Cap 41
“The mad circus says good night”
Fanfarlo, I'm A Pilot
Volute d’incenso serpeggiavano nella penombra.
Il loro profumo rilassava i sensi, portava l’animo in mondi
lontani.
E pizzicava i fori di respirazione.
Non mi devo grattare.
Non mi devo grattare. Non mi devo grattare.
Mi gratto!
“Michelangelo! Concentrati!”
Il richiamo di Splinter è stato più che altro una cantilena
sconfortata. Non che avesse sperato molto che il figlio minore riuscisse a
meditare sul serio, ma nell’ultima mezz’ora l’aveva già ripreso tre volte. Non
c’era niente da fare: per quanto si sforzasse, non poteva fermare l’argento
vivo.
“Scusa maestro! Ma non riesco a concentrarmi con questo
rumore!”
Leonardo ha aperto un occhio, non riuscendo a trattenersi
dall’intervenire.
“Ieri non c’era alcun rumore e non è che tu ti sia
concentrato molto” ha osservato con uno storto sorriso ironico stile Raph.
Michelangelo ha tirato fuori tanto di lingua.
“Non tutti sono come te, super Leo! Tu devi usare qualche
trucco. A me dopo dieci minuti fa male pure il fondo del guscio.” Ha incrociato
le braccia ed ha messo su un broncio infantile. Poi un altro rumore secco si è
chiaramente avvertito dal di fuori della stanza. “Senti?” ha chiesto indicando la
porta di carta con l’espressione di chi aveva inequivocabilmente ragione.
Splinter ha sospirato.
“Va bene, per oggi basta” ha detto alzandosi da terra.
Come se non aspettasse altro, Michelangelo è balzato su, si
è avvicinato alla porta di carta e l’ha aperta. La luce del dojo si è riversata
nella camera da letto di Splinter dove i tre avevano meditato, o almeno cercato
di meditare, su delle stuoie di bambù.
Michelangelo si è rigirato verso la stanza, dove Leonardo
stava ancora alzandosi in piedi con l’ausilio di una delle due stampelle che
aveva accanto a sé. L’arancione istintivamente stava per tornare indietro a sorreggerlo,
poi si è ricordato della minaccia di qualche giorno prima, quando aveva aiutato
il fratello nella stessa situazione.
“Fallo di nuovo e ti
mordo un braccio.” Sicuramente Leo scherzava, ma era meglio non correre
rischi.
Nel dojo, Raffaello e Donatello si stavano allenando.
L’uno di fronte all’altro, sudati e leggermente ansimanti,
stringevano nelle mani ognuno un paio di tonfa.
Hanno percorso un semicerchio, fronteggiandosi concentrati, poi Raffaello è
partito all’attacco.
Splinter e Michelangelo si sono seduti per terra, sotto
l’albero, ad osservare i due contendenti; Leonardo li ha raggiunti camminando
lentamente, aiutandosi con le stampelle, e poi si è seduto anche lui, con una
certa fatica.
Lo scontro era godibilissimo: i due fratelli erano i più
esperti nell’utilizzo di quell’arma. Lo stoccare di legno contro legno riecheggiava
nella sala. Donatello ha parato un assalto con maestria, si è chinato ed ha
sferrato un colpo basso. Raffaello ha saltato, poi è tornato ad attaccare.
“Cosa credi di fare, nerd?”
“Non so… Batterti?”
“Non farmi ridere!”
Altri colpi di piatto da Raffaello, parati con i legni
incrociati davanti al volto da Donatello, che poi ha ruotato leggermente gli
avambracci per colpire con le punte che sporgevano oltre i gomiti. Anche
Raffaello ha parato.
Il mutante mascherato in rosso ha fatto un passo indietro,
ha preso due profondi respiri, e con lo sguardo divertito ha buttato le armi a
terra.
“Ok, basta con questi giocattoli. Adesso facciamo sul serio”
ha detto sfoderando i suoi sai.
Donatello ha sorriso di rimando, allettato, ha voltato un attimo il
busto per gettare i tonfa accanto
alla parete, ed ha tirato fuori il suo bo dalla custodia sul guscio, iniziando
a ruotarlo con entrambe le braccia, con la sua solita scioltezza e grazia.
Raffaello ha attaccato, Donatello si è scansato; il primo ha
fatto un salto per evitare il colpo di bastone del secondo. L’uno ha caricato
basso con i suoi sai, l’altro ha ruotato il bo per deviarli. Girando in
circolo, l’uno di fronte all’altro, nella solita danza guerriera raffinata nel
corso degli anni, nelle stesse mosse ripetute fin da bambini. Raffaello più
aggressivo, Donatello più sciolto. Nulla era cambiato.
Neppure il fatto che alla fine, inevitabilmente, Raffaello
vincesse.
Mentre il rosso sovrastava il viola, incrociando le braccia
soddisfatto, Michelangelo si è alzato in piedi e si è lanciato scherzosamente
all’attacco. Non essendo una sessione d’addestramento guidata da Splinter, poteva
prendersi questa libertà; ha afferrato Raffaello, si è buttato giù insieme a
lui, e si è rialzato dopo una capriola.
“Lascia stare mio fratello, bruto!”
Raffaello è stato al gioco, si è a sua volta rialzato, ha
messo su una finta aria truce ed ha tirato fuori i sai appena riposti.
“Altrimenti?”
“Altrimenti dovrai vedertela con me!”
L’arancione ha caricato, nunchaku alla mano e sorriso
furfante sulle labbra.
“Ragazzi? Dove siete? È arrivata la pizza!”La voce femminile è risuonata fuori dal
dojo.
“April!” Donatello si è illuminato, ancora seduto per terra.
“Ehilà, gente?”
“E Casey.” Il sorriso di Donatello è decresciuto come il
tono della sua voce. Ha fatto appena percettibilmente spallucce e si è alzato,
per uscire fuori dal dojo, da dove erano appena schizzati Raffaello e
Michelangelo, abbandonando il combattimento, ancor prima della seconda zeta
della parola pizza.
Con un movimento fluido, anche Splinter si è alzato in
piedi, per raggiungere i giovani umani.
I suoi figli non avrebbero potuto trovare amici migliori.
Leali, coraggiosi. Con un mare di guai, anche loro, nonostante la giovane età.
In fondo, forse tra umani e mutanti ci poteva essere rispetto e affetto. Magari
un giorno il mondo avrebbe accettato i suoi ragazzi. Per lui, non aveva più
importanza. Per lui, il mondo erano loro.
Ha portato gli occhi giù verso Leonardo, ancora seduto per
terra. Ha colto l’adolescente con lo sguardo mesto, perso nel vuoto. Splinter
ha abbassato appena un po’ le orecchie; quando Leonardo l’ha guardato gli ha
fatto un piccolo cenno del capo, invitandolo ad alzarsi.
Il blu ha afferrato le stampelle, le ha drizzate, poi si è
fatto leva su di esse per alzarsi in piedi. Le gambe ancora tremavano
nell’operazione; ancora il corpo vacillava un po’ per tenersi in equilibrio. Ma
i risultati della riabilitazione nelle ultime settimane erano stati più che
soddisfacenti.
Credendo di interpretare correttamente l’espressione del
giovane, Splinter ha parlato, con voce calma e dolce.
“Non essere triste, figlio mio. Hai sentito Donatello. Vi
sono buone possibilità che tu ti rimetta completamente. Io sono fiducioso.
Credo che quanto prima potrai tornare ad allenarti con i tuoi fratelli. Stai
guarendo in fretta.”
Il mutante mascherato in blu ha annuito ed ha fatto qualche
passo.
“Grazie Sensei, ma non pensavo a quello.”
“Cosa ti turba, allora?”
“Pensavo…” La giovane tartaruga ha abbassato lo sguardo.
“Beh, ecco, mi vergogno per quello che ho fatto il mese scorso.”
“Il mese scorso?” Splinter si è accigliato, non riuscendo a
seguire i pensieri del ragazzo.
“Sì… le prime settimane dopo che mi sono svegliato… Il mio
comportamento è stato infantile e poco onorevole. Ti chiedo scusa, Sensei.”
Splinter ha posato le mani sulle spalle del figlio. Aveva
letto da giorni nei suoi occhi orgogliosi questo disagio, ed era felice che si
fosse finalmente deciso a parlarne.
“Quando la finirai di voler essere perfetto, Leonardo?”
L’adolescente mutante ha alzato la testa, attento.
Splinter ha stretto la presa.
“Ti sei comportato in modo assolutamente normale, date le
tue condizioni. Finiscila di voler cercare sempre la colpa nelle tue azioni, o
questo a lungo andare ti schiaccerà. Tutti facciamo degli errori. Tutti abbiamo
le nostre debolezze. Come ho spiegato l’altro giorno a Michelangelo,
l’importante è cercare di non farsi dominare da esse, ma imparare a gestirle.
Nessuno è perfetto, figlio mio. I tuoi fratelli non lo sono, io non lo sono, tu
non lo sei. Accettare questo è il primo passo per diventare un leader ancora
più forte, un ninja ancora più grande.”
Leonardo ha annuito di nuovo, stringendo gli occhi
determinato.
Splinter gli si è messo a fianco, cingendogli bonariamente
le spalle con un braccio, e guidandolo fuori dal dojo, verso la caotica
riunione dei suoi figli con gli amici umani. Donatello era già seduto accanto ad
April, Michelangelo aveva già una fetta di pizza in ogni mano e Raffaello si
stava già prendendo scherzosamente a botte con Casey.
Ma prima di arrivare nella zona centrale della tana, Splinter
si è fermato rivolgendosi ancora al giovane mutante.
“Un’ultima cosa. Vorrei farti una domanda.”
Gli occhi blu hanno guardato interrogativi.
“Se Donatello non avesse recuperato dal suo infortunio, e
non potesse più essere un ninja, o se non lo fosse mai diventato, magari per
inettitudine o semplicemente perché non si sentiva portato, tu gli vorresti
meno bene?”
Leonardo ha allargato gli occhi stupito.
“Cosa? No! Non m’importerebbe niente! O meglio, sono
contento che sia un ninja e sono orgoglioso di lui, ma gli vorrei sempre bene
allo stesso modo. É mio fratello!”
“E pensi forse che l’amore di un padre non sia forte come
quello di un fratello?”
Le guance sono arrossite quando Leonardo ha realizzato
commosso a cosa alludesse Splinter.
“Tu per me non sei una tartaruga, né un mutante, né un
ninja: tu sei mio figlio, hai capito?”
Il giovane mutante ha sorriso, felice.
“Sì, padre.”
Splinter gli ha poggiato nuovamente un braccio sulle spalle,
stringendolo questa volta un poco a sé, poi ha lasciato andare il ragazzo a
raggiungere gli altri. Leonardo ha zoppicato fino alla confusione di risate e
pizza, ed ha iniziato a contendersi una fetta ben condita con Michelangelo,
tenendo lontano con una stampella Raffaello e Donatello che si stavano gettando
anche loro all’assalto.
A pochi passi di distanza, Hamato Yoshi si è appoggiato con
entrambe le mani sul suo bastone verde, e li ha guardati.
Le quattro tartarughe. Leonardo, Raffaello, Donatello e
Michelangelo.
Li aveva presi tra le braccia, in quel vicolo, e portati con
sé.
Li aveva cresciuti, addestrati. Amati.
No, non è facile essere un padre. Vuol dire condurre delle
giovani vite a scoprire il mondo e sé stesse. Vuol dire imparare a dominare le
proprie paure per insegnargli a vincere le loro. Vuol dire essere abbastanza
forte da continuare ad aiutarli fino al giorno, ormai non molto lontano, in cui
non avrebbero più avuto bisogno di lui. Ma quel momento non era ancora
arrivato. E lui doveva aiutare Michelangelo a dominare la sua fobia, Donatello
a superare lo stress accumulato, Raffaello a fare pace con la sua coscienza e
Leonardo a riacquistare le proprie capacità. Avrebbe continuato a guidarli sulla
loro strada che, lo sapeva, era difficile e tortuosa. Li avrebbe accompagnati
verso il loro destino che, a quanto pare, aveva in mente per loro grandi cose. Allenati
per difendersi, avevano iniziato a difendere chi ne aveva bisogno. Nascosti al
mondo, difensori del mondo. Appena adolescenti, ma già forti e valorosi
guerrieri.
Giovani tartarughe mutanti ninja. Eroi.
I suoi figli.
Splinter ha sorriso e si è unito a loro.
FINE
Scena extra 1
“E questo sarebbe materiale genetico?”L’uomo con gli
occhiali scuri si è rigirato la fialetta di vetro tra le mani.
“Sissignore. Sono schegge di legno intrise di sangue e
tessuto epiteliale che era rimasto sotto le mie unghie, signore” ha risposto il
soldato con la divisa nera.
L’uomo con gli occhiali ha guardato la fialetta con un
guizzo negli occhi corvini, che si intravedevano anche dietro le lenti grigie.
Ma la sua espressione è rimasta impassibile.
Il soldato ha sentito un brivido scorrergli lungo la
schiena, come se nell’ufficio governativo dove era stato ricevuto fosse
improvvisamente sceso un freddo glaciale. L’uomo che aveva di fronte indossava
una camicia bianca, cravatta, pantaloni ed un lungo soprabito neri; i
lineamenti affilati, la fronte alta e stempiata ed il naso aquilino gli davano
un’espressione beffarda e crudele che incuteva nell’interlocutore un certo
disagio.
Il soldato ha deglutito. L’uomo per cui lavorava prima era uno
spietato assassino. Ma questo davanti a lui, ebbene, quest’uomo era il diavolo.
Scena extra 2
April ha sbadigliato mentre Casey metteva a posto il tombino
dal quale erano appena risaliti. Era stata una bella serata, adesso che
Leonardo stava meglio finalmente a casa dei suoi amici sembrava essere tornata
la serenità. Avevano mangiato la pizza, riso e scherzato, come ai vecchi tempi.
Mikey aveva tirato uno scherzo piuttosto pesante a Raph che
come al solito l’aveva inseguito per tutta la tana. Leo e Casey erano
praticamente caduti dal gradino dove erano seduti, sbellicandosi dalle risate,
indicando tra le lacrime il luccicante cuore rosa che decorava il guscio di Raph.
E Donnie… beh, Donnie come al solito l’aveva tenuta d’occhio
tutta la sera, per poi distogliere lo sguardo come se niente fosse quando lei
se ne accorgeva. April non aveva smesso di chiedersi, nelle ultime settimane,
cosa stesse succedendo quella volta, nel dojo: la memoria rivangava,
analizzava, confondeva; lei cercava di non pensarci, ma il pensiero tornava lì,
di prepotenza, soprattutto la sera. Lui si era avvicinato per baciarla? Non era
stata una sua impressione, no, non lo era? E lei, cosa stava facendo, lei? E
cosa sarebbe stato di loro se…? Beh, comunque, per ora preferiva continuare a
mantenere la questione solo
sul piano delle supposizioni.
Sì, una bella serata. La notte era ormai inoltrata ed adesso
lei aveva decisamente sonno; tra qualche ora la sveglia per la scuola sarebbe
stata implacabile e… April ha sussultato quando ha visto una forma immobile
distesa in fondo al vicolo scuro dove erano sbucati.
Un uomo giaceva tra i rifiuti, coperto da fogli di giornale.
Sporco e logoro, aveva una brizzolata barba incolta sul viso ed i capelli
lunghi e sudici.
“Casey! C’è qualcuno!” ha bisbigliato la ragazza
all’orecchio dell’amico.
Il teenager con la bandana ha dato un’occhiata, poi ha
annuito.
“É un barbone, lo vedo spesso. Da qualche tempo bazzica in
questa zona. É innocuo, Rossa”ha risposto anche lui a voce bassa.
“Pensi che ci abbia visto uscire dal tombino?”
“Nah, dorme, non vedi? Dalla puzza di alcol deve essere
ubriaco fracido, poveraccio. E poi siamo a New York, baby, qui la gente non si
stupisce più di niente. Andiamo.”
La ragazza ha dato un’ultima occhiata all’uomo, impietosita,
prima di allontanarsi insieme all’amico.
Un occhio grigio si è aperto.
N/A Avete
presente quella sensazione di piacevole malinconia che si prova quando finisce
una festicciola tra amici e si chiude il portone, voltandosi a guardare i
bicchieri sul tavolino e qualche piattino qua e là? Ebbene, è quello che provo
al momento. Un piccolo lungo viaggio di due mesi insieme a vecchi e nuovi
amici, divertendosi insieme, scherzando su passioni comuni, giocando, ridendo,
raccontando. Grazie di cuore, a tutti voi, a chi mi ha letto, a chi ha recensito,
ha chi si è intrattenuto un po’ insieme a me. Cos’è la vita se non ci si
diverte almeno un pochino tutti i giorni? E noi lo facciamo anche così,
scribacchiando e leggendo. Spero di risentirvi tutti presto. Adesso mollerò un
po’, ma ogni tanto farò capolino a leggere le tante ff di questo tartamondo in
crescita. Poi, tra la scuola (mentre pubblicavo "Virus" sono diventata
un’insegnante di ruolo, ovvero a tempo indeterminato: mi avete portato bene,
gente!), alcune collaborazioni seriose in rete e le bevute con amici (ultime ma
più importanti XD), tormenterò ancora le nostre amate Turtles e forse mi
ritroverete presto. Ho tanto sul mio HD di quasi completo, da rileggere e
pubblicare. Un seguito, dai toni leggeri, di “Una vita normale”, un breve multi
capitolo Leo/Karai ed uno su due fratelli intrappolati da un crollo, momenti
Splinter/Mikey, una storia yaoi Raph/Casey, una deathfic ed alcune
pagine di situazioni post fidanzamento Donnie/April che forse convoglierò nella
storia di Raph. Inoltre nuota già nella mia testolina il seguito di Virus, tempo
di buttarlo giù e sono da voi ^_^
Intanto grazie ancora, fino all’ultimo. Grazie a Alej_and_Mizu, Bara no Yami, Cartoonpeeker8, CatWarrior, Gru, HellenBach, I Love Raph, Kittym14, Ladyzaphira, Laura Momiji, Lisabelle99,
NightWatcher96, Piwy, Puffola88, ToraStrike,
Ser Barbs, Shika98, ZaliaTmnT (vedete che geniaccio che sono? Conosco pure
l’alfabeto) ed a tutte le persone fantastiche che hanno perso un po’ del loro
tempo per leggere questa storiella ed entrare nella tana delle Tartarughe
insieme a me.
Io… io… buhhh *ancora la solita fontana manga di lacrime. Allerta della
Protezione Civile allegamenti in tutta la Lombardia*
Un abbraccio grande esattamente 181 cm, che è l’estensione
massima delle mie braccia (non che io misuri tutte le parti del mio corpo, erano
i calcoli di Donnie per “Aria” ^^’). Più grande di così non si può. A presto,
gente.
LaraPink
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