Harriet si buttò sul letto a peso morto con un sonoro sbuffo, chiudendo gli occhi e inspirando. Sonya ridacchiò, rigirandosi nel letto e voltando lo sguardo verso di lei. Le faceva ridere il fatto che Harriet se la prendesse per ogni cosa quando la situazione le sfuggiva di mano. La rossa le ripeteva sempre di rilassarsi un po’ di più e di essere più tollerante con le novelline, ma l’altra la riteneva fin troppo buona.
Sonya accarezzava i corti capelli scuri dell’amica e la sua pelle chiara spiccava ancor di più vicino a lei.
Harriet riaprì le palpebre e le sue iridi scure fissarono quelle azzurre della compagna, restando per qualche momento in silenzio, col solo rumore dei loro respiri.
La mano di Sonya la faceva quasi addormentare, si sentiva cullata e protetta e quel contatto le faceva scivolare via tutta la tensione che accumulava durante il giorno quando doveva impartire ordini e assicurarsi che tutto andasse bene.
La mano della rossa si bloccò, scivolando fino ad accarezzare la sua guancia col pollice. E poi, senza davvero realizzare, le labbra dell’amica erano sulle sue. Calde, morbide, umide, in un gesto avventato.
La mano scura di Harriet si posò sul petto dell’altra, scostandosi di poco, tanto bastò per fissarla sconvolta, sgranando gli occhi, cercando di assimilare cos’era appena successo.
Sul viso della rossa si dipinse una punta di paura e disagio, che la fece subito arretrare, in imbarazzo.
«Scusami» si affrettò a farfugliare, abbassando mestamente il capo e non sapendo cosa dire o fare, se non torturarsi le mani in grembo.
Harriet si sentì presa alla sprovvista, incapace di spezzare quel silenzio frustrante che si era venuto a creare nella stanza. Il sapore delle labbra di Sonya era ancora impresso sulle sue e avrebbe tanto voluto leccarsele, se solo non si sentisse in imbarazzo a farlo di fronte alla ragazza. Quel contatto gli aveva fatto provare qualche sprazzo di ricordo, come una sensazione nostalgica di protezione, affetto e piacevole calore.
Si tirò su col busto, prendendo la mano di Sonya e aspettando di guardarla negli occhi; la rossa trasalì, facendo scattare la testa nella direzione della nera e sentendosi messa a nudo sotto il suo sguardo duro e penetrante, ma impotente di distogliere il suo.
E poi Harriet si avvicinò e stavolta le sue labbra erano voraci, piene del desiderio di voler di più di quel semplice contatto, sempre di più. La rossa si fece più vicina, circondandole la vita con le gambe e spingendo il bacino verso di lei. Le mani di Harriet scivolarono lungo i suoi fianchi e risalirono fino ai seni. Non si era mai soffermata a pensare al corpo delle altre ragazze, le era sempre sembrato una cosa così naturale, scontata, mentre ora si ritrovava a pensare a quello di Sonya in una maniera differente, qualcosa che aveva sempre saputo, ma di cui ora aveva preso atto: desiderava scoprire ogni singolo centimetro di quella pelle chiara, baciarlo, sentirlo ardere sotto le sue dita.
Erano l’una contro l’altra, eppure non sembravano mai abbastanza vicine.
Sentì la mano di Sonya accarezzarla, metterla a nudo, e il suo respiro si fece più pesante, un gemito soffocato riuscì a uscire dalla sua bocca, mentre per qualche istante chiudeva gli occhi, per poi riprendere a baciare la rossa con ancora più foga.
Eppure non si sentiva in imbarazzo ad essere vista così vulnerabile, non con Sonya, non con la sua amica più fidata, la sua ancora in quel Labirinto, quella chiara ragazza che invece aveva sempre desiderato il suo corpo e aveva taciuto fino ad allora.
E sembrava così giusto intrecciarsi in quel modo, come se ci fosse bisogno d’altro.