Non questa volta...

di ArashiStorm
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SPOILER:


Sono sempre stata convinta che Vincent fosse il vero padre di Sephiroth, ma mentre mi documentavo per questa fic ... ho scoperto un'intervista in cui Nomura e company affermano che Hojo è il padre biologico di Sephiroth...mi è crollato il mondo addosso, ma siccome mi devo attenere ai fatti ho rimodellato un po' la fic dalle mie intenzioni iniziali. Spero di aver soddisfatto comunque il prompt, entro i limiti.

Prompt:
FFVII, Sephiroth & Vincent, Il momento del loro incontro, in cui Vincent sa di essere suo padre e qualcosa lo ferma dall'ucciderlo



Non questa volta...



Sephiroth. Di lui conosceva solo il nome. Eppure quando lo vide per la prima volta capì subito che si trattava di lui. C'era così tanto di Lucrecia in quella figura imponente. I lunghi capelli, lisci e perfetti come quelli della madre, solo il colore ne cambiava l'aspetto. La stessa eleganza della figura, perfino quel sorriso che nonostante fosse mosso da pazzia e perfidia non perdeva il fascino di quello di cui si era innamorato tanti anni fa.
Era il figlio della donna che amava colui che gli stava davanti, ma era anche il nemico del pianeta, l'essere che Cloud e tutti gli altri volevano, e dovevano, sconfiggere.
Era il suo peccato, il suo errore più grande, il suo più enorme rammarico. Avrebbe dovuto fermarla, avrebbe dovuto combattere per il suo amore. Lucrecia lo ricambiava, era sicuro di ciò, ma per motivi che non riusciva a comprendere lei aveva scelto Hojo...aveva avuto un figlio da quel folle scienziato e, era sicuro, era stato lui a convincerla a donare il suo bambino alla scienza o forse sarebbe stato meglio dire alla follia di uomini senza scrupoli. Gast aveva compreso la loro pazzia e se ne era andato, ma Hojo non aveva voluto mollare, anzi quello era diventato il suo progetto. Il progetto S.
Aveva tentanto di fermarli, ma tutto ciò che aveva ottenuto era stata una pallottola nello stomaco e un mostro nel corpo. Chaos...se lo avesse scatenato, forse avrebbe potuto fermare Sephiroth, avrebbe potuto ucciderlo e salvare il pianeta. Gli altri non sapevano che il suo potere latente glielo avrebbe permesso, eppure dietro a quegli occhi verdi infusi di MAKO gli sembrava di vedere un bambino strappato ad una madre che lo amava ma che non aveva mai potuto abbracciarlo, vedeva un bambino a cui nessuno aveva mai insegnato nulla, un bambino lasciato solo nelle mani di un padre che non meritava tale titolo, un padre che lo aveva usato nella maniera più bieca e ripugnante. Gli aveva dato una maschera da eroe, dietro cui nascondere il mostro. Una maschera che aveva saputo costruire così bene da ingannare perfino lo stesso Sephiroth. Quando l'eroe scoprì tutto però non ci fu nessuno al suo fianco per fargli capire che non era lui ad essere sbagliato, non era lui ad essere il mostro. Nessuno era con lui per fermarlo prima che la sua pazzia si scatenasse, una follia che Vincent pensava essere solo un modo per superare la tristezza e l'abbandono. Che fosse per quello dunque che li, davanti al nemico del pianeta, non solo non riusciva a richiamare Chaos, ma sentiva anche la sua mano tremare mentre stringeva la pistola. Non poteva uccidere il figlio di Lucrecia, quel bambino che sarebbe potuto essere anche suo, se solo avvesse lottato di più per la donna che amava... Sephiroth era la personificazione della disperazione, per quello voleva portarla anche agli altri, non voleva essere il solo a sentirne il peso. Forse sarebbe stato tutto diverso se qualcuno fosse stato con lui per dividere quel fardello. Forse...
Vincent chiuse gli occhi.
Sephiroth era il suo sbaglio, il suo peccato, l'errore a cui non avrebbe mai potuto rimediare. Sephiroth era l'unica cosa che ancora lo legava a Lucrecia. Sephiroth rideva e quella risata assomigliava troppo a quella di Hojo, era la prova che fosse follia pura ciò che gli scorreva tra le vene, eppure anche in quel suono c'era qualcosa della scienziata che amava e che avrebbe sempre amato...
Vincenti aprì gli occhi e si guardò attorno. Gli altri gli stavando davanti, pronti all'azione, le armi in pugno e la determinazione in volto.
«Perdonatemi» pensò mentre i suoi nuovi compagni partivano all'attacco. Dentro di lui Chaos dormiva e ai suoi piedi la pistola cadeva, con un tonfo sordo...




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