Alexandra sedeva in silenzio sul divano della sua umile casa, leggeva
un fumetto, era sola come sempre.
L'orologio che aveva al polso emise un acuto suono, erano le sette di
sera, nessuno però era rientrato a casa. Sua madre e suo padre non
erano tornati, e nemmeno suo fratello.
"Dove sei? Avevi
promesso di tornare prima del tramonto".
Non era raro che la famiglia di Alex non si facesse viva, poteva anche
sparire che a nessuno sarebbe pesata la sua mancanza.
La fanciulla decise così di aprire il computer portatile posato sulle
sue gambe. Quando comparì la schermata iniziale, ella trovò un avviso
riferito ad un'e-mail indirizzata a suo fratello Joy. Egli era poco più
grande di Alex, all'epoca aveva sedici anni, lui era un ragazzo
insolente e arrogante. Un giocatore di calcio sempre con giovani
ragazze attorno, come se fosse un Dio, a lui non importava di nulla.
Alexandra esitò, sapeva a che cosa sarebbe andata in contro se solo
avesse provato ad aprire la posta privata di Joy. Ma ad Alex in quel
momento non importava, era curiosa, lei lo era sempre stata. Joy non
l'avrebbe scoperta.
"Voglio
vedere".
La fanciulla entrò nell'archivio della posta, trovò quel messaggio
evidenziato in cobalto, lì proprio davanti a lei, ed infine ci cliccò
sopra.
Lei non era una ribelle senza cervello, sapeva che entrare nella vita
privata di qualcuno era sbagliato, ma in quella casa gli sbagli
regnavano sovrani.
Era da parte di un certo "Tommaso Olani", non l'aveva mai sentito,
anche se di solito nella piccola città in cui abitava, tutti
conoscevano tutti. Una città Italiana, proprio vicino al confine della
Slovenia, era insignificante.
L'e-mail parlava di un gruppo di ragazzi, Tommaso invitò Joy ad
entrarci, stranamente ribadì più volte che era un gruppo innoquo,
fondato solamente per stringere solide amicizie. Questo chiese anche di
invitare altre persone, che secondo Joy avrebbero gradito la compagnia.
Alexandra si illuminò, avrebbe potuto frequentare i più grandi,
finalmente avrebbe potuto passare i pomeriggi non occupati dalle arti
marziali con qualcuno, ma non doveva farlo sapere a suo fratello. Segnò
solamente sopra ad un post-it il giorno e l'ora in cui il gruppo si
sarebbe radunato.
"Cancellerò il
messaggio".
Con un semplice "click" eliminò la prova, chiuse il computer, e lo
lasciò sul divano come niente fosse.
L'orologio ripetè il suono, erano le otto.
"Dove sono?".
Alex decise di controllare il cellulare, magari qualcuno aveva provato
a cercarla, diede un rapido sguardo al telefonino, e subito dopo alzò
gli occhi al soffitto. Vuoto, non una notifica, non una chiamata persa,
non un messaggio, il vuoto più totale.
Un momento dopo, a porta d'entrata si aprì e venne sbattuta con forza,
la ragazza si alzò dal divano, e andò a vedere chi fosse stato.
Joy, era tornato dagli allenamenti stanco e irritato, lanciò lo zaino
contro la sorella che era venuta ad accoglierlo e si tolse la giacca di
pelle lasciandola a terra. -Non rompermi!- sbraitò, per poi andare
verso la cucina. Alexandra raccolse timidamente la giacca, e la appese,
poi seguì il fratello.
"Scoprirà del messaggio,
me lo sento".
-Non è andato bene l'allenamento?- chiese lei titubante.
Joy stava ancora fumando di rabbia mentre prendeva una birra
dal frigorifero, poi la sorseggiò seduto sopra al tavolo della cucina.
Nella loro dimora non era difficile trovare alcolici, e non mancavano
mai, nemmeno nei giorni feriali. -Sei diventata sorda per caso? Non
rompermi mocciosa- disse lui, fulminando con lo sguardo Alex.
Lei annuì, e si ritirò nelle sua stanza, tappandosi le orecchie.
Suo fratello era al telefono con il padre, bestemmiava, urlava e
lanciava i piatti. -Fate bene a non tornare credetemi, vaffanculo!-
urlò per l'ultima volta.
Non salì. Rimase in cucina, non andò a scusarsi con la sorella, e non
l'avvisò della mancanza dei loro genitori, in fondo lui non era un
baby-sitter.
Alexandra si distese sopra al suo letto, aveva ancora con sé il
post-it, lo teneva stretto fra le gracili mani.
"Mamma, dove sei? Avevi
promesso".
A notte inoltrata, mentre Alex si abbandonava al sonno, i
suoi genitori tornarono a casa, e suo fratello si chiuse in camera.
Lei non poteva immaginare, non poteva immaginare di diventare Siriah, di
diventare il numero 1512.
Di uccidere
quelle persone.
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