Soffio
di Vita
Corro.
Salto. Schiaccio.
La
palla cade dall'altra parte della rete, pesante, in quel quadrato di
nove metri per nove, quel quadrato che, quando giochi a pallavolo, ha
un'importanza fondamentale.
Sollevo
la testa e respiro, cerco di riportare il battito cardiaco alla
normalità, respiro profondamente l'aria di questo paesino di
montagna, l'aria che agita le cime degli alberi intorno a questo
campo di pallavolo all'aperto. Un'aria che oggi è fredda,
che
porterà pioggia.
Giorgia
mi guarda: “Sei sfinita, fermati. Continui a saltare da
mezz'ora.
Fermati, il tuo ginocchio ne risentirà, lo sai.”.
Fermarmi?
Sono ferma da sei anni. Sto bene adesso, voglio saltare ancora,
voglio godere appieno di questi soffi di libertà e di vita
che
mi sono ripresa. Se mi fermassi adesso, adesso che lui non mi fa
male, sarebbe come ammettere la sua vittoria a priori, sarebbe un
passo avanti verso la rassegnazione, la rassegnazione ad abbandonare
per sempre questo sport.
No,
grazie.
Vuole
fermarmi? Va bene. Allora deve impedirmi di camminare. Fino ad
allora, io non mi fermo.
“Alzamene
un'altra.” le dico.
Giorgia
sospira e annuisce, sa che quando mi metto in testa una cosa non
c'è
modo di farmi cambiare idea.
Di
nuovo, corro, salto, schiaccio.
Di
nuovo la palla cade nell'altro campo.
Il
ginocchio mi manda una fitta dolorosa.
Ha
deciso di combattere, vero? Avanti, può fare di meglio.
Io
in questo momento sto vivendo e non ho intenzione di smettere.
Corro,
salto, schiaccio.
Non
so per quanto, ma so che continuerò a farlo fino a cadere.
Io,
seppure per poco, scelgo un soffio di vita, contro una semplice
esistenza infinita.
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