SALVE A TUTTI! CHIEDO SCUSA PER IL FANDOM ASSURDO
IN CUI STO SCRIVENDO
(E IN CUI SONO CAPITATA PER CASO).
Partiamo
dal fatto che ora faccio la babysitter
e quindi sono diventata un'espertona di cartoni animati di Rai yoyo. Se
qualcuno di voi ha fratelli/cugini piccoli che si drogano con questo
canale,
certamente saprà che in programmazione hanno anche "Le nuove
avventure di
Peter Pan" che mi ha presa tantissimo, soprattutto perché
sono una
bambinona troppo cresciuta e perché (questo me l'hanno detto
millemila persone)
essendo dei gemelli sono capace di innamorarmi (in senso platonico) 15
volte al
giorno di qualsiasi cosa, dagli uomini veri ai cartoni animati, e
quindi sono
stata mortalmente colpita dal fascino di Peter. Quindi mentre guardavo
l'ennesima puntata ho pensato..."E se ci scrivessi una ff? Per
rivalutare
Uncino innanzitutto e poi finalmente per rendere giustizia alla coppia
Peter/Wendy?" e così, armata di carta e penna come i
migliori monaci
amanuensi, mi sono messa all'opera.
Ora,
spero che questa storia vi piaccia e che
vi colpisca almeno un pochino, quel tanto che basta per una recensione
e per
seguirla fino alla fine.
Un
abbraccio ^_^
01.
Splendeva
il sole sull’Isola che
non c’è. Peter Pan osservava l’alba
dalla cima dell’albero in cui aveva
costruito il suo rifugio respirando l’aria fresca del mattino
e pensando alla
giornata che si parava davanti a lui. I bimbi sperduti dormivano
tranquilli
nelle loro amache e Trilly, la piccola fatina compagna inseparabile di
Peter,
riposava su una morbida foglia.
L’intera
isola era silenziosa e
calma.
Le
sirene alla laguna se ne
stavano sdraiate sugli scogli. Le loro code squamate rilucevano,
proiettando
graziosi riflessi verdi e azzurri sul filo dell’acqua.
La
Jolly Roger, la nave di
Capitan Uncino, invece aveva gettato l’ancora su una spiaggia
lì vicino. I
pirati erano già al lavoro. C’era chi spazzava il
ponte, chi sistemava le
corde, chi ancora, munito di secchio e spazzolone, tirava a lucido
tutta la
nave. Sapevano bene che se il loro capitano avesse trovato anche solo
un
puntino fuori posto, sarebbero stati guai per tutti.
Era
una giornata importante sull’Isola
che non c’è. Peter Pan aveva preso una decisione
fondamentale che avrebbe
cambiato la vita dei bambini e li avrebbe rallegrati parecchio.
I
bimbi sperduti si alzarono alla
spicciolata e raggiunsero il loro “capo” che li
aspettava all’ingresso del loro
nascondiglio.
«Oggi
è una giornata
importantissima! Vi ho preparato una sorpresa! Ho deciso che
porterò qui la
bambina che racconta le favole» disse, gonfiando il petto
orgogliosamente.
«Peter,
non puoi!» esclamò Trilly
volandogli davanti agli occhi.
«Perché
no? Sono sicurissimo che
sarà felice di venire qui a raccontarci qualche storia e
anche voi sarete felici
di averla qui».
Non
attese nemmeno la risposta
della fata e volò verso la sua destinazione.
«Combinerà
sicuramente qualche
pasticcio» sussurrò lei, seguendolo.
*
A
Londra era ora di andare a
dormire.
«Wendy,
ci leggi una storia?»
chiese Michael stringendo il suo orsetto e rannicchiandosi sotto le
coperte.
La
giovane sorrise,
scompigliandogli i folti capelli scuri.
«Aspettiamo
John» rispose lei,
poi si legò i riccioli ramati sulla nuca e prese un libro
dalla mensola dei
fratelli.
In
quel momento entrò anche il
maggiore dei due maschi che, riposti gli occhiali sul comodino, prese
posto nel
suo letto, in attesa della favola serale.
Wendy,
John e Michael
rispettivamente di 17, 14 e 4 anni, erano tre fratelli molto uniti.
I
genitori erano quasi sempre
fuori casa per lavoro e, nonostante amassero alla follia i propri
figli,
avevano delegato Wendy al ruolo di mamma.
La
giovane si schiarì la voce,
lisciò una piega della maglietta, quindi aprì il
libro delle fiabe.
«C’era
una volta, in una terra
lontana lontana…».
Fu
interrotta da un forte rumore
proveniente dal balcone della cameretta. Subito i tre fratelli
scattarono in
piedi, spaventati.
La
portafinestra si spalancò con
un tonfo sordo e sulla soglia comparve un ragazzo.
Aveva
i capelli corti, rossicci e
scompigliati, con un ciuffo che gli ricadeva davanti ai suoi occhi
scuri,
profondi e magnetici, ma ciò che colpì di
più Wendy, oltre agli strani abiti
verdi, fu il suo sorriso sghembo e beffardo.
«Chi
sei e cosa vuoi da noi? Non
abbiamo paura di te!» esclamò John, frapponendosi
tra lo sconosciuto e i suoi
fratelli.
Il
ragazzo mosse un passo all’interno
della stanza e alzò le braccia in segno di resa.
«Calmi
amici. Non voglio farvi
nulla di male. Il mio nome è Peter Pan e voglio portarvi con
me a casa mia,
sull’Isola che non c’è».
I
tre fratelli rimasero in
silenzio, incerti su quanto appena sentito.
«Ehm,
Peter sei sicuro di
sentirti bene?» domandò Wendy avvicinandosi.
«Certo!
I bimbi sperduti non
vedono l’ora di conoscerti per ascoltare le tue favole. Vi
farò vedere la
laguna delle sirene, la tribù di Giglio Tigrato e anche la
nave di Capitan
Uncino».
La
ragazza inclinò la testa,
osservandolo, quindi gli poggiò una mano sulla fronte,
scostandogli il ciuffo
ramato nel tentativo di capire se il ragazzo fosse in preda ai deliri
della
febbre.
Peter
Pan, stupendosi di se
stesso, si sentì avvampare le guance si scostò di
colpo. Non era mai stato così
vicino ad una ragazza.
In
quel preciso istante un’onda
luminosa si frappose fra Wendy e il ragazzo, colpendo la giovane sulla
fronte
che si portò le mani al volto mugugnando di dolore.
«Trilly!»
esclamò Peter,
preoccupato.
La
luce si affievolì e i tre
fratelli si trovarono di fronte ad una ragazza in miniatura dotata di
ali.
Non
era più alta di una spanna,
indossava un abitino fatto di foglie con delle scarpette abbinate.
Aveva folti
capelli biondi, raccolti in un disordinato chignon con un ciuffo che le
ricadeva davanti agli occhietti azzurri.
«Era
troppo vicina! Credevo
volesse farti del male» esclamò la fatina in sua
difesa.
John
afferrò gli occhiali sul
comodino.
Lui
e Michael erano senza parole.
Assisterono alla scena senza riuscire a credere a ciò che
avevano appena visto.
«Tu
sei veramente una fata?» chiese
il più piccolo dei due attirando l’attenzione
della fanciullina su di se.
«Certamente,
altrimenti come
potrei fare questo?» rispose fregandosi le mani e cospargendo
una manciata di
polverina luminosa sulla testa corvina del piccolo.
L’effetto
fu subito evidente. I
piedi di Michael si staccarono dal pavimento e lui cominciò
a fluttuare
leggiadro e senza peso per la cameretta ridendo come un matto.
«Anche
io voglio volare!» esclamò
John saltellando entusiasta e subito la sua richiesta fu esaudita dalla
fatina.
Wendy
non credeva ai suoi occhi.
I suoi fratelli stavano volando e Peter Pan con loro.
«Ora
mi credi?» chiese il giovane
tendendo la mano alla ragazza.
La
fanciulla sorrise, incantata
dallo sguardo magnetico di quello strano e buffo tizio.
«Sì,
portami all’Isola che non c’è»
disse, stringendogli la mano.
Trilly
li separò immediatamente.
«Ci
penso io a fari volare»
sibilò, arrossendo di rabbia.
Dopo
pochi istanti uscirono tutti
dalla portafinestra e, in piedi sul balcone, attesero di partire.
«La
mamma e il papà si
preoccuperanno moltissimo quando non ci troveranno» disse
Wendy, voltandosi verso
la stanza.
«Non
ti preoccupare. Sull’Isola
il tempo scorre in maniera diversa che qui. Un paio di giorni con me
equivarranno a pochi minuti quaggiù» disse Peter
rincuorandola.
Lei
gli sorrise, quindi
spiccarono tutti un salto e seguirono i due stranieri verso il loro
mondo.
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