Miracles
in December
Jongin
è un ballerino. Per la
sua performance da solista di fine anno, il direttore gli aveva dato
carta
bianca. “Sei uno dei migliori, mi fido di te,” gli
disse. “Fai ciò che ti
senti, e poi ne riparleremo insieme.”
Jongin
è un ballerino, e ha visto l’amore
prendere vita in tutte le sue forme. Così decise di
mostrarle al mondo
attraverso la sua danza.
La
famiglia Kim si era
trasferita nell’appartamento accanto al suo un anno prima.
Quando bussarono
alla sua porta per porgergli un saluto formale, Jongin si era ritrovato
faccia
a faccia con due bambini sorridenti ed un giovane uomo. Il suo nome era
Joonmyun, e i suoi figli si chiamavano Jongdae e Minseok. Avevano
cinque e
sette anni.
Jongin
andava d’accordo con la famiglia
Kim. Joonmyun aveva solamente tre anni in più di lui, ed era
una persona
estremamente gentile e dalle maniere amichevoli, quindi gli fu facile
farci
amicizia. Minseok era un bambino tranquillo ed educato, che sembrava
parecchio
più maturo rispetto a quelli della sua età. Non
parlava molto, al contrario di
Jongdae che era completamente l’opposto:
un’esplosione di vitalità concentrata
in un metro e dieci. In qualche modo, quella famiglia
rallegrò un po’ le serate
solitarie che Jongin passava nel suo appartamento.
Ora
era di nuovo dicembre, e Joonmyun lo
aveva invitato a cena nel loro appartamento. Venne accolto dal padre di
famiglia e dalla calda atmosfera natalizia della loro casa. Minseok e
Jongdae
gli corsero incontro non appena entrò
nell’appartamento, e quell’entusiasmo lo
fece sorridere.
Joonmyun
ritornò a preparare la cena,
mentre Jongin passò un po’ di tempo con i due
bimbi, che insistevano di voler
addobbare l’albero di Natale, fino a quando il cibo non fu
servito in tavola.
Nel bel mezzo del pasto, cominciò a nevicare, e Jongdae
corse euforico alla
finestra per guardare i fiocchi scendere uno ad uno, mentre Minseok si
limitò
ad osservarli dal suo posto in tavola, con gli occhi che scintillavano
per lo
stupore. Quella vista gli scaldò l’animo.
Jongin
non aveva mai chiesto a Joonmyun
dove fosse la madre di Minseok e Jongdae, per paura di essere
indiscreto, né
Joonmyun aveva mai accennato a lei. Jongin pensò che, se
Joonmyun avesse voluto
dirglielo, lui avrebbe pazientemente aspettato. Secondo lui, Joonmyun
era un
padre fantastico, e se la cavava alla grande per essere un genitore
solo. I due
figli crescevano sani e felici, e questo non riuscì a
sopprimere la sua voglia
di sapere come Joonmyun facesse a mantenere quella famiglia
così perfetta.
«Hyung,»
lo chiamò Jongin, «come sei
riuscito a crescere Minseok e Jongdae da solo?»
I
bambini erano già andati a letto, e i due
uomini ora sedevano in sala a chiacchierare. Fuori dalla finestra, un
mantello
bianco si era posato sulla strada.
Joonmyun
alzò le sopracciglia alla domanda,
poi gli sorrise. «Semplice: desiderando solo il meglio per
loro.»
«Quel
che voglio dire è… non ti senti
stanco ad essere solo? Certe volte, non ti viene voglia di avere
qualcuno che
ti aiuti e ti supporti, qualcuno con cui condividere la gioia di vedere
Minseok
e Jongdae crescere, con cui arrivare fino alla vecchiaia?»
Era la cosa più
vicina all’argomento della madre di cui Jongin avesse parlato.
Joonmyun
ci pensò un attimo, prima di
rispondere. Guardò le mani giunte sul suo grembo.
«Certo che ci penso, Jongin.
Ogni giorno, quando i bambini vanno a letto e trovo questa casa
silenziosa.
Penso a come sarebbe se ci fosse qualcuno che stesse con me e crescesse
Minseok
e Jongdae assieme a me, e che magari si prendesse cura di me ed io di
lei.
Sarebbe davvero bello.»
«Allora,
come…?»
«Minseok
e Jongdae sono importanti per me.
C’è stato un periodo in cui la pensavo come te, e
questo ha continuato a
tormentarmi per un po’ di tempo. Poi un giorno Minseok si
è ammalato e ho
dovuto prendere un giorno di riposo dal lavoro perché loro
due erano troppo
piccoli per restare da soli, e nessuno dei miei amici poteva tenerli.
«Quella
volta, è stato come se fossi stato
illuminato. Minseok e Jongdae avevano più senso di un giorno
di lavoro perso o
di notti passate a rimuginare sulla mia solitudine. Sono tutto quel che
ho di
più importante ed inestimabile. Non so dove sarei senza di
loro, o come avrei
potuto tirare avanti fino ad ora. Una vita senza di loro è
impensabile. Forse
tu non capisci ancora, Jongin, ma voglio che tu sappia che sono il mio
intero
mondo. Il bene che voglio a loro è immenso, e questo per il
momento mi basta.»
Jongin,
effettivamente, sapeva di non
riuscire a cogliere nemmeno un millesimo dell’amore di
Joonmyun verso i suoi
figli. Questo rafforzò la stima che aveva di lui, e
sperò di poter essere un
padre come Joonmyun quando sarebbe arrivato il tempo.
Jongin
sollevò la lattina di birra verso la
sua direzione con un sorriso. «Alla famiglia,»
disse, e Joonmyun rise,
imitandolo.
«Alla
famiglia.»
Qualche
anno prima, per uno
spettacolo, la sua compagnia aveva ingaggiato un lottatore di arti
marziali. Il
suo nome era Tao, e Jongin ci fece amicizia facilmente, nonostante Tao
ancora
non riuscisse a parlare bene il coreano, dal momento che aveva vissuto
lì solo
per qualche mese.
Tao
era ora un attore a tempo pieno. Nei
film, poteva sembrare intimidatorio e carismatico, ma in
verità aveva una
personalità incredibilmente romantica e sentimentale. Di
recente, aveva mandato
a Jongin un messaggio con allegata una foto di un piccolo cucciolo di
maltese
nascosto tra degli asciugamani che lo tenevano al caldo.
“Ho
deciso di adottare un cagnolino!! È bellissima, si chiama
Candy!!! Non vedo
l’ora di fartela incontrare”
Jongin
aveva sorriso all’entusiasmo di Tao
che trapelava da quel singolo messaggio. Gli rispose:
“È
tenerissima ^^ quando sarà più grandicella la
faremo giocare insieme a Monggu,
Jjanggu e Jjanga eheh”
In
effetti, Jongin fu presto invitato a
casa di un Tao entusiastico ed orgoglioso. Candy era davvero minuscola,
un
batuffolo di peli che era grande appena da riuscire a stare sul palmo
di una
mano. Tao doveva essere assolutamente entusiasta all’idea di
averla con sé,
perché il suo appartamento era già pieno di ogni
tipo di giocattoli e cibo per
cani. Gli mostrò persino un cestello dove teneva tutti i
vestiti e gli
accessori che aveva comprato a Candy, nonché le innumerevoli
borse per portarla
in giro e metterla in mostra – sul web, grazie alle foto che
Tao aveva
pubblicato nei suoi account SNS, era già una superstar.
Tao
la trattava come una principessa, e
Candy ricambiava seguendolo in giro, accoccolandosi nel suo grembo
quando lui e
Jongin si sedettero sul divano per chiacchierare, e leccandogli le mani
in
segno d’apprezzamento. Sembravano inseparabili, ed era
difficile credere che
Tao la lasciasse a casa quando doveva uscire per andare al lavoro.
«Da
quando c’è lei, mi sento un po’ meno
solo in questa casa,» riferì a Jongin.
«Solitamente, quando non avevo niente da
fare, mi capitava di pensare a quando vivevo ancora in Cina, e mi
chiedevo
perché mai fossi venuto qui se potevo restarmene
lì e non sentirne la mancanza.
Ora che Candy è qui con me, sento quasi come se la mia
famiglia fosse qui con
me, anche se non è la stessa cosa. Ma ne sono
felice.»
Dal
momento che Jongin non era nella sua
stessa situazione, non capiva completamente la sua solitudine, ma
sapeva che la
compagnia di Candy era importante per alleviarla almeno un poco. E, di
certo,
quel cucciolo sapeva quale ruolo aveva nella vita di Tao,
poiché aveva spinto
la testolina nel palmo della sua mano, come se volesse dirgli che
voleva che
non si sentisse più triste.
Di
recente, Jongin aveva
incontrato uno hyung che non vedeva da qualche mese. Yifan era uno
scrittore,
nonostante Jongin lo avesse sempre ricordato fare dei disegni
grotteschi per
poi affermare di essere un artista incompreso. All’inizio di
quell’anno, Yifan
aveva pubblicato un libro che raccontava la storia di un uomo che
viaggia per
il mondo in cerca della donna amata, che ancora non conosceva. Era un
romanzo
stranamente piacevole da leggere, per quanto bizzarra la trama fosse, e
venne
acclamato come “un racconto visionario, che tocca le corde
più profonde
dell’anima umana e ne rivela i desideri più
intimi”.
Oggi,
Yifan lo aveva chiamato per discutere
con lui del suo nuovo progetto, come aveva già fatto un paio
di volte prima.
Jongin si era sentito estremamente lusingato ed elettrizzato per
poterlo
aiutare a scrivere il suo nuovo libro. I loro incontri consistevano in
una
serie di domande: cosa senti quando balli, ti capita mai di voler fare
qualcos’altro, quando hai cominciato ad avere questa
passione, e via dicendo.
Yifan si appuntava tutto su un block notes dalla copertina rossa, dove
aveva
appiccicato con dello scotch un pezzo di carta, sulla quale
c’era scritto
malamente “studio pers.”.
Dopo
tutte quelle domande, uscirono dal
bistrot dove si stazionavano ad ogni incontro per un’ora.
Percorsero un pezzo
di strada a piedi e si addentrarono nel parco vicino. L’erba
del prato era
intaccata dalla neve che rendeva gelido tutto il paesaggio, e videro
dei
bambini buttarsi sul terreno innevato e costruire pupazzi di neve
dall’aria
curiosa. Yifan tirò fuori un pacco di sigarette e ne
offrì una a Jongin, che
rifiutò cortesemente.
C’era
qualcosa, nel modo di fumare di
Yifan, che lo rendeva estremamente affascinante – il modo in
cui la sigaretta
pendeva dalle sue labbra mentre rimetteva l’accendino in
tasca, lo sbuffo di
fumo che si addensava attorno al suo viso, l’aria da un uomo
vissuto che gli conferiva.
Lo
scrittore doveva sentirsi piuttosto in
vena di confessioni, perché iniziò a parlare del
suo precedente romanzo.
«Quando lo stavo scrivendo,» disse a Jongin,
calciando via un cumulo di
ghiaccio ai suoi piedi che doveva essere i resti di una battaglia di
neve, «mi
capitava di pensare, “perché non l’ho
fatto anch’io?”»
Al
suo fianco, Jongin lo guardò con un
sopracciglio alzato. «Già, perché non
l’hai fatto?»
Yifan
non rispose. Si limitava invece a
guardare davanti a sé, prendendo profonde boccate dalla
sigaretta e provando a
creare delle forme con il fumo. Il suo sguardo, sembrò a
Jongin, era perso in
qualche punto lontano del parco, e di tanto in tanto strizzava gli
occhi, come
per mettere a fuoco qualcosa.
La
realizzazione arrivò a Jongin
gradualmente. «Dimmi se sto dicendo
un’assurdità,» provò con
esitazione. «Stavi
pensando a quella noona con cui stavi durante il liceo
oppure…?»
Il
più anziano tolse la sigaretta tra le
labbra, e sbuffò fuori il fumo. Picchiettò sulla
stecca per lasciar cadere la
cenere in eccesso. «Vedi, avrei davvero voluto viaggiare per
il mondo sul
serio, alla ricerca del mio “grande amore”. Ma non
riesco a scrollarmi di dosso
quella sensazione di star cercando, in qualche modo, di fuggire
dall’inconfutabile fatto che c’è una
parte di me che è ancora attratta da quel
tempo.»
La
stradicciola si divideva ora in due
parti. Presero la direzione sinistra.
«C’è una parte del libro, nel terzo
capitolo, che fa così: “Il giorno successivo, si
svegliò con il cuore
martellargli nella gola. Il primo pensiero fu: ‘Ho fatto un
sogno’. Il secondo,
invece: ‘Se non mi alzo, sarò in ritardo per il
treno’. Il terzo: ‘Mi sento
come se un branco di tori mi fosse passato sopra’. Ed in
effetti, quel sogno –
non se lo ricordava – era stato talmente bizzarro da fargli
sentire lo stomaco
pieno di farfalle: un chiaro segno che il meccanismo del mondo lo stava
attendendo.” Questa è una delle prime parti che ho
scritto del libro, e che è
stata presa da una mia esperienza personale.
«Vedi,
lei è sempre stata un po’ vivace.
Non prendeva ordini da nessuno e faceva ciò che le pareva,
senza pensare alle conseguenze.
Forse questo mi ha irritato a tal punto da non riuscire più
a sopportarla, e
successivamente ci siamo lasciati. Però, dopo un
po’ di tempo, mi sono svegliato
un giorno e mi sono accorto che era da più di un anno che
non la sentivo. Quel
fatto mi ha colpito così tanto che, per me, è
stato come se gli ingranaggi del
tempo si fossero fermati. Così ho deciso di scrivere il
libro, tentando di
ripristinarli assieme la serenità che c’era prima
di lei.»
Jongin
aveva ascoltato ogni parola. Yifan
aveva assunto quel tono e linguaggio che utilizzava nei suoi
manoscritti, e in
certi punti Jongin non riusciva a capire del tutto quel che intendeva,
ma
lasciò stare: probabilmente non avrebbe mai compreso.
«Quindi, hai scritto il
libro per lei?»
«Forse.
Non ne sono sicuro nemmeno io.
Anche la storia che sto scrivendo ora è nata da dei momenti
di riflessione su
quel che abbiamo passato. Probabilmente sto solo cercando una scusa per
smettere di pensare a come lei era diventata il meccanismo che muoveva
il mio,
di mondo.»
Jongin
gli lanciò uno sguardo straniato.
«Mi sembri piuttosto insensato, hyung,» lo
informò.
«Oh,
questo non sarebbe una novità,» ribadì
Yifan. «Tutti gli scrittori sono sempre un po’
fuori di testa.»
Quando
non aveva le prove con
la sua compagnia di danza, Jongin lavorava part-time in un
café per guadagnare
qualche soldo in più.
Durante
il suo turno pomeridiano di
giovedì, il tavolo cinque, quello vicino alla vetrina del
locale, alle ore
sedici, era sempre occupato da una coppia di giovani uomini che
dovevano avere
più o meno la sua stessa età. Jongin aveva ormai
memorizzato i loro ordini: un
latte macchiato per quello più alto, con le orecchie a
sventola, e un americano
per l’altro, più loquace. Riuscì anche
a cogliere i loro nomi, Chanyeol e
Baekhyun, dalle conversazioni che gli arrivavano alle orecchie di tanto
in
tanto. Jongin notò che non c’era mai nessun altro
che li accompagnava, ed erano
sempre solamente loro due: ne dedusse che il café doveva
essere un luogo
abituale d’incontro da molto tempo, che conoscevano soltanto
loro.
Un
giovedì pomeriggio, i due entrarono alla
loro solita ora, infreddoliti dal clima invernale fuori dal locale e
borbottando con soddisfazione, circondati dal calore
dell’interno. Si sedettero
al loro tavolo abituale, e Jongin, che si era autoproclamato il loro
cameriere
di fiducia, andò subito a servirli. «Il
solito?» chiese loro, scarabocchiando
già gli ordini sul suo taccuino.
«Esatto,»
confermò Chanyeol. «E anche
qualcos’altro. Cosa offrite di buono? Sto morendo di
fame.»
«Mi
stai mettendo in una posizione
difficile. Qui dentro è tutto delizioso, se è
preparato direttamente dalle mani
del nostro chef.»
«Ma
oggi è un giorno piuttosto
particolare,» intervenne Baekhyun con un gran sorriso, mentre
Chanyeol rise
imbarazzato. Gli mise una mano sulle spalle, con fare sognante.
«È il giorno in
cui questo nostro amico è finalmente riuscito ad
accaparrarsi la sua ragazza
dei sogni. Incredibile, eh? A vederlo, non sembra proprio il tipo da
riuscire a
fare granché con le ragazze.»
Chanyeol
gli schiaffeggiò via il braccio,
schioccando la lingua. «Tu non sembravi da meno, con Taeyeon
noona. Ricordi
quella volta che sei venuto da me quasi piangendo, perché ti
aveva finalmente
mandato un messaggio?»
«Dettagli,»
disse l’altro. Poi si rivolse
di nuovo a Jongin: «Consigliaci qualche dolce, non importa il
prezzo. Offro io!»
Quindi
Jongin indicò loro una serie di
specialità della casa. Una volta che ebbero deciso,
tornò al banco e distribuì
gli ordini dei caffè al suo collega, mentre lui andava a
prendere i dessert. Di
tanto in tanto, sentiva i suoi due clienti ridere e prendersi in giro
l’un
l’altro, certe volte li vedeva bisbigliare parole
incomprensibili e
sghignazzare a qualcosa sul telefono di uno dei due. Dopo che ebbe
portato loro
ciò che avevano ordinato, sentì Baekhyun dire
«Alla tua prima ragazza negli
ultimi cinque anni», al cui Chanyeol rispose «Alla
tua prima ragazza che è
riuscita a sopportarti», accompagnati dal tintinnio di due
tazze.
Certe
volte, Joonmyun chiedeva
a Jongin di accompagnare Minseok e Jongdae ad un centro di baby sitting
vicino
al loro palazzo, quando doveva lasciare i bambini da soli per andare al
lavoro.
Il
direttore era un uomo da un sorriso
smagliante accompagnato da profonde fossette, che lo faceva sembrare
più
giovane di quanto non lo fosse. Il suo nome era Yixing, ed era una
persona
estremamente gentile ed amichevole, che sapeva però come
mantenere la
disciplina: riusciva a far bene il suo lavoro. Jongin non si
sorprendeva alla
vista di così tanti bambini impazienti di giocare assieme a
lui. Riusciva a
vedere, nelle sue brevi escursioni al centro ludico, che Yixing amava
quel che
faceva, ed amava i bimbi di cui si prendeva cura.
Oltre
a Yixing, c’era un altro dipendente
che lo aiutava nel suo lavoro, di nome Luhan. I suoi modi di fare erano
più
vivaci rispetto a quelli di Yixing, tanto da sembrare un bambino lui
stesso
(nonostante il fatto che, ogni volta che Yixing glielo faceva notare,
lui affermava
di essere un vero uomo).
Jongin,
dopo aver passato così tanti anni
sul palco, aveva imparato inconsciamente a leggere le emozioni dei suoi
spettatori, e a notarne anche i più piccoli gesti.
Così riusciva a vedere come
la mano di Luhan indugiava sulla spalla di Yixing ed il suo sguardo che
lo
seguiva per un secondo più del dovuto prima di distoglierlo.
Vedeva il modo in
cui Luhan gli diceva qualcosa in tono complice e come, quando Yixing
rideva, lo
guardava con un certo scintillio negli occhi; le volte che Yixing
accompagnava
un bambino in infermeria, Luhan gli chiedeva sempre se gli servisse
qualche
aiuto.
Erano
piccoli accorgimenti altrimenti
invisibili agli occhi degli altri, ma Jongin riusciva a coglierli di
sfuggita
come se gli fosse naturale. E naturali erano anche tutte quelle parole
che
Luhan aggiungeva nelle loro conversazioni per farle durare di
più, la scrollata
di spalle che Yixing gli dava con un sorriso ad una battuta, e come
salutavano
Jongin un secondo più tardi del solito quando entrava nel
centro insieme a
Minseok e Jongdae.
Certe
volte, Jongin avrebbe voluto non
accorgersene, per non disturbare quel mondo che aveva le parvenze di un
sogno.
Il
proprietario del café in cui
Jongin lavorava si chiamava Kyungsoo. Era lui a creare tutte le delizie
che
venivano esposte ed era stato lui ad aver dato vita ad uno dei luoghi
più
frequentati del periodo natalizio: le delicate glassature delle torte e
l’aspetto piacevole dei biscotti allo zenzero, assieme alla
calorosa atmosfera
festiva, attiravano diverse centinaia di clienti ogni settimana, per
tutto il
mese prima di Natale.
Specialmente
in questo periodo, Kyungsoo
usciva finalmente dalla cucina (si imbarazzava facilmente davanti agli
sconosciuti) e serviva al banco, presentando una ad una le sue
creazioni ai
clienti, soprattutto a quelli indecisi. Erano questi i momenti in cui a
Jongin
capitava di vedere un altro suo lato, oltre a quello serio ed impegnato
nel suo
lavoro: Kyungsoo sorrideva alle ragazze che cercavano un regalo per i
loro
fidanzati; agli uomini che non avevano tempo da dedicare alla loro
famiglia e
quindi, per compensare tutti i giorni in cui erano stati dei padri o
dei mariti
assenti, compravano un pensierino per i loro cari; ai bambini
accompagnati dai
loro genitori nel café per scegliere un dolce natalizio. Era
una vista alquanto
buffa, perché certe volte, non essendo abituato a parlare ai
clienti,
balbettava un poco, ma Jongin sapeva che Kyungsoo ci teneva. Grazie a
lui gli
affari a dicembre andavano alla grande, e ogni volta Jongin riceveva
una
sorpresina in più nella sua busta paga di quel mese.
«Vedi,
Jongin, devi sapere che una volta, a
fianco a casa mia, c’era una piccola pasticceria,»
gli spiegò Kyungsoo una
volta che il locale fu chiuso. Gli altri suoi colleghi li salutarono,
per poi
uscire dalla porta di servizio e tornare alle loro rispettive case. I
due ora
erano nella cucina: Jongin era pronto ad andarsene, con la giacca
addosso e la
sciarpa stretta attorno al suo collo, mentre Kyungsoo voleva ancora
restare un
po’, per controllare che tutto fosse a posto, prima di
chiudere definitivamente.
«Da
piccolo non ero esattamente interessato
ai dolci, e non ci andavo quasi mai. Un giorno ho saputo che sarebbe
stata
chiusa la settimana successiva, e improvvisamente mi sono sentito in
dovere di
andarci ancora una volta. Il proprietario era un uomo abbastanza
anziano, e ne
sapeva lunga, della vita. Francamente, non sapevo che dirgli, e pensavo
che
potevo solo limitarmi a prendere qualcosa. Poi, il proprietario
cominciò a
parlarmi di tutta la storia che c’era dietro quel pacco di
biscotti che volevo
acquistare. Li aveva fatti avendo in mente un giorno in cui la sua
nipotina
aveva deciso di fare dei biscotti per lui.
«Probabilmente,
ad altre persone non
sarebbe interessato granché, però io ho pensato
che fosse davvero bello. Allora
ho capito quanto qualcosa di così semplice, come i dolci o
la cucina in
generale, potesse avere effetti incredibili sulle persone: quando la
pasticceria ha chiuso, mi sono sentito piuttosto triste.»
«Allora,
perché esci a servire i clienti di
persona solo di Natale?» chiese Jongin, inclinando
leggermente la testa.
Kyungsoo abbassò lo sguardo sulle mani, come giocherellavano
l’una con l’altra.
«Quello
di Natale è un periodo speciale. In
questi giorni, le persone cominciano a pensare a come possono passare
le
festività con i loro cari nel modo più sereno e
migliore possibile, oppure a
come possono renderli felici. Quel che voglio io è che
capiscano quanto questo
sia importante; voglio dar loro una parte del mio desiderio ed aiutarli
a
rendere felici gli altri, almeno in questa
festività.» Kyungsoo guardò Jongin,
incerto, passandosi una mano sulla nuca. «Suona un
po’ stupido, vero?»
«No,»
rispose l’altro immediatamente,
«affatto. Lo trovo molto nobile. Ormai ce ne sono poche, di
persone come te,
hyung.»
Kyungsoo
arrossì lievemente a quel tono
così onesto, in imbarazzo, e Jongin rise.
Jongin
aveva conosciuto Sehun
proprio grazie al fatto che appartenevano alla stessa compagnia di
danza. Sehun
aveva la sua stessa età, condivideva i suoi stessi
interessi, e per loro non fu
difficile fare amicizia, nonostante Sehun, a prima vista, gli fosse
sembrato
avere un’aura arrogante attorno a sé.
I
due spesso si preparavano insieme per gli
spettacoli, oltre a partecipare alle prove di gruppo. In particolare,
per le
loro performance individuali, si aiutavano sempre a vicenda, mostrando
l’uno
all’altro i punti in cui la coreografia non era tanto
convincente. Jongin non
pensava che sarebbe riuscito ad arrivare dov’era, se non ci
fosse stato Sehun a
dargli una mano (ma lui non glielo avrebbe mai detto).
«Hai
già deciso cosa fare per il tuo pezzo
da solista?» gli chiese Jongin in sala prove, sedendosi a
terra per riposare un
momento. Sehun era un altro al quale il direttore aveva offerto di
preparare
una performance libera, quindi i due avevano deciso di esercitarsi
insieme.
Sehun
lo guardò attraverso la parete a
specchi. «Se devo dirti la verità, non
ancora,» rispose, mettendosi le mani sui
fianchi e strisciando la scarpa sul pavimento lucido. «Non so
come prepararmi.»
«Lo
spettacolo è tra un mese,» gli ricordò
Jongin, prendendo un sorso d’acqua. Sehun si voltò
verso di lui e si sedette a
sua volta, con la schiena appoggiata alla parete.
«Mi
sto esercitando senza niente in mente,»
gli riferì, scrollando le spalle. «Non riesco a
trovare un tema su cui
lavorare. Francamente, voglio solamente ballare per il pubblico, tutto
qui.»
E
Jongin lo vedeva, che Sehun si divertiva
di più quando era sotto le luci del riflettore, con lo
sguardo delle persone su
di lui. Non aveva idea di come Sehun facesse a restare tanto
tranquillo, perché
persino lui sentiva un po’ di ansia prima di salire
sul palco. Eppure,
il suo compagno non tradiva nessuna emozione: indossava uno sguardo
confidente,
come se niente potesse turbarlo.
Jongin
capiva che tutto quel che Sehun
voleva era solo ballare e mostrare a tutti il mondo in cui viveva; lo
desiderava Jongin stesso. Era tutto
quel che desiderava. Quando si sentiva sentimentale, Sehun gli ripeteva
spesso
che essere capace di far ciò, per lui, era importante, che
avere la possibilità
di esprimersi non era un dono? Il ballo, in fondo, non era altro che
mostrare
le sfumature più profonde di se stessi. Era un modo per
trasmettere le proprie
emozioni nella psiche delle altre persone, per poterle sorprendere e
farle
empatizzare gli uni con gli altri. Jongin rispondeva che era
d’accordo con lui,
che la pensava esattamente allo stesso modo.
Per
questo, Jongin sapeva che, sebbene
Sehun non avesse ancora idea di che tema portare, avrebbe dato tutto se
stesso.
Era un’anima in trepidazione, che inseguiva la bellezza della
libertà nella
musica.
La
sala era gremita di persone,
essendo la prima dello spettacolo. Jongin avrebbe voluto sbirciare da
dietro le
tende delle quinte per vedere una ad una le facce dei suoi spettatori,
ma non
poteva, perché avrebbe dovuto salire sul palco come solista
in pochi minuti.
Tutti
i suoi compagni lo avevano
complimentato per la sua idea, mentre Jongin ringraziava mentalmente le
persone
che lo avevano ispirato. Ora, con gli abiti di scena – una
semplice camicia
bianca con la cravatta, abbinata a dei pantaloni neri, una giacca a
vento ed un
fedora nero – aspettava solamente che si alzasse il sipario e
la musica
cominciasse a suonare, per poter mostrare al pubblico quel che aveva
preparato
nell’ultimo mese.
Gli
dissero di tenersi pronto. Allora
Jongin si piazzò al lato del palco, da dove sarebbe
successivamente entrato. Le
luci cominciarono ad attenuarsi, e gli vennero in mente Joonmyun e i
suoi
figli, Tao e Candy, i libri di Yifan, Chanyeol e Baekhyun e il tavolo
cinque
accanto alla vetrina, lo sguardo di Luhan su Yixing, Kyungsoo e i suoi
dolci,
Sehun che si immergeva completamente nel ballo. Si chiese se fossero
tutti lì,
nascosti tra il pubblico; se sentissero un senso di anticipazione nel
volerlo
vedere sul palco, perché quello spettacolo era stato fatto
per loro.
Quando
fu completamente buio, Jongin tirò
un respiro profondo – il cuore gli batteva forte nel petto
– e si avviò verso
il centro del palco.
N/A:
è un
po’ presto per una fanfiction di Natale, ma vbb. Ho sentito
l’ispirazione
pervadermi e il bisogno fisico di scriverla non appena ho finito di
vedere
questo
video di Burberry. Vi prego cliccate sul link è
bellissimo ok.
Penso
che sia la migliore storia che abbia
scritto quest’anno. Mi piace dall’inizio alla fine,
anche se stavo per entrare
in crisi quando stavo scrivendo le storie di Tao, Sehun, e Luhan e
Yixing,
perché non riuscivo a scriverle senza farle sembrare banali
o stupide sob. Comunque,
spero che abbiate colto tutti i tipi di amore che ho voluto inserire in
ogni
racconto.
Non
ho ancora finito la storia che vi
accennavo nella mia oneshot sulla ChenYin lmao ma penso che verso fine
anno
riuscirò a postarla (?) e sarà fighissimo,
perché anche quella mi piace un
sacco sob
Rainie (che sarà
anche al Kpop Dance
Contest a Milano lmao giusto per farvelo sapere /wink wink nudge nudge
auguroni
ai partecipanti!)
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