Close To The Flame
-CHAPTER 1
“…separating
me from you” mi allontanai dal microfono della
sala di registrazione e guardai al di là della vetrata.
-Bene Ville, puoi fare una pausa- disse Seppo con un sorriso stampato
sul viso.
Annuii e abbandonai le cuffie che mi ero messo in testa per sentire la
base del nuovo arrangiamento di “Funeral of
hearts”, poi uscii dalla saletta.
Migè, Linde, Burton e Gas mi vennero in contro e mi diedero
qualche pacca sulla spalla.
-Abbiamo finito. Possiamo dire addio alle notti insonni, alle troppe
sigarette fumate di nascosto, ai pasti a base di pizza e
panini… e finalmente potrò passare un
po’ di tempo con la mia Vedrana- disse il bassista con gli
occhi a cuoricino.
-Dai, i giorni passati qui dentro non sono stati così male-
ribattè Linde avviandosi alla macchinetta automatica per il
caffè e cercando nel portafoglio di pelle i quaranta
centesimi necessari -Seppo è stato incredibilmente cordiale,
non sembrava nemmeno lui-
-E’ vero- concordai -Ah, Linde, pagami il caffè-
Lui sbuffò ma prese ugualmente altri soldi e li introdusse
nell’apposita fessura.
-Sei tirchio da far schifo- disse passandomi il bicchierino
-Annegatici… ma prima restituiscimi i soldi-
-Ah, e il tirchio sarei io?- replicai mentre rovistavo nelle tasche dei
jeans alla ricerca di qualche spicciolo -Vado da Seppo e gli chiedo se
mi cambia i due euro, così smetterai di rinfacciarmi il
caffè-
Bevvi tutto d’un fiato il mio amarissimo caffè
nero e mi avvicinai alla figura di Seppo, appoggiato al davanzale della
finestra.
-Seppo, mi puoi cambiare questi spiccioli?- gli domandai mostrandogli
la moneta.
Lui annuì e prese il portamonete dalla tasca posteriore,
dalla quale cadde anche una fotografia. La portava sempre con
sé e nella settimana che avevo passato in studio,
l’avevo sempre visto fissare l’immagine stampata su
di essa.
La raccolsi e gliela restituii.
-Grazie- rispose sorridendo e dandomi le varie monetine, per poi
tornare a fissare quel semplice di pezzo di carta un po’
stropicciato.
-Chi è?- gli chiesi appoggiandomi anch’io al
davanzale della finestra e guardando la foto che teneva tra le mani.
Raffigurava una ragazza con i capelli castano chiaro e gli occhi
scurissimi, brillanti, luminosi, un dolce sorriso dipinto sul suo volto
un po’ da bimba.
-E’ mia nipote- rispose orgoglioso mentre prendeva il
pacchetto di sigarette dal taschino per poi offrirmene una -Domani
verrà qui a Helsinki, ho promesso a sua madre che mi sarei
occupato di lei-
Sorrisi e accettai la sigaretta.
-Perché?- gli domandai di nuovo sbuffando il fumo dalle
labbra socchiuse e giocherellando con il filtro.
-Beh, come tutte le ragazze non sempre opta per la scelta giusta e io
sono uno dei pochi a farla ragionare- mi spiegò
-E’ bella, vero?-
-Sì- dissi guardando di nuovo la foto -Ha un’aria
davvero dolce-
-Lo è. È facilissimo perdere la testa per una
ragazza simile ma… lei non si fa avvicinare da nessuno, non
si sente all’altezza di nessun uomo- negli occhi gli lessi
una sorta di tristezza, di malinconia.
-Mi dispiace- sussurrai con lo sguardo basso.
Non lo avevo mai visto così afflitto. Possibile che
l’amore che la nipote si rifiutava di provare lo ferisse fino
a quel punto?
Lui era sempre stato un uomo tutto di un pezzo e ora era indifeso,
fragile.
Era davvero possibile?
***
Il
giorno dopo, Seppo era incredibilmente irrequieto. Anche quello, per
me, era un comportamento del tutto nuovo. Negli ultimi giorni avevo
visto un lato del mio manager che non conoscevo.
Fragilità, disperazione, nervosismo.
Il cellulare gli squillò un paio di volte ma non era la
persona che lui desiderava, però quando ricevette la
chiamata della sua nipotina il suo viso si illuminò
notevolmente.
-Milla? Dove sei?- chiese alla ragazza dall’altro capo del
telefono.
Un attimo di silenzio.
-Ah, allora fra pochi minuti sarai qui… esco e ti aspetto
sulla porta- chiuse la chiamata e uscì di corsa dal Finnvox
e noi HIM con lui.
-Ma perché siamo usciti?- mi domandò Burton
all’orecchio, avvolgendosi nel cappotto.
-Aspettiamo la nipote di Seppo- risposi incrociando le braccia per
ripararmi dal freddo pungente di quel mattino di ottobre.
Accesi una sigaretta per scaldarmi e nel momento in cui riposi
l’accendino nel taschino dei jeans, notai un taxi che stava
notevolmente rallentando fino al punto di fermarsi proprio davanti a
noi.
Seppo si affrettò ad aprire la portiera e riconobbi la
giovane della fotografia.
-Si fa anche aprire la portiera, hai visto? Mi sa che quella
è una viziata di prima categoria, altro che una ragazza
dolce. È una principessina sul pisello- dissi scuotendo la
testa mentre Migè scoppiò a ridere
fragorosamente… ma mi pentii. di quelle parole velenose,
della mia lingua tagliente che poteva ferire come la lama di un rasoio.
Il tassista, oltre ad aver scaricato i bagagli, aveva scaricato
anche… una sedia a rotelle.
Mi vergognai di me, di quel giudizio affrettato, di una
malignità che non meritava.
Rifiutò l’aiuto dello zio e si sistemò
al meglio su quello che era il suo unico mezzo di trasporto.
-Apple?- sussurrò e dalla macchina sbucò un gatto
persiano dal pelo bianco e grigio, che le saltò sulle gambe.
Lei lo accarezzò con la mano, lisciandogli il pelo
apparentemente morbido.
-Ciao zio Seppo- sorrise dolcemente al manager per poi guardare verso
di noi e, senza smettere di sorridere, alzò una mano verso
di noi in segno di saluto -Io sono Milla-
Sussultai. I suoi occhi si erano posati su di me: erano caldi, teneri
ma anche con una luce leggermente infelice.
-E così voi siete gli HIM. Non posso credere di avervi visti
ad una distanza così ravvicinata- e di nuovo le sue labbra
si allargarono in un sorriso -Mio zio dice che sempre che siete i
migliori-
-Seppo, da quando in qua ci fai i complimenti?- rise Linde mentre il
manager gli dava le chiavi della propria macchina.
-Stai zitto chitarrista da strapazzo e aiutami a caricare i bagagli di
Milla sull’auto- lo rimbeccò Seppo con
un’aria quasi imbarazzata sul viso. Si fece carico di una
valigia per poi fermarsi e rivolgersi a me, Migè, Burton e
Gas -Accompagnatela dentro, qui fuori si gela-
Annuimmo.
-Di dove sei, Milla?- le chiese Gas mentre tutti e quattro ci avviavamo
all’entrata.
-Di Oulu- rispose gentilmente, spingendosi avanti. C’era
qualcosa che mi tormentava, qualcosa che era simile al dispiacere. Non
era compassione né pena.
-Hai già visitato Helsinki?- le domandò di nuovo
il batterista, calciando un sasso che finì contro una pianta.
-Non ho ancora avuto il piacere e mi sa che Seppo non mi ci
accompagnerà volentieri- rise per poi bloccarsi e cercare di
superare un basso gradino.
Nessuno di noi, lì per lì, seppe che fare.
Solo Burton, resosi conto della difficoltà di Milla,
l’aiutò spingendo la sedia a rotelle.
-Grazie- disse con la voce tremante dall’imbarazzo,
portandosi una mano alla fronte. Era una situazione che la faceva stare
male e probabilmente voleva scoppiare a piangere per non esserci
riuscita da sola… ma non lo fece.
Aveva solo gli occhi lucidi.
Era più forte di quello che credevo: trattenere le lacrime
quando una cosa sembrava lacerarti in profondità richiedeva
molto più coraggio di ogni altra insignificante cosa su
questo mondo privo di giustizia.
-----***-----
Scritta stamattina di
getto, dopo aver assistito ad una scena a dir poco
vergognosa…
Non è a
scolpo di lucro, tanto meno è mia intenzione offendere chi
ha davvero questo problema. È nato tutto dalla mia mente
che, forse, è troppo sensibile a certi avvenimenti.
Spero comunque che
possa piacere e intendo specificare che cancellerò la storia
se la troverete offensiva.
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