CHAPTER ONE - IDRIS.
Idris era stupenda:
con quelle infinite colline di prati verde acceso, i fiori delicati
color bianco candido e il cielo azzurro chiaro e cristallino... era
così bella da sembrare irreale.
Idris era
casa mia, e tutto ciò che ne faceva parte rappresentava la
mia vita.
Avrei vissuto qui per l'eternità, eppure il fato aveva
prescritto un altro destino per me.
Non riuscivo a credere che avrei dovuto abbandonare tutto questo:
lasciare la mia patria, e con essa una parte del mio cuore, senza
essere sicura che un giorno vi avrei fatto ritorno. Tutto in questo
momento dipendeva dal caso.
Ad ogni modo, volente o nolente, avrei dovuto adempire al mio compito.
Da cento anni noi Shadowhunter
eravamo nascosti per proteggerci da una situazione che ai nostri
antenati era sfuggita di mano, fino a diventare una vera e propria
catastrofe. Eravamo fuggiti dagli occhi del mondo, lo stesso che
stavamo proteggendo e che, allo stesso tempo, ci stava sterminando a
causa dell'incontrollata venuta di demoni sulla terra. Troppi perfino
per noi Cacciatori, forti ma non abbastanza per vincere questa
battaglia.
Tutti ci credevano morti, estinti, ma in realtà ci eravamo
semplicemente rifugiati tra le braccia della nostra madre patria,
l'unica che in quel momento ci avrebbe potuto concedere di vivere il
più al sicuro possibile,ma nell'ombra.
Ora, dopo un secolo in nostra assenza, stavamo tornando per ricoprire
la nostra razza di gloria e onore, per svolgere il nostro dovere,
ciò per cui eravamo stati creati: combattere i demoni, anche
a discapito della nostra vita.
Ognuno di noi ha il proprio ruolo nel mondo, il proprio scopo, e il
nostro era quello di uccidere demoni per rispedirli nella loro
dimensione e mantenere l'equilibrio naturale delle cose. Era come una
specie il ciclo della vita, in un certo senso: il più forte
che si avventa sul più debole, e così via, ma in
una visione più battagliera e eroica.
Se da un lato ero triste e malinconica nel lasciare Idris, dall'altro
ero elettrizzata e eccitata nel vedere, nello scoprire, com'era il
mondo al di fuori dalle protezioni della città, che ci
avevano sempre fatto da scudo e da divisore.
I Cacciatori più giovani, come me, erano elettrizzati
all'idea che un giorno questo momento sarebbe arrivato, e ora che era
decisamente alle porte, nessuno, nemmeno gli adulti, stavano
più nella pelle. L'idea di libertà, dopo quello
che successe ai nostri antenati, ci appariva sempre più
distante e inafferrabile, ma non ce la facevamo più a vivere
così, protetti costantemente da una bolla di vetro da
minacce che per noi sarebbero state sempre gravose e difficili da
contrastare. Nonostante Idris fosse perfetta, stava iniziando ad essere
stretta.
Eravamo stati addestrati per combattere demoni, ed era giunto il nostro
momento di riappropiarci dei nostri compiti.
Quando i demoni invasero Alicante
cento anni fa, e ogni singolo istituto presente sul pianeta, io
ovviamente non ero ancora nata, ma i racconti degli Anziani e dei Fratelli Silenti facevano
raccapponare la pelle e rendevano bene l'idea degli avvenimenti di quel
periodo. Dovevano essere stati giorni davvero terrificanti,
vissuti tra la paura di sopravvivere e il desiderio macabro di morire
per sfuggire ad altro dolore, dovuto a ferite sia fisiche che morali.
I nostri antenati combatterono quella guerra con tutte le loro forze,
lottando per la propria patria e per i Cacciatori avvenire, ma
purtroppo fu persa. Tutti gli Anziani
che vi parteciparono e che erano sopravvissuti alla battaglia, ormai
erano morti di vecchiaia, ma i ricordi delle loro gesta resteranno
sempre dentro di noi, in segno di rispetto e gratitudine.
Avevano perso, ma la loro determinazione a non arrendersi aveva
permesso che oggi esistessero ancora i Shadowhunters.
Quelle creature demoniache li costrinsero a rifugiarsi nella loro
città natale, sbarrando tutte le uscite, le entrate e
aumentando a dismisura le difese delle protezioni che circondavano Idris, facendo
lampeggiare costantemente le torri antidemoni, in segno di pericolo.
Nonostante fossimo sotto la costante protezione delle torri, anche
molti anni dopo, alcuni demoni riuscirono a ingannare il sistema e a
penetrare nella città, uccidendo Cacciatori su Cacciatori,
non fermandosi neanche davanti a dei poveri e innocenti bambini.
Tutto questo, fino ad oggi.
I miei genitori, Charlie e Reneé Swan, morirono quel
maledetto giorno, il giorno che noi chiamavamo Attentato.
Ero solo una bambina allora, avevo sei anni, e mio fratello Sebastian
ne aveva pochi più di me. Sarebbe stato un episodio che
avremmo ricordato per il resto dei nostri giorni, come se fosse
accaduto ieri, lo sapevamo.
Fu un momento terribile per entrambi: quel giorno due bambini videro
morire i propri genitori davanti ai loro occhi ricchi di innocenza,
videro i loro volti deformarsi dal dolore, i loro sguardi spegnersi e
abbandonare la vita che impregnava i loro corpi. Questo, avrebbe sempre
fatto parte dei nostri incubi peggiori.
Ma da questo momento, quei giorni di paura, reclusione, rabbia e odio
sarebbero finiti, per lasciar spazio alla sete di vendetta e di
giustizia: nessun demone avrebbe avuto più scampo, e con
loro, anche chi li aveva mandati l'avrebbe pagata cara.
Fortunatamente, grazie all'Angelo
Raziel, dopo la scomparsa dei nostri genirori, io e mio
fratello non venimmo abbandonati a noi stessi, ma la famiglia Durwood
si prese cura di noi piccole pesti, adottandoci.
Erano vecchi amici dei nostri genitori e li conoscevamo,
perciò eravamo stati davvero fortunati. Non potevamo
chiedere candidati migliori per crescere come nostro padre e nostra
madre avrebbero voluto crescerci, perché sapevamo che ci
avrebbero insegnato i giusti valori della famiglia, della patria e
della guerra, gli stessi in cui loro credevano.
Non tutti avrebbero fatto quello che i Durwood fecero per me e per mio
fratello, e di questo gli sarei sempre stata grata, per la vita.
Siamo stati cresciuti ed educati da loro alla pari dei loro figli,
William, George e Stephan, imparando l'arte del combattimento da nostro padre Jonathan
e materie come la demonologia, la biologia e la botanica da nostra madre Marie.
Per me e Sebastian, ma sopratutto per me, erano come dei veri e propri
punti di riferimento.
Improvvisamente, risvegliandomi dai miei pensieri, qualcuno
bussò alla porta della mia stanza
- Avanti - dissi tranquillamente, senza cambiare posizione.
Seduta sul davanzale della finestra, stavo contemplando il paesaggio,
come mai avevo fatto prima d'ora. Lo scrutavo con occhi più
attenti e vigili, nel tentativo di memorizzare qualunque cosa il mio
cervello riuscisse poi a ricordare, in modo da patirne meno nostalgia
possibile una volta lontana da qui. Probabilmente perchè
sapevo che questa sarebbe stata l'ultima volta che avrei rivisto quello
spettacolo dopo chissà quanto tempo.
La cosa sinceramente mi metteva un po' paura: spostarsi
così, senza un preavviso abbastanza lungo che permettesse di
realizzare appieno la cosa, dopo non aver visto nient'altro se non quel
mondo... era terrificante.
Ma avrei dovuto accettarlo e lo avrei fatto ricordandomi che, in fondo,
non ero l'unica a trovarmi in quella situazione, che fuori da questa
casa, c'erano altre migliaia di persone che si sentivano come me, come
se tutto gli stesse sfuggendo dalle mani davanti ad una
realtà che cambia drasticamente, senza che tu possa fare
niente per fermarne il processo.
La serratura scattò, spalancando la porta e rivelando
così la figura di mio fratello Stephan, il minore della
stirpe dei Durwood.
Io e Ste avevamo molte cose in comune: ad esempio, entrambi avevamo
sedici anni, e in quella casa piena di adulti, trovavamo conforto l'uno
nell'altra davanti alle ingiustizie imposte dai nostri genitori che,
appunto, tendevano a differenziarci dai nostri fratelli maggiori per
via dell'età.
L'unica pecca di questo fantastico rapporto con lui, era la gelosia
costante di Sebastian, mio fratello di sangue, che credeva che io
preferissi Stephan a lui, nonostante gli abbia spiegato più
volte che non avevo alcun tipo di preferenza sui miei fratelli.
- Fatto le valige? - chiese avvicinandosi a me lentamente, con uno
sguardo che diceva più di mille parole.
Sospirai, accennando un piccolo sorriso - Sì... e tu? - .
- Pronte! - esclamò, con un po' troppo entusiasmo.
Risi mestamente, era davvero strano a volte.
Senza che lo invitassi a farlo, si accomodò davanti a me sul
davanzale, facendo incrociare le nostre gambe in un groviglio confuso,
e cambiando la posizione comoda che ero riuscita a trovare con tanta
fatica.
Decisi di mantenere il mio sguardo fuori dalla finestra, pensierosa,
finché non iniziai a sentire i suoi occhi sulla mia figura,
mettendomi a disagio. Sapeva quando mi dava fastidio essere osservata,
e lui stava facendo esattamente quello.
- Qualcosa non va? - chiese scrutandomi meglio. Sapevo che non si stava
riferendo al mio imbarazzo per il suo sguardo curioso, ma a ben altro.
Probabilmente aveva notato il mio umore appena entrato nella mia stanza.
Mi mordicchiai leggermente il labbro inferiore, pensando a cosa dire.
Lo facevo sempre quando ero un po' nervosa, e in quel momento, lo ero.
- E' tutto ok, è solo che... che questo posto mi
mancherà come l'aria. Sarà difficile lasciarselo
alle spalle - e non solo perchè mi faceva sentire a casa e
perchè era un posto fantastico.
I miei genitori biologici erano stati sepolti qui, e questo avrebbe di
conseguenza impedito la possibilità che io andassi a
trovarli con la stessa frequenza con cui andavo finora.
Sembrò leggermi nel pensiero - Non lascerai nulla alle
spalle Bella, vedrai che non sarà nulla di
definitivo. Appena termineremo il nostro dovere torneremo qui, ti
riporterò qui - .
Sorrisi leggermente, sentendomi già meglio all'effetto delle
sue parole - Ma quanto puoi essere dolce? - .
Rise - Non dirlo agli altri - .
Per "altri" intendeva William, George e Sebastian che, ormai, secondo
la nostra politica, potevano essere considerati senza problemi
Shadowhunters adulti, avendo compiuto tutti la maggior età.
Per questo, in quel momento, io e Stephan eravamo gli unici in casa,
perché tutta la nostra famiglia era alla riunione del
Consiglio e, considerando che non avevamo ancora compiuto diciotto
anni, per il Conclave eravamo dei bambini.
Bambini abbastanza grandi per uccidere demoni e rischiare la propria
vita per proteggere quella degli altri, ma troppo piccoli per
presenziare a delle stupide riunioni che, oltretutto, ci riguardavano.
Sarebbe stato nostro diritto partecipare, ma sapevo che protestare non
avrebbe portato a nulla di buono. Avevamo atri problemi da risolvere e
poi, ancora pochi anni, e anche io avrei potuto ascoltare le riunioni,
perciò il problema non mi avrebbe più riguardato.
- Lo giuro sull'Angelo
- dissi portandomi la mano destra sul cuore, con fare solenne e
rispettoso nei confronti del nostro creatore.
Alzò gli occhi al cielo - A volte sei davvero assurda - .
Gli feci la linguaccia, divertita - E tu sei sempre strano - .
- Davvero maturo! - mi prese in giro, provando a farmi il solletico, ma
riuscii a sfuggire in tempo dalle sue mani.
Gli diedi un pugno sulla spalla - Parla per te, idiota! - .
E scoppiammo a ridere.
Stare insieme a Stephan era una delle cose più semplici e
naturali che si potesse fare, e condividere parte delle mie giornate
con lui era bello perché spesso era l'unico che provasse a
capirmi davvero.
E poi, obiettivamente, era un bel ragazzo: i suoi capelli erano color
biondo scuro, aveva gli occhi azzurri, i tratti spigolosi e portava un
paio di occhiali che gli ricadevano sul naso, dandogli un'aria
decisamente più tenera rispetto ai suoi fratelli.
I fratelli Durwood sembravano essere stati clonati, erano tutti uguali
e spiaccicati al padre, Jonathan. Dalla madre avevano preso poco, se
non niente.
Mio fratello Sebastian invece aveva i capelli scuri, che teneva
costantemente in disordine, gli occhi verdi, proprio come nostra madre,
zigomi poco pronunciati e un bel fisico.
Io invece ero la copia esatta di mio padre, o almeno, questo era quello
che mi dicevano i Durwood. Avevo i capelli lunghi che arrivavano fino a
metà schiena, caratterizzati da un color mogano acceso che
li rendeva quasi rossi sotto la luce del sole, e i miei occhi erano
color cioccolato. Non ero mai stata molto alta, perciò
l'altezza non era di certo il mio punto di forza, ma direi che per il
resto non mi potevo di certo lamentare, a parte per la seconda scarsa
di reggiseno.
Mentre guardavo fuori dalla finestra, in lontananza, si iniziavano ad
intravedere alcuni Shadowhunters
che tornavano a casa dopo la riunione, per annunciare a tutti, in
generale alle proprie famiglie, le raccomandazioni che il Console aveva
fatto e dove ci avrebbero trasferiti.
Ogni famiglia si sarebbe trasferita nella città dove era
presente una maggior attività demoniaca. Fortunatamente il
Conclave era riuscito a localizzare sulla mappa, grazie all'aiuto di
uno stregone di fiducia, esattamente i luoghi dove potesse esserci un
alto tasso di questa presenza, anche se ovviamente, essendo dei
reclusi, non potevamo esserne completamente certi.
- Stanno tornando - pensò ad alta voce Ste, anche lui con lo
sguardo perso fuori dalla finestra.
- Già - e gli passai una mano davanti agli occhi per
riportarlo alla realtà - Ehi, ci sei ancora? - .
- Sì, sì, scusa. Stavo solo pensando - .
- A cosa? - domandai curiosa.
Sorrise timidamente - Niente di importante, davvero - .
Era inutile insistere quando faceva così, sapevo che non me
ne avrebbe parlato, e io non ero quel tipo di persona che insisteva per
sapere che cosa ti affligge. Non ero così impicciona, ma in
ogni caso, lui sapeva che, qualsiasi cosa avesse avuto, lo avrei
ascoltato, sempre.
Sospirai - Come vuoi. Li aspettiamo di sotto? - .
- Certo! - .
Così, senza dire più nulla, ci alzammo e ci
incamminammo verso il salotto, curiosi di sapere dove ci avrebbe
portato questa nuova avventura.
__
- Forks? Non ne ho mai sentito parlare - mormorò poco
convinto Stephan accanto a me.
- E' vicino a Seattle - lo informò stufo Will.
Da quella riunione erano tornati tutti molto stanchi e assonnati. A
quanto detto da loro, erano state tre ore davvero allucinanti, a cui si
avrebbe potuto fare volentieri a meno, se solo quest'evento fosse stato
organizzato in modo migliore.
Alcuni conservatori della città, che non volevano
assolutamente accettare le nuove riforme indette dal Conclave, avevano
deciso di discutere le loro motivazioni, alzando la voce e causando un
grande caos.
Quindi, essere adulti, non portava poi tutti questi grandi vantaggi...
- Ovviamente - riprese mamma, che aveva parlato fino a poco prima - Non
controlleremo un territorio così vasto. Ci limiteremo a
proteggere Forks, dove risiederemo stabilmente, Port Angeles e La Push.
Tenete conto che alla riserva il territorio appartiene ai Quileutes, quindi
ci sarà meno lavoro da svolgere - .
La guardai sorpresa. I Quileutes?
Com'era possibile che degli umani potessero proteggere le loro terre e
le persone che ci abitavano?
Non potevano combattere contro dei demoni, non ne avevano nè
le capacità nè i mezzi. Avrebbero scambiato quei
mostri per cani rabbiosi o altri esseri simili, sottovalutando la
situazione e conducendoli così ad una morte certa. Anche se
fossero sopravvissuti, erano comunque troppo deboli per affrontarli.
- Com'è possibile? - chiesi infine, non lasciando trapelare
nessuna emozione.
Fu papà Jonathan a rispondermi - A quanto pare, il suolo
è battuto da un branco di Licantropi - .
Stephan, al mio fianco, si lasciò andare in un urlo di
esaltazione - Wow! Licantropi? Quindi collaboreremo con i Nascosti! - .
Non avendone mai visto uno, l'idea di incontrare un gruppo di Lupi
eccitava anche me, anche se sapevo che, dopo tutto quello che era
successo ai nostri antenati, e ai miei genitori, non avrei dovuto
sentirmi in quel modo. Perciò, cercai di non darlo a vedere
e di contenere le mie emozioni.
- Non ci pensare nemmeno! - lo ammonirono George e Sebastian, con una
decisione tale che uno schiaffo in faccia avrebbe probabilmente causato
meno dolore e umiliazione.
Stephan, come previsto, si deprimì subito - Come?
Perchè? - .
- Non possiamo rivelare la nostra esistenza ai Nascosti -
spiegò Sebastian - Non sappiamo esattamente come sia andata
cento anni fa, potrebbero aver collaborato con chi ha creato quel
maledetto esercito di demoni - .
- Com'è possibile che non se ne accorgano? I lupi fiuteranno
il nostro odore! - esclamai confusa, non riuscendo a seguirli.
Era davvero un ragionamento assurdo, campato in aria. Quello che
dicevano non stava nè in cielo nè in terra!
Era palese, sicuro quanto la morte, che qualche Nascosto anni orsono
avesse collaborato con il "nemico" a noi sconosciuto. Soltanto gli
stregoni avevano la capacità di creare portali per mettere
in collegamento una dimensione ad un'altra, quindi sicuramente c'era di
mezzo qualcuno di loro. Altre creature, compresi noi Nephilim, non ne
avevamo le capacità.
- Il branco è giovane, si è formato solo da
qualche anno - continuò imperterrito mio fratello -
Sicuramente non avranno mai sentito parlare di noi. Di chi ci dobbiamo
preoccupare veramente sono i vampiri e gli stregoni: loro sono
immortali e quelli che hanno anche solo un secolo di vita sanno che
siamo esistiti. Dovremmo cammuffarci, sopratutto voi -
terminò riferendosi a me e Stephan.
- Perchè? - domandai confusa, alzando le sopracciglia.
- Secondo lo stato Americano dovete andare a scuola - ci
informò papà - e per non destare sospetti, ci
andrete davvero - .
A scuola? Avrei dovuto frequentare le scuole mondane?
Non ne avevo mai frequentata una in tutta la mia vita, nemmeno qui, ad Idris. I miei
insegnanti erano sempre stati Jonathan e Marie, di conseguenza,
nè io nè i miei fratelli avevamo mai messo piede
in una vera e propria scuola. E poi, ero più che convinta,
che le materie non fossero le stesse: non penso che per i mondani fosse
ultile studiare demonologia, come per me non era rilevante studiare
matematica.
Anche Stephan al mio fianco sembrò preoccuparsi - Scuola? Ma
noi non ci siamo mai andati! E non penso proprio che le materie siano
proprio le stesse! Non abbiamo le giuste competenze per... - .
Mamma lo interruppe - Dovete solo stare attenti e proteggere gli umani
presenti nella scuola, mentre noi penseremo al resto del terrirorio che
ci hanno assegnato. Non dovete per forza prendere buone valutazioni,
non ci interessa questo, ma dovete compiere in modo eccellente il
vostro compito di Shadowhunters,
senza dare confidenza a nessuno, sia chiaro. Non dovete farvi scoprire,
il Conclave è stato molto severo su questo argomento - .
Incondizionatamente, mi guardai le braccia ricoperte da ghirigori e
cicatrici prodotte dallo stilo. Sarebbe stato un impiego più
difficile del previsto. Avevamo segni permanenti e cicatrici abbastanza
difficili da coprire.
- Come faremo a nascondere le rune? - chiesi, iniziando a preoccuparmi.
Ogni Shadowhunters
amava le proprie rune e cicatrici, perché ognuna aveva un
suo perché e una sua storia. Più il corpo ne era
ricoperto, più si era rispettati e temuti dagli altri
Cacciatori. Era una questione d'onore.
Bisognava indossarle con orgoglio, perchè dimostravano con
quanta dedizione ci impegnavamo nel nostro lavoro. Erano come un premio
che rappresentava la bravura un Cacciatore.
- Questo sì che è un problema... -
mormorò sfregandosi il mento con una mano, Will.
- Dovrete coprirle, non avete scelta: niente maglie scollate, dovrete
indossare felpe, maglioni e magliette a maniche lunghe -
affermò Sebastian - Non risulterà strano, a Forks
fa freddo perfino in estate - .
Fantastico.
Una cosa che proprio non sopportavo era il freddo. Ero più
quel tipo di persona che amava la calura del sole estivo e la brezza
leggera della primavera. L'inverno e l'autunno non favevano proprio per
me.
- E se, per sbaglio, un mondano dovesse vederle? - domandò
grattandosi la testa Stephan, quasi impaurito da quella
possibilità.
Alzai gli occhi al cielo - I mondani al posto delle rune vedono
cicatrici - gli ricordai.
Boccheggiò per qualche secondo, per poi mormorare un - Ah...
giusto - .
Cercai di non ridere, anche se avevo una voglia matta di prenderlo in
giro per il suo essere così sbadato. Ma questo non era
esattamente il momento adatto per mettersi a sghignazzare.
- Dovremmo prestare più attenzione ai Nascosti invece. Loro
le nostre rune le possono vedere senza difficoltà - ci
ricordò papà, alzandosi dalla poltrona dove si
era accomodato appena messo piede in casa - Direi che è
arrivato il momento di andare a riposare, domani sarà una
giornata molto lunga - .
Tutti noi lo seguimmo a ruota, alzandoci dalle nostre postazioni sul
divano.
- Perchè? - chiesi, tanto per rompere il silenzio.
George si avvicinò di più a me poggiandomi un
braccio sulle spalle, con un tale entusiasmo da prendermi quasi alla
sprovvista - Domani si parte Bells! Alle cinque del mattino in piedi,
anche se il portale verrà aperto alle sei, ma, detto fra di
noi: non ho voglia di essere l'ultimo a partire! - .