Ámame y odiarme

di Robstenina97
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Aprì gli occhi sbuffando e cominciai a guardare il soffitto. Strinsi i pugni ripensando a quello squilibrato di mio padre.
“Ti odio.” Sussurrai stringendo i denti.
Girai il viso e vidi che il mio cellulare stava vibrando. Sospirai alzandomi e guardai chi era. Era mia ‘Madre.’ Non potevo nemmeno chiamarla madre, era troppo esagerato.
Quella donna non era mia madre. Io non avevo una madre.
“Signorino Ethan l’aspetta sua madre giù.”
Sbuffai guardando la donna, nonché l’assistente sociale che mi sorrideva gentilmente guardandomi.
“Si, mi lasci solo due minuti per prendere delle cose.”
Lei annuì andandosene. Aprì il cassetto segreto che avevo costruito io dentro alla parete quando avevo solo 14 anni.
Guardai dentro e presi lo zainetto facendo un piccolo sorriso. Lo aprì e ci buttai dentro tutta la mia vita, cioè mp3, i miei amati libri, il mio pc e alcuni dischi dei Beatles.
Chiusi lo zainetto e me lo misi in spalla facendo un lunghissimo respiro.
“Sono pronto.” Sussurrai stringendo i pugni.
Guardai per l’ultima volta camera mia e poi corsi di sotto. Mi ritrovai davanti una donna, alta forse 1,60 o giù di li, con i capelli castani e gli occhi grigi come i miei.
Era vestita con un abito lungo nero.
Mio padre me la descriveva sempre come la donna più bella che avesse mai avuto e non ne aveva tutti i torti.
“Buongiorno Ethan.” Sussurrò avvicinandosi.
“Buongiorno.” Dissi distaccato. Lei mi sorrise e aprì la porta. Mi guardò. Sbuffai e uscì dalla mia porta.
“Buongiorno ragazzo.” Disse un uomo dentro ad una Ferrari nera tutta lucente.
Sgranai gli occhi.
“Wow che roba.” Sussurrai guardandola ammagliato.
“Eh si … devi sentire il motore ragazzo, va che è una meraviglia.” Disse l’uomo sorridendomi. Mia ‘Madre’ entrò in macchina.
Deglutì e entrai in macchina.
L’uomo partì.
Guardai il paesaggio. Mi metteva tristezza, c’erano solo facce felici. Io non ero mai stato felice. l’unica cosa che forse mi rendeva un po’ felice erano le mie amate cose che avevo dentro allo zainetto. Quella era la mia vita.
Vidi delle coppiette felici che si sbaciucchiavano al parco.
“Che cazzata che è l’amore.” Sussurrai infastidito.
“Sei pronto per Forks ragazzo?” domandò l’uomo.
“Dipende …” ammisi. Avevo sempre adorato Forks.
Lui annuì e non parlò più. Aveva capito che non ero uno di tante parole e per questo gli e ne ero grato. Presi il mio amato mp3 e cominciai ad ascoltare la musica fino ad addormentarmi e non sentire più nulla.
Aprì gli occhi sbadigliando. Vidi un cartello che indicava che eravamo arrivati a Forks.
“Ragazzo eccoci arrivati a Forks.” Disse felice l’uomo.




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