Dal diario di Irene Price

di berlinene
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Il coronamento del sogno nato in Gli allenamenti per farli conoscere... o no? 

Lo dicevo io, che non dovevo illudermi… Sono appena tornata dalla festa…uff… una noia mortale, sembrava una di quelle serate di gala cui ci trascinano i nostri genitori quelle poche volte che siamo con loro… Forse ha portato sfiga riciclare l’abitino da cocktail azzurro acquistato per una di quelle occasioni…

In realtà la serata era iniziata alla grande, insomma, scesa dalla macchina mi son trovata davanti un Ed b-e-l-l-i-s-s-i-m-o: scarpa elegante, jeans scuri, camicia bianca un po’ stropicciata indossata con studiata nonchalance fuori dai pantaloni e, infine, cravatta coi colori della Toho portata lenta. I capelli erano raccolti in parte in un codino alto e lasciati sciolti sul collo. Mi ha accolta con un educato inchino seguito da uno dei suoi sorrisi dolcissimi, infine mi ha porto il braccio e mi ha guidata dentro. Qui ho salutato Mark e conosciuto ufficialmente Danny, per poi essere presentata all’intera Toho, non senza qualche imbarazzo ai vari: "Ah, la tua ragazza Ed non sapevo ce l’avessi…" etc.

La conversazione è stata piacevolissima ma la festa era una palla assurda, una specie di galà di presentazione della scuola e della squadra con tanto di premiazione di ex alunni. Ed sembrava imbarazzato, ma non saprei perché, alla fine, non abbiamo avuto neanche un minuto per scambiare due parole da soli. Mezzanotte è arrivata in un lampo e con essa il mio autista. Non c’è molto altro da dire del mio primo appuntamento se non --------------

 

RITIRO TUTTO. È passata poco più di un’ora dalle ultime parole che ho scritto eppure… niente è uguale ad allora.

Mentre scrivevo è suonato il cellulare: Ed. Ho risposto. Mi ha detto solo: "vediamoci in giardino dove c’è la porta". E ha riattaccato. Sorpresa e curiosa, facendo attenzione a non farmi sentire, sono scesa in giardino. Appena arrivata vicino alla porta, qualcuno oltre il muro di cinta ha sussurrato il mio nome. Neanche il tempo di dire "Sì, sono io", che un’ombra si è delineata sopra il muro stesso e, dopo essersi dondolato brevemente al ramo di un albero, Ed mi è atterrato davanti, ancora più bello di prima, coi bei vestiti sporchi e sgualciti, qualche rametto fra i capelli spettinati e i grandi occhi neri velati di tristezza.

Non so se potete immaginare come mi sono sentita: ho cominciato a pensare che la gente ha ragione quando dice che casa mia è una reggia, perché in quel momento io mi sentivo davvero una principessa. E lui sembrava il principe azzurro, reduce dalla lotta col drago.

"Perdonami se ti ho disturbata" ha attaccato lui "ma volevo, ecco, chiederti scusa per stasera".

"E di cosa?" ho chiesto conciliante.

"È stata una palla di festa".

"Ma va… sai quante me ne sono sciroppate coi miei? Ci sono abituata…"

"Appunto. Non è quello che avrei voluto per il nostro… primo appuntamento. Non doveva andare così".

"E come doveva andare?"

"Beh…" mi ha guardata stupito ed è arrossito lievemente "almeno stare un po’ da soli…"

"Ora lo siamo" ho detto sorridendo e appoggiandomi con la schiena al palo più vicino.

"È per questo che son venuto fin qua in motorino".

Azz… non ci avevo pensato… Ma ora che me lo faceva notare… beh, lo ammetto: gongolavo. Ma ho minimizzato:

"Appunto, non c’era bisogno".

"Invece sì" ha detto lui con decisione "Io ne avevo bisogno. Avevo bisogno di seguirti, di chiederti scusa, di vederti ancora qualche minuto, di stare un po’ solo con te e di…" Si è avvicinato, la sua voce tremava, e anche le mie gambe. Il suo volto vicinissimo al mio, il profumo buonissimo della sua pelle e dei suoi capelli misto a quello delle foglie e della polvere…Non era la prima volta che ci trovavamo così vicini, eppure… quel profumo era una sensazione nuova. Come lo erano lo strano formicolio sulle labbra e la fitta al basso ventre.

Con le sue grandi mani mi ha sfiorato le spalle poi, cingendomi con le braccia, si è appoggiato al palo dietro di me. Ho sentito tutto il suo corpo snello e muscoloso sul mio e il suo… beh, ci siamo capiti, che premeva sul mo bacino.

Ho chiuso gli occhi per abbandonarmi a quella sensazione di forza e protezione, cui si è aggiunta di lì a poco la pressione leggera delle sue labbra che, dolcissime, si sono dischiuse, quindi il brivido caldo, umido e morbido della sua lingua che s’insinuava delicatamente fra le mie labbra, che avide, rispondevano da sole. Senza neanche accorgermene mi sono ritrovata ad abbracciare e carezzare le spalle forti, il corpo magro e muscoloso, i capelli morbidi e folti.

"Proprio non ce la facevi, eh, ad aspettare la prossima volta" gli ho detto quando, infine, ci siamo sciolti dall’abbraccio.

"Più che altro avevo il terrore che non ci sarebbe stata una prossima volta" ha sorriso sfiorandomi di nuovo le labbra con un bacetto. "Adesso mi sento un po’ più tranquillo. Credo sia ora di andare, mi aspetta un bel po’ di strada".

"Sì, e io rientro, prima che qualcuno ci veda. A sabato, allora?"

"Ok" ha fatto per andarsene, poi è tornato indietro e mi ha baciato di nuovo. "Ciao".

Con la solita agilità da gatto si è arrampicato sull’albero, quindi è saltat osul muro di cinta e giù dallo stesso.

Ho ancora addosso il suo profumo e in bocca il suo sapore. Sono felicissima!

Ancora non so cosa trovi in me uno così, ma qualunque cosa sia, sono felice che ce la trovi e spero che continuerà a farlo a lungo…

 





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