Resonance
[ Terza classificata
al contest «Ti scriverò d'amicizia, di
quanto sia devastante» indetto da GioTanner ]
Titolo: Resonance { His
battlefield: in a cold night
Autore: My
Pride
Fandom: FullMetal
Alchemist
Tipologia:
One-shot [ 3706 parole ]
Frase scelta: Numero
4. Ho speso pochi anni
della mia vita con te.
Ma mai codardo, mai vile, mai vigliacco sei stato nei miei confronti;
abbiamo
percorso insieme una strada e siamo stati uno la spalla
dell’altro, ma ora
questo treno corre più veloce di te.
Personaggi: Maes
Hughes, Roy Mustang
Genere:
Angst, Sentimentale, Malinconico
Avvertimenti: Bromance, What if?
Rating: Verde/Giallo
Introduzione:
Se solo quella
lettera fosse arrivata prima... forse sarei riuscito a fare qualcosa e
a capire
che cosa avesse in mente di fare; forse avrei subito preso il primo treno
per
Central e avrei evitato che accadesse l’irreparabile, ma con
i sé e con i forse
non andava avanti il mondo. L’avevi sempre
saputo, eh, Maes?
Nota: Nel
corso della storia potrebbero essere presenti
espressioni come “Aye” e “Nay”,
che significano
rispettivamente “Sì” e
“No” in
italiano, e “Och”, che è un rafforzativo
del
“Sì”. Esse non sono un errore,
bensì una scelta personale dell’autore, ormai
affezionatasi a tale dicitura.
500 prompt per una challenge: Prompt
n.92 ›
Ricordi
Slice of life challenge: Prompt
n.13 ›
Lettera (Computer)
Benvenuti al banco dei
prompt: Pacchetto angst › 14. Ricordi
The angst time: 02.
Amarezza
Note
dell’autore: Note presenti alla fine della
fanfiction
FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX.
All
Rights Reserved.
«Central City,
Amestris.
08 settembre 1915
Caro Roy,
a dirla tutta fa uno strano effetto cominciare
una lettera a te rivolta con la parola “caro”,
ma per questa volta lasciamelo passare e prova a chiudere un occhio
senza farci
caso più di tanto.
Ora ti chiederai il perché di una lettera, lo
so. Beh, è il mezzo più veloce che sono riuscito
a trovare per parlare con te.
In questo periodo le linee telefoniche sono interrotte e quei
pelandroni
addetti alle comunicazioni battono la fiacca più del solito,
potrebbero
addirittura farti concorrenza. Attento, Mr. Mustang!
C’è qualcuno che cerca di
toglierti il primato di miglior scansafatiche di Amestris!
Devo dire che non era esattamente questo
il
motivo per cui ho pensato di scriverti, in realtà. Nay, nay,
non è nemmeno per
parlarti del nuovo vestitino che ho comprato ad Elicia, sta’
tranquillo; però
dovresti proprio vederla, sta diventando una vera signorina! Oggi lo
faceva
vedere alle sue amichette tutta sorridente, svolazzando in quella
gonnellina a
fiori mentre giocava insieme a loro. Magari la prossima volta ti
spedisco anche
un paio di fotografie, cosa ne dici? Così anche tu potrai
ammirare la sua
bellezza e farle qualche regalino! In fondo quelli sono sempre
apprezzati,
specialmente se si tratta della tua splendida nipotina. E non
dirmi di no, che tanto anche Glacier sa che ti
piace viziarla non appena voltiamo lo sguardo dall’altra
parte. Ah, accidenti, mi
sa che sto divagando. Cancella tutto quello che hai letto fino a questo
momento, tranne la parte del regalo: quello me lo aspetto, mi
raccomando.
Inoltre non so se questa lettera ti
arriverà, lo
ammetto. Ultimamente la posta viene gestita male e anche la roba che
aveva
ordinato Glacier sembra essere perduta chissà dove, ma in
fin dei conti non
dovrei stupirmene: da quando i capoccioni sono impegnati con il caso
Scar,
preoccuparsi della corrispondenza della popolazione e di qualche
bolletta in
ritardo non è di certo la loro priorità. Insomma,
nemmeno io mi preoccuperei di
un po’ di cartastraccia se la mia vita fosse a rischio a
causa di un ishvariano
grosso, pericoloso e incazzato, non credi? A tal proposito,
sta’ attento anche
tu. Non dovrei dirtelo io, visto che dovresti essere abbastanza sveglio
da
capirlo da solo, però non andare in giro senza una scorta e
tieni d’occhio anche
Edward, sappiamo entrambi come quel ragazzo si lasci prendere dagli
eventi... e
non è proprio il caso che se ne vada a zonzo quando a piede
libero abbiamo un
pazzo che ammazza gli alchimisti di stato. Avrà anche il
fratello a fargli da
spalla, ma non si sa mai.
Cavolo, ho perso il filo del discorso e
chiacchiero come se tu fossi qua, ma sono certo che, se ti fossi stato
davvero
davanti, mi avresti intimato di arrivare al sodo con uno dei tuoi
guanti,
sventolandolo e minacciandomi di darmi fuoco. Non mentire, ti conosco
troppo
bene.
Ero certo di riuscire a dirti tutto
senza
girarci intorno... beh, mi sbagliavo. Non avrei mai avuto il coraggio
di
parlarti apertamente di ciò che sto per dirti, quindi forse
è un bene che io
non riesca a guardarti negli occhi.
Ricordi quando eravamo in accademia?
Quel giorno
in cui attaccai briga con le reclute dell’ultimo anno? Aye,
proprio quei
quattro fighetti che si divertivano a bullizzare le nuove leve e a
riempirle di
botte. Una volta toccò a me e, pur essendo in
inferiorità numerica, non me ne
restai là a subire, prendendole di santa ragione. A quel
punto arrivasti tu, lo
ricordo bene. Impeccabile nella tua uniforme da cadetto, con i capelli
scarmigliati e l’aria da so
tutto io che
non ti abbandonava mai, neanche quando in realtà non avevi
idea di che cosa
spiegassero a lezione; vedesti la scena e ti mettesti in mezzo anche
tu, per
quanto quella non fosse la tua battaglia e noi due non ci sopportassimo
nemmeno.
Quella fu la prima volta che lottammo insieme, schiena contro schiena.
Lottare... beh, che parola
grossa.
Grandi e robusti com’erano quei quattro, siamo stati
fortunati a cavarcela solo
con un labbro spaccato, un occhio nero e il naso rotto a testa. Oltre
milleottocentoventidue cenz per riparare gli occhiali, ma questi sono
futili
dettagli.
Oh, ma ce la siamo proprio spassata, eh?
Brutti
lividi e ferite a parte, quella piccola baruffa ci ha davvero visti
vicini per
la prima volta. Mi sembra ieri, sul serio. Io e te sotto il sole
cocente di
quel tardo pomeriggio di aprile, seduti sulle panchine di pietra
accanto alla
fontana centrale dell’accademia, a ridere e scherzare come
due deficienti
nonostante fossimo letteralmente pesti.
So che non te lo aspettavi e che fa
strano
sentirmelo dire - och, beh, in realtà scrivere, ma non
stiamo qui a
sindacalizzare sulle parole, suvvia - dopo tutti questi anni,
però... non ti ho
mai detto grazie. Aye, lo so, lo so, l’hai fatto per spirito
di giustizia e bla bla
bla, è stata proprio la cosa che
mi hai ripetuto all’infinito quando, mentre mi mettevo un bel
cerotto su un
gomito, ti ho chiesto “Perché?”. E tu,
con la sicurezza propria di un leader
che sembrava avere già fra le mani il destino di
chissà quanti uomini, hai
alzato lo sguardo al cielo e hai sollevato un angolo della bocca in
quel
sorrisetto divertito che con gli anni, alla fine, ho imparato a
conoscere fin
troppo bene, rispondendomi semplicemente “Perché
era giusto così”. Quelle
parole non le dimenticherò mai. Per
un momento non ti vidi più come un mio rivale, come un
ostacolo che intralciava
il mio cammino per essere il migliore dell’accademia, nay,
per niente... mi
sembrò quasi di averti avuto come amico da sempre, e quel
tuo dire mi lasciò
scombussolato.
Strano come cambino i punti di vista,
eh? Ma una
cosa non è mai cambiata, perché sei sempre stato
un sognatore, Roy Mustang.
Lasciatelo dire. E di questo ne sono oltremodo felice. Se non avessi
avuto
quella ferma convinzione che ti spingeva sempre più in alto,
sempre più su
verso il raggiungimento del tuo obiettivo, forse alla fin fine nemmeno
io ti
avrei seguito. Aye, beh, so che non è carino da dire, ma tra
noi bisogna essere
sinceri, non credi? Ed è proprio per questo motivo che te ne
parlo.
Ormai, giunti a questo punto, dovresti
ben
sapere come sono fatto. Diretto e schietto, senza peli sulla lingua e
senza la
benché minima intenzione di tenere tutto dentro.
Perché farlo, in fin dei
conti? Un amico che ti sostiene è un buon amico, ma un amico
che ti sostiene e
ti dice la verità in faccia, senza nasconderti niente,
è da conservare
gelosamente come se fosse il proprio tesoro.
Tutto ciò avrei potuto
evitarlo e arrivare
dritto al punto, però lo sai che mi piace divagare e non
sarei stato io se non
avessi perso tempo come mio solito anche su carta da lettere.
Incidere un disco in vinile mi avrebbe richiesto
meno tempo e non avrei sprecato tutti questi fogli, ma davvero ti
aspettavi
qualcosa di poco complicato, da me? Andiamo, Roy, non ti facevo
così
sprovveduto e scommetto che un po’ te lo aspettavi, non
è forse così? Il buon
vecchio Maes ti conosce troppo bene, ormai.
E credo sia doveroso dirti che, nonostante il
tuo caratteraccio, nonostante il tuo finto menefreghismo, starti
accanto non è
stato per niente male. Certo, spesso viene davvero voglia di prendere a
sberle quella
tua faccia da schiaffi, ma tutto sommato dovresti essere riconoscente
del fatto
che io sia un bravo
ragazzo e che non
voglia dare cattivi esempi alla mia piccola Elicia. A volte mi chiede
storie di
quand’ero più giovane, sai? Credo,
però, che gliene parlerò quando sarà
un po’
più grande. Non penso che Glacier sarebbe contenta di sapere
che le ho
accennato delle nostre scorribande durante il coprifuoco, di quella
volta in
cui tu ti ubriacasti così tanto da indossare un vestito da
sera e truccarti o
addirittura delle “fiabe del deserto”, come le
chiama lei.
Ne serberò parecchie nella
memoria e nel cuore, però,
attendendo il momento giusto per dire ad Elicia ciò che
desidera adesso così
ardentemente. Oh, ne avrò di aneddoti da raccontare, di cose
fatte e di ricordi
amari, di attimi imprigionati in un battito di ciglia, migliaia e
migliaia di
parole tante quanti erano i granelli di sabbia nel deserto durante gli
anni
della guerra civile; parlerò e narrerò di quel
periodo, in modo che nulla di tutti quegli sbagli venga
dimenticato, così da non far commettere alle generazioni
future gli stessi
errori che abbiamo commesso noi. Me ne sovviene uno, adesso, proprio
come
quella volta in cui ti trovai chiuso in te stesso in quella tenda
polverosa ad
Ishvar, ricordi? Quella notte in cui mi facesti andare letteralmente il
sangue
al cervello per le tue parole, non passa giorno in cui non rammenti
anche
quelle per filo e per segno, accidenti a te. “Quindi
abbraccerai la donna che
ami con quelle mani sporche di sangue?” Oh, quanto ho
desiderato volerti
prendere a pugni e levarti dal viso quell’espressione di
commiserazione che mi
mostravi, quell’aria saccente da grand’uomo che
è certo di star combattendo per
la causa sbagliata e che compatisce chiunque accetti la situazione che
vive
senza alzare un muscolo per contrastarla.
Il problema è che avevi
ragione, Roy. Le prime
notti, a te posso confessarlo, avevo il terrore di svegliarmi in preda
agli
incubi e di attaccare la mia bellissima Glacier senza ragione,
credendola il
nemico. Sindrome da stress post-traumatico o trauma da bombardamento.
Ecco come
la chiamano i capoccioni giù all’ospedale. Un nome
tanto lungo per indicare uno
scemo di guerra
che ha passato troppo
tempo sotto il fuoco nemico. Abbastanza ironico, non trovi?
Giorno dopo giorno, notte dopo notte,
è stata
proprio quella stessa guerra a riunire i lembi sfilacciati di quel filo
che ci
aveva visti uniti al principio, però. A ripensarci adesso,
mi viene da ridere amaro
al pensiero che ci sia voluto un massacro per rivederci dopo la fine
dell’accademia.
Ma è stato proprio quel massacro a gettare le basi ancor
più salde della nostra
amicizia e a far sì che trovassimo un obiettivo comune da
poter portare avanti,
percorrendo così, fianco a fianco, quella strada che avevamo
cominciato a sbirciare
da lontano, quasi timidamente per paura che essa potesse sparire sotto
ai
nostri piedi quando meno ce lo aspettavamo.
Lo ricordo ancora come se
fosse ieri: il tuo
sguardo, fiero nonostante ti si leggesse sul viso la spossatezza della
battaglia, era fisso verso l’alto, al posto occupato allora e
tutt’oggi da Bradley;
dicesti che non saresti mai riuscito ad arrivare fin lassù
con
le tue sole
forze, e fu proprio da quel momento che decisi di darti una mano per
far sì che
il tuo ideale prendesse forma.
Io credo che potremmo star qui a discutere,
forse per ore ed ore, riguardo cosa avessi sentito in quelle tue
affermazioni
che mi abbia spinto a farlo, però non saprei proprio cosa
risponderti. La sofferenza
provata durante le ore di veglia? Le vite che avevamo distrutto per
quella che
credevamo fosse una causa più grande? Il caos e lo sfacelo
che sembrava
avvolgerci come un gelido sudario anche dopo la fine della guerra?
Posso provare
a fare mille supposizioni, ma probabilmente la risposta è
più semplice di quel
che sembra: eri e sei tuttora mio amico.
Och, lo so, sto diventando stucchevole e
sentimentale e non è esattamente da me... non se non si
tratta della mia dolce
Elicia, ovviamente. Però, sul serio, sappi che quello
è il motivo per cui ti
sono sempre stato accanto durante tutto questo tempo.
C’erano momenti in cui, agli
occhi degli altri,
sembravi un cinico bastardo che non si curava di niente e nessuno, un
uomo
calcolatore che era pronto a calpestare il cadavere della propria madre
per
ottenere ciò che desiderava, e spesso molti soldati mi hanno
chiesto come
facessi a sopportare un tipo come te; militari d’alto rango
che ti fissavano
come se gli avessi soffiato da sotto al naso le loro onorificenze, che
si
chiedevano come mai un assassino
come
te venisse premiato al loro posto, e con quale coraggio tu riuscissi a
guardarti allo specchio sapendo a quanti uomini avevi ammazzato a
sangue freddo
con le tue stesse mai.
Chi ti squadra con malvagia malizia
potrà dire
ciò che vuole, potrà riempirti di insulti e
sputare sul terreno su cui cammini,
però nessuno sa davvero come tu sia fatto. Nel corso della
mia vita ne ho
conosciute di persone, di gente con cui ho dovuto avere a che fare pur
non
volendo, e nemmeno una ha dimostrato anche solo la metà
della lealtà e della
fiducia che hai dimostrato tu
verso
di me.
Ho speso pochi anni
della mia vita con te, ma mai codardo, mai vile, mai vigliacco sei
stato nei
miei confronti; abbiamo percorso insieme una strada e siamo stati uno
la spalla
dell’altro, ma ora questo treno corre più veloce
di te e non possiamo fare
niente per fermarlo. Potremmo provarci lo stesso, non lo nego, e sono
certo che
se tu fossi qui, e non laggiù nella polverosa East City, mi
diresti di tentare
con tutte le mie forze, senza volerti arrendere all’evidenza.
Inutile negarlo, sei
sempre stato così e non saranno poche parole a farti
cambiare idea, questo lo
so fin troppo bene; persino ad Ishvar ci battevamo schiena contro
schiena e ci
coprivamo le spalle per non cadere vittime del nemico, però
questa è una cosa
che devo fare da solo e non posso fermarmi ad aspettarti. Tu hai
già le tue
belle gatte da pelare, e non sto parlando di quelle micette con cui ti
intrattieni durante quei momenti in cui quel letto in cui dormi si
rivela
troppo grande. Mi sembra già di vedere la tua espressione,
in questo momento:
magari hai inarcato come tuo solito il sopracciglio sinistro, quello
con quella
piccola cicatrice quasi invisibile che ti sei fatto
all’accademia - ricordi
quanto hai rotto le scatole, quel giorno? Eri talmente preoccupato di
essere
rimasto sfregiato che mi avevi fatto venir voglia di romperti davvero
il muso,
accidenti a te - quando ti si è inceppato il fucile durante
l’addestramento, e
guardi questa stupida lettera con fare scettico, chiedendoti
perché invece di
aspettare che le linee venissero sistemate ho deciso di buttare
giù due righe.
Non ti do torto, sarei scettico anch’io se fossi stato tu a
scrivermi.
Ad esser sincero,
forse avrei potuto evitare di prendere carta e stilografica e di
sciorinare
tutte queste belle parole, ma per una volta lasciami fare il
sentimentale come
quand’ero giovane e ci trovavamo al fronte. Aye, proprio
lì ad Ishvar, quando
ti fregavi le lettere che mi spediva la mia bella Glacier e scrivevi al
posto
mio la risposta, che per mia fortuna non le arrivava mai. Non le
inviavi
proprio, eh, brutto idiota? Ti divertiva
solo vedermi impazzire e disperare su quella sabbia bollente mentre
pensavo
alla mia donna che leggeva parole che non avevo scritto io, scambiando
confidenze con te e cose che magari erano pure più
personali. Tutto sommato,
però, era un piacevole passatempo che distraeva entrambi da
quell’inferno che
stavamo vivendo.
Per una volta posso
parlarti a cuore aperto, Roy. Ti ringrazio. Davvero.
Ti ringrazio per questi anni che abbiamo passato insieme e per
l’appoggio che
mi hai dato in tutto questo tempo. Se non fosse stato per te, forse a
quest’ora
non avrei nemmeno avuto il coraggio di dire a Glacier che
l’amavo e non avrei
avuto la mia bellissima Elicia. Quello splendido futuro di cui
parlavamo su
quel campo di battaglia non è lontano, ne sono certo. Regala
alla tua nipotina
un mondo migliore in cui vivere, e sappi che sto ancora aspettando di
vedere
fin dove ti spingeranno i tuoi immaturi ideali, alchimista di fuoco.
Ehi, non
fraintendermi, adesso. Sai bene che non sono mai stato il tipo da
scrivere cose
del genere, quindi, qualunque cosa tu stia pensando in questo momento,
mettila
da parte e leggi attentamente ogni
singola parola. Non mi interessa se magari potresti
trovarla un’idea
cretina - anche se, a dirla tutta, tu hai proprio poco da parlare, caro
il mio Mr. Immaturo
-, ci sono quei momenti in
cui un uomo, nel corso della propria vita, deve seguire il proprio
istinto e
lasciarsi andare in qualunque cosa gli passi per la testa, e questo lo
sai
anche tu. Dopo che avrei letto, potrai anche dar fuoco a questa
lettera, per
quel che mi riguarda. Anzi, forse sarebbe meglio che tu lo facessi,
dammi
retta; e, per favore, dimmi che non hai aggrottato la fronte nel
leggere queste
righe, che se poi ti vengono le rughe di espressione mi fai pure
sentire in
colpa.
Ricorda bene ciò che
ti dissi durante la guerra, però, solo questo: possedere una
casa con la donna che ami e
vivere normalmente è una felicità che
può esistere ovunque, ma è la felicità
più grande. E questa è una felicità
che tutti, nessuno escluso, dovrebbero
avere il diritto di vivere. Tu puoi riuscire a cambiare questo paese,
quindi
continua a guardare avanti e non voltarti mai indietro, nemmeno se
durante la
strada ti accorgerai che qualcuno non sta più seguendo i
tuoi passi. Un giorno,
se ti sarà davvero fedele, quel qualcuno ti
raggiungerà prima ancora che tu te
ne renda conto. L’hai detto tu stesso: un ideale diventa
qualcosa di possibile
solo una volta che viene realizzato, e tu non sei di certo il tipo che
si da
facilmente per vinto. Coloro che vuoi proteggere sono persone semplici,
senza
armi né alchimia, dunque devi mirare in alto e raggiungere
la vetta, così da
rendere veritieri i sogni che abbiamo condiviso all’accademia.
Ti assisterò da lontano, ma hai il mio completo
appoggio. Come sempre, dopotutto. Di questo non ne hai mai dubitato,
non è
vero? Hai sempre saputo che ti avrei fatto da scudo, spalleggiandoti
anche a
distanza. Razza di idiota, in tutti questi anni ho fatto comunque il
tuo gioco
e la cosa, alla fin fine, non mi dispiace per niente. Forse me la sono
cercata,
ma non importa. Non è male far parte di questa grande catena
che lega tutti
noi.
I libri che
ho trovato tra queste cartacce non sembrano dire nulla di che, ma li
studierò
accuratamente. Se mai riuscirò a scoprire
qualcosa di interessante, tu sarai il primo a saperlo. Promesso.
Così non dirai che mi tengo
tutte le ricette migliori solo per me, va bene? E ti farò
preparare qualcosa di
buono anche da Elicia. Dovresti vederla, ormai sa cucinare bene quanto
sua
madre! Ma sto divagando ancora, ti spiegherò tutto nel
dettaglio il prima
possibile. O almeno lo spero.
Ritornerò ad East City non appena la situazione
si sarà stabilizzata. Ti porterò anche quei
libricini a cui ho accennato, davvero.
Per il momento cerca solo di
fare il tuo lavoro e di non fare il lavativo come tuo solito, che
quella santa
donna del Tenente Hawkeye non può sempre starti dietro come
una bambinaia. Hai
pur sempre ventinove anni, per la miseria! Rallegrati, però:
darò un bacio a
Glacier ed Elicia anche da parte tua, appena riuscirò a
liberarmi di tutte
queste scartoffie e tornare finalmente a casa. Vedi che grande onore ti
concedo? Sai che la mia bambina è categoricamente
intoccabile, ma per “zio Roy” posso
fare un’eccezione. Se poi sarai tu a liberarti per primo
dagli impegni, ti
aspettiamo con trepidazione: potrai assaggiare gli omini di pan di
zenzero
ricoperti zucchero a velo, Elicia te li farà con tanto
amore.
Oh, dimenticavo: la prossima volta voglio
sentirti dire che hai finalmente trovato moglie anche tu, vecchio
volpone. Niente
scuse, sono stato chiaro? Fammi sapere che sarai in mani sicure anche
se io,
forse, non potrò vederlo.
Scherzavo,
è una bugia.
Un saluto,
Maes».
Bevvi un lungo
sorso di whisky e gettai un’occhiata alla lettera
accartocciata sul tavolino in
soggiorno, abbozzando un sorriso dolceamaro.
Rispolverando
fra i pochi cassetti del mio appartamento e svuotando
l’armadio, avevo trovato
vecchie corrispondenze risalenti ad anni addietro, e quella che avevo
finito di
leggere per l’ennesima volta rientrava proprio fra quelle.
Cosa mi avesse
spinto a riordinare casa, poi, era un completo mistero. Con tutto il
lavoro che
avevo da fare e il fiato della Hawkeye letteralmente sul collo, perder
tempo a
sistemare un appartamento in cui passavo appena cinque ore della mia
giornata
non era davvero il massimo. Eppure... eppure eccomi là, con
un po’ di liquore e
quelle pagine ingiallite che odoravano di polvere e muffa accatastate
tutte da
un lato.
Se solo
quella lettera fosse arrivata prima... forse sarei riuscito a fare
qualcosa e a
capire che cosa avesse in mente di fare; forse avrei subito preso il
primo
treno per Central e avrei evitato che accadesse
l’irreparabile, ma con i sé e
con i forse non andava avanti il mondo.
L’avevi sempre saputo, eh, Maes? Il solo
pensiero che mi venne in mente, mentre mi
lasciavo sprofondare nel divano con il mio bel bicchiere mezzo pieno
rilucente
alla luce appesa al soffitto, fu proprio quello. L’avevi sempre saputo
che quella lettera non avrebbe mai avuto una
risposta, vero? Altro che libri, ricette e dolcetti di pan di zenzero
fatti da
Elicia... accidenti a te, brutto idiota.
Era
sempre stato un buon amico, e durante il suo funerale non avevo fatto
altro che
pensare a come sarebbero state le cose se avessi recepito prima il
messaggio
che mi aveva spedito un mese prima. Dinanzi alla sua tomba avevo
persino formulato
il pensiero di una trasmutazione umana, e anche a distanza di anni, a
volte, mi
svegliavo con il desiderio di mettere in atto quella che era stata solo
un’idea
dettata dal dolore che la sua morte mi aveva lasciato dentro.
Scossi
la testa per scacciare quei pensieri e spiegai la lettera, facendo
scorrere su
di essa lo sguardo per l’ennesima volta in quella serata. Mi
passai una mano
fra i capelli e, sospirando pesantemente, appallottolai i fogli per
gettarli
nel camino acceso, senza nemmeno pensarci due volte; li osservai
attento mentre
la carta si ripiegava su se stessa e gli angoli venivano consumati dal
fuoco a
poco a poco, riducendo in cenere parole d’inchiostro che
nessun altro avrebbe
letto più.
«Central City,
Amestris.
08 settembre 1915
“Codice
rosso.
Tieni gli occhi aperti,
Roy.
Uncle, Sugar,
Oliver, Eight, Zero, Zero. Maes”»
_Note conclusive (E
inconcludenti) dell'autrice
Questa
storia un po' particolare è stata scritta per il contest
Ti
scriverò d'amicizia, di quanto sia devastante indetto da GioTanner
sul forum di EFP, e sono contenta di essere riuscita a scrivere
qualcosa di
nuovo su questo fandom grazie ad un contest. Ormai
credevo di non riuscirci più e che la mia ispirazione si
fosse
del tutto volatillizata, invece non era per niente così e ne
ho
avuto una dimostrazione. Non è uno dei miei lavori migliori,
però ho voluto comunque provare con questo tipo di
impostazione.
Vorrei
inoltre dare una
piccola spiegazione, anche se penso che a questo punto si sia capito.
Le
lettere maiuscole con cui si apre ogni riga della lettera, tranne per
la Y
finale del nome di Roy - ci avrei messo un “Yo”
conclusivo, ma a Hughes va bene
solo se si tratta della versione americana del fumetto -,
formano la frase sottostante, ovvero il
messaggio cifrato nascosto da Hughes per far sì che Roy
capisca che cosa sta
succedendo e venga spronato ad indagare più a fondo nelle
questioni che
riguardano l’esercito. Anche le frasi finali e il suo saluto
richiamano la
seconda parte della lettera, ovvero il suo codice per far sì
che riconoscano il
suo grado quando le telefonate provengono da linee esterne. Il codice
di
identificazione reciterebbe USO800, ovvero “Bugia”
in giapponese, parola che
viene richiamata anche nelle ultime frasi del testo stesso e che in
qualche
contorto modo dovrebbe indicare che l’esercito stesso e
l’istituzione degli
alchimisti di stato a scopo benefico sia solo un’enorme bugia
per trovare
ottimi sacrifici umani.
Spiegato questo
e data
dimostrazione della mia follia, direi di chiuderla qui una volta per
tutte
prima che venga rinchiusa da qualche parte. Spero che in qualche modo
la
storia, per quanto continui a non convincermi come vorrei, sia
piaciuta. Commenti e critiche, ovviamente, sono sempre bene accetti.
Alla prossima.
Messaggio
No Profit
Dona l'8% del tuo tempo
alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di
scrittori.
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