Ormai Gerard viveva chiuso in casa.
Aveva perso tutto, senza combattere si era lasciato cadere verso il baratro. Non sentiva pił nulla.
Passava le giornate al buio, a disegnare quei mostri che negli incubi notturni che lo tormentavano, lo tenevano sveglio. Ancora una volta, la sua vita aveva assunto i colori rosso e nero. Odiava il bianco. Anche il foglio pulito lo disarmava, avvertiva il bisogno di riempirlo.
Come aveva bisogno di quella dose quotidiana, che lo riempiva. Sembrava un pazzo. I capelli ormai lerci e spettinati, i vestiti sporchi di vernice e del suo stesso vomito.
Ormai, non sopportava pił la vista della luce e, non appena il tubetto di vernice rossa terminó,non si fece scrupolo a utilizzare il proprio sangue.
Non sentiva pił nulla. Forse era ció che anni prima aveva provato Syd Barret? Era proprio I Wish You Were Here che andava ininterrottamente sul suo stereo a fare da ponte tra la sua realtą ovattata dalla droga e i suoi vecchi sogni.
Era solo uno scarto del mondo, troppo orgoglioso per uccidersi. Da sempre, lui GIOCAVA con la morte. Proprio questo lo distingueva dagli altri tossici: aveva ancora il senso della misura.
Gerard fissó il foglio davanti a lui. Stranamente, la mano non tremava, era ferma e sicura, eppure si era fatto poco prima.
In lontananza sentģ il rumore dei tamburi, quasi una marcia. Davanti a lui avanzava una parata. Ma era diversa. Tutti erano vestiti di nero.
-Aggiungiti con noi alla parata nera- disse l'uomo che la guidava. Gerard non si oppose. Lentamente, la sua stanza scomparve, la sua prigione immaginaria non esisteva pił. E mentre il mondo diventava nero, le parole dell'uomo gli risuonavano ancora in testa: "benvenuto nella parata nera" |