Passeggiata al chiaro di luna

di LawrenceTwosomeTime
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Ci sono novanta tonnellate d'acqua salata che flottano sulla sabbia. Ci sono sessanta alberi morti che galleggiano sull'acqua.



C'è un'ombra che si fa strada sugli alberi.


Una falena screma le ali tra i capelli dell'ombra.


L'ombra sono io.
Non chiedetemi dell'insetto, non ha niente a che vedere con me. Polvere d'ala tra i fili neri della testa.


Mai sentita così viva, mentre avanzo nella nebbia; senza sapere quando giungerà l'ultima asse. E il mio piede sprofonderà nell'aria.

Mi chiamo Luna, e passeggio al chiaro di me stessa.
I miei occhi sono piccoli.
I miei seni, strabici.

La mia pelle oscura la madreperla argentina dello scheletro. Per questo non sarò mai splendente quanto la mia sorellina, Chiara d'Uovo.


Galleggia sulla nebbia il piede che poggia sul legno oscurato dall'ombra della Luna.


Calzari da dea greca, reca rotondità la mia sagoma piatta a quelle quattro schegge divelte che assecondano la formosità sinuosa del mondo. È tutto un girare di zattere. Sono seduta su un cerchio, in realtà. Non mi muovo.

Scriminature nell'acqua, riconosco il calco di una balena ferita che porta in bocca una sacca di genitali morti; genitori arresi. Teresa, mia madre, è una sirena legata al frontone dei denti, resa bizzosa dal seno che avvizza.


Quando il cetaceo mi inghiotte, il mondo si oscura, sostituito da una fiera di colori: una compagine magmatica di organi pulsanti colanti grida di morti, spiriti ardenti e crepitanti.



Da qualche parte ritroverò il mio uomo.




O forse, il pene che mi fu negato.




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