Nessuno tocchi Caino

di lapoetastra
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Ogni giorno penso a quanto io odi il mio lavoro.
Guardare tutti quegli uomini che mi temono mi fa tremare le corde più profonde del cuore.
A volte non ci riesco, ma so che devo sostenere il loro sguardo.
Devo essere forte, nonostante gli orrori che mi passano continuamente davanti agli occhi, lasciandomi un'impronta, una ferita, nell'anima e nel cuore.
Io qui dentro sono la vittima e il carnefice al medesimo tempo, e non posso fare niente per modificare questa situazione, renderla migliore, almeno un po', almeno per un momento.
Vorrei licenziarmi, ma so che non riuscirei a trovare un altro lavoro in grado di sostenere me e i miei genitori malati.
Questa, invece, è una professione che ha sempre posti liberi.
All'inizio credevo anche io che non ci volesse molto a portare a termine il mio compito - sono criminali, dopotutto - ma adesso ho capito che non è così.
Si dice che ciò che non uccide fortifica, ma per me ciò non vale.
Mi sento morire con loro, ogni volta di più, ogni volta più irreversibilmente.
Ci farò l'abitudine, prima o poi?
Mi pongo questa domanda tutti i giorni, ad ogni esecuzione, ma non riesco mai a trovare una risposta.
Perchè è sempre come fosse la prima volta, per me, e tremo, mentre sento quella vita scorrere via per causa mia.
O grazie a me, dipende a chi lo si chiede.
È un duro lavoro, questo, ma qualcuno deve pur farlo.
E purtroppo è toccato a me.
Oggi però so che sarà più difficile del solito.
Perchè dovrò giustiziare una donna.





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