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AMORE, GIOIA E RIVOLUZIONE
Qualcuno diceva che la Giovine Italia era pazzia; pazzia le sette, pazzia il
cospirare, pazzia le rivoluzioncine fatte sino a quel giorno, senza capo né
coda....
Lungo le strade risuonava incessante il rumore degli spari provenienti dalle
bocche dei fucili dei giovani rivoluzionari, la gente urlava, lottava
,combatteva fino all'estremo, gli uomini più coraggiosi ergevano barricate e
rispondevano al fuoco dell'esercito nemico.....a quel tempo solo uno era
l'obbiettivo, solo uno il desidero : l'unità d'Italia e proprio la Giovine
Italia sembrava la giusta strada per raggiungerla.....
*
Piemonte 1848
Un giovane sulla ventina d'anni, alto e ben vestito, entrava in un Caffè del
centro di Milano, a quel tempo fraquentato da uomini colti, nobili e non,
ragazzi e vecchi. Si diceva si riunisse lì quella nuova organizzazione segreta
rivoluzionaria che tentava qualcosa di impossibile, ma evidentemente ciò non era
così impossibile per loro.
In particolare si poteva notare in quel caffè un uomo parlare ad un piccolo
gruppo di persone a cui poco prima quel ragazzo si era unito, parlava in tono
grave, fermo e deciso, gli altri sembravano ascoltare attentamente, come se non
volessero perdere neanche una virgola di ciò che gli veniva detto, come se fosse
una questione di vita o di morte, la voce di quell'uomo non era nè troppo alta,
affinchè non tutti capissero, e nè troppo bassa, in modo tale da farsi sentire
solo dai suoi pochi eletti.
Nessuno di loro si conosceva realmente fino infondo, ignoravano i loro nomi e
le loro condizioni sociali, meno si sapeva e minore era il rischio di rilasciare
informazioni alla polizia se catturati e interrogati.
L'uomo pronunciava così la sua arringa.
< Indipendenza, unità, libertà!. E' questo che vogliamo! Tutti
indistintamente, ragazzi, anziani, giovinetti . Occorre una grande mobilitazione
popolare, poiché la liberazione italiana non si può conseguire attraverso
l'azione di pochi settari ma con l'intera partecipazione delle masse. Da oggi
non esiste più il contadino o il cittadino, da oggi esiste un nuovo popolo che
vuole e deve al suo Paese la libertà! Dovremmo utilizzare gli stessi modi con il
patrizio ed il popolano: nell’individuo non cercheremo se non l’uomo e l’onesto.
Senza una patria libera l'uomo non può realizzarsi e nè compiere la missione
che Dio gli ha affidato! >
I grandi baffi di quell'uomo accompagnavano i mivimenti della sua bocca e i
suoi occhi piccoli e arguti sembravano brillare di luce propria mentre parlava.
Gli altro lo ascoltavano annuendo e mostrando segni di approvazione.
< Voi giovani italiani, promettete solennemente di voler cooperare
attraverso l'insurrezione ad una patria libera ed unita? Tu ragazzo > aveva
detto indicando il giovane che per ultimo si era unito a quella "setta" <
Desideri ardentemente una patria libera e unita? >
< Sì abate Ruffini , lo desidero! Come desidero che il Re soccomba e possa
finalmente avverarsi il nostro sogno di una nuova Italia libera ! > gli
rispose.
< E tu ragazzo? > l'abate continuò accenando al ragazzino biondo che
sedeva al fianco del giovane che poco prima aveva parlato
< Sì abate Ruffini , lo desidero! Noi tutti lo desideriamo. >.
< Dovrete procurarvi nuove armi per combattere il nemico...senza armi non
siamo niente, e sopratutto non possiamo fare niente..diffondete ai vostri
compagni e amici questo messaggio..cercate di fare il possibile..ora andate...io
vi precederò..uscite senza farvi troppo notare , uno alla volta, vi contatterò
io per il prossimo incontro attraverso il giornale.. > Continuò.
Non era difficile di quei tempi trovare preti, vescovi, ecclesiastici
immischiati in faccende del tutto politiche, si sa il potere Temporale e Papale
andavano a braccetto, e per di più era ancora più facile che il clero
partecipasse attivamente alla lotta, era il caso dell'abate Ruffini, acceso
sostenitore delle idee Mazziniane e capo di una piccola organizzazione inerente
alla Giovine Italia, un uomo colto, eclettico, forse neanche troppo portato per
la vita monacale, attirava a se i giovani di Milano e li educava alla
rivoluzione.
Pronunciato il suo discorso l'abate si alzò e raggiunse la porta.
Dopo un pò anche gli altri fecero lo stesso.
Il giovane alto e ben vestito si era mosso per ultimo, probabilmente era una
sua prerogativa quella di essere sempre l'ultimo . Andrea era il suo nome,
Andrea Ghezzi, membro dell'organizzazione della Giovine Italia, aveva vent'anni
da poco compiuti , tenace e testardo ne aveva segretamente preso parte, nessuno
dei famigliari era al corrente, d'altronde la famiglia Ghezzi era una della più
importanti della Milano ottocentesca, nobile e rispettosa del Re e della sua
corte. Non si poteva di certo far sapere in giro che un suo membro faceva parte
di un'associazione rivoluzionaria e repubblicana. Era intelligente , bello
nobile e fiero, non era difficile che le giovani donne si innamorassero di lui
.
Tutti si ritrovarono all'uscita del Caffè.
< Ora come faremo per le armi? Come ce le procureremo? Come faremo a
combattere? > si chiedeva uno di loro
< Dovremo rubarle..è l'unico modo > diceva l'altro.
< Tacete! > esclamò Andrea < Non sono discorsi adatti da fare in
mezzo ad una strada... >
Ma ormai era troppo tardi qualcuno dei passanti aveva sentito e temendo che
si trattasse di una nuova cospirazione contro il Re e temendo di essere punito
qualora qualcuno avesse scoperto la sua omertà, si mise a chiamare a gran voce
la polizia austriaca. Allora le ronde erano molto frequenti, e le truppe
austriache tappezzavano ogni parte della città.
Si accorsero presto dei giovani avvisati da quell'uomo e partirono
all'inseguimento di quest'ultimi.
< Correte! Disperdetevi.. > aveva gridato un membro a gran voce. I
ragazzi presto fuggirono inseguiti dalle truppe austriache, correvano a più non
posso , grande era il rischio, la fucilazione era la pena se non correvi
abbastanza veloce...
Andrea sembrava aver seminato la polizia austriaca, stremato si riposò un
attimo accasciato ad un muro di una casa, aveva corso parecchio, non sapeva dove
si trovasse in quel momento, pensava a cosa fare, dove andare , ma il suo riposo
durò ben poco.
< Eccolo là! > sentì da lontano, le truppe lo avevano raggiunto, si
rimise a correre, le gambe gli stavano cededendo, non riusciva a sentire più i
piedi, aveva corso troppo e troppo infretta, non voleva essere catturato, di
certo non ora, non voleva morire.
Ormai era provato, affaticato stava mollando, i nemici gli stavano dietro,
non ce l'avrebbe fatta....
Si infilò in un vicolo, si accorse che era chiuso, ora era davvero finita,
sentiva le voci dei soldati farsi sempre più vicine, rassegnato stava per
tornare indietro a consegnarsi, forse un concorso di colpa avrebbe lenito la sua
pena, ma qualcuno lo strattonò dal braccio da un vicoletto strettissimo
perpendicolare a quella via, non l'aveva notato.
< Sta zitto. > gli disse un giovane biondo, portando l'indice sulle sue
labbra in segno di silenzio, indossava un cappello, che gli copriva quasi
interamente il volto, ma lo riconobbe ugualmente, era il ragazzo che insieme a
lui aveva parlato al Caffè.
Le truppe Austriache entrarono nel vicolo certe che il ragazzo si fosse
infilato lì, ma sorpese non trovarono nessuno e in tutta fretta tornarono
indietro.
I due ragazzi potevano scrutarle da quella via troppo stretta e troppo buia
per essere notata, guardarono la scena in sordina, attenti a non fare nessun
piccolissimo rumore, ogni minuto che passava poteva significare un nuovo
rischio. Finalmente ora erano al sicuro.
< Ti ringrazio > aveva detto Andrea a quel suo compagno che d'altronde
non conosceva neanche da molto tempo.
< Posso sapere il nome di colui che mi ha salvato la vita ? > aveva
continuato
< Roberto, Roberto Camerini > gli aveva risposto
< Sono in debito con voi >. pronunciò in tono solenne.
< Nessun debito. Fra compagni ci si aiuta >. Gli disse prima di
voltargli le spalle per andarsene. Aveva una strana fretta, gli aveva salvato la
vita meritava più attenzione, non poteva andarsene così senza neanche aver
provato a ricambiare quella sua gentilezza.
< Aspettate! > Andrea richiamò l'attenzione del giovane che ormai se ne
stava andando per la sua strada lo fermò dalle spalle in un gesto improvviso,
tanto che il cappello che portava volò via svelando qualcosa che doveva rimanere
segreto....dal cappello spuntarono dei meravigliosi capelli
lunghi...femminili...parte di essi si appoggiarono sulla mano di Andrea che
ancora gli teneva la spalla.
< Ma voi....voi siete una donna! > capì Andrea.
< Santo cielo...non gridate! Vi prego non lo dite a nessuno! > lo
supplicò.
Sì era un ragazza, il giovane la guardò attentamente non era vestita
elegantemente portava dei semplici calzoni neri e una camicia bianca, si
domandava il motivo per cui una donna dovesse vestirsi da uomo e soprattutto
partecipare ad un'organizzazione segreta....era inammissibile, le donne a quel
tempo facevano ben altro...
< Allora " Roberto " è una vostra usanza andare in giro vestita da uomo e
di impicciarsi in faccende che non possono riguardare una donna? > le parlava
in tono sarcastico.
< Vi ricordo che vi ho salvato la vita!.....Anzi avete un debito nei miei
confronti e sarà quello di farvi gli affaracci vostri! > sapeva gestire bene
le situazioni quella ragazza, i suoi comportamenti di sicuro non erano quelli di
una donna normale.
< D'accordo, d'accordo, non era mia intenzione farvi arrabbiare... >
aveva capito che era più in gamba del previsto, per l'Italia servivano giovani
in gamba uomini o donne non era importante....
< Ma ho ancora un favore da chiedervi > aveva continuato la giovane
ragazza < mi servirebbe un posto in cui passare la notte, aiutatemi vi prego.
> aveva abbassato il capo in segno di supplica
< State fuggendo da qualcuno? Non avete una vostra casa? >.
< Vi ho chiesto un aiuto, se non potete aiutarmi io vi saluto >. Era
determinata e sicura di sè, sapeva bene ciò che stava facndo e stava
cercando.
< No aspettate conosco qualcuno che può aiutarvi! >. Andrea si era
deciso a darle una mano, era in forte debito con lei, aiutarla era il minimo che
potesse fare, la avrebbe portata dalla sua amica Maria, anche se lui sperava che
fosse qualcosa di più per lei che un semplice amico.
Maria l'aveva conosciuta qualche anno prima, era una ragazza onesta e sempre
disponibile, sapeva della situazione di Andrea, della sua partecipazione a
quella "setta " segreta che molte volte aveva definito troppo pericolosa, temeva
per la sua incolumità, perchè teneva a lui. Ma lo aveva sempre appoggiato ed
aiutato, gli avrebbe dato una mano sicuramente anche questa volta.
< E così mi portate da questa Maria. Chi è la vostra compagna, la vostra
amante? > chiedeva " Roberto " al nuovo amico mentre insieme si incamminavano
verso la casa di Maria .
Aveva la lingua lunga, anche fin troppo, d'altronde si sa, le ragazze sono
pettegole....
< E' un'amica... > le rispose semplicemente.
< Solo un'amica? > gli domandò nuovamente lei con un sorriso a
trentadue denti, lo stava facendo apposta a farlo innervosire, gli aveva salvato
la vita e ora lo doveva tormentare con le sue domande da sciocca ragazzina.
< Dannazione potreste anche farvi gli affari vostri! Come io ho fatto con
voi! Non vi ho mica chiesto per quale motivo andate girando travestita da uomo,
e pretendo un pò di riservatezza anche da parte vostra! > concluse in tono
stizzito Andrea, camminando a passo svelto, quasi a voler raggiungere quella
casa in più infretta possibile.
< Mi chiamo Isabella, e vesto come un uomo perchè da donna non mi è stata
data la possibilità di pensare come un uomo, quindi ho pensato bene che se mi
fossi travestita da uomo finalmente mi sarebbe stato concesso di pensare come
voi uomini....trovo assolutamente ingiusto e riprovevole che una donna non possa
partecipare alla lotta e non possa dire la sua sulle idee politiche...abbiamo un
cervello anche noi sai! Ora posso sapere se è solo una vostra amica? Vi ho
raccontato di me... > disse raggiungendo il nuovo amico che continuava a
camminare sempre più veloce, dato che era rimasta un pò indietro. Irritante,
davvero irritante questo suo comportamento, pensava Andrea.
Sapeva che non si sarebbe liberato facilmente di quella ragazza, e forse
infondo non voleva neanche , i due camminavano al fianco ora parlando ora
litigando, erano due ragazzi testardi, ovvio era lo scontro.
Dal grande vicolo della città illuminato dagli ultimi raggi di un sole che
ormai stava quasi per tramontare, latente in mezzo ai tetti delle vecchie case
della vecchia Milano, le due figure si muovevano calme, non vi era fretta ora,
nessuno li inseguiva, nessuno si curava di loro,e presto avrebbero raggiunto la
loro destinazione.
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