Angolo autrice
Io
sottoscritta me medesima non ho idea di quale sia l’origine
di questa cosa qua
sotto. O meglio, so che ha qualcosa a che fare con la canzone
“Taking over me” degli
Evanescence (che
trovate nel titolo, nei titoli dei capitoli e anche nelle citazioni a
inizio
capitolo) ma non è ben chiaro quando e come io sia finita a
scriverla. Comunque,
andiamo avanti. Niente da fare, io e l’angst andiamo a
braccetto come Vegeta e
Gohan (?). Siamo inseparabili, anche quando tento di scrivere qualcosa
di
allegro (sì, perché a volte parto con delle buone
intenzioni) finisco nelle
catastrofi/sofferenze-varie. La storia qua sotto non è da
collocare in una
particolare serie, diciamo che la storia tra Vegeta e Gohan
è stata più o meno
quella descritta nel riassunto che trovate QUI,
e se vogliamo forse c’è un accenno a QUESTA
piccola OS, ma di fatto penso sia leggibile da sola. Non credo di avere
altro
da aggiungere, ringrazio chiunque abbia l’ardire di leggere
questa mia ennesima
Vegehan, come sempre chiunque abbia consigli da darmi per aiutarmi a
migliorare
è ben accetto :)
Disclaimer
» Dragon Ball © Akira Toriyama.
______________________________________________
You
don’t
remember me…
I lie awake
and try so hard not to think of you
But who can decide what they dream?
«
Vegeta, so che non dev’essere
facile, lo
capisco. »
No,
lei non capiva proprio niente.
Imprecò
tra i denti, lanciando occhiatacce al telefono da cui proveniva il
messaggio
lasciato da Bulma, quasi la sua rabbia fosse stata sufficiente a farlo
saltare
in aria.
Avrebbe
potuto distruggere l’apparecchio con poco più che
il movimento di un dito, ma
non lo fece, continuando a giacere a terra simile in tutto e per tutto
a un
corpo morto, fatta eccezione per il fatto che stesse respirando e che
il volto
fosse contratto in una smorfia rabbiosa – finta, tutto
ciò che provava era
vuoto.
«
Non ti chiedo di accettare la cosa con
ottimismo, so che non ci riusciresti mai, solo… Siete stati
insieme per tanto
tempo… »
Anni
della sua esistenza buttati all’aria, svaniti in una nube di
fumo per colpa di
un singolo errore di calcolo.
Se
solo non avesse tardato di un istante a colpire il loro avversario, se
solo non
avesse avuto quell’unico momento di esitazione dovuto alla
paura di sbagliare e
colpire la scienziata stretta nella morsa del mostro, questi non
avrebbe potuto
attaccare, non avrebbe potuto colpire Gohan.
Esitare
per una misera terrestre: un errore imperdonabile che aveva pagato caro.
«
Non puoi abbandonarlo proprio ora.
»
E
se gli fosse rimasto accanto, così come Bulma gli stava
dicendo di fare, a chi
avrebbe giovato?
Non
a Gohan, poiché lui non era certo mai stato portato per il
supporto. Non a lui,
poiché convivere con quella sua condizione non avrebbe fatto
altro che
distruggerlo dentro. A che scopo, dunque, avrebbe dovuto tentare?
«
Non si ricorda di te, è vero, non
si
ricorda di nessuno di noi, ma non è sparendo dalla sua vita
che cambierai le
cose. »
Invece
sparendo avrebbe cambiato qualcosa.
Avrebbe
rimediato a un errore che si era protratto troppo a lungo. Avrebbe
permesso al
ragazzo di vivere tranquillamente accanto a qualcuno di diverso e
avrebbe
permesso a se stesso di allontanarsi da tutti quei sentimenti che lo
stavano
rovinando – era colpa di quelle maledette emozioni se aveva
esitato, con fatali
conseguenze.
Tutte
scuse, riconobbe una parte di lui.
Era
semplicemente troppo doloroso convivere con quella situazione,
affrontare la
consapevolezza di essere poco più che un estraneo per lui.
«
Non voglio obbligarti a fare nulla,
vorrei solo che tu ci pensassi… E mi piacerebbe che mi dessi
retta, alla fine.
»
Era
rimasto accanto a Gohan finché non era tornato cosciente,
vegliando il suo
sonno e uscendo dalla finestra ogni volta che qualcuno metteva piede
nella
stanza, premurandosi di mantenere l’aura azzerata e di spiare
all’interno della
camera con discrezione, per poi tornare dentro una volta che fossero
rimasti
solo lui e il ragazzo.
Quando
Gohan aveva finalmente aperto gli occhi, mancava mezz’ora
all’orario di visita
e Vegeta aveva sussultato di sorpresa, non riuscendo poi a trattenere
un mesto
sorriso. Questo, fino a quando non aveva visto il vuoto negli occhi del
ragazzo.
“Dove
sono?” aveva farfugliato questi, con voce roca e impastata.
“Chi sei?”
Non
aveva detto nulla, Vegeta, gli aveva semplicemente voltato le spalle ed
era
uscito – scappato – dalla finestra.
«
Forza, non arrenderti, che fine ha fatto
il Principe dei Saiyan? »
Sorrise
amaramente.
«
Saiyan… » sussurrò, con una mezza
risata fuori posto. « Non sono degno di
questa razza, non più… »
Era
fuggito, alla stregua dei codardi che tanto disprezzava, non era stato
in grado
di sostenere quegli occhi – così vuoti, privi dei
sentimenti che ormai era
abituato a scorgervi – per più di qualche istante.
“Chi
sei?”
«
Chiamami, se ti serve qualcosa.
Ciao…
»
Accolse
il bip che segnava la fine del messaggio come una liberazione: non
voleva
ascoltare nessuno, non voleva pietà o consigli, tutto
ciò di cui aveva bisogno
era togliersi la voce di Gohan dalla testa.
“Chi
sei?”
*
*
*
Lo
fissò con sguardo gelido, non accennando alcun movimento che
potesse far intendere
che avesse alcuna intenzione di farlo entrare.
Gohan
lo guardava sorridendo sulla soglia di casa sua – loro
– e a qualcun altro
sarebbe parso quello di sempre, ma quegli occhi erano ancora troppo
vuoti
perché Vegeta potesse anche solo illudersi che fosse
così.
Era
passato poco più di un mese dal risveglio del ragazzo, tempo
che il principe
aveva trascorso chiuso nella Gravity Room, ricevendo la visita del
figlio o di
Bulma talvolta. Si era impedito di andare anche solo a controllare come
stesse
Gohan, deciso a dimenticarsi tutto ciò che era accaduto tra
loro.
Poi
se lo ritrovava lì, in procinto di bussare
nell’esatto momento in cui lui stava
per uscire senza preoccuparsi di controllare che non ci fossero aure
altrui
nelle vicinanze.
“Buongiorno,
tu sei Vegeta, vero?” aveva detto il ragazzo, sorridendo
cordialmente.
Non
gli aveva ancora risposto.
«
Ehm… Ehi? » lo richiamò Gohan, con una
punta d’imbarazzo.
Il
principe si riscosse, assunse un cipiglio severo e sibilò, a
denti stretti: «
Che cosa vuoi? »
Il
ragazzo parve spiazzato da quell’ostilità,
dettaglio che contribuì solo a
innervosire ulteriormente Vegeta – mai Gohan si stupiva o
lamentava delle sue
ostilità, semplicemente vi era abituato e aveva capito come
scavalcare quel
muro di rabbia.
«
Io… Mi dispiace se ti ho disturbato, mi hanno raccontato che
noi… Ecco… » Un
lieve rossore colorò le guance del ragazzo, che
ridacchiò nervosamente. «
Pensavo che avresti potuto aiutarmi a ricordare
qualcos’altro… »
Non
gli aveva chiesto come mai non si fosse fatto vedere per tutto quel
tempo, come
mai dal momento che glielo avevano presentato come “il suo
fidanzato” non si
fosse neppure degnato di unirsi a quel gruppo di gente che sicuramente
aveva
già tentato di aiutarlo a ricordare quanto più
possibile.
Non
glielo aveva chiesto, e Vegeta per un istante accarezzò
l’idea di urlargli di
sparire, perché non gl’importava nulla di lui e
non voleva avere a che fare con
tutta quella storia della memoria perduta, tuttavia si
limitò a uno sguardo
gelido – falso, ma il ragazzo probabilmente non se ne sarebbe
accorto, in
quelle condizioni – e a uscire di casa, chiudendosi la porta
alle spalle e
dirigendosi verso la Gravity Room con solo un “Devo
allenarmi” come congedo.
“Chi
sei?”
*
*
*
Era
ormai sera quando si decise a interrompere il proprio allenamento.
Aveva
distrutto quasi tutti i robot a sua disposizione, poiché non
era riuscito a
controllare la propria furia ogni volta che il sorriso allegro di Gohan
aveva
fatto capolino nella sua mente, accompagnato da quegli occhi che una
stupidissima perdita di memoria aveva cambiato tanto.
Spense
il pannello che regolava la gravità, sentendosi stanco ma
non essendo riuscito
a scaricare del tutto i nervi. Forse, avrebbe dovuto mangiare qualcosa
e
allenarsi ancora.
Quando
viveva ancora con Gohan, dopo cena si sedevano sul divano con la
televisione
accesa, anche se spesso il ragazzo dedicava la propria attenzione a un
libro, e
se mai il principe avesse avuto un pensiero del genere, avrebbe dovuto
affrontare un improvvisato e giocoso corpo a corpo con il suo
fidanzato,
finendo per dimenticare completamente l’allenamento.
Ora
non riusciva a stare fermo su quel divano senza provare
l’impulso di mettere la
casa sotto sopra. E allora tornava nella Gravity Room.
Quando
varcò la soglia della sua palestra personale, non si sarebbe
aspettato di
ritrovarsi ancora a faccia a faccia con Gohan e una parte di lui non
poté fare
a meno di rallegrarsi del fatto che, malgrado tutto, la testardaggine
del
ragazzo fosse ancora lì, intatta.
«
Che cosa ci fai ancora qui? » ringhiò,
maleducatamente, constatando che il
moccioso avesse azzerato l’aura, per evitare che si
accorgesse della sua
presenza e rimanesse chiuso nella Gravity Room. Lo aveva raggirato,
maledizione
a lui.
«
Hai detto che dovevi allenarti. » gli rispose Gohan,
semplicemente. « Non mi
hai detto di andare via. »
In
un’altra circostanza, avrebbe ghignato di fronte alla sua
furbizia. Ma in quel
momento, riuscì solo a fulminarlo con lo sguardo.
«
Te lo dico ora: vattene. »
Fece
per superarlo, ma Gohan lo afferrò per un braccio allo scopo
di trattenerlo –
per un istante, parve che tutto fosse tornato come prima,
poiché quel contatto
parlava di confidenza, era il tipico gesto usato quando voleva
impedirgli di
scappare da lui – e il principe gli lanciò uno
sguardo obliquo.
«
Aspetta, non andare. » gli disse il ragazzo «
Voglio solo… Parlare. Voglio
ricordare la mia vita. La nostra, magari. »
Vegeta
provò a mantenere una facciata d’astio,
provò a mandarlo nuovamente via, ma
tutto ciò che riuscì a fare fu scrollarsi il suo
braccio di dosso e dirigersi
verso la casa a passo moderato. Normalmente, Gohan lo avrebbe
correttamente
interpretato come un gesto di resa, un invito a seguirlo, ma il ragazzo
che
aveva davanti non ricordava come leggere la sua mente, dunque rimase a
fissare
la sua schiena che si allontanava, immobile.
E
allora il principe, quasi senza pensarci, nel momento in cui avrebbe
dovuto
chiudersi la porta alle spalle la lasciò socchiusa, in un
invito più esplicito
– non sarebbe stato necessario, solo qualche mese fa.
“Chi
sei?”
*
*
*
«
Non c’era altro in casa. » annunciò
Vegeta, dopo aver preparato del riso e
averlo servito al ragazzo che, guardandosi attorno con avida
curiosità, sedeva
a tavola.
Era
tutto così giusto e al tempo stesso terribilmente sbagliato:
Gohan era lì, a
mangiare con lui come ormai era abitudine, ma solitamente non solo
sarebbe
stato lui a cucinare, salvo qualche eccezione, ma non si sarebbe seduto
lì, di
fianco al posto di Vegeta, bensì di fronte –
“Perché rendeva più facile
parlare” diceva, il suo moccioso amante delle chiacchiere.
«
Andrà benissimo, non preoccuparti. Grazie. » disse
gentilmente il ragazzo,
accettando il piatto con un sorriso.
Il
principe non gli rispose nemmeno, in parte grato che Gohan non si fosse
seduto
di fronte a lui, poiché non era così obbligato a
guardarlo in viso tutto il
tempo.
«
Non è qui che mi siedo di solito, vero? »
La
domanda spezzò improvvisamente il silenzio e Vegeta non
dovette pensare prima
di rispondere, secco: « No. »
Non
volle domandarsi come lo avesse capito, non volle lasciar posto ad
alcuna
speranza. In fondo, lasciar perdere era stata una sua libera scelta,
no? Lui
voleva chiudere definitivamente quel capitolo della sua vita
– allora perché
tutti gli effetti personali di Gohan erano ancora lì, ad
attenderlo? Perché non
aveva detto a Bulma di portarli via il prima possibile?
«
Sentivo qualcosa di sbagliato. » gli spiegò il
ragazzo, senza che gli fosse
domandato. A Vegeta ricordò il modo in cui dopo il Cell Game
gli aveva
confessato quello che provava, in un flusso di coscienza denso di
lacrime e
assolutamente non richiesto.
«
Non ho ricordi precisi. » continuò Gohan, giocando
distrattamente con il riso
nel suo piatto. Gli parlò di sensazioni che non riusciva a
spiegarsi, di
vampate di affetto di fronte ai volti di familiari e amici, dello
smarrimento
che provava nel ricordare solo mezze verità quando le
ricordava…
Vegeta
non aprì bocca, immerso nella dolcezza di
quell’illusione che richiamava al
loro passato, alla loro intimità fatta di confessioni nelle
sere di dolore, di
lacrime prima e sorrisi poi.
Un’altra
persona, dopo quel lungo discorso, si sarebbe scusata per la troppa
parlantina.
Gohan non lo fece, limitandosi ad attendere una risposta.
«
Sei venuto qui per curiosare per casa, dunque? » gli
domandò invece Vegeta,
senza inflessione particolare nella voce.
«
Detta così non suona bene. » replicò
Gohan, ridacchiando. « Vorrei solo che mi
aiutassi a tentare di ricordare qualcos’altro. Tutto qui.
»
L’unica
risposta che ottenne fu un grugnito simile a un assenso.
*
*
*
Vegeta
non gli stava facendo da guida
turistica.
Semplicemente,
lo stava seguendo per tutta la casa, rispondendo in tono neutro alle
sue
domande.
In
quel momento si trovavano in camera da letto e Gohan, con la
curiosità propria
di un bambino, stava guardando nei cassetti di uno dei comodini di
fianco al
letto.
Il
ragazzo estrasse una serie di fototessere e le mostrò al
principe.
«
Quando le abbiamo scattate? » domandò.
«
L’ultimo Natale. » rispose Vegeta, in fretta, senza
fissare troppo a lungo i
sorrisi nelle fotografie. « Eravamo andati a cercare dei
regali al centro
commerciale. »
Le
labbra di Gohan si curvarono in un sorriso divertito.
«
Tu non volevi venire. » indovinò.
«
Ovviamente. » replicò il principe.
Il
ragazzo volle poi sapere come festeggiassero i compleanni, le vacanze
estive,
se la sera amassero uscire o stare a casa insieme, e il Saiyan bene o
male lo
accontentò.
Quando
poi giunse il momento in cui Gohan sarebbe dovuto tornare a casa dei
genitori,
Vegeta non riuscì a impedirsi di pronunciare parole di cui
certamente di lì a
poco si sarebbe pentito.
«
Posso dormire sul divano. » disse, velocemente. «
È tardi. »
La
mezza spiegazione aggiunta non lo fece sentire meno stupido, dunque
preferì
concentrarsi sulla sorpresa del ragazzo, che probabilmente non si
sarebbe
aspettato un’offerta simile.
«
Io… Non vorrei disturbare… » disse,
forse leggermente a disagio.
Vegeta
si strinse nelle spalle.
«
Fai come ti pare. » borbottò, sentendo la
delusione, suo malgrado,
attanagliargli le viscere.
Gohan
gli sorrise con un’ombra d’istintivo affetto sul
volto, forse intuendo il suo
stato d’animo, forse semplicemente vedendo in
quell’invito un’occasione per
aggiungere ulteriori pezzi al puzzle della sua vita.
«
Ti ringrazio. » accettò infine «
Però dormo io sul divano. »
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