Una storia come tutte le altre - la mia peggior idiozia

di Woland Mephisto
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Capitolo extra



 

- Le mirabolanti avventure di Bat-Kaulimper -

 
 
La notte era buia e spaventosa, la pioggia batteva all’impazzata su tutto e tutti, senza curarsi di cosa stesse colpendo con le sue gocce spesse e pesanti come proiettili, mentre il nostro Tom Kaulimper guardava fuori dalla finestra.
Sì, era ora di agire!
Si staccò dalla finestra, sul davanzale della quale era seduto, e andò dritto all’armadio, dentro al quale teneva nascosta la sua identità non poi tanto segreta. Ebbene sì, perché il nostro giovane Kaulimper era davvero Batman!
Un Batman molto speciale, potremmo dire.
Prese dall’ultima fila di pantaloni in basso dei jeans neri extra extra large e poi una maglietta nera XXL anche quella, con il simbolo giallo e nero di Batman stampato sul davanti. Infine ne tirò fuori anche una maschera nera con due orecchie puntute, che, per onestà del racconto, dobbiamo dire che era più da Catwoman che da Batman.
Si mise, poi, delle sneakers completamente nere ai piedi e prese l’accappatoio precedentemente sottratto al fratello per renderlo il suo grandioso Bat-mantello.
Si incamminò, quindi, verso la sua Bat-mobile, che altro non era se non un vecchio monopattino molto usato a cui erano stati aggiunti alcuni gadget, e uscì nella tempesta, reggendo con una mano il manubrio del detto monopattino e con l’altra un ombrello onde non bagnarsi la testa, anche se era quasi inutile, dato che di sotto riusciva a bagnarsi fino alla vita.
Vagò per le strade di Berlimburgo in cerca di cattivi da punire e persone da salvare, ma forse il suo cervello perfettissimamente imbecille non aveva ancora compreso che con un temporale del genere nessuna persona sana di mente sarebbe uscita di casa, nemmeno se fosse stato un killer seriale.
A un certo punto, però, all’entrata di un parco trovò un uomo completamente vestito di nero, verosimilmente uno spacciatore, che stava parlando con una donna con abiti molto succinti seminascosta dal suo enorme ombrello color rosso Chanel, e quindi il nostro amato protagonista, pensando con chissà quali giri mentali che l’uomo la stesse importunando, si fermò di botto, premendo anche per sbaglio un pulsantino sul manico del monopattino.
Non l’avesse mai fatto!
Appena aveva premuto il tasto, dalla parte davanti del monopattino, a cui era attaccata una scatola chiusa, quest’ultima si aprì, facendo partire una molla a cui era stato incollato un guantone da boxe, come nei migliori cartoni animati.
Al rumore assurdo che l'oggetto fece, lo spacciatore e la donna si voltarono con delle espressioni a metà tra l’incuriosito e l’insospettito.
«Cerchi della roba, ragazzo?», chiese lo spacciatore a Tom, che aveva appena notato quanto fosse grosso. Sembrava davvero un incrocio tra un armadio a quattro ante e un portone gotico.
«Ti ordino di lasciar stare immediatamente quella bella fanciulla…signore!», esclamò l’altro in tutta risposta.
Lo spacciatore rise di gusto, pensando che probabilmente era già strafatto e che non riusciva nemmeno a capire cosa gli stesse dicendo. Quindi si voltò di nuovo a parlare con la donna, che pure aveva riso un po’ del ragazzino, facendole una carezza sul viso con la mano coperta da un guanto di pelle nero.
«Vedo che non mi hai capito! Tu…non puoi…passaaaareeee!», gridò Tom in preda alla rabbia e alla sete di Giustizia (quale giustizia, poi, non si è ancora capito), accorgendosi poi di una cosa, sotto lo sguardo allibito degli altri due.
«Uhm, no. Non era questa la frase», asserì rivolto più a se stesso che agli altri, portandosi una mano al mento e assottigliando gli occhi nello sforzo di pensare, mentre gli altri due cominciavano, non a torto, a pensare che fosse pazzo. Poi il suo viso si illuminò, a un tratto.
«Vengo a rubare ai ricchi per dare ai poveri!», esclamò, tutto convinto, gettando via l’ombrello e mettendo avanti i pugni a mo’ di boxeur. Ma poi si arrese guardando gli occhi spalancati dei due soggetti di fronte a lui.
«Accidenti, non era manco questa», disse, facendo seguire a queste parole una sonora imprecazione.
«Insomma, sono qui per punirti in nome della luna!», gridò nella notte, puntando il dito contro l’uomo, che si stava visibilmente irritando, guardandolo di traverso.
«Oh, ma vaffanculo, io sono Batman!!!», gridò indispettito alla fine, gettandoglisi contro, nonostante il losco tizio fosse immensamente più grosso, nonché più alto, di lui. Gli diede un pugno dritto sulla spalla, al che l’altro non fece una piega, se non che lo guardò con occhi minacciosi e tirò fuori dalla giacca un coltellino.
«Sei venuto a cercare grane, stronzetto?», disse quasi in un sussurro, avvicinando il coltello a serramanico al collo di Tom, il quale era diventato strabico per tenerlo d’occhio.
«Ehm…ma…la ragazza…», farfugliò lui in risposta, tremando visibilmente.
«Chi, lei? Lei sta con me, ma se non lo capisci così, penso che userò un altro modo per imprimere bene il messaggio», gli sussurrò avvicinando di più la punta del coltello al suo collo, sfiorandolo col freddo metallo.
Qualcosa nel cavallo dei pantaloni di Tom divenne molto più caldo e bagnato del previsto, nonostante la pioggia, mentre il ragazzo tremava visibilmente. Meno male che stava piovendo, pensò, altrimenti avrebbe anche fornito un bello spettacolino di cabaret per il tipo col coltello!
«E adesso sparisci, imbecille!», gli urlò contro quegli, ritirando il coltello nella tasca alla vista degli occhi sbarrati dallo spavento di quel ragazzo decisamente matto da legare.
«Sì, signore, certo, signore!», si affrettò a dire il gemello maggiore tutto d’un fiato correndo all’indietro e inciampando, poi, sul monopattino lasciato lì per terra.
Rialzandosi sotto lo sguardo divertito dello spacciatore e della, ormai l’aveva capito, prostituta, si mise a cavallo della sua “Bat-mobile” e, con una sfacciataggine che solo il suo cervello bacato poteva conferirgli, asserì tutto serio: «Per stavolta ti lascio andare, losco individuo! Ma sappi che la mia clemenza ha un limite e la prossima volta ti costeranno un bel po’ queste tue malefatte!».
L’altro diede letteralmente in escandescenze.
«Ma brutto moccioso…!», ma Tom non riuscì a sentire altro, perché subito si voltò e premette un altro pulsantino sul suo monopattino, quello che azionava il turbo motorino da lui stesso installato, che lo fece schizzare via come un razzo nella notte, mentre suonava il mini clacson, anch’esso installato sul mezzo di trasporto, se così possiamo chiamarlo.
E fu così che terminò una delle tante avventure per riportare ordine e giustizia del nostro Batman dei poveri.




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