Erano le ventidue in punto, quando Paola varcò
l’ingresso del maestoso Palazzo Ducale di Siena.
Quella sera non avrebbe dovuto trovarsi lì, a calpestare
quel tappeto rosso. Si diresse al guardaroba, dove una gentile
signorina le prese il cappotto e poi proseguì verso la sala
centrale illuminata e chiassosa. Aveva un altro impegno quella sera, il
primo compleanno della figlia di sua sorella di cui era la madrina,
“a cui non posso certo mancare”, si era
giustificata. Invece, eccola lì, con il vestito che aveva
indossato per la festa della piccola Claudia, dove però era
rimasta giusto il tempo di un saluto ed un paio di foto, poi aveva
preso la macchina ed era corsa in centro.
Nell’immenso salone si agitava una moltitudine di gente,
tutti vestiti elegantemente. In un angolo della sala un quartetto
d’archi diffondeva note lievi nell’aria. Alle
pareti e su vari cavalletti disposti in punti strategici erano esposte
una serie di fotografie che avevano tutte come soggetto la gonna, e di
conseguenza le donne. Il titolo di quella mostra, d’altronde,
era assolutamente esplicativo, giacché recitava
“L’odore della gonna”.
Era la serata d’apertura della mostra, quindi erano previsti
gli interventi di alcuni artisti, i cui lavori erano esposti
lì quella sera, e della curatrice della mostra.
Paola restò qualche momento disorientata, poi aggiustandosi
delle invisibili pieghe sul vestito, cominciò a camminare
seguendo distrattamente il flusso di persone che transitavano davanti
alle varie esposizioni. Si soffermava a guardare le foto quel tanto che
bastava per coglierne l’anima, poi passava oltre.
Aveva compiuto quasi mezzo giro della sala, quando alla propria destra
intravide un tavolo con una piramide di coppe di champagne, dietro al
quale si affaccendavano dei giovani camerieri che soddisfacevano le
richieste dei visitatori. Mentre si avvicina, tagliando la folla a
metà e scivolando tra le varie persone, i suoi occhi si
posarono sul profilo di una donna intenta a chiacchierare e sorridere
ad un capannello di persone. I capelli rossi erano raccolti in un
morbido chignon che le lasciava il collo scoperto, e le guance
accarezzate da due morbide ciocche appena ondulate. Paola
osservò le espressioni che si susseguivano sul suo volto.
Studiò le piccole rughe che le si formavano attorno agli
occhi quando li strizzava per sorridere, l’unico segno di una
giovinezza che aveva appena cominciato a sfiorire, perché, a
parte quelle, la sua pelle aveva conservato freschezza e
luminosità. Non sembrava avere più di trentasei
anni, giusto un paio più di Paola.
Dovette smettere di fissarla quando qualcuno la urtò e la
costrinse a distogliere lo sguardo. Quando alzò nuovamente
gli occhi, l’altra era sparita. Paola riprese a camminare
verso il tavolo e fu proprio lì che la vide di nuovo.
«Ci conosciamo?» le sussurrò
all’orecchio, affiancandola.
La donna sussultò, colta alla sprovvista. Quando la tensione
nelle spalle si sciolse, si voltò lentamente in direzione di
Paola squadrandola da capo a piedi con i suoi occhi verdi. Non disse
nulla però, si girò nuovamente attendendo il
proprio turno per ordinare da bere.
«Lo sa che ha degli occhi magnifici?» insistette
Paola, sfoderando un sorriso storto che le dava un’aria
provocante.
«Ci sta provando con me, per caso?» stavolta la
donna si voltò verso di lei con decisione ed un cipiglio
scettico in volto.
«Se le dicessi di sì, le dispiacerebbe?».
«Porta la fede».
Paola alzò la mano sinistra tra i loro visi, facendo
scintillare un sottile cerchietto d’oro attorno
all’anulare. Poi abbassò lo sguardo sulla mano
sinistra della donna e le sue labbra si piegarono
all’insù furbamente.
«Anche lei» ribatté con molta
naturalezza.
La donna gettò d’istinto un’occhiata
alla propria mano e giocò con la fede facendola ruotare con
il pollice.
«Prego, signore» la voce di un cameriere le
distrasse.
La donna si voltò verso il giovane, pronta ad ordinare, ma
Paola s’intromise finendo la frase per lei.
«Per me un… ».
«… calice di prosecco. E per me un bicchiere di
vino rosso. Grazie» Paola gettò uno sguardo di
sfida all’altra «Ho indovinato?».
Quella le restituì un’occhiata ermetica e
cambiò discorso.
«Quindi, lei non è fedele?» le chiese
con un accenno di curiosità malcelata.
«Lo sono sempre stata… fino ad ora»
rispose Paola alzando le sopracciglia con aria enigmatica.
Il cameriere gli porse due bicchieri, loro li presero e si
allontanarono dal tavolo per dare spazio agli altri.
«Prima la osservavo parlare con delle persone»
riprese Paola camminandole a fianco «Lo sa che quando ascolta
socchiude leggermente gli occhi e quando l’argomento non le
interessa abbassa lo sguardo a sinistra?».
«Io prima, invece, la osservavo girare per la sala e studiare
le fotografie» rispose la donna, interrompendosi per
sorseggiare il suo prosecco «Lo sa che quando le piace
un’opera strizza le labbra e quando non la soddisfa arriccia
il naso?» stavolta toccò a lei trafiggerla con un
sorriso provocatorio.
Paola incassò il colpo con nonchalance, prese tempo per
pensare ad una risposta bevendo un sorso di vino.
«Dunque non sono l’unica che è stata
colpita da un colpo di fulmine, stasera» ribatté
tranquilla.
Alla donna scappò un risolino divertito.
«E la sua fede?» domandò fermandosi in
un angolo della sala e voltandosi verso la sua interlocutrice con
aspettativa.
Paola si fermò a sua volta, volutamente a poco meno di un
passo dal corpo dell’altra. Era diversi centimetri
più alta di lei, quindi si abbassò leggermente in
avanti sporgendosi verso il suo orecchio.
«Non è un problema per me, se non lo è
per lei» sussurrò con voce bassa ed intima.
Si trattenne un attimo in quella posizione, annusando con insistenza
l’odore della donna e sfiorandole la mascella con la punta
del naso.
Quando si spostò per incontrare nuovamente il suo sguardo,
trovò i suoi occhi torbidi e brucianti.
«Vieni con me» le ordinò la donna,
afferrandola per un polso e tirandola con sé mentre
camminava a passo svelto per una serie di corridoi.
Paola lasciò andare una risata divertita ed impaziente,
seguendola docilmente. Più si inoltravano nella ragnatela di
corridoi, più la musica ed il chiacchiericcio della sala
divenivano indistinti suoni in sottofondo.
La donna si fermò davanti ad una porta con su la targhetta
“Direzione”. L’aprì con
disinvoltura e ci entrò, tirandosi dietro anche Paola. Dopo
essersi assicurata che la porta fosse chiusa a chiave, si
voltò verso di lei e cominciò ad avanzare con
espressione famelica costringendola ad indietreggiare.
«Vuoi farlo qui?» domandò Paola
divertita.
«Avresti preferito in sala, davanti a tutti?» la
provocò l’altra continuando ad avanzare.
Paola si limitò a sorridere maliziosa, poi il suo cammino
all’indietro fu bloccato da un ostacolo, e lei non ebbe
nemmeno il tempo di voltarsi a vedere di cosa si trattasse, che la
donna le fu addosso baciandola con prepotenza.
Consumarono quell’attimo di passione, lì, poggiate
ad una scrivania, con le gonne dei vestiti alzate sopra la vita, le
bretelle calate sulle spalle e le mutande attorcigliate alle caviglie.
Poco più di dieci minuti dopo, tornavano verso la sala
principale. Paola si fermò un attimo prima di entrare,
nascosta dietro una colonna, per aggiustarsi i capelli fermati in una
coda di cavallo, ormai completamente disfatta e disordinata.
«Hai rischiato di strapparmeli via, i capelli»
commentò sarcastica, verso la sua accompagnatrice,
stringendo l’elastico attorno alla coda bionda nuovamente
perfetta.
«Ero presa dal momento» si difese la donna,
scoccandole un’occhiata furba.
Paola scosse la testa, la trafisse con i suoi profondi occhi castani,
ma infine non riuscì a trattenere un sorriso.
«Torniamo alla festa» disse, poggiandole una mano
dietro la schiena e guidandola verso l’interno della sala.
Non appena varcarono l’ingresso, videro correre verso di loro
un uomo un po’ panciuto e con un accenno di calvizie, che
aveva un’aria piuttosto trafelata.
«Alessia! Dove ti eri cacciata? Ti aspettano per il
discorso» proruppe rivolto alla donna, ignorando
completamente Paola.
«Oh Alberto» Alessia lanciò uno sguardo
di sottecchi a Paola, poi tornò a guardare l’uomo
davanti a sé «Sono stata…
occupata”».
L’uomo seguì la sua occhiata furtiva e, quando
incontrò il viso di Paola, che lo accolse con un ghigno
sardonico, arrossì e si passò una mano sulla
fronte.
«Ah! Non mi ero reso conto che fossi in compagnia»
si giustificò con un sorriso di scuse.
Alessia scosse bonariamente il capo e gli poggiò una mano
sulla spalla per tranquillizzarlo.
«Questo è Alberto Fozio, direttore del Museo di
Arte Contemporanea di Siena. Mi ha aiutato a trovare dei contatti per
organizzare questa mostra» spiegò a beneficio di
Paola «E dato che si tratta della mia prima mostra, come
curatrice, direi che il suo aiuto è stato davvero
prezioso» chiosò con un sorriso grato verso il
direttore.
«Molto piacere» Paola gli tese la mano con aria
amichevole.
«Piacere mio» rispose lui, stringendogliela per
qualche momento e successivamente voltandosi verso Alessia con aria
interrogativa.
«Ah sì, che sciocca!» Alessia
alzò gli occhi al cielo biasimando la sua stessa distrazione
«Lei è Paola Sacchi, mia moglie».
Un improvviso lampo di consapevolezza passò negli occhi di
Alberto, che finalmente sorrise più rilassato.
«La famosa Paola, quindi. Alessia parla moltissimo di
te» si fermò un attimo pensieroso «A
questo proposito, mi pareva di aver capito che non ci saresti stata
questa sera» le rivolse uno sguardo interrogativo.
Paola sbuffò divertita.
«Infatti, non sarei dovuta venire»
confermò gettando uno sguardo ad Alessia che le
restituì un’occhiata graffiante «Ma poi
ho pensato che, vendicativa com’è mia moglie,
avrebbe potuto decidere di punirmi flirtando con la prima bionda che le
avesse offerto un calice di prosecco» stavolta
guardò divertita la sua compagna «Quindi ho
pensato bene di precipitarmi qui ed essere io la prima bionda ad
offrirglielo» terminò tornando, soddisfatta, con
lo sguardo su Alberto.
Quest’ultimo non trattenne un risolino divertito a quella
spiegazione, poi scosse la testa riassumendo un’aria seria.
«Mi fa piacere che vi siate chiarite, ma credo che sia
davvero ora di andare per te , Alessia» spostò lo
sguardo al centro della sala, dove era già stato approntata
un’asta con un microfono.
«Arrivo subito» la donna annuì, prima di
spostare lo sguardo su sua moglie.
Alberto capì che gli serviva un minuto da sole, quindi
discretamente si allontanò.
«Dimmi in bocca al lupo» mugugnò Alessia
con aria inquieta.
Paola sorrise e le circondò il viso con entrambe le mani, si
avvicinò a lei lentamente e le diede un dolce bacio sulle
labbra.
«Ti amo» le rispose invece.
Alessia sorrise, rincuorata e più tranquilla, e si
avviò verso il centro della sala, sicura che lo sguardo di
sua moglie la stesse seguendo e che lei fosse lì a posta per
supportarla ed infonderle coraggio.
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