A Secret Door in the Cellar

di LimoneMenta
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Ultimo capitolo genteee!! Per quelli che hanno seguito questa storia (grazie mille!) avrei una piccola richiesta: sì, esatto, una recensioncina piccina piccina, ma oltre il capitolo, riguardante più che altro la storia in generale, per sapere giusto cosa è piaciuto e cosa no. Grazie mille a chi lo farà e a chiunque abbia letto/ricordato/preferito/seguito anche solo un capitolo di questa storia! Grazie <3

 

3. Scoperte agghiaccianti

Sono morta. Sono morta e quest’angelo meraviglioso che mi sta sopra deve essere venuto per aprirmi le porte del Paradiso. Allora ce l’ho fatta, non sono stata così cattiva in vita. Assurdo. Accidenti che begli occhi che ha questo angioletto, così blu, così profondi… non ho ancora ben capito se ne ha due o tre, girano un po’ troppo per i miei gusti. Aspetta un attimo… io questi occhi li conosco… anche quei capelli neri così morbidi e leggermente lunghi… Ha un viso così dolce e preoccupato… e un’espressione un po’ isterica che lo rende incredibilmente femminile… Femminile? Perché è così femminile? Non faccio in tempo ad arrivare alle conclusioni che un altro paio di occhi si affaccia nel mio campo visivo. E non mi piace per niente, assomiglia ad un altro paio che ho già visto, ma non ricordo esattamente dove. Sono due occhi grandi e dorati, come quelli di un gatto… in effetti sono anche stretti a fessura. Mmm, fessura… ma dov’è che ho già visto degli occhi così? Aspetta, aspetta… in una bottiglia! Sì, in una bottiglia verde! All’improvviso la loro immagine mi colpisce come uno schiaffo e…                                                                                                 «Aaaahh!» Urlo. Come al solito. Urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni e magari già che ci sono vado a chiederne ancora un po’ al vicino.                                                                                                       
«Almeno sappiamo che è viva» dice una voce non ancora ben identificata alla mia sinistra con un tono divertito.                                                                                                                                      
«Magnus!» sento esclamare la voce di Alec.                                                                                                   
«Alec!» grido io. Non appena lo individuo alla mia destra, mi getto fra le sue braccia e tremo come una foglia. Avverto le sue dita sfiorarmi la schiena, indecise, e poi stringermi forte. Una terza mano mi accarezza i capelli e una confortante sensazione di tranquillità mi pervade in pochi istanti.                                                                                                                                
«Tutto bene?» mi domanda lo sconosciuto. Annuisco automaticamente, prima di passare ad esaminarlo. Ha i capelli neri come quelli di Alec, ma invece di allungarli indietro come ha fatto lui, li ha tirati verso l’alto con il gel. I suoi tratti hanno un accenno asiatico, come indicano gli occhi a mandorla ricoperti di glitter bronzo. Oh Dio, i suoi occhi. Sono quelli di un gatto, sono proprio come quelli di un gatto! D’istinto mi allontano, arretrando verso Alec, fino a saltargli in braccio.                                                                                                                                         
«Alec? Alec? Chi diavolo è lui? Anzi, cosa diavolo è lui?» chiedo terrorizzata. L’immagine degli occhi nella bottiglia mi riempie la mente e non sembra volersene andare. Lo sconosciuto sembra offendersi, poi però ci ripensa e comincia a ridacchiare.                                                                                   
«Ehm, Rebecca, ti ricordi quando ti parlato di… del… del mio fidanzato? - diventa tutto rosso e impiega circa una decina di minuti per mettere insieme una frase coerente – Be’, è proprio lui». Magnus mi saluta facendo ciao ciao con la mano. «Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn ai tuoi servizi. O almeno a quelli di Alec» aggiunge lanciandogli un’occhiata maliziosa. L’altro inizia a balbettare e si tira in piedi, per poi offrire una mano entrambi e sollevare anche noi.                                                    
«Piacere, credo - rispondo io titubante – Giusto per sapere, per quanto tempo sono rimasta sdraiata su questo pavimento gelato?»                                                                                                       
Lui scoppia a ridere. «Mezz’ora circa. Fiorellino, questa ragazza già mi piace. La adottiamo?» chiede con un’aria da cucciolo sul punto di scoppiare a piangere. Il Cacciatore sbarra gli occhi e lo fissa come se fosse uscito di senno. Cosa che in effetti…                                                                                                            
«Chi è fiorellino?» li interrompo io.                                                                                                                                       
«Nessuno!» risponde Alec in fretta. Anche troppo.                                                                                        
«È il soprannome con cui lo chiamo nei nostri momenti… privati» ribatte Magnus con un’espressione complice. Prima di scoppiare a ridere provo a immaginarmi la scena: il forte Shadowhunter torna a casa da una lunga giornata passata ad uccidere mostri a destra e a sinistra e il Sommo Stregone, che è intento a tirare fuori dal forno una crostata alle pesche, lo saluta chiamandolo fiorellino. Ora posso ridere.                                                                                            
«Non ci credo! “Fiorellino, il potente Shadowhunter” presto al cinema! Oh, non ho mai riso così tanto!» La scena dev’essere comica, perché anche Magnus ricomincia a ridere, fino a lasciar scendere delle lacrime. Alec invece non sembra prenderla sul comico, proprio per niente.                            «Avanti amore, stiamo scherzando» lo consola lo Stregone, attirandolo a sé per la vita e baciandolo a tradimento. Prima che l’altro possa protestare, cosa che sembrava del tutto intenzionato a fare, lo lascia andare, tornando a rivolgersi verso di me.                                                                                       
«Ti piacerebbe se ti adottassimo?»                                                                                                          
Adesso tocca a me spalancare la bocca dalla sorpresa. Prima che io possa rispondere qualcosa, però, Alec interviene, dando a me il tempo di riprendermi e tirando via Magnus dalle sue fantasie.                                                                                                                                 
«Credo che abbia già un paio di genitori, non trovi?»                                                                                       
La mia risposta li lascia entrambi spiazzati. «In realtà sono orfana. I miei genitori sono morti undici anni fa e da allora vivo con mia nonna. Che non è di certo una bella vita» aggiungo seccata. Nessuno dei due sa bene cosa dire, finché il più alto (ovvero Magnus, e di parecchio, anche se Alec fa già la sua bella figura) non batte le mani eccitato ed esclama rivolto al fidanzato: «Vedi, è perfetta!»                                                                                                                                          
L’altro lo guarda sconvolto. «Ma sei senza cuore! – gli grida – Mi dispiace» dice poi. Io alzo le spalle, in un gesto di noncuranza. «A me dispiace solo che mi abbiano abbandonato con quella vecchiaccia, per il resto non me li ricordo affatto».                                                                                          
«Be’, d’ora in avanti saremo noi la tua famiglia, se per te va bene – afferma sicuro Magnus prendendomi per mano – E tu non ribattere, tanto so che l’adori anche tu» dice ad Alec con il tono di chi sa già di aver vinto la sfida.                                                                                                                   
Alec lo guarda disperato: «Sai che non è così facile».                                                                                     
All’improvviso mi appare la realtà davanti agli occhi: mi stanno offrendo una via di fuga. Mi stanno proponendo di andarmene con loro e lasciare questo posto e quella pazza di mia nonna per non tornare più. Potrei gettarmi tutto alle spalle e ricominciare.                                                                          
«Ti prego, Alec! Ti supplico, non ne posso più di vivere qui, con quella donna orribile che passa il tempo a dirmi cosa fare e a urlarmi dietro. Per favore, farò qualsiasi cosa, ma portatemi via da qua, se potete». La mia supplica lo sciocca, lo vedo titubare e potrei quasi dire di sentire il suo cervello sfrigolare. «Se davvero è quello che vuoi, farò tutto ciò che è in mio potere. E con l’aiuto di Magnus non dovrebbe essere difficile, ma non garantisco nulla».                                                                           
Sto per andarmene, sto davvero per andarmene da qui. Accidenti, stanno succedendo tante di quelle cose in così poco tempo che non riesco ancora a rendermene conto. Poco più di due ore fa ho trovato uno sconosciuto in cantina che trafficava con un buco nel muro e adesso lui e il suo fidanzato mi stanno chiedendo se voglio lasciare tutto e andare via con loro. Non so con quale coraggio io stia facendo questo, ma non posso assolutamente tirarmi indietro, anche se quasi non li conosco. Il solo pensiero mi stordisce e Magnus se ne accorge subito.                                                           
«Ehi, tutto bene? Ti sembra di nuovo svenire per caso?» chiede allarmato. Io nego con la testa e gli occhi pieni di lacrime.                                                                                                                               
«Ah, ho capito. Sei emozionata per quello che ti abbiamo chiesto, vero?» intuisce in un secondo. Non finisco neppure di annuire che subito mi lancio addosso ad entrambi, avvolgendoli in un abbraccio pari a quello di una piovra e scoppiando a piangere. Vedo Alec strofinarsi un occhio di nascosto e tirare un paio di colpi di tosse.                                                                                                   «Non ti sarà facile inserirti nel nostro ambiente, ma adesso non pensiamoci. Vediamo di chiudere questa storia, piuttosto» con il pollice indica il buco nel muro.                                                                   
«Te la caverai alla grande – mi sussurra Magnus in un orecchio – E ci sono tante persone che ti aiuteranno per riuscirci al meglio. Noi compresi».

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