Gohan
mosse un
po’ la canna da pesca, spazientito.
-Gohan,
quante volte ti
ho detto che devi stare immobile
mentre peschi?- lo rimproverò bonariamente il padre.
-Ma
è una
noia mortale!- brontolò Gohan.
-Se
vuoi puoi anche
provare a pescare a mani nude, ma non
sarebbe corretto: quei poveri pesci non avrebbero speranze contro un
super
sayan!- propose Goku, sistemandosi meglio a sedere.
Gohan
soffocò un risolino: era tipico di suo padre,
parlare di lealtà anche nei confronti dei pesci che quella
sera la mamma
avrebbe cotto in padella!
Padre
e figlio rimasero
per qualche istante in silenzio,
prima che Gohan mormorasse:
-Mi
dispiace
papà-
Goku
lo
osservò perplesso.
-Ti
dispiace per cosa,
figliolo?- domandò.
-Dai
papà… hai capito!- esclamò lui,
già prossimo alle
lacrime. Sollevare quell’argomento era un’impresa
titanica, se poi suo padre
non si sforzava nemmeno di venirgli incontro…
-Non
urlare, spaventi i
pesci!- gli fece notare Goku,
portandosi un dito ammonitore alle labbra. –Ripeto: per cosa
dovresti
dispiacerti?-
-Per
tutto!- si
scaldò Gohan. –Avrei dovuto darti retta
da subito papà! Avrei dovuto ascoltarti, e tutto questo
casino non sarebbe successo!
Io non capisco
perché… sono stato
remissivo tutta la vita e proprio quando non avrei dovuto fare altro
che
ubbidire una volta in più… ho voluto fare
l’arrogante!-
-Alla
fine
però ce l’hai fatta ugualmente! E io sono
fiero di te!- si complimentò il padre, un sorriso enorme a
illuminargli il
volto.
-Sì,
ma a
che prezzo?- pianse il bambino. Avrebbe
preferito che suo padre lo sgridasse: la sua dolcezza era quasi
insopportabile,
adesso che si sentiva così colpevole, così
indegno dell’affetto paterno.
Goku
osservò
il figlio, il volto inondato dalle lacrime:
quello che aveva davanti non era più il bambino ingenuo di
una volta. Era stato
costretto a
crescere tutto d’un botto, e
ora aveva i sentimenti profondi e complessi di un adulto invischiati
nei desideri
infantili di un bimbo. Poteva solo immaginare quanto fosse difficile
per lui
mettere ordine in una simile confusione emotiva.
-Gohan…
io
sono sempre con te, no?- cominciò il padre,
poggiandogli una mano sui capelli corvini, così uguali ai
suoi, così uguali a
quelli di tutti i sayan. –E non mi perderai mai, Gohan. Io
sarò sempre con te,
qualunque cosa accada-
Gli
occhioni scuri e
lacrimosi del bambino si poggiarono
sul padre.
-Mi
dispiace
papà…-
-Non
è colpa
tua, Gohan- mormorò Goku. Era cosciente del
fatto che le sue parole non avrebbero mai convinto suo figlio: lui
avrebbe
continuato ad incolparsi per quello che era successo, avrebbe
continuato a
soffrire per quell’errore che gli era costato così
tanto… ma il dolore lo
avrebbe irrobustito e fortificato, lo avrebbe reso un guerriero
migliore e più
consapevole.
Per
non spezzarsi al
primo urto, una spada deve essere
temprata nel fuoco. Quel rimorso avrebbe rappresentato la fornace per
Gohan: ne
sarebbe uscito rinforzato, adulto.
‘Ma
sono
sicuro che i suoi occhi non cambieranno mai’
pensò Goku, osservando quelle iridi liquide che lo fissavano
quasi imploranti.
‘Rimarranno puliti, sinceri, si illumineranno di gioia e
veleranno di pianto,
la falsità sarà sempre un’estranea per
loro…’ sorrise. ‘E’ proprio
così, il mio
Gohan…’
-Il
tempo è
scaduto-
I
due sayan si
voltarono: fluttuante sulla sua sfera come
sempre, Baba era venuta a ricordare a Goku che il suo permesso era
finito.
-Solo
un secondo-
chiese Goku, alzandosi in piedi.
L’aureola che gli illuminava i capelli mori brillò
viva sotto la luce del sole.
-Gohan-
bisbigliò,
chinandosi su suo figlio per abbracciarlo. –Salutami la
mamma. Dille che si è
fatta ancora più bella, ultimamente. E ricordale che io non
vi abbandonerò mai-
strinse di più il figlio e mormorò:- Nessuno
potrà mai impedirmi di esservi
vicino-
Gohan
sentiva i
pensieri galoppare e aggrovigliarsi
confusamente della sua testa: avrebbe voluto dire a suo padre un
milione di
cose, avrebbe voluto ringraziarlo per tutto il tempo in cui lo aveva
pazientemente allenato, avrebbe voluto dirgli che per lui era anche un
amico,
il più grande amico che avesse mai avuto, il suo gigante
buono, il suo eroe… ma
il più delle volte le parole sciupano i sentimenti,
ridicolizzandoli o, al
contrario, esaltandoli a livelli patetici.
Così
il
piccolo Gohan cercò di incanalare tutti quelle emozioni
che ruggivano dentro di lui nelle poche parole che mormorò
contro il petto di
marmo del padre:
-Ti
voglio bene
papà-
***
Un
movimento
nell’acqua lo fece riscuotere: un pesce si
era finalmente deciso ad abboccare.
Ultimamente
gli
capitava spesso di incantarsi a pensare a
cosa avrebbe potuto dire a suo padre se fosse tornato sulla Terra: gli
era
capitato sempre più spesso di fantasticare in quel modo.
Ma
la parte
più razionale di lui lo sapeva che avrebbe
dovuto smettere di sperare irragionevolmente che, tornando a casa,
avrebbe
trovato suo padre ad aspettare famelico la cena, come se Cell non fosse
stato
altro che un brutto incubo, svanito con le prime luci del sole.
Doveva rassegnarsi
all’idea che suo padre non era più lì
con loro, e che avrebbe dovuto imparare a
vivere senza di lui.
‘No,
non
proprio senza’ pensò Gohan, osservando il cielo
con un sorriso speranzoso sulle labbra. ‘Perché
niente e nessuno impedirà
all’uomo più forte dell’universo di
rimanere vicino alla sua famiglia…’
Puoi
giurarci,
figliolo
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