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Gozaru
Oggetti
Le cuffie di Alexy
Un sorriso perfetto, forse anche troppo.
Quanto ti ci è voluto a costruirlo?
Stravaccato su di una panchina, il corpo completamente abbandonato allo
schienale e il braccio che su di esso si stende e lascia le dita libere
di picchiettare il legno rovinato dalle intemperie degli anni a ritmo
di una musica che molti non definirebbero tale.
Le cuffie, quelle verdi che adori tanto e non lasci mai toccare a
nessuno, calcate sulla testa, a tratti nascoste dalle ciocche azzurre e
ribelli. Gli occhi chiusi seguono un ritmo che accenni anche con il
capo. Una gamba abbandonata sull'altra; la caviglia che lascia molleggiare il piede sospeso per aria.
Sei completamente coinvolto in ciò che ascolti; ogni muscolo è legato a quella 'melodia'.
Te ne stai lì, seduto, ad aspettare che il tempo scorra cullato
dal ritmo della techno che le tue amate cuffie ti pompano nelle
orecchie, nel cervello, nelle viscere, fin dentro le ossa. Una melodia
ben scandita e minimale che aiuta i minuti a scivolare via più
facilmente da un'altra giornata che speri finisca il più presto
possibile.
Il viavai di gente è ormai smorzato, ma nessuno si avvicina a
te, in parte perché emani un'aura estatica che nessuno vuole
distruggere -ed è consuetudine non disturbare qualcuno che,
indossate le cuffie, si è immerso nel suo mondo- e, soprattutto,
per via delle note che si espandono in un raggio d'azione che comprende
un buon metro dalla tua figura.
C'è chi si chiede se i tuoi timpani non siano completamente
andati, come se la cosa li toccasse profondamente. Ma anche loro se ne
vanno senza accennare nemmeno un saluto.
La folla di studenti che la mattina anima il liceo è sparita:
nel cortile ci sei solo tu, con i tuoi pensieri e la tua musica.
Riapri gli occhi, ancora scocciato da questo rituale che ti serve più dell'aria.
Ti guardi intorno spostando lentamente lo sguardo da una parte all'altra del cortile.
Ti sfili piano le cuffie, facendole scivolare lungo i tuoi capelli per poi appoggiarle, come di consueto, attorno al tuo collo.
Il ritmo della techno supera ogni resistenza creando una sensazione di
bolla attorno a te. Le note aiutano a dare quell'inibizione tale per
cui non ti senti nemmeno poi tanto solo su quella panchina che ami
tanto condividere.
Ricordi che solo poche ore prima qualcuno ti aveva tirato una pacca
sulla spalla. L'aveva fatto amichevolmente, ma tu comunque detesti
questo genere di approccio. Dicono tutti di accettarti per come sei, ma
se non ti ignorano o è perché cercano lo stereotipo
sbagliato che la televisione manda in onda dai tempi di "Will & Grace",
oppure cercano di capire se possono rimetterti a posto. Non ti piace,
non ti è mai piaciuto, ma hai promesso a te stesso di non
mostrare mai attrito verso le persone che ti circondano.
Ti sei abituato a morderti la lingua quando sentivi le risatine
sommesse e i commenti sussurrati ogni volta che ti presentavi a
qualcuno.
Hai stretto i pugni anziché scagliarti addosso senza pensarci
due volte contro i bulletti che nei vari club sportivi pensavano tu non
fossi mai abbastanza.
Hai distolto lo sguardo troppo a lungo, ma la verità è
che le tue orecchie hanno sempre udito. Quelle stesse orecchie che
cerchi di distruggere con della pessima musica che non sai nemmeno tu
se ti piaccia o meno.
La musica s'interrompe: la traccia è finita e sai benissimo che significa.
Stringi tra le dita una cuffia ma, prima di rimettertela all'orecchio, esiti.
Di che hai paura?
Di niente, in realtà: sei consapevole di ciò che sentirai
per i prossimi trentasette minuti e sai anche che quella è una
tua precisa scelta da cui non puoi né vuoi sottrarti.
Ti chiedi, semplicemente, se tutto ciò stia funzionando davvero.
Torturi con gli incisivi il tuo labbro inferiore mentre riposizioni le casse delle cuffie sulle tue orecchie.
Intorno a te, il silenzio. Se qualcuno si avvicinasse ora dubiterebbe che tu stia ascoltando qualcosa.
Ma sulla base vuota parla una voce che ripete tutto ciò che per anni ti sei ripetuto da solo.
Chiudi gli occhi stringendo le palpebre.
Adori quelle parole, così capaci di farti sentire forte e
fragile al tempo stesso. Sono parole che bucano il silenzio e l'anima
di una persona insicura come te.
Sorridi, ti dice, facendo
affiorare tutti i ricordi dolorosi di quando hai dovuto mascherare
dietro a due labbra ricurve un pianto isterico che avresti detto
irrefrenabile.
Nessuno può giudicarti, continua.
Ti sembra tutta una menzogna, perché più parla e
più senti il dolore del giorno appena passato che si aggiunge ad
una vita in cui hai dovuto censurare te stesso.
Ti aggrappi con tutte le tue forze, le dita si sbiancano, alla plastica dura e verde delle tue cuffie.
Quelle cuffie che sai non ti tradiranno mai, che sai di poter stringere
tutta la vita, che saranno sempre con te, pronte a sussurrarti parole
dolci che ti permettono di andare avanti.
E mentre una lacrima scorre sulla tua guancia, un Alexy diverso emerge nella solitudine in cui è sempre vissuto.
«Nessuno ha il diritto di farti del male.
Non c'è niente di sbagliato in te.
Tutti hanno il diritto di essere felici.»
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