DEDICO
questa
fan fiction alla mia lupacchiotta, che mi ha dato l'idea, e mi scuso
con lei perchè in questa storia non sono purtroppo presenti
lupi mannari.
Un bacione, lupacchiotta mia!
Chi la fa l’aspetti
Un ragazzino
dai capelli color ebano dormiva placidamente su un divano, morbido e
comodo, sognando tranquillo di un posto felice, pieno di colori e di
sole.
Non sospettava neppure lontanamente, quel ragazzo addormentato, che
presto avrebbe lasciato il paese delle meraviglie, e con esso anche il
mondo dei sogni.
Un altro ragazzino, nel frattempo, gli si avvicinava cauto, stringendo
in mano qualcosa che assomigliava terribilmente ad un paio di cuffie
per MP3.
Si fermò a pochi passi dal divano, avendo udito un respiro
un po’ più regolare degli altri ed un mugolio
provenire dal moretto, ma era solo un falso allarme.
Riprese il suo percorso, tra tavolini e videogame sparsi sul pavimento,
vasi di fiori e tappeti persiani; infine giunse accanto alla figura
dormiente del gemello, la cui testa penzolava inerte dal bracciolo.
Ridacchiando il più silenziosamente possibile, gli
infilò le cuffiette nere nelle orecchie, cautamente, per non
svegliarlo subito e rinunciare così al favoloso scherzo che
aveva progettato.
Non aveva ancora perdonato al fratello la nutella sui pantaloni, e
aveva deciso di vendicarsi così.
-Chi la fa l’aspetti, fratellino mio…-
mormorò il ragazzino ghignando tra sé e
sé .
Si infilò un pugno in bocca per soffocare le risate
isteriche che minacciavano di mandare tutto all’aria, ed
accese il lettore MP3, alzando al massimo il volume prima di
selezionare una canzone moooooooolto hard dei Metallica.
Il suono era così alto che Tom poteva sentirlo come se fosse
nello stereo a volume normale.
Tempo un secondo e Bill si tirò su di scatto, urlando a
pieni polmoni.
A quel punto Tom non si poté più trattenere, e
scoppiò nella tanto agognata risata che fino a poco prima lo
stava soffocando.
Non appena Bill lo udì, chiuse la bocca e strizzò
gli occhi fino a che non divennero solo due fessure, sottili ma
sufficienti perché vedesse chiaramente la figura del gemello
sdraiato a terra, in preda ad un attacco di ilarità
insostenibile.
-Tuuuuuuuuuuuuuuuu!- ululò, con il fiatone per lo
spavento provocatogli dal brusco risveglio –Infame essere
diabolico, terrorista, lurido verme, assassino, criminale…-
sbraitava senza sosta.
Tom si stupì che non gli uscisse schiuma dalla bocca, e che
non avesse gli occhi rossi.
-Schifoso approfittatore, molestatore…-
continuò imperterrito Bill, finché il fratello
non lo interruppe.
-Ehi, ehi, ehi, vacci piano! Non sono arrivato al punto di
molestarti!-
Il moretto incrociò le braccia sul petto, arricciando le
labbra in un’espressione imbronciata.
-Non mi stupirei troppo se accadesse.- ribatté
–Ad ogni modo… COME DIAVOLO TI è VENUTO
IN MENTE DI SVEGLIARMI COSÌ??- urlò fuori di
sé, diventando paonazzo in viso.
Per tutta risposta, Tom gli rivolse un ghigno perfido.
-Dovresti saperlo fratellino… chi la fa
l’aspetti, no?-
Bill socchiuse di nuovo gli occhi, e per un momento il biondo
pensò davvero che intendesse picchiarlo, ma dopo pochi
secondi vide un sorriso distendersi sulle sue labbra.
-Hai ragione Tomi… scusa per quello che ho fatto,
mi dispiace.-
L’altro, sorrise soddisfatto.
-Non vedevo l’ora di sentirtelo dire.-
informò il fratello.
Bill sorrise di nuovo, ma pareva più un ghigno perverso,
quello che aveva dipinto in volto.
-Bene, ora se non ti dispiace io vado in camera…
ho un sacco di cose da fare, sai?- disse, alzandosi dal divano,
scavalcando il fratello e raggiungendo le scale.
Nel frattempo, un terribile sospetto strisciava sinuoso nella mente del
biondo tredicenne.
E se… e se Bill avesse voluto vendicarsi?
Era una cosa saggia lasciarlo andare nella loro camera da solo?
Era una buona idea farlo raggiungere il luogo dove Tom conservava tutte
le sue cose?
Dove si trovavano i suoi vestiti, il suo letto, il suo computer?
Con un’espressione in volto di puro terrore, il ragazzino
balzò in piedi, del tutto dimentico dell’MP3 che
giaceva sul pavimento, e corse a tutta velocità verso la
loro stanza, inciampando un paio di volte negli enormi pantaloni che
indossava.
La porta era socchiusa, ma Tom poté vedere chiaramente la
figura di Bill china sotto il proprio letto, probabilmente intento a
progettare chissà quale diavoleria.
-Fermo!!!- urlò il biondino, irrompendo nella
stanza con furia.
Bill sobbalzò per lo spavento, e subito si sentì
afferrare per i fianchi e trascinare sul proprio letto.
Sapeva perfettamente cosa stava succedendo, ma aveva battuto la testa
contro il bordo del letto del gemello, ed era un po’ stordito.
La situazione divenne chiarissima quando vide il viso di Tom sopra di
sé, furioso.
-Che diamine stavi facendo sotto il mio letto?-
gridò, sedendosi su di lui per impedirgli di scappare.
Per tutta risposta, Bill gli rivolse un sorrisino angelico.
-Cercavo il mio calzino- spiegò alzando la mano
sinistra per mostrare una calza nera –Per caso sai
dov’è?-
Tom non ci cascò, e lo scrutò in viso.
-Come no, il calzino… cos’è
che hai nelle tasche, eh?- così dicendo iniziò a
frugare nei jeans del gemello, sicuro di trovare qualcosa di
compromettente.
-Ma chi sei, Squadra Cobra 11, che mi perquisisci? Non ho
mica una pistola!- protestò il moretto, indignato.
Per tutta risposta, Tom continuò a frugargli addosso.
-Tom! Maiale!- strillò il ragazzino quando la mano
del fratello gli controllò le tasche posteriori dei jeans.
Bill lo spintonò facendolo cadere dal letto, e lo
guardò furioso.
-Capisco che tu sia terrorizzato da una mia possibile
vendetta, ma non ho la minima intenzione di lasciarmi palpeggiare da
te!-
Il biondo lo guardò sconvolto.
-Come scusa?-
Bill non rispose, e si alzò dal letto con fare altezzoso, si
diresse verso la porta camminando a naso per aria e la
sbatté dietro di sé, uscendo.
Tom, dopo essersi ripreso dallo shock per quello che il moretto gli
aveva appena urlato, realizzò che potesse probabilmente
dirigersi verso il bagno, dove il rasta conservava lo spazzolino da
denti, dove si trovava anche il gabinetto…
Terrorizzato, il ragazzino corse fuori, questa volta più
silenziosamente, e scorse Bill che scendeva le scale.
Erano passati sì e no quindici secondi da quando era uscito,
non poteva avere avuto il tempo di andare in bagno…
Ad ogni modo una controllatina non avrebbe ucciso nessuno.
Tom si accostò alla porta del bagno, con il cuore che gli
martellava in petto, la aprì e…
Non c’era nulla di sbagliato.
Per poco il biondino non cadde a terra dal sollievo.
Forse, forse, Bill aveva rinunciato…
Tuttavia, come dice il detto, fidarsi è bene, non fidarsi
è meglio.
Forte di questa convinzione, Tom ripassò mentalmente quello
che doveva fare nel pomeriggio: dopo una breve analisi, concluse che
starsene spaparanzato sul divano era in assoluto l’unica
occupazione che poteva avere, così decise che si sarebbe
improvvisato spia.
Con fare pensieroso, tornò in camera, frugò
nell’armadio per ritrovare quel vecchio paio di pantaloni da
militare e la maglietta nera; poi recuperò un binocolo e,
con una camminata circospetta, uscì alla stanza.
***
Le foglie del cespuglio di bacche ondeggiavano velocemente, forse un
po’ troppo a scatti perché fossero mosse dal vento.
Anzi, sembrava quasi che una piccola porzione delle foglie
più in alto, se ne andasse per conto suo.
Strano, voi direte.
Ebbene, la spiegazione è davvero molto semplice da capire:
basterebbe avvicinarsi di qualche metro, per vedere chiaramente che le
foglie del cespuglio non erano altro che la mimetizzazione quasi
perfetta dell’agente 008, ovvero…
-Sono Kaulitz, Tom Kaulitz.- disse il ragazzino cercando di
imitare la voce del più famoso 007.
In realtà, si sentiva molto stupido, perché aveva
appena ammiccato a una coccinella, che l’aveva bellamente
ignorato e continuato a bere un po’ d’acqua dalla
sua gocciolina.
Tom la fissò arrabbiato per qualche secondo, poi la
lanciò via con un cricco.
Se Bill fosse stato con lui, probabilmente l’avrebbe come
minimo picchiato per ciò che aveva fatto, poi sarebbe corso
ad aiutare la povera coccinella, magari costruendole una tana con tanto
di letto di plaid.
Già, Bill.
Tutti credevano che fosse un angioletto, un ragazzino per bene, educato
e tranquillo.
Ma sono Tom in realtà era a conoscenza della sua essenza
diabolica e perversa.
Allora, vi chiederete: Perché mai Tom, sapendo che il
fratello era un vendicatore nato, lo sfidava così
spudoratamente?
Anche questa domanda ha una risposta semplicissima: il biondino era, se
possibile, ancora più diabolico e perverso del fratello;
perciò i due gemellini si divertivano a farsi dispetti in
continuazione.
Ad ogni modo, in questo momento Tom aveva afferrato il binocolo e,
cercando di tenere a mente l’ultimo film di spionaggio che
aveva visto, alzò fino a che non riuscì a vedere
di là della grande vetrata che dava sulla sala.
Bill era sul divano, che guardava i Simpson in TV.
-Wild Dog alla base, Wild Dog alla base!-
bisbigliò Tom fingendo di parlare ad un microfono che non
aveva –Il soggetto non intende muoversi, ripeto, il soggetto
non intende muoversi! Istruzioni capitano?-
-Tienilo d’occhio- si rispose, con voce
più grossa –E riferiscimi ogni sua mossa.-
-Roger, capitano- riprese con voce normale –Passo e
chiudo.-
Così dicendo, finse di spegnere un walkie-talkie, e
fissò per un secondo davanti a sé, prima di
abbassarsi e iniziare a strisciare attraverso i fitti cespugli.
Neanche 007: somigliava più alle Charlie’s Angels.
Ad un tratto, udì una risata fragorosa prorompere dal
soggiorno, e sobbalzò per lo spavento: con molta lentezza,
si azzardò a controllare.
Bill teneva la testa fissa verso lo schermo del televisore (gli dava le
spalle), ed era scosso da fremiti incontrollabili.
Tom non l’aveva mai sentito ridere così.
Intanto, a pochi metri di distanza, il moretto rischiava di soffocare
dalle risate.
Aveva appena visto, riflessa nello schermo, una cosa che dapprima lo
aveva sconcertato, poi esilarato.
Tom strisciava tra i cespugli del giardino vestito come i soldatini
verdi di Toy story, e aveva in testa un cespuglio. Se non era
esilarante quello…
Bill non pensava che il fratello potesse arrivare ad umiliarsi tanto.
Così trascorse il pomeriggio, con Bill che si spostava di
stanza in stanza per vedere cosa faceva Tom, e questi, ignaro del fatto
che la sua identità segreta era stata smascherata, lo
seguiva come un cagnolino, diventando sempre più buffo e
goffo ogni minuto che passava.
Venne poi la sera, e con essa l’ora di cena.
Tom era ormai convinto che Bill si fosse calmato, ed era anche troppo
stanco per curarsi di qualsiasi cosa.
Simone e Gordon erano usciti, per qualcosa tipo
l’anniversario di matrimonio, ma dopotutto, non è
che a Tom importasse granché.
Il fatto che non aveva preso in considerazione, era che chi doveva
preparare da mangiare, era Bill.
Il biondino si sedette a tavola affamato, e guardò con
desiderio il fratello.
-Che c’è per cena?- chiese
innocentemente, senza notare il luccichio che era apparso negli occhi
del moretto.
-Pasta al sugo- rispose questi lentamente, mentre posava i
due piatti in tavola.
Tom si massaggiò lo stomaco, affamato, ed afferrò
la forchetta.
-Ha un ottimo odore!- costatò, perdendo lo sguardo
tra i maccheroni e il pomodoro.
-Ti conviene metterci un po’ d’olio-
consigliò Bill, con una punta di malignità nella
voce, mentre gli passava una bottiglietta piena di liquido giallognolo,
che il biondino prontamente afferrò e versò sul
piatto.
-Buon appetito!- esclamò allegro, affondando la forchetta
nella pasta, senza accorgersi che il fratello lo osservava immobile,
con gli occhi fissi su di lui, ed un ghigno malefico sul viso.
Ignaro di tutto questo, Tom aprì la bocca, ed
ingoiò la pasta in un sol boccone.
Fu allora che alzò lo sguardo, incrociando quello di Bill,
che lo fece spaventare come nulla prima.
A momenti aveva gli occhi iniettati di sangue, ed esprimevano trionfo,
malignità e soprattutto, vendetta.
Dopo pochi secondi il suo volto prese una tonalità
rosso-violacea, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Senza più guardare il fratello, si affannò alla
ricerca di una bottiglia d’acqua, ma il frigo era vuoto.
-Bill! Acqua!- ansimò, mentre la gola gli andava a
fuoco.
Ebbene sì, Bill gli aveva riempito il piatto di peperoncino,
e anche l’olio era piccante.
-Chi la fa l’aspetti, Tom. Dovresti saperlo.-
Nel frattempo il biondino cercava acqua per tutta la cucina, ma il
fratello aveva escogitato bene la sua vendetta: aveva nascosto tutte le
bottiglie.
Così Tom, sempre più lacrimante, e tossendo a
più non posso, si lanciò disperato verso il
bagno, ormai piangendo dal terribile bruciore che gli dilaniava la
gola, si attaccò al lavandino, bevendo tutta
l’acqua che poteva, tentando in tutti i modi di spegnere il
fuoco.
Nel frattempo, Bill si era tranquillamente seduto a tavola, e aveva
iniziato a mangiare la sua cena, crogiolandosi nella soddisfazione che
dà solo un piano ben riuscito.
Si era finalmente vendicato di tutti i dispetti medi e grandi che Tom
gli aveva inflitto negli ultimi tempi, e sperava anche di essere
riuscito a fargli capire che non gli conveniva sfidarlo.
Il biondino non tornò a tavola, neppure dopo che ebbe
placato il terribile bruciore provocatogli da tutto quel peperoncino:
era troppo arrabbiato.
Scuro in volto, si diresse verso la camera che condivideva con quel
diavolo qual era suo fratello, e si sdraiò sul proprio letto
fissando il soffitto.
Doveva escogitare una vendetta, qualcosa che avrebbe dato una calmata a
Bill, anche a costo di rischiare di fare una cattiveria.
Rimase immobile per tutta la sera, escogitando mille trucchi, uno
più sottile dell’altro, ma infine, ecco che la
soluzione di disegnò chiara nella sua mente, quasi fosse
sempre stata lì, nascosta in un angolino, aspettando a venir
fuori.
Tom si esibì in un ghigno malefico, forse ancora
più diabolico di quello del gemello, e con espressione
soddisfatta, si preparò per andare a letto.
***
Due giorni dopo, Tom mise in atto il suo piano, malvagio quanto
efficace.
Come tutte le mattine, Bill stava facendo la sua solita, eterna doccia,
mentre il fratello era già pronto per uscire e andare a
scuola, da almeno una mezz’oretta, e ne approfittava per
ripassare.
Ad un tratto, ecco che giunse chiaro e non del tutto inaspettato alle
sue orecchie, un suono che lo fece gioire come mai prima.
-Musica per le mie orecchie…- mormorò
tra sé e sé, ghignando per l’ennesima
volta mentre si alzava in piedi e andava ad ammirare il suo capolavoro.
Infatti, pochi secondi prima, era risuonato per tutta casa un urlo
agghiacciante, spaventoso e terribile, che aveva fatto tremare i vetri
dell’abitazione, e proveniva, ovviamente, dal bagno.
Raggiunse la porta tanto agognata pochi secondi dopo la madre che,
terrorizzata, si era lanciata a controllare quello che era successo.
La visione che ebbe la lasciò sconvolta.
Infatti, una volta al mese, Bill doveva tingersi i capelli, per far
sì che rimanessero sempre neri come li voleva lui, ed era
esattamente quello che stava facendo poco prima.
Ora, un Bill da una chioma rosa acceso li fissava in lacrime, e Tom
riuscì a stento a trattenere un ghigno di soddisfazione: la
sua idea di sostituire la tintura nera con quella rosa era stata
geniale.
Diabolica e geniale.
-Santo cielo tesoro, cosa diavolo è successo?-
domandò Simone passandosi una mano tra i capelli.
Nel frattempo era arrivato anche il patrigno dei ragazzi, che era
sconvolto quanto lei.
-I…io n-non lo so…-
singhiozzò quello che non era più moretto
–ho f-fatto tu-tutto come al solito…- riprese a
piangere a dirotto, e la madre lo abbracciò, tentando di
consolarlo.
Perfino Gordon, che non amava molto le dimostrazioni di affetto in
pubblico, si avvicinò al figliastro e gli
strofinò una mano sulla schiena, ancora coperta
dall’accappatoio.
-E… e ora c-cosa faccio?- domandò Bill,
soffiandosi il naso –S-se vado a sc-scuola così
m-mi prenderanno tu-tutti in g-giro…-
Simone parve incerta.
Mandarlo a scuola o farlo restare a casa?
Questo era il problema.
-Be’, io non so se…- iniziò
incerta Simone.
-Bill, oggi c’è una lezione
importantissima! Non puoi perderla, la prof ha detto che
sarà argomento principale degli esami di fine anno!-
esclamò subito Tom.
Per la prima volta, Bill alzò lo sguardo su di lui, e
nonostante la sua espressione preoccupata, non poté non
notare il luccichio di soddisfazione nei suoi occhi.
-TU!- urlò liberandosi subito dalla pressa della
madre, e sbattendo il fratello contro la parete del bagno.
-Bill!- esclamò Simone.
-Sei stato tu!- proseguì il più piccolo
dei gemelli, senza prestarle attenzione –Dovevo capirlo,
brutto bastardo…-
-Bill!- ripeté la madre, afferrando il ragazzino e
tirandolo verso di sé, per bloccarlo.
Anche Gordon dovette aiutarla.
-NO, lasciatemi!- strillò questi –Lo so,
è stato lui, ha scambiato le tinture!-
Entrambi gli sguardi di Simone e Gordon si spostarono su Tom.
-Tom? È vero?- domandò la madre,
più stupefatta che severa.
-Certo che no!- si difese immediatamente il ragazzino
–Perché mai avrei dovuto farlo?- risultava
così convincente, che Simone e Gordon non insistettero
più, facendo infuriare Bill.
-E allora come mai ho i capelli rosa?- urlò,
cercando ancora di scagliarsi contro di lui.
-Ma che ne so io… sarà un difetto o
qualcosa!- ribatté il rasta senza guardare il fratello, ma
spostando lo sguardo sul flacone di tintura.
-Bugiardo!- gridò ancora il gemello minore, sempre
trattenuto a forza dalla madre e il patrigno.
-Bill smettila di urlare, per favore.- disse freddamente
Simone –E anche di dare addosso a tuo fratello. Sinceramente,
non vedo proprio come avrebbe potuto…-
-Oh, io lo vedo eccome!- la interruppe di nuovo Bill
–Lo so io perché!-
-Perché?- chiesero allora i genitori.
Il ragazzino aprì la bocca per rispondere, ma
arrossì e la richiuse subito.
Se avesse parlato si sarebbe tradito, e poi avrebbe dovuto spiegare
mesi e mesi di torture reciproche, finché Simone non avesse
deciso che bastava a condannarli ad una reclusione di almeno cinque
anni.
-Allora?- lo incitarono.
Tuttavia, Bill rimase zitto, guardando in basso, finché non
disse:
-Nulla. Devo…- la sua voce tremò, e
solo Tom capì che era per la rabbia –Devo essermi
sbagliato.-
Simone annuì.
-Lo penso anche io.- disse. Poi, mettendogli una mano sulla
spalla, aggiunse –Mi dispiace tesoro, ma temo che dovrai
andare a scuola oggi.-
Videro una lacrima solcare la guancia destra del ragazzino, che
uscì, a testa bassa, per prepararsi ad uscire.
Dal canto suo, Bill non poteva credere che Tom fosse arrivato a tanto
pur di vendicarsi.
Quello era veramente cattivo come scherzo.
Per nulla divertente.
Cercò di indossare gli abiti più anonimi che
aveva, ripescò dal fondo dell’armadio una vecchia
cuffia e se la calcò fin sugli occhi, lasciando spazio solo
per vedere.
Poi afferrò la cartella, nel medesimo istante che scelse il
gemello per farlo, e si sentì sussurrare
all’orecchio:
-Chi la fa l’aspetti, fratellino…-
bisbigliò Tom con malignità –Dovresti
saperlo…-
Bill preferì rimanere zitto, per evitare di dover spiegare
poi come mai la testa di Tom era staccata dal resto del corpo, e la
propria bocca insanguinata.
Le prime ore a scuola furono un vero e proprio inferno.
I gemelli non si rivolsero parola per tutto il giorno.
A lezione, scelsero sempre posti lontanissimi tra loro, creando molto
scompiglio tra i compagni, poiché nessuno aveva tanta voglia
di sedersi vicino a uno dei due.
La prima ora, era la lezione di scienze, con un professore che entrambi
i ragazzi detestavano molto, e la prima cosa che questi fece, fu
rammentare a Bill che era proibito portare capelli in classe.
-Lui- ribatté il ragazzino, scoccando
un’occhiata di puro disprezzo al fratello –Ha il
cappello tutti i giorni, e nessuno gli dice nulla.-
-Kaulitz- fece subito il professore, già
spazientito –Tu vieni ogni giorno truccato e vestito in modo
decisamente non consono all’edificio in cui ci troviamo. La
preside è stata, molto gentilmente, disposta a chiudere un
occhio su questa faccenda, perciò se non vuoi ritrovarti a
dover ripetere l’anno, levati quel cappello, ora.-
Bill e l’insegnante si scrutarono furiosamente a vicenda per
qualche secondo, poi il ragazzino, con un veloce movimento si tolse la
cuffia sbattendola con forza sul banco.
Dopo un secondo di assoluto silenzio, scoppiò un fragore di
risa che rimbombò per tutta la classe.
Bill chinò la testa, senza dire nulla, ed aprì il
libro di scienze con uno scatto furibondo.
Fu così per tutto il giorno.
Ovunque Bill andasse, scatenava risatine e commenti poco piacevoli
riguardo al suo orientamento sessuale.
Il ragazzino ignorava tutto, e non proferì parola se non
sotto richiesta di un professore.
Molti di questi, che erano in conflitto con i gemelli sin dal primo
giorno di scuola, si comportarono in modo davvero perfido, e fecero di
tutto per umiliarlo, chiamandolo interrogato, o comunque alla cattedra,
in modo che fosse ben visibile a tutti.
Ogni volta che succedeva, Tom vedeva una piccola lacrima brillare su
una delle guance del ragazzino, e si rese conto che forse questa volta
aveva davvero esagerato.
Era rimasto in silenzio ad osservare i professori che si prendevano
gioco del fratello, finché non decise che avevano
oltrepassato il limite.
Per la sesta volta, l’insegnante aveva chiamato Bill a
risolvere un problema alla lavagna, quando i precedenti cinque li aveva
risolti con una velocità ed una correttezza sorprendente.
-Diamine, ora è troppo!- esclamò
furioso il rasta, balzando in piedi.
Il fratello, udendolo, si gelò accanto alla cattedra,
immobile.
-Prego?- domandò l’insegnante, una
vecchia grassa e prepotente.
-Mi ha sentito!- ribatté Tom, arrabbiato
–Non capisco se si diverte, a metterlo in imbarazzo!-
indicò Bill, che stava immobile a fissarlo sotto il
ciuffetto colorato –Va bene, ha i capelli rosa, ce ne siamo
accorti tutti! Non c’è bisogno che continui a
metterlo in mostra così, non c’è
proprio bisogno di farlo sentire ancora peggio!-
La prof lo squadrò, da sopra gli occhialetti rossi
rettangolari.
-Kaulitz, non ti permettere mai più di rivolgerti
in questo modo ad un insegnante. Metterlo in imbarazzo è
lungi dai miei pensieri, sai? Quello che sto cercando di fare,
è valutare le sue conoscenze.-
Tom sbuffò, alzando gli occhi al cielo e poi tornando a
fissare la donna.
-Ma per favore!- ribatté –ha
già risolto cinque problemi che la maggior parte della
classe impiegherebbe ore a capire, e l’ha fatto in tempi
brevissimi! Prende sempre voti altissimi, non mi venga a dire che vuole
valutare le sue conoscenze, e bla bla bla. Lo sanno tutti che potrebbe
tranquillamente frequentare le superiori! Lei sta solo cercando di
metterlo in imbarazzo, per chissà quale motivo perverso che
le passa per la mente!-
-Kaulitz!- gridò la prof, sempre più
furiosa, e imbarazzata –Non osare mai più!-
-No, invece io oso eccome!- continuò imperterrito
il biondino –E mi rivolgo anche a voi tutti- si
voltò a fronteggiare il resto della classe
–Credete forse che sia perché è
stupido, che si è tinto i capelli di rosa? Crede che sia
gay, e si diverta ad essere additato da tutti?- nessuna risposta
–Be’ io lo so benissimo che non è
così. E se oggi è venuto così a scuola
è colpa mia, e mi dispiace di quello che ho fatto.
È evidente che ho esagerato e, ripeto, mi dispiace, non
avrei mai dovuto. Perciò, anziché sussurrare,
perché non credete di essere impercettibili, vi sento
benissimo, che mio fratello è un finocchio,
perché invece non dite che io sono un cretino? Dopotutto
è la verità.- si avvicinò un poco al
ragazzo, che lo fissava attonito. Se c’era una cosa di cui
Tom Kaulitz andava fiero, era proprio la sua reputazione, e Bill non
avrebbe mai creduto che potesse distruggerla così. Il rasta
gli posò una mano sulla spalla –Scusa Bill,
scusami, se puoi. Mi dispiace davvero un sacco, questa volta ho
esagerato. Volvo farti uno scherzo che ti avrebbe calmato, ma ti ho
solo fatto soffrire. Scusami.-
Di nuovo, Bill non disse nulla, ma non smise di guardarlo negli occhi.
Ci furono due secondi di silenzio, e infine il più giovane
dei gemelli, trattenendo a stento le lacrime, si gettò in
avanti, abbracciando il fratello in un impeto di commozione.
-Scusa.- ripeté Tom, sussurrando al suo orecchio.
-Non importa.- rispose Bill, sempre sull’orlo delle
lacrime.
Il tutto si svolgeva con il totale silenzio da parte del resto della
classe, che li osservava sbigottita.
-Ehm ehm.-
il verso della professoressa giunse chiaro nella quiete improvvisa
dell’aula –Siamo tutti molto felici che vi siate
riappacificati, ma QUESTO NON è IL LUOGO, E NEPPURE IL
MOMENTO! Perciò filate ai vostri posti, subito, se non
volete una nota sul registro!-
I due gemelli si separarono con un ghigno divertito, e tornarono a
sedersi.
-Sai Bill- disse Tom, con la bocca piena di pane, facendo
alzare lo sguardo del fratello su di lui –Credo che tutto
sommato dovremmo smetterla con questa storia delle vendette. Non vorrei
che poi potremmo arrivare a litigare sul serio.-
Bill, in tutta risposta, lo fissò accigliato.
-Non mi concedi neppure la possibilità di
vendicarmi?- domandò perplesso.
L’espressione di Tom mutò, e subito il gemello
vide che era molto a disagio.
Era palese che non aveva nessuna voglia di lasciare che Bill si
vendicasse, ma non poteva dirlo ad alta voce, sarebbe stato un vero
ipocrita.
Il gemello minore alzò ancora di più il
sopracciglio.
-Dopo quello che mi hai fatto, non puoi dire di no.-
Tom abbassò gli occhi, visibilmente combattuto, riflettendo
intensamente.
Infine li rialzò, e Bill vi lesse dentro disperazione e
terrore.
-Ti prego, dimmi che quello che è successo oggi ti
ha insegnato qualcosa! Ti prego, non dirmi che hai intenzione di
mettermi in imbarazzo davanti a tutti! Lo so, e quello che ho fatto io,
ma ti ho chiesto scusa! Ti scongiuro, dimmi che non lo farai, ti prego,
ti prego, ti…-
Bill sospirò.
-Rilassati Tom. Non sarò così meschino.-
la sincerità apparente delle sue parole parve
tranquillizzare il biondino, ma la sua espressione maligna per niente.
Iniziò a tremare, pensando che dopotutto, qualunque cosa il
fratello avesse in mente per lui, probabilmente se l’era
meritato.
*****
Nella quiete della notte, il lieve cigolio della porta del bagno di
Simone risuonò quasi inquietante alle orecchie del ragazzo
che ne era appena uscito.
Finalmente, i suoi capelli erano tornati neri come la pece, ed erano
lucidissimi a causa della tintura fresca di quel pomeriggio.
Bill avanzò di soppiatto fino alla porta della camera che
condivideva con il fratello, reggendo in mano una scatolina piatta e
lunga, che aveva appena prelevato dal bagno.
Si avvicinò sogghignante al letto occupato, e
notò con piacere che uno dei piedi sbucava dal fondo della
coperta.
Grazie alla luce della luna che entrava dalla finestra, il ragazzo
poté leggere le istruzioni dietro alla confezione.
“
•
Il corretto riscaldamento della striscia è
fondamentale per ottenere una depilazione perfetta.
•
Separare lentamente e gradualmente ogni doppia striscia.
•
Applicare la singola striscia sulla pelle nel senso di
crescita del pelo, facendola aderire bene con la mano.
•
Afferrare la striscia e strappare con un movimento secco e
deciso, nel senso contrario alla crescita del pelo.”
Con un ghigno sempre più malefico, Bill si accinse a seguire
le istruzioni.
Pochi secondi dopo, uno straziante urlo di dolore echeggiò
per tutta la casa.
-Chi la fa l’aspetti, fratellino…-
-Ende-
Ebbene, eccomi di nuovo con
una piccola one-shot, che spero tanto vi piaccia.
Colgo anche
l'occasione, per avvertire chi mi sta seguendo con "Don't wanna leave
you": non ho idea di quando posterò.
Bene, vi lascio con
un bacione!
Ditemi cosa ne
pensate di questa storiella!
Ein Monsun von
Kussen,
ArY_EnGeL
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