranma vide Ukyo che lo fissava, dal suo sguardo
capì che
lei comprendeva il suo tormento: ogni parola rassicurante pronunciata
da Akane era, per lui che conosceva la verità, come una
stilettata
al cuore. Per fortuna l'arrivo del professore riportò
l'ordine e
mise fine a quella tortura.
«Sacro
fuoco guidami.» pregò l'anziana donna vestita da
sacerdotessa
inginocchiata di fronte all'altare. «Sacro fuoco, mostrami la
via.»
«Maestra
Akemi, uscite anche oggi?» chiese l'aiutante del tempio
vedendo gli
oggetti posti all'ingresso.
«È
necessario, la mia ricerca non ha ancora dato i suoi frutti.»
rispose la donna mentre il suo sguardo s'incupiva.
Sospirando
la sacerdotessa si mise in piedi e lentamente si avviò verso
l'uscita. Doveva compiere la sua missione, non poteva concepire un
fallimento.
Il
suono della campanella che annunciava l'inizio della ricreazione
venne accolto con sollievo dagli studenti.
Immediatamente,
Akane venne catturata da Yuka e Sayuri che, senza darle tempo di
protestare, la trascinarono fuori dall'aula.
Reagendo
d'istinto, Ranma si slanciò per trattenerla ma, subito dopo,
si
ricompose prima che qualcuno lo notasse. Non poteva pretendere di
passare con Akane ogni attimo della giornata, anche se avrebbe
voluto.
«Allora,
dove sei stata ieri di bello?» chiese Sayuri appena si furono
sedute
sull'erba del cortile.
«Io
veramente...» balbettò Akane arrossendo nel
ripensare alla giornata
trascorsa con Ranma.
«Lo
sapevo, eravate voi!» esclamò ancora la ragazza,
puntando gli occhi
su Akane come un lupo sulla preda. «Ieri sera mia sorella
Mako era
alla stazione e su un treno che era appena arrivato ha visto due
ragazzi che somigliavano a te e Ranma stretti l'uno
all'altra.»
«Il
treno era pieno.» cercò di giustificarsi.
«E
dove eravate andati?» chiese Yuka, incuriosita.
«Ranma
mi ha portato a Illusioland.» ammise, mordendosi il labbro,
imbarazzata mentre le sue amiche si davano agli urletti estatici.
«Se
questo è il risultato dovresti svenire più
spesso!» scherzò
Sayuri.
«Dai
racconta tutto!» la incitò Yuka.
Akane
sorrise ma si disse che avrebbe fatto alle amiche solo un racconto
sommario della giornata. Voleva bene ad entrambe ma quell'uscita era
qualcosa di troppo prezioso per farne del pettegolezzo, qualcosa che
riguardava solo lei e Ranma.
«Come
va?» chiese Ukyo avvicinandosi alla finestra a cui era
appoggiato il
ragazzo col codino ed indicando col capo il terzetto seduto sull'erba
nel cortile.
Lui
si limitò a rivolgerle un sorriso triste e a tornare a
fissare la
ragazza sul prato.
Come
poteva spiegarle che da quando aveva udito le parole del medico si
sentiva come morto dentro? Sentiva che la sua vita sarebbe finita con
quella di Akane.
Cosa
avrebbe potuto dirle “Vorrei poter morire io se
ciò servisse a
farla vivere” oppure avrebbe dovuto raccontale delle notti
insonni
e degli allenamenti protratti fino a sfinirsi pur di non pensare. No,
non poteva.
«Si
cerca di andare avanti.» si limitò a rispondere,
facendo attenzione
che la voce rimanesse ferma.
«Deve
essere dura per voi.» bisbigliò la ragazza,
attenta che nessun
altro udisse la sua conversazione. «Anche Ryoga è
distrutto.»
«Ryoga?»
«Si,
lo ospito da me. L'ho già fatto altre volte e lui in cambio
mi aiuta
al locale.» spiegò Ukyo mentre gli occhi le si
velavano di
tristezza.
Con
voce mesta e lo sguardo fisso fuori dalla finestra gli
raccontò di
come lo avesse trovato fuori dal suo locale, sabato sera, all'orario
di chiusura.
Era
in uno stato pietoso e così lo aveva fatto entrare.
Inizialmente
non aveva voluto spiegarle cosa avesse finché lei non gli
aveva
chiesto se avesse incontrato Ranma e gli aveva rivelato di essere a
conoscenza delle reali condizioni di Akane.
A
quel punto il ragazzo era scoppiato in un pianto dirotto, urlando
tutta la sua disperazione.
Da
allora viveva a casa sua, nel magazzino del locale per poter essere
vicino nel momento in cui fosse successo qualcosa ad Akane.
Evitò
di raccontare al ragazzo di come l'amico si fosse stretto a lei
piangendo ma, ripensandoci, dovette stringere forte le palpebre per
impedirsi di piangere a sua volta. Sentire la forte stretta delle sue
braccia su di se e la sua disperazione l'aveva devastata.
Quando
finì di raccontare, si sforzò di sorridere a
Ranma per poi
allontanarsi, a breve sarebbe rientrata Akane e non voleva essere
causa di un litigio tra i due.
“Hai
un senso dell'orientamento pessimo, perciò se vuoi stare
vicino ad
A..., insomma, a Nerima c'è un'unica soluzione, devi
rimanere nel
mio locale. Se non uscirai non potrai perderti. Non aprirai
né
finestre, né porte esterne mentre io non ci sono,
promettilo!”
Le
parole della ragazza delle okonomiyaki le risuonarono nella mente
mentre osservava il panorama fuori dalla finestra.
Finito
di parlare gli aveva sorriso e lui non aveva potuto fare altro che
acconsentire alla promessa.
Era
una ragazza dolcissima ed era stata molto gentile ad accoglierlo
ancora una volta.
Ryoga
non poté fare a meno di arrossire ripensando alla sera in
cui lo
aveva trovato; si era reso conto di essersi stretto a lei solo
quando, finalmente, le sue lacrime erano scemate.
Appena
se ne era accorto aveva fatto un balzo indietro, scusandosi mille
volte; lei aveva detto che non importava ed era corsa a sistemargli
il letto ma si vedeva che era a disagio.
Adesso
Ukyo era a scuola e lui si ritrovava da solo chiuso nel locale.
Con
un sospiro si guardò intorno, avrebbe dovuto trovare
qualcosa da
fare per ripagare la ragazza dell'ospitalità.
«E
vai, la scuola è finita!» esclamò Ranma
saltando fuori dal banco
appena la campanella iniziò a suonare.
«Signor
Saotome, se fossi così pronto anche quando si tratta di
rispondere
alle domande di algebra sarebbe il primo della classe.»
commentò il
professore, prima di lasciare l'aula e scatenando l'ilarità
generale.
Continuando
a ridacchiare, Akane gli si avvicinò.
«Andiamo
a casa.» propose scuotendo la testa.
«Ciao
ragazzi!» urlò Ukyo, uscendo di corsa dalla classe.
«Quanta
fretta, che succede?» chiese Ranma.
«Devo
correre da Ry, al locale, ho molto da fare.»
spiegò la ragazza,
incespicando contemporaneamente nelle parole e nei suoi stessi piedi.
«Mah!»
esclamò Ranma, perplesso.
«Già,
era proprio strana, magari si è innamorata.»
suppose Akane,
sorridendo maliziosa.
«Nooo,
impossibile.»
«So
che per te è impensabile che una tua spasimante volga gli
occhi su
qualcun' altro ma mai dire mai.» affermò, per poi
uscire dall'aula.
Giunti
a metà strada, la ragazza si appoggiò ad una
pensilina del bus,
sbuffando.
«Uff,
che stanchezza!»
«Cosa
ti senti?» chiese il codinato, preoccupato.
«Una
gran fame, ma penso che una bella crêpe potrebbe farmi
sentire
meglio.»
Dopo
avergli lanciato un'occhiata assassina per lo spavento che gli aveva
fatto prendere, Ranma si avviò verso il chioschietto
sistemato
all'angolo della strada.
«Grazie!»
cinguettò la ragazza quando, poco dopo, lui fu di ritorno
con una
crêpe alla vaniglia, quindi ripresero a camminare.
«Se
continui a mangiare così la tua vita diventerà
ancora più larga.»
lo avvisò, saltando sulla ringhiera che recintava il fiume.
«Pensa
per te, quando mangi sembri un aspirapolvere!»
ribatté Akane,
facendogli una linguaccia e sferrando un pugno alla ringhiera nel
tentativo di farlo cadere in acqua.
«Signorina,
posso leggerle la mano?» chiese un'anziana donna vestita da
chiromante seduta in una specie di panchetto a lato del marciapiede.
Akane
si fermò, titubante.
«No,
grazie, non c'interessano queste sciocchezze!» rispose Ranma,
acido.
«Il
mio credo m'impone di fare almeno una buona azione al giorno,
perciò
il consulto per te sarà gratis, coraggio, non avere
paura.» la
esortò la donna.
«Dai,
è divertente!» esclamò Akane,
avvicinandosi.
«Bene,
signorina, io sono Madame Akemi, porgimi la destra e il tuo futuro ti
sarà rivelato.»
Mordicchiandosi
il labbro inferiore, le porse la mano.
Nel
momento in cui la prese un brillio soddisfatto sfavillò per
un
attimo negli occhi della donna, prima che il suo sguardo tornasse
imprescrutabile.
«Ragazza
complessa, testarda e caparbia.» elencò la donna.
«Non
ha idea quanto!» commentò Ranma, sarcastico.
«Hai
una linea della vita molto lunga» continuò,
guadagnandosi
un'occhiata truce da parte del ragazzo. «Vedo anche una
persona
molto importante, nel tuo futuro c'è una grande
felicità ma solo se
saprai dare il giusto valore a chi ti è accanto.»
l'ammonì.
«Brava,
dalle ascolto!» commentò Ranma, venendo zittito
dallo sguardo di
fuoco della sua fidanzata.
«In
bocca al lupo.» disse la donna, stringendo per un attimo la
mano
della ragazza nella sua.
«Quanto
le devo?» chiese Akane.
«Te
l'ho detto, è la mia buona azione di oggi. Sii
felice.» rispose la
donna alzandosi e iniziando a smontare il suo banchetto.
«Bé,
allora grazie!» esclamò Akane, salutandola.
«Non
crederai a tutte le sciocchezze che ti ha detto, vero?»
chiese
Ranma.
«No,
tranquillo, con te vicino ciò che so di avere per certo
nella mia
vita è una montagna di casini e di pazzi
squinternati!» rimbeccò
Akane, ghignando.
Giunti
a casa i due si separarono per andare nelle rispettive stanze in
attesa della cena.
Ranma
era disteso sul suo futon quando un discreto bussare alla porta
attirò la sua attenzione.
«Avanti!»
«Ranma,
scusami, ho bisogno di favore.» disse Kasumi, entrando nella
stanza.
«Dimmi
pure.» rispose il ragazzo, mettendosi a sedere.
«Stavo
preparando la cena ma mi sono accorta che è finita la salsa
di soia,
potresti andare a comprarla? » chiese gentilmente
«Sai quanto
piaccia ad Akane il sukiyaki.»
«Non
c'è problema, faccio un salto al negozio.» rispose
Ranma, balzando
in piedi.
Non
c'era cosa che non avrebbe fatto per Akane e poi era impossibile dire
no di fronte alla dolcezza di Kasumi ed al suo sguardo triste quando
nominava la sorella.
Trafelata,
Ukyo giunse davanti al suo locale.
Dandosi
della stupida, si fermò a riprendere fiato.
Perché
era corsa fino a casa?
Solo
per accertarsi che Ryoga non si fosse perso?
Non
aveva senso, doveva tornare in se.
Fatto
un grosso respiro, aprì la porta del locale.
Appena
l'ebbe fatto, il rumore di un tonfo proveniente dalla sala a fianco
si diffuse nell'aria.
Armatasi
di spatola, si affacciò per capire cosa lo avesse provocato.
«Oink,
oink!» protestò il maialino nero zuppo d'acqua e
attorcigliato ai
vestiti che indossava fino a poco prima.
«Oh,
Ryoga, mi hai fatto prendere uno spavento!»
esclamò la ragazza,
avvicinandoglisi e riponendo la spatola. «Che ne dici di
tornare
umano?»
«Oink,
oink.» rispose l'animaletto facendo segno di si col capo.
Raccolto
l'animale, ed anche i suoi vestiti, Ukyo si diresse in bagno e
riempì
la vasca.
«Ecco
fatto. Adesso ti lascio sul bordo della vasca e quando esco ti
immergi.» spiegò Ukyo mettendo giù il
maialino ed i vestiti.
«A
dopo» aggiunse, dirigendosi verso la porta. Fatti due passi,
però,
sentì un piede scivolarle su uno schizzo d'acqua e, in men
che non
si dica, si ritrovò nella vasca, appoggiata al petto di un
Ryoga
tornato ragazzo e con le orecchie fumanti per l'imbarazzo.
«Mi...mi
dispiace!» balbettò la ragazza, sgusciando fuori
dalla vasca e
fuggendo nella sua stanza con i vestiti grondanti e gli occhi
coperti dalle mani per non vedere il corpo nudo del ragazzo che
però
non aveva potuto fare a meno di sentire premuto contro il suo.
Arrivata
in camera sua, Ukyo si chiuse la porta alle spalle e si
lasciò
scivolare a terra.
Non
si era mai sentita tanto in imbarazzo in vita sua. Certo, se non ci
fosse stato il corpo di Ryoga avrebbe sicuramente sbattuto la nuca
sul bordo della vasca ma forse avrebbe preferito un bel bernoccolo,
ok, in realtà avrebbe preferito anche una commozione
cerebrale a
quella assurda situazione.
Non
poteva sentirsi così agitata per lui, era solo Ryoga.
È vero, in
quei giorni gli era stata molto vicino, lo aveva ascoltato e
consolato ed aveva scoperto quanto fosse dolce e sensibile ma
ciò
non giustificava il suo comportamento.
Non
era successo nulla, non aveva visto nulla, è vero, aveva
sentito le
sue braccia che la cingevano ma si era trattato di uno stupido
incidente, qualcosa a cui non aveva senso pensare ancora.
Scrollando
il capo energicamente si impose di scordare quanto era successo e di
tornare in se.
Quando
si fu calmata un poco, si tolse i vestiti bagnati e, una volta
rivestitasi, raccolse gli indumenti e li portò in
lavanderia.
Passando
davanti al bagno e rendendosi conto che era vuoto si disse che forse
Ryoga era già sceso in cucina. Pur se titubante, si
avviò anche lei
da quella parte.
Come
immaginato, trovò il ragazzo intento a ripulire il pavimento
dall'acqua che vi aveva versato.
«Si
può sapere cosa stavi facendo con quel secchio?»
chiese, cercando
di mantenere un tono di voce tranquillo.
«Visto
che tu mi ospiti volevo fare qualcosa per te.»
«Mi
aiuti già col ristorante!» protestò la
ragazza.
«Si
ma volevo fare qualcosa in più.» spiegò
Ryoga, mantenendo lo
sguardo basso, non riusciva a guardarla in viso senza ripensare a
quello che era successo poco prima nel bagno.
«Così avevo pensato
di annaffiarti le piante.»
«Non
ti sei accorto che sono finte?» esclamò Ukyo,
scoppiando a ridere
mentre il ragazzo arrossiva, imbarazzato.
«Scusami,
non ridevo di te, anzi, grazie, sei sempre premuroso.»
aggiunse la
ragazza, vedendo il disagio dell'altro. «Ora però
andiamo a cenare,
tra poco dobbiamo aprire il locale.»
Detto
questo si diresse in cucina seguita dal ragazzo.
«Un'okonomiyaki
alle verdure va bene?» chiese, dirigendosi alla piastra.
«Certo.»
rispose semplicemente Ryoga, iniziando a preparare la tavola.
Quando
finì di cucinare i due si sedettero a tavola.
«Ukyo-chan?»
chiamò una voce un po' gracchiante.
Sentendo
qualcuno entrare nel locale, i due si affacciarono all'ingresso,
trovandovi un'anziana coppia ad attenderli.
«Oh
cara, scusami per averti disturbato, non sapevo avessi invitato a
cena il tuo fidanzato.» si giustificò la donna.
«A proposito,
complimenti, è davvero un bel giovanotto.»
aggiunse, con fare
civettuolo.
Ukyo
volse lo sguardo su Ryoga. Appena i loro sguardi s'incontrarono non
poterono fare a meno di arrossire e di scostarsi imbarazzati.
«No,
vede, lui non...» cercò di spiegare la ragazza,
senza riuscirci.
«Bé,
comunque, ero solo venuta a dirti che stasera verranno a cena i miei
nipotini, sai quanto amino le tue okonomiyaki quindi volevo chiederti
di prepararmene cinque, tra un'ora mio marito verrà a
prenderle.»
disse la donna. «Scusami ancora per avervi
disturbato.»
Dopo
aver salutato, la coppia andò via lasciandoli soli.
«Perdona
la signora Harada, abita vicino al mio locale»
spiegò Ukyo. «È
una brava donna ma tende ad impicciarsi troppo.»
«Capisco!»
esclamò Ryoga.
I
due si ritrovarono a ridere insieme, l'atmosfera finalmente
più
leggera.
«Finito?»
chiese la ragazza, poco dopo, togliendo i piatti dalla tavola.
«Grazie
mille» rispose Ryoga, alzandosi a sua volta.
«Metteresti
l'insegna fuori?»
«Certo,
non c'è problema.» rispose il ragazzo, prendendola
ed aprendo la
porta del locale.
Mentre
stava agganciando l'insegna intravvide una sagoma a lui familiare.
Immediatamente sentì un brivido attraversargli la schiena:
non c'era
dubbio, il ragazzo che aveva visto saltare sui tetti era Ranma. Si
chiese se quel suo correre avesse un significato sinistro, per un
attimo fu tentato di seguirlo ma si disse che probabilmente stava
correndo solo perché era in ritardo e farsi prendere dal
panico non
sarebbe servito a nulla. Dopo essersi preso un attimo per recuperare
la calma, rientrò nel locale. Non avrebbe detto nulla ad
Ukyo, non
aveva senso farla preoccupare inutilmente.
“Maledizione,
possibile che oggi avessero tutti voglia di salsa di soia?”
si
chiese Ranma, continuando a saltare da un tetto all'altro.
“Ho
dovuto fare i chilometri per trovarla e adesso rischio di arrivare
tardi per la cena.
Giunto
sulla via di casa, saltò giù in strada. Alzati
gli occhi, qualcosa
attirò la sua attenzione; davanti casa Tendo era
parcheggiata
un'auto di proprietà dell'ospedale. La salsa di soia che
aveva così
tenacemente cercato gli scivolò dalle mani rotolando sul
selciato
mentre il ragazzo si slanciava in una corsa disperata sentendo il
cuore uscirgli dal petto per l'apprensione.
Spalancata
la porta di casa, ciò che vide lo gelò sul posto:
Kasumi stava di
fronte a lui con le lacrime agli occhi.
Barcollando,
col cervello annebbiato dal panico, attraversò l'ingresso ed
aprì
la porta della sala da pranzo. Immediatamente, un essere
singhiozzante lo strinse in un abbraccio spezza-costole. Non ebbe
necessità di guardarlo per capire che si tratta di Soun
Tendo.
Kasumi
aveva gli occhi lucidi, suo padre piangeva a dirotto; temeva di
sapere cosa fosse successo ma si rifiutava anche solo di formulare
quel pensiero.
Ancora
più confuso e stordito dalla disperazione alzò
gli occhi in cerca
di una spiegazione e ciò che vide gli mozzò il
fiato.
Avrebbe
voluto chiedere se era vero o se erano i suoi occhi ad ingannarlo ma
si rese conto di essere incapace di emettere alcun suono.
Akane
stava di fronte a lui, sorridente.
«Ranma,
sto bene!» annunciò la ragazza, felice.
«Che
significa?» chiese il ragazzo, smarrito.
«Ranma,
il fidanzato di Akane,giusto?» intervenne il medico,
palesando la
sua presenza.
Il
codinato si limitò ad un cenno di assenso.
«Se
ricordi, quando ci siamo incontrati all'ospedale ti dissi che non
c'era possibilità di errori negli esami, bé,
stavolta è stato
proprio così, hanno confuso gli esami di due
pazienti.»
«Confusi?»
chiese Ranma, cercando di capire le implicazioni di questa nuova
informazione.
«Akane
ha davvero una semplice carenza di ferro.» spiegò
il medico,
sorridendo.
«Ma
allora quegli esami?»
«Appartengono
ad un'altra paziente di nome Akemi Tendo, da qui l'errore.»
«E
quella donna...» disse Ranma, tentando di assimilare la
notizia.
«Sono
già stato a casa della signora, quando le ho comunicato la
notizia
mi ha sorriso e mi ha risposto “Ho vissuto ben novantacinque
anni,
ho visto crescere i miei figli e i miei nipoti, ora è giusto
che
raggiunga mio marito”. È stato strano, sembrava
quasi che lei
stesse consolando me.»
«Dovrai
sopportarmi ancora a lungo!» esclamò Akane,
notando lo sgomento del
ragazzo.
Finalmente
libero di muoversi, dopo aver staccato da sé un piangente
Soun,
Ranma si avvicinò ad Akane, non sapeva cosa dirle ma sentiva
come se
il suo cuore avesse finalmente ripreso a battere dopo giorni in cui
era stato come morto.
Giuntole
davanti, deglutì a vuoto, cercando la forza di parlare.
Un
senso più acuto dell'udito, però, gli permise di
percepire un
sinistro scricchiolio; fu un attimo e la porta scorrevole che dava
sul giardino andò in frantumi mentre una folla di gente si
riversava
all'interno.
«Maledetto
Saotome! Era tutto un imbroglio per tenermi lontano dalla mia
Akane!»
urlò Kuno, brandendo la sua spada di legno e cercando di
colpire
Ranma.
«Tesoro,
sono certa che sia stata quella orribile ragazza a chiederti di
starmi lontano ma adesso ti porterò con me e così
potrai gustare i
più deliziosi piatti della cucina francese!»
esclamò Kodaci,
cercando di afferrare il ragazzo con il suo nastro.
«Lanma
amole, adesso che Akane sta bene non è più
necessario che ti stia
lontano, facciamo un pic-nic per festeggiare.»
urlò Shampoo
saltando sulle teste dei fratelli Kuno.
«Maledizione!»
imprecò Ranma, lanciando un ultimo sguardo dispiaciuto ad
Akane
prima di catapultarsi in giardino con un balzo per sfuggire agli
attacchi di nemici e spasimanti.
Guardandolo
correre via Akane sospirò delusa. Doveva essere un bel
momento ma
come al solito quegli impiccioni avevano rovinato tutto.
«Scu-scusate,
io dovrei tornare in ospedale.» disse il dottore, ancora
sconvolto
dalla scena a cui aveva appena assistito. «Spero potrete
perdonarci
per i dispiaceri che il nostro errore vi ha causato.»
«Mia
figlia sta bene, è quello che conta.» rispose
Soun, asciugando le
ultime lacrime.
«L'accompagno.»
propose Kasumi, precedendo il medico alla porta.
«Dottore,
aspetti, potrebbe ripetermi il nome della paziente a cui
appartenevano le analisi?» chiese Akane, raggiungendoli
all'ingresso.
«Akemi
Tendo, perché?» rispose il dottore.
«Niente,
curiosità.» rispose la ragazza, arrossendo
leggermente. Il nome era
uguale a quello della chiromante che le aveva letto la mano al
ritorno da scuola ma ciò non voleva dire nulla, non poteva
di certo
chiedere al dottore se la sua paziente fosse una chiromante.
Dopo
che il medico fu andato via le due sorelle rientrarono in casa.
Arrivate
in sala da pranzo videro che loro padre ed il suo amico avevano
provveduto a riparare la porta.
«Che
ne dite di metterci a tavola?» chiese Genma, allegramente.
«La
cena è pronta ma Ranma non è ancora
rientrato.» rispose Kasumi.
«Dubito
che potrà tornare presto.» affermò
Akane, tristemente. «Ceniamo.»
Si
erano appena accomodati quando sentirono bussare alla porta.
«Accomodatevi!»
disse Kasumi, aprendo la porta.
«Buonasera,
ho portato delle okonomiyaki per festeggiare!»
esclamò Ukyo
entrando in sala da pranzo e poggiando sul tavolo il vassoio con le
sue specialità.
«Abbiamo
saputo la bella notizia, siamo felici che tu stia bene,
Akane.»
continuò, parlando anche a nome di Ryoga che le stava a
fianco
limitandosi a guardare la ragazza sorridendo.
«Ma
come lo avete saputo?» domandò Akane, perplessa.
«Sasuke,
il servitore di casa Kuno, saltava di tetto in tetto gridando che tu
non eri malata.» spiegò Ukyo.
«Allora
tutti sapevano della diagnosi, tranne me.» dedusse la
ragazza,
amareggiata.
«Non
è così.» la corresse Ryoga, prendendo
la parola per la prima
volta. «Oltre ai tuoi familiari eravamo in pochi a conoscere
quelle
che credevamo essere le tue reali condizioni.»
«Ranma
ha messo al corrente della tua situazione solo le sue spasimanti e i
suoi nemici chiedendoci una specie di tregua affinché tu
potessi
vivere serenamente per il tempo che ti rimaneva.»
spiegò Ukyo.
Improvvisamente
Akane si rese conto di cosa aveva reso gli ultimi giorni diversi, non
erano state le premure quasi asfissianti del padre ma l'assenza di
combattimenti e di agguati da parte di pazze esaltate e Ranma era
l'artefice di tutto questo.
Non
poteva credere che avesse fatto tutto questo per lei.
Per
questo l'aveva stretta a se nel Lunapark, perché pensava che
presto
l'avrebbe persa?
E
perché si era dato tanta pena per lei? Solo
perché impietosito dal
suo triste destino o perché provava qualcosa per lei?
Mille
pensieri affollarono la mente di Akane, avrebbe voluto avere Ranma
lì
di fronte a lei affinché chiarisse i suoi dubbi ma sapeva
anche che
sicuramente appena se lo fosse trovato davanti sarebbe andata nel
pallone, non sarebbe stata capace di chiedergli nulla o avrebbero
finito per litigare.
«Non
l'ho mai visto così disperato come quel giorno in cui mi ha
detto
che eri malata.» confessò Ryoga, distogliendola
dai suoi pensieri.
«Ora
però basta con questi discorsi. Togliamo il disturbo e vi
lasciamo
festeggiare.» affermò Ukyo, alzandosi.
«Saremmo
felici se vi fermaste per la cena.» protestò
Kasumi, sorridendo.
«Devo
tornare al ristorante, mi dispiace.» rispose Ukyo.
«A
presto Akane, sono felice che tu stia bene.»
salutò Ryoga,
alzandosi a sua volta.
Accompagnati
gli ospiti alla porta, la famiglia Tendo e il signor Genma si misero
a tavola.
«Akanuccia!!!»
urlò Happosai, entrando dalla porta sul giardino e tentando
di
fiondarsi sulla ragazza.
«Eh
no, maestro!» lo rimproverò Kasumi.
«Akane è stata poco bene
quindi la lasci tranquilla.» aggiunse, sedendolo accanto a se
e
servendogli la cena.
I
tre giorni alle terme gli avevano dato molte occasioni per sfogare i
suoi istinti e poi, in fondo, neanche lui sapeva dire no alla dolce
Kasumi così sedette tranquillo e la cena poté
finalmente avere
inizio.
«Mi
è sembrato strano sentirti difendere Ranma, non è
il modo migliore
per cercare di conquistare Akane!» esclamò Ukyo,
tentando di
mantenere un tono di voce scherzoso e continuando ad incamminarsi
verso il ristorante.
«Ho
rinunciato ad Akane dopo ciò che è successo nella
foresta di
Ryugenzawa» spiegò Ryoga «Le
vorrò sempre bene, avrà sempre un
posto importante nel mio cuore e il pensiero che potesse morire mi
devastava ma il sentimento che provo per lei adesso è quello
di un
amico.»
A
quelle parole Ukyo gli lanciò un'occhiata veloce.
Possibile
che fosse vero?
Non
voleva pensarci, non voleva illudersi.
«Purtroppo
però ci sono ricaduto, ho rivolto nuovamente il mio
interesse ad una
ragazza il cui cuore batte per Ranma.» aggiunse, fermandosi
di colpo
e fissandola negli occhi.
Non
era da lui tanta audacia ma se c'era una cosa che aveva imparato da
quanto successo ad Akane è che non si può sapere
quanto tempo si ha
davvero a disposizione.
Ukyo
si sentì paralizzare da quello sguardo.
Aveva
davvero capito quello che pensava?
«Allora
mi dispiace dirtelo ma quella ragazza deve proprio essere davvero
stupida. Se avesse un po' di cervello avrebbe lasciato perdere Ranma;
è impossibile non accorgersi di quanto quei due tengano
l'uno
all'altra.» rispose Ukyo, incapace di dire di più
e riprendendo a
camminare per sfuggire allo sguardo del ragazzo.
«Nevica!»
esclamò poco dopo, sentendo il tocco freddo di un fiocco su
una
guancia.
Immediatamente
sentì uno scatto ed un ombrello a lei noto si tese su di lei
per
coprirla.
Afferrato
il manico lo raddrizzò affinché l'ombrello
riparasse entrambi e
rivolse un sorriso impacciato al ragazzo.
Fianco
a fianco i due proseguirono la loro strada. Non si erano detti molto
ma entrambi sentivano che quella passeggiata sotto la neve poteva
essere il primo passo di un cammino che portava alla
felicità.
«Maledetti
rompiscatole!» ringhiò Ranma quando, a notte
fonda, poté fare
ritorno a casa Tendo dopo aver seminato nemici e pretendenti.
Le
stanze erano tutte buie e silenziose, per colpa di quegli stupidi si
era perso i festeggiamenti per Akane e non aveva potuto passare
nemmeno due minuti con lei.
Non
che avesse la più pallida idea di quello che le avrebbe
detto ma
sarebbe già stato piacevole vederla felice e sorridente
sapendo che
non temeva più di perderla.
Sentendo
lo stomaco brontolare, entrò in cucina, nella speranza di
trovare
qualcosa da mangiare.
Senza
accendere la luce si diresse verso il frigorifero e lo aprì.
«Avrai
fame dopo aver corso così a lungo!»
esclamò Akane, accendendo la
luce.
Ranma
si bloccò. Moriva di fame ma temeva ciò che gli
sarebbe potuto
succedere se Akane gli avesse preparato qualcosa e, d'altro canto,
non voleva neanche litigare con lei proprio adesso quando aveva
appena scoperto che non rischiava più di perderla.
«Tranquillo,
Kasumi ti ha messo da parte la cena. Vai di là, la riscaldo
e te la
porto.» disse Akane, quasi leggendogli nella mente.
«Gr-grazie!»
balbettò il ragazzo, abbagliato dal dolce sorriso che lei
gli stava
rivolgendo, quindi uscì dalla stanza.
«Akemi,
che ci fai qui?»
«Sorpresa!»
rispose la donna, ridacchiando.
«Mi
avevano detto che avrei dovuto attendere a lungo prima di
rivederti.»
«E
così doveva essere.» spiegò.
«Solo che io ho cambiato un po' le
carte in tavola.»
L'anziano
le si sedette a fianco, guardandola confuso.
«Sai
che sono una sacerdotessa, le mie predizioni hanno contribuito a
salvare molte vite ma stavolta non c'era nulla che potessi fare se
non scendere a patti con la signora dalla lunga falce.»
continuò a
raccontare. «Ho scorto la ragazza in una visione, avrebbe
dovuto
avere tutta la vita davanti ma il suo destino era segnato
così l'ho
incontrata ed ho scambiato i nostri destini.»
«Dimmi
chi ti ricordano.» disse poi la sacerdotessa indicando i due
nella
cucina di casa Tendo.
«Noi
due.» rispose l'anziano, cingendo le spalle della moglie.
«Bé,
direi che è giunto il momento di andare.»
affermò la donna,
alzandosi un po' barcollante dalla nuvola su cui era seduta.
«Andiamo.»
approvò l'anziano, alzandosi a sua volta e porgendo il
braccio alla
donna.
Un
attimo dopo i due spiriti erano già spariti mentre un colpo
di vento
scompigliava le nubi.
«Ecco
a te.» disse Akane, poggiando il vassoio sul tavolo della
sala da
pranzo ma senza lasciarlo anzi, stringendo la presa nel tentativo di
trovare la forza di parlare. «Ukyo e Ryoga mi hanno
raccontato
quello che hai fatto per me. Grazie.» disse tutto d'un fiato
senza
trovare il coraggio di voltarsi per guardarlo in faccia.
Ranma
arrossì istantaneamente.
Non
sapeva se uccidere i due impiccioni o ringraziarli per il loro gesto.
L'unica
cosa di cui era consapevole era la vicinanza di Akane e la dolcezza
del suo profilo illuminato dalla luce.
Prima
che il pensiero cosciente lo rendesse consapevole di cosa stava
facendo, afferrò il braccio di Akane, costringendola a
voltarsi e
fece ciò che aveva tanto desiderato e sognato di fare.
Passata una
mano dietro la sua nuca, poggiò le sue labbra su quelle di
lei
baciandola con tutta la dolcezza di cui era capace.
Fu
un bacio a fior di labbra ma bastò a scombussolare entrambi.
Quando
si staccarono, Akane lo fissò, stupita.
Ranma
si chiese se non fosse il caso di scappare o di giustificarsi in
qualche modo. Immediatamente il ricordo dei giorni appena trascorsi
gli affollarono la mente, le sofferenze patite gli serrarono la gola.
«Non
voglio mai più rischiare di perderti.»
affermò Ranma, con voce
strozzata, attirando a sé Akane e stringendola tra le
braccia. Non
gli importava se dopo lei lo avrebbe mandato in orbita, aveva pensato
di doverle dire addio e adesso voleva solo sentire il calore del suo
corpo stretto al suo.
Ad
un tratto un tocco morbido sulla guancia lo ridestò dai suoi
pensieri. Fu solo in quel momento, quando Akane gli asciugò
gli
occhi con la sua mano, che si rese conto di stare piangendo.
Imbarazzato
da questa sua debolezza tentò di allontanarsi ma non
poté perché
Akane aveva intrecciato una mano con la sua in una stretta ferrea.
«Non
correrai mai più questo rischio.»
bisbigliò lei, sorridendogli
felice per poi accoccolarsi nuovamente tra le sue braccia.
Ranma
consumò la sua cena continuando a tenere la ragazza stretta
a sé,
parlando di piccole cose, giocando con le esili dita di lei,
assaporando finalmente un po' di felicità.
Adesso
sapeva che c'era tempo per loro ed era deciso a non sprecarlo
più, a
godere di ogni singolo attimo che il destino benevolo aveva voluto
regalargli.
ANGOLO AUTRICE:Che
ve ne pare? Delusi? Soddisfatti?
Vi aspettavate la Ryoga x
Ukyo?
Io no ma loro hanno deciso così, le
scene si sono evolute da sole e così li ho assecondati.
Grazie a tutti coloro che hanno seguito la storia.
Spero tornerete a trovarmi.
Notteinfinita.
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