Ce l'avevo accanto,
sudavo perchè l'amavo tanto.
Vedevo le sue mani,
più tenere delle zampette dei piccoli cani.
Mi sentivo male,
come se avessi mangiato del caviale.
Il pullman era deserto,
il finestrino aperto.
Faceva molto caldo,
e alla cappella si attaccavano,
le mie mutande color smeraldo.
Le dissi: come va?
e
mi rispose: tutto qua?
Cosa che cavolo intendeva,
forse lei sapeva.
"Che cosa intendi dire?"
dico io iniziando a soffrire.
"Non sono mica scema!"
Rise e poi facendo un quadrato con le mani,
mi spieghò tutto lo schema.
Da tanto mi amava anche lei,
per fiducia mi ha dato sei.
Assaporo le sue labbra,
magico,
forse un abracadabra. |