- James, la cosa è semplice, non ho voglia-, borbottò Sirius,
sdraiato sulle coperte arruffate del suo letto.
James sospirò e appoggiò la schiena al muro, assorto e
accigliato.
- Ti capisco, Sir, ma, pensaci, potresti dimostrare loro che non
hai paura di vederli-, rispose poi cautamente.
- Io non ho paura di vederli-, sibilò, mettendosi a sedere con
un gesto improvviso.
Si alzò in piedi e mosse qualche passo incerto verso la
finestra.
- Sir…-
- No, io non ho paura di vederli-, ribadì appoggiando una
tempia contro un infisso della finestra.
Pioveva a dirotto.
Anche quel giorno pioveva.
Calciava sassi. Sassi a non finire.
Una smorfia di dolore: le scarpe di tela non erano l’ideale per
quello sport.
Sentiva ogni singolo dito del piede destro dolere, ma non gliene
importava.
Non gli fregava niente di niente. Non più oramai.
Era fuggito. Scappato. Evaso da quella prigione che aveva sempre
chiamato casa a fatica.
E pioveva; pioveva sul suo capo, sui suoi vestiti, sul suo
destino.
Passò un braccio sulla bocca per reprimere le lacrime di rabbia
e tornò a camminare imperterrito. Aveva sempre pensato con gioia al momento in
cui sarebbe stato fuori di lì, ed invece l’ennesima litigata aveva reso il tutto
molto più amaro e difficilmente sopportabile.
Ancora non capiva il vero senso della libertà: nella sua testa i
residui delle loro voci intasavano la via per ogni altro pensiero.
Poi quell’insicurezza che gli attanagliava le viscere, non gli
permetteva neppure di respirare: è vero adesso poteva stare da James, ma poi?
Cosa ne sarebbe stato del suo futuro? Dove avrebbe vissuto?
A malincuore dovette ammette di non poterlo sapere.
Strizzò gli occhi in modo da far uscire le ultime lacrime, e,
seppur titubante, si sforzava nell’avere fiducia in ciò che lo aspettava da quel
momento in poi.
La ghiaia scricchiolava sotto le suole delle scarpe da tennis,
mentre attraversava il vialetto vicino davanti alla casa di James.
Dalle finestre poteva scorgere la luce all’interno del
soggiorno.
Gli era sempre piaciuto quel soggiorno. Gli era sempre piaciuto
quel posto, punto.
Non gli restava che entrare nella sua nuova casa.
Smise di piovere gradualmente, mentre il buio si faceva più
denso e la nebbia nasceva a sbuffi attorno a lui, quasi isolandolo da quella
vista.
- Sirius-.
Per un attimo ogni certezza che aveva tentato di racimolare
barcollò, instabile come un castello di carte.
Sul suo volto si dipinse un sorriso d’arresa.
Lei non poteva essere lì. Non in quel momento.
Non si voltò per appurare o meno la realtà della sua
presenza.
Attese.
Aspettò che i suoi piedi lo raggiungessero a passi misurati e
che il suo volto fosse a pochi centimetri dalla sua guancia.
Sentiva il suo respiro freddo pungergli le guance, gelargli il
sangue e fargli sgradevolmente il solletico, ma non le diede la soddisfazione di
guardarla.
- Guardami-, sussurrò suadente, interpretando il suo
atteggiamento nel modo giusto.
Lui non lo fece. Sapeva benissimo com’erano quegl’occhi: gelidi,
impassibili, impenetrabili. Lo dominavano, lo elettrizzavano. Avrebbe potuto
fargli fare di tutto con un solo sguardo.
Le sue dita affusolate e ghiacciate si chiusero attorno alla sua
mascella con decisione.
Pochi secondi dopo si ritrovò a fissare quelle iridi scure che
aveva sperato tanto di non incontrare.
Non poté fare a meno di aggrottare la fronte,
spaventato.
- Guardami-, intimò nuovamente, pur
sapendo bene che non ce n’era alcun bisogno.
Lei incurvò appena le labbra. Era divertita.
- Sei solo un bambino, Sirius-, disse
tagliente come un rasoio.
Lui le afferrò il polso ossuto, facendole cedere la
presa.
- Che cosa vuoi, Bellatrix?-, domandò, lo sguardo fermo,
il corpo immobile, fin troppo.
- Parlare, solo parlare-, mormorò, affondando le iridi in
quelle di lui.
- Non abbiamo nulla da dirci-, ringhiò lui, lo sguardo tetro,
il tono aspro.
- Ah, no?-, sussurrò lei, riducendo gli occhi a fessure
nell’atto di scrutarlo più intensamente.
- No-, fece una pausa quando sentì le sue
dita scorrere leggere sulla sua camicia bagnata.
Chiuse gli occhi, incapace di contrastare le sensazioni per
nulla sgradevoli che lo pervadevano da capo a piedi.
- Ho scelto-, affermò deciso, spalancando le palpebre così
all’improvviso da costringerla ad arrestare le carezze per la
sorpresa.
La vide gettare il capo all’indietro e dare sfogo ad una risata
inquietante ed accattivante.
- Tu hai scelto, dici? Noi abbiamo scelto,
Sirius -, rivelò, un’espressione malvagia le deformava il
volto.
Sirius rimase muto, in parte basito, in parte in guardia
dalla sua prossima mossa.
Lei prese a girargli intorno, come un predatore attorno alla
sua preda.
Gli posò un indice sulla spalla, la cui muscolatura
s’irrigidì al solo tocco.
Deglutì.
Le sue labbra, rosse e ghiacciate, gli sfioravano il lobo
dell’orecchio sinistro: brividi e brividi, sempre più subdoli, sempre più
insinuanti, gli invasero velocemente il corpo.
- Credi forse che tua madre ti avrebbe
fatto fuggire così facilmente, altrimenti?-, bisbigliò, lisciandogli piano, con
due dita, il colletto della camicia.
Sirius si portò una mano sulla fronte, combattuto
internamente.
Adesso ne aveva la conferma: era un rinnegato a tutti gli
effetti.
Non poteva dire con certezza che la cosa creasse in lui
sconforto, perché, strano a dirsi, percepiva in se stesso un senso di
liberazione che lo autorizzava a sentirsi vittima e a discolparsi da qualsiasi
accusa di tradimento nei confronti della sua famiglia.
Non era solo lui a non volere loro. Anche loro non volevano
lui.
In fondo lo aveva sempre saputo; eppure prenderne atto faceva
male lo stesso.
- Quindi, Bellatrix, qual è il tuo
vero scopo?-, chiese scandendo bene ogni sillaba, non del tutto sicuro di voler
sentire la risposta.
Lei sorrise, di nuovo, in modo sinistro e
accattivante.
Con un passo silenzioso fu di fronte a lui: trafiggeva i suoi
occhi con i propri e annegava nei suoi sempre più a fondo.
Quando parlò, la distanza tra i loro corpi era colmata: lui
poteva distinguere con una nitidezza annichilente le labbra carnose dischiudersi
mentre prendeva fiato.
- Dirti addio-, sussurrò a fior di
labbra.
Nessuna pietà scaturì da entrambe le bocche nel bacio che seguì
quest’ammissione.
Le sue mani risalirono la chioma corvina della donna, le dita
s’infiltrarono tra i capelli strattonandoli, annodandoli,
carezzandoli.
Lei emise gorgoglii di dolore, persino disapprovazione misti a
piacere e si aggrappò al suo collo, cercando di assumere il controllo della
situazione.
Ma, proprio mentre si alzava in punta dei piedi, Sirius spostò
la sua presa sulla vita e la schiacciò contro di sé, privandola del poco fiato
che le rimaneva in corpo.
Lei gli morse un labbro, bisognosa d’aria e di
vendetta.
Si staccarono, entrambi ansanti e provati.
Bellatrix lo guardò a lungo, una mano involontariamente posta
sul petto per constatare la velocità dei battiti del suo cuore.
Sirius ricambiò, pulendosi con due dita un rivolo di sangue che
era comparso su un lato della sua bocca.
L’osservò risistemarsi lentamente e freddamente i
vestiti.
Un silenzio surreale li avvolse in una bolla estranea agli
avvenimenti del mondo intorno a loro.
Bellatrix tornò a guardarlo un’ultima volta, ben consapevole che
qualcosa tra loro si era spezzato e trasformato.
- Addio-, sussurrò, mimando appena
con le labbra la parola.
Sparì, avvolta dalla nebbia, silenziosa e subdola com’era
apparsa.
Lui fissò per un po’ il punto dove poco prima si trovava lei e
gocce di pioggia provvidero a cancellare ogni traccia della sua presenza sul
terreno.
Ma era difficile lavare via i ricordi con un po’ d’acqua, pensò
lui, una mano sul cuore e le unghie affondate nella carne sotto la camicia
fradicia.
Sirius era immobile e impassibile, consapevole che ciò che aveva
appena vissuto non aveva la consistenza di un sogno.
- No, James, io non ho paura di vederli. Semplicemente ho già
detto loro addio-, mormorò appannando col suo respiro irregolare il vetro della
finestra.
Pioveva.
E c’era la nebbia.
Tigerlily’s Space
Buonasera, buonasera ^^!
Inizialmente avevo progettato questa
shot per "festeggiare" il mio primo anno su EFP, ma, ovviamente, sono in
ritardo u.u.
Alors, un paio di precisazioni: quando James dice a Sirius che
ci sono i suoi parenti, sono entrambi ad Hogwarts e la famiglia Black è là in
visita per parlare col Preside… Non so il motivo, prendete quello che vi piace di
più = P.
Poi, ho descritto un Sirius molto distrutto, lo so. Il problema è
che ho sempre pensato alla sua fuga come una cosa non fattibile né concepibile
in due secondi.
Insomma, credo ci abbia ponderato sopra un bel po’ e inoltre
penso che le insicurezze che descrivo siano piuttosto normali, visto che ha
appena preso forse la decisione più importante della sua vita ad appena sedici
anni ^^.
Ok, è todo, spero vi sia piaciuta ^__^!
Buon Halloween a tutti ^__-!
Baci,
Tigerlily