Ci si aspettava una settimana di pioggia, ma quel lunedì uscì il sole.
Non scaldava più di tanto, ma illuminava l’ambiente in modo tale da ricordare una delle ultime giornate afose di metà settembre di quell’anno.
Quando in dubbio, come sempre, indossava una camicia in modo che l’aria all’esterno non la congelasse. Stava bene.
Doveva entrare ma il bel tempo le impediva di darle quella spinta che l’avrebbe condotta verso la meta da rispettare. Sbuffò guardando l’orologio e finalmente si decise a muoversi. Alzò lo sguardo e involontariamente lo intravide, anche se in verità era il suo corpo che l’aveva percepito prima ancora che se ne fosse resa conto.
Per evitare qualsiasi genere di stato che le potesse recare, spostò immediatamente lo sguardo e quasi corse nella direzione scelta provando a non elaborare i dati sensibili ricevuti dalla vista.
Però fu più forte di lei. Si girò per guardarsi alle spalle. Il tempo in quell’attimo si fermò. Non riuscì mai a capire se poi questi fu lei a fermarlo, se si arrestò da sé o se fu proprio lui a bloccarlo. Fatto fu che accadde.
E in quel secondo sostanzialmente non successe niente, ma anche quel nulla pensadoci poi diventò qualcosa. Lui era rivolto dalla sua parte, era certo. Forse era per lei, forse per altro. Forse. I capelli ondularono verso sinistra quando riprese a camminare.
Non riusciva a respirare e quell’atto fisiologico, dopo quell’istante, non le sarebbe servito poi a molto.
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