Two souls

di Reine_De Poiters
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                                                                      For the first time


 
 
 
You're smiling but we're close to tears,
even after all these years.
We just now got the feeling that we’re meeting
for the first time
(The Script, “For the first time”)

 
 
Levi fu svegliato da una dolce carezza fra i capelli.
 Per una volta fu grato a sua madre di averlo ridestato da quell’incubo che si faceva sempre più vivido, più reale e assurdo ogni volta che si addormentava.
Il bambino si stropicciò gli occhi  per poi voltarsi, assonnato, ad osservare la donna che gli sorrideva  caldamente.
« Buongiorno » gli disse lei, ma Levi non rispose, ancora troppo turbato dal sogno appena fatto. Doveva ammettere che ultimamente lo faceva spesso e ogni volta, se ci ripensava a mente fredda, c’era qualcosa che non gli quadrava. Era sempre uguale e, tutte le volte che si risvegliava, sentiva il petto esplodergli dal dolore. Non sapeva perché e, sinceramente, non ci teneva a saperlo. Erano solo incubi, maledettamente reali, ma incubi.
«Sai, Levi, ieri pomeriggio Carla è tornata a casa dall’ospedale. Che ne dici se andiamo a trovarli ?».
Il bambino, ancora una volta, non le diede nessuna risposta ma, semplicemente, si scoprì e scese dal letto andando poi dritto verso il bagno.
La donna, sconsolata, aveva sorriso mestamente. Non sapeva proprio cosa fare con Levi.
 
Dopo poco meno di mezz’ora, sia Levi che sua madre si ritrovarono sull’uscio di casa Jeager, i loro vicini di casa. Sua madre e Carla, la signora Jeager, erano molto amiche e non capitava di rado che i suoi genitori lo lasciassero alle cure della giovane donna quando entrambi erano impegnati.
« È un maschio o una femmina, mamma?» chiese Levi, con le dita fine aggrappate alla manica della giacca della madre, mentre aspettavano che la porta si aprisse.
« È un bel maschietto, dicono abbia gli occhi del papà » era tutta entusiasta sua madre e riusciva a capirne anche il perché, lei adorava i bambini.
Non dovettero aspettare molto prima che la porta si aprisse e la figura slanciata di Grisha apparisse sulla soglia. Con un sorriso sulle labbra, accolse calorosamente entrambi.
Levi entrò in casa  Jeager aggrappandosi con ancora più forza alla manica della donna, ma quel contatto fu subito interrotto dalla donna stessa che, non appena vide l’amica si liberò della presa del figlio e le andò incontro.
«Charlotte! Levi! Che bella sorpresa! » le due donne si abbracciarono e, subito dopo essersi staccate, Carla aveva scompigliato la zazzera mora di Levi, strappandogli un piccolo sorriso.
Da quel momento erano partiti un’infinità di convenevoli che Levi non aveva avuto la forza di ascoltare, aveva troppo sonno anche per parlare ed era sicuro che se avesse provato a spiccicare parola la sua voce sarebbe risultata ancora impastata dal sonno. Non dormiva bene ultimamente, ma quelli erano solo problemi suoi. Per giunta erano anche problemi stupidi.
Quello che sognava era semplicemente frutto del suo subconscio, niente di tutto quello che sognava era successo o sarebbe successo. Stupido lui a farsi turbare da cose così stupide.
 
I pensieri del ragazzino, che stava bellamente seduto sul divano a torturarsi una manica della magliettina bianca, furono interrotti da un urlo che alle sue orecchie apparve disumano. L’ infante si era appena svegliato. Carla si era scusata con i due e, frettolosamente .si era recata nella stanzetta del bebè. Sua madre l’aveva seguita a ruota e lui, d’istinto, le era andato dietro.
Carla aveva preso in braccio il piccolino che tra le braccia della mamma sembrava essersi calmato. La donna l’aveva poi rimesso nella culla, così che Levi, incuriosito, potesse alzarsi sulle punte per osservarlo meglio.
Due occhi verdi, sfumati di un tenue blu, lo guardavano con la stessa vispa curiosità. Levi distolse subito lo sguardo. «Come si chiama? » aveva domandato alla neomamma. «Eren » gli aveva risposto quella.
Eren,Eren,Eren, quel nome gli ricordava qualcosa o, meglio ancora, qualcuno. Abbassò nuovamente il capo verso il piccolo che lo guardava divertito con quei suoi occhi che Levi, ne era sicuro, aveva già visto. Li vedeva tutte le notti.
Assottigliò lo sguardo e, con un grande sforzo, fece nuovamente leva sulle punte per osservarlo per intero.
Aveva la sensazione di averlo già visto e già incontrato, era, come diceva suo padre, un deja vù. Ragionandoci, sua madre stessa gli aveva detto che, quegli occhi, erano gli stessi che aveva Grisha, ma lui non ci credeva. Avevano una luce diversa, più intensa.
Levi non diede poi troppo peso a quella sensazione, ma da quel momento, giorno dopo giorno, aveva avuto sempre addosso la sgradevole e perenne percezione, che gli mancasse qualcosa.
 
 
 
 
 
 
Si svegliò di scatto, con un urlo mozzato in gola, il fiato corto e una mano a stringersi il pigiama all’altezza del cuore. Sentiva le lacrime  calde scendergli lungo le guance, se le asciugò subito con la manica della maglietta.
Percepì sua sorella Mikasa, nel letto vicino al suo, mugugnare seccata e rigirarsi fra le coperte. «Eren, stai piangendo? » gli chiese la bambina, preoccupata per lui. «No, torna a dormire» la voce di Eren era roca e impastata dal sonno, non voleva che Mikasa si accorgesse che stava piangendo, sarebbe diventata ossessiva.
Quando aveva visto che la sorella non aveva nessuna intenzione di tornarsene fra le braccia di Morfeo, Eren aveva preso la coperta e se l’era tirata fin sopra la testa girandosi poi dal lato opposto.
«Buonanotte Mikasa».
«Eren».
«Eren».
«Eren» bisbigliò per la terza volta Mikasa che non si arrese e continuò «vuoi che chiami la mamma? ».
 Eren non rispose, sperando con tutto il cuore che la smettesse e lo lasciasse in santa pace, magari riusciva anche a riprendere sonno.
Da quando suo padre, se un uomo così lo si poteva chiamare padre, se ne era andato, aveva incominciato a fare incubi. Sempre più spesso, sempre più strani, sempre più vividi. Gli capitava spesso di svegliarsi nel cuore della notte, di ritrovarsi con il più forte dei dolori al petto, senza fiato, senza sapere dove fosse.
Non li raccontava a nessuno quei sogni, non aveva neanche voglia di ricordare ciò che sognava la notte. Stranamente, dopo pochi  minuti, appena Mikasa smise di disturbarlo, riuscì a riprendere sonno. Un sonno senza incubi.
 
Eren mugugnò infastidito, non appena sentì il telefono squillare insistentemente. Aveva dormito solo poche ore da quando era riuscito a riprendere il sonno interrotto e ora, quel suono così irritante, era riuscito a svegliarlo di nuovo. Sbuffò fra le coperte, per poi mettersi seduto sul letto. Anche Mikasa si era svegliata.
Si stropicciò piano gli occhi e si voltò verso la sorella che, in tutte le lingue che conosceva, molto probabilmente stava maledicendo il telefono. Erano appena le otto e mezzo e per giunta era anche domenica. Eren si buttò nuovamente sul letto, sospirando piano.
Aveva appena richiuso gli occhi quando sua madre, in fretta e furia era entrata nella loro stanza.
«Oh, fortunatamente siete già svegli! » Carla, frustrata, si passò una mano fra i capelli. «Mi dispiace dovervi far alzare così presto, ma mi hanno chiamato dall’ospedale. Una mia collega sta male, devo sostituirla. » la donna si era avvicinata ai figli, aveva dato a entrambi un dolce bacio sulla guancia e li aveva incitati ad alzarsi. «Su!Su! Tra venti minuti vi voglio belli pronti e pimpanti, così posso portarvi da Charlotte ».
Mikasa, per prima, si era fiondata subito in bagno, lasciando Carla ed Eren soli.
«Eren, tesoro, sembri terribilmente stano. Hai dormito stanotte?» sua madre gli aveva passato una mano fra i capelli castani ed aveva sospirato piano. Da quando suo padre se ne era andato, constatò il piccolo, sembrava sempre così stanca e molto più apprensiva di quanto non fosse mai stata.
«Non ti preoccupare mamma, sto bene. » le aveva sorriso fiaccamente Eren che, non appena vide la sorellina tornare in camera, sfuggì alle ulteriori probabili domande della madre andando anche lui in bagno.
 
Quando Levi, dalla sua stanza, sentì il campanello suonare maledisse mentalmente quel disturbatore inopportuno. Quale persona normale sarebbe venuta a trovarlo alle nove di mattina, sapendo che i suoi genitori erano partiti e che lui doveva studiare per il test del giorno dopo? Un idiota, o qualcosa di simile pensò il ragazzo. Si alzò stancamente dalla scrivania, erano già due ore che aveva incominciato a studiare ma non aveva coperto neanche la metà del programma.
Aprì con poca grazia la porta, curioso di scoprire il volto del malvoluto visitatore, quando si ritrovò davanti Carla Jeager con i due figli.
«Buongiorno Levi, disturbo?».
«No» stavo solo studiando, ma questo il ragazzo evitò di dirlo. «Hai bisogno di qualcosa? » le chiese, tentando di mascherare l’evidente seccatura nel suo tono di voce.
«C’è tua madre in casa?»
La guardò di sottecchi un attimo, sembrava veramente stanca. «Ehm… è partita due giorni fa, non lo sapevi?» Levi, a quelle sue parole, vide la donna portarsi una mano alla fronte e sospirare pesantemente.
«L’avevo completamente dimenticato. Senti, Levi,non è che faresti un favore? Potresti tenere tu Eren e Mikasa per un po’?»
Il giovane, facendo leva su tutta la sua pazienza, evitò di sbuffare e si passò una mano fra i capelli neri. Effettivamente non gli avrebbe potuto fare quel genere di favore, aveva parecchio da studiare e, poche ore dopo, sarebbe dovuta venire anche Petra, ma, alla fin fine, quanti problemi gli avrebbero mai potuto dare due bambini di otto anni. Tanti, pensò lui, ma ormai che l’aveva disturbato tanto valeva accontentarla.
 

 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Salve a tutti gli intraprendenti lettori che sono arrivati fin qui, vi ringrazio molto!
Questo che avete appena letto è un piccolo prologo, la vera e propria storia partirà dai prossimi capitoli che saranno di certo molto più sostanziosi. Come penso abbiate letto nell’introduzione, la storia è una Reincarnation AU e quindi i personaggi ricordano più o meno, dico più o meno perché non voglio spoilerarvi nulla, quello che hanno passato nelle loro vite precedenti, con annesse conseguenze.
La long non dovrebbe durare più di 10-12 capitoli, ma su questo fronte non vi protetto nulla, vi posso solo promettere che sarà il più veloce possibile negli aggiornamenti. Sono stata molto indecisa se pubblicare o no questo prologo, quindi fatemi sapere se vi è piaciuto e se vi ha incuriositi almeno un po’. Ci vediamo al prossimo aggiornamento, ciao!




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