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di xingchan
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“Che cosa direbbe tua madre se ti rivedesse in questo stato per tua volontà?”
“Assolutamente niente, Akane. Inventerò una scusa, come faccio sempre.”
“Già, solo che la scusa è sempre la stessa: la vecchina che ti getta acqua addosso in fondo alla strada. Ti ricordo che ora che si è trasferita dal figlio, lo sanno tutti. Ritieniti fortunato se non ti ha ancora condannato a fare Seppuku!”
“Ah, che drammatica! Non farla tanto lunga: appena arriviamo chiederò a Kasumi un po’ d’acqua calda, senza farmi vedere da altri.”
Concludendo così la discussione, con le sue rassicurazioni tutt’altro che confortanti, Ranma-chan proseguì il tragitto che portava a casa Saotome-Tendo serenamente, addirittura fischiettando l’allegro motivetto della sigla dell’ultimo anime trasmesso in televisione.
Poco convinta delle parole del marito, Akane procedeva al suo fianco con un’espressione pensosa.
Anche se ora erano sposati già da qualche settimana, le abitudini del ragazzo erano cambiate pochissimo. Certo, mandava avanti il dojo magnificamente, ed aveva perfino liquidato le sue proverbiali spasimanti con poche ma secche parole, che costringevano le ragazze più scalmanate di Nerima a farsi da parte, non omettendo di levare di torno anche i pretendenti alla mano di Akane. Insomma, aveva fatto ogni cosa in piena regola, come ovviamente ci si aspetta da uno sposo che sia degno di esser denominato tale.
Naturalmente però, non si poteva pretendere l’impossibile.
Se Ranma aveva fatto molto per rendere il suo matrimonio felice e sereno, altrettanto non si poteva dire del suo caratteraccio e delle sue cattive abitudini. Akane non voleva che cambiasse completamente, ma che almeno le desse determinate sicurezze su determinati questioni.
Una di queste era proprio l’abuso che ne faceva della sua maledizione.
Nonostante avesse giurato di essere un uomo in tutto e per tutto proprio per amore della ragazza che aveva sposato, continuava a servirsi della sua avvenenza femminile per circondarsi di maschi disposti a sborsare cifre esorbitanti per offrirle gelati e dolci d’ogni sorta.
Non che Akane non ne potesse più, anzi, sotto sotto la divertiva. Ma i problemi sorgevano quando Nodoka puntualmente ricordava al figlio di adempiere alla promessa fatta a sua madre, ovvero quella di non farsi mai più vedere in sembianze di fanciulla di propria iniziativa; ma soprattutto di adempiere ai doveri che aveva in obbligo nei confronti di Akane in quanto suo consorte.
Ed anche quelli che aveva nei confronti del dojo e per l’assicurazione della sua perpetuità.
Nodoka aveva la strana quanto inquietante facoltà di sapere se suo figlio le dicesse la verità oppure no, ed ovviamente sapeva che Akane era ancora illibata nonostante fosse sua sposa già da moltissime settimane.
Ma non ne aveva mai fatto menzione, salvo una volta, in cui glielo chiese così limpidamente da far impallidire Ranma.
“Dimmi la verità, Ranma. Tu ed Akane avete mai provato a fare l’amore?”
Una domanda che rimbombò nella testa di Ranma per giorni, durante i quali numerose volte si era immaginato avvinghiato al corpo morbido e dolce di Akane. Ma la vergogna lo aveva fatto desistere altrettante volte dall’avventurarsi in quei pensieri erotici.
Perché non era da Ranma pensare di queste cose, tanto meno parlare dell’intimità che divideva con sua moglie.
Anche perché non c’era mai stata fra loro un’intimità nel senso in cui speravano i loro genitori. Anche se oramai non avevano più problemi d’imbarazzo nell’addormentarsi abbracciati, nessuno dei due si azzardava a fare la prima mossa, nessuno dei due osava anche dare solo un bacio all’altro, non a letto.
Soprattutto dopo quello che venne etichettato da Akane come un piacevole, o spiacevole, incidente.
Akane ricordava di essersi trovata una mattina letteralmente spalmata sul corpo del marito vestito solo dei suoi boxer neri. Aveva fatto in tempo a scostarsi prima che lui si svegliasse e se ne accorgesse, evitandolo per tutta la giornata seguente.
Le cose andarono avanti in questo modo, fra imbarazzanti commenti di Nabiki e Genma e interruzioni di vario genere, finché la sera successiva non ci fu una richiesta non tanto cortese di spiegazioni da parte del ragazzo con il codino, che ovviamente si concluse con una martellata, una bocca cucita e una notte in solitaria passata nella stanza degli ospiti.
Ed era proprio a quello che la sua mente l’aveva ricondotta mentre oltrepassavano il giardino del dojo per rincasare. Arrossì e scosse il capo, e per fortuna Ranma non se ne rese conto.
Ma purtroppo per lui, sua madre lo sorprese in vesti femminili.
Kasumi era a far compere, ed oltre a Nodoka e a Nabiki, in casa non c’era nessuno.
La donna lo squadrò da capo a piedi, ben conscia delle rotondità sul petto che suo figlio aveva nonostante lui, o meglio lei, tentasse di appiattire con le mani.
Non parlò né si mosse, eccetto per sfoderare la sua katana, con un’espressione che avrebbe fatto paura anche al più feroce degli Oni.
Ranma lasciò cadere accidentalmente il gelato ancora a metà, sicuro che la sua vita avrebbe conosciuto la fine nel giro di pochi minuti, mentre Nabiki, distratta dal suo programma preferito, si gustava la scena assottigliando gli occhi, ostentando la sua ben scarsa considerazione del cognato.
La lama affilata della signora Saotome cominciò a fendere l’aria una prima volta, prima che Akane si frapponesse fra lei e Ranma e Nabiki non si spostò per poter bisbigliare nell’orecchio di Nodoka.
La donna ascoltò interessata, infilò la katana nel fodero e sorrise contenta.
 
***
 
L’idea di Nabiki era quella di lasciarli in casa soli, e fin qui nulla di strano. Lo avevano già fatto altre volte, ed ovviamente non suonava come una novità.
Ciò che invece era ridimensionante era che li avrebbero lasciati da soli per sempre.
Si sarebbero tutti trasferiti in casa Saotome, e a meno che non ci fossero problemi di sorta non si sarebbero sognati di ritornare.
La reazioni di Ranma e Akane erano quanto mai stralunate: anche se sposati non erano autosufficienti per condurre una vita di coppia soddisfacente.
“No, mamma! Perché devi condannarmi ad una vita fatta di schifezze culinarie come quelle di Akane?”
“Oh, ma quando vuole sa mettercela tutta, non è vero Akane? Potrai finalmente cucinare, e solo per te e tuo marito... e per i tuoi figli, quando arriveranno...”
Alla giovane arrivò un sussulto.
“Cosa?”
“Suvvia, non sarà la fine del mondo! Ora siete una famiglia, e sarà ancora più bello quando metterete al mondo i vostri bambini!”
E così fu chiaro. L’intenzione era quella di dare loro la giusta solitudine per procreare. E i due consorti si osservarono. Se possibile, con ancora più impaccio.
 
***
 
Le giornate erano lente e noiose, senza nessuno a creare scompiglio.
Come sempre, Ranma passava la maggior parte della mattina con i suoi allievi al dojo, mentre Akane soleva cercare di preparare qualcosa che fosse commestibile per entrambi.
Sapeva della sua scarsa dote in veste di cuoca, e non credeva che la cosa potesse migliorare senza Nodoka a fungere da insegnante di cucina.
Ma tentò comunque, anche se con qualcosa di semplice, che non le avrebbe arrecato chissà quali danni. Il risultato finale di un modesto riso bianco appariva perfetto alla vista, ma ora che quell’arduo compito di donna di casa le si era ingigantito sulle spalle, Akane non volle caricarsi ancora addossandosi anche i rimbrotti di Ranma a proposito della sua disastrosa attività ai fornelli. E così, uscì per incontrare Kasumi ed andare insieme al centro commerciale, lasciandogli un biglietto.
 
***
 
Ranma si buttò a peso morto sul letto.
Dopo aver letto il messaggio ed essersi fatto una doccia rigenerante, aveva preso il coraggio a due mani ed aveva assaggiato quel che, era sicuro, Akane aveva cucinato per lui.
Non che fosse neanche lontanamente comparabile a ciò che cucinava Kasumi, ma non era più cattivo come ricordava. C’era ancora solo quella sfumatura nel sapore che gli rammentava che era il frutto di sforzi di una ragazza che tutto poteva definirsi tranne cuoca, ma non era stato affatto male.
Era sul punto di addormentarsi, quando la porta della camera da letto sbatté rumorosamente, facendogli spalancare malamente gli occhi.
Appoggiata alla porta, Akane lo stava osservando arcigna, come un condannato ribelle che aspetta il suo verdetto.
“L’importante è che siate sinceri l’uno con l’altra., e che non omettiate nulla nel vostro rapporto.” le aveva detto la sorella maggiore, e a dispetto del fatto che era uscita proprio per non sentire eventuali prese in giro dal ragazzo con il codino, ora voleva saperne cosa ne pensasse. Perché era chiaro che il riso l’aveva mangiato lui. Era scomparso, e non era nella pattumiera.
“Com’era?”
Ranma fu lesto a saltare in piedi a e mettersi in posizione di combattimento, ma quando elaborò la domanda volle rispondere con sincerità e senza mezzi termini.
“Buono...!”
Il viso di Akane passò da una rabbiosa paura all’incredulità.
Per la felicità, lo abbracciò con una foga tale da fargli mancare le gambe. Lo fece cadere all’indietro sul letto, con il solo, imbarazzante risultato di trovarsela addosso in tutta la sua altezza. Nonostante la ragazza avesse ancora il suo cappotto color ruggine a fasciarle il corpo, a Ranma sembrò di sentire su di sé le rotondità del seno di lei misto al suo odore personale, al suo battito cardiaco incredibilmente veloce ed alla sua gamba destra che era finita inevitabilmente in mezzo alle sue.
Avvampò, mentre lei rimase ferma con le braccia gettate al collo ed il naso affondato appena sopra la sua spalla, godendo del tepore che sprigionava il corpo muscoloso e forte  e del solletico sulla guancia che le provocava il suo codino.
Dopo essersi ripreso, Ranma poté udire il suo affanno regolarizzarsi in un normale respiro, che soffiava dolcemente sfiorandogli l’orecchio. Stordito da quella piacevolissima musica, le baciò la guancia d’istinto, soffermandosi per inspirare di Akane il più possibile.
Non riuscì a capire di cosa sapesse la sua pelle: se di rosa, malva o muschio, finché non concluse pensando quanto fosse inutile anche solo il tentativo. Il suo profumo era inclassificabile.
Non c’era odore al mondo più buono del suo. Inebriato da esso, il giovane cercò di protendersi verso di lei, quasi ribaltando le posizioni. Akane però gemette impercettibilmente fermandolo, premendo le mani semiaperte sui pettorali di lui.
“Dì un po’: l’hai detto di proposito, non è vero?” chiese lei, con tono divertito, timido e dolce insieme.
Era così bella quando assumeva quegli atteggiamenti così provocanti ed innocenti insieme. Il desiderio di lui crebbe, ma Ranma tentò di calmarsi.
“No,” rispose evasivo lui “ come ti viene in mente? Il riso era buono sul serio!”
“Certo,” rispose la giovane “e che mi dici di questo?” disse, soffiando sul collo del marito. La ragazza sembrava divertita sebbene avesse le gote arrossate.
“Non voglio obbligarti, Akane.” l’avvertì lui con tono comprensivo, tentando di mantenere il traballante controllo. “E neanche mia madre dovrebbe. Sei tu che... devi decidere... quando... non so se mi spiego...” disse grattandosi la nuca imbarazzato.
All’udire quelle parole, Akane sorrise. Il suo Ranma non sarebbe mai cambiato. Sempre impacciato,  sempre dolce nella sua rudezza. Non aveva dubitato neanche un attimo che lui non la rispettasse.
Con una velata reticenza, fissava gli occhi azzurri di lui come a chiedergli, anzi, ad implorarlo di accantonare tutti i suoi dubbi e fare di lei la sua donna. Come a tangibile conferma di questa sua volontà, la ragazza cominciò a sbottonarle il cappotto, sollevando entrambi per rendere tutto più facile.
Nessuno dei due si era mai permesso di approcciarsi al proprio consorte con il preciso intento di fare l’amore, ma questa volta sarebbe stato diverso.
Ranma non aveva la minima idea di come avrebbe dovuto far sì che lei non lo respingesse, ma non riusciva più ad ignorarla, tanto meno avrebbe potuto calmare il cuore che gli galoppava nel petto.
La strinse a sé baciandola con un trasporto tale che ad Akane sembrò la prima volta.
I suoi occhi, incredibilmente lucidi, cominciarono a rilasciare alcune lacrime di commozione, e Ranma dolcemente gliele raccolse, continuando a baciarla.
Ranma sentì il calore rovente ed irresistibile della ragazza attraverso i vestiti che la ricoprivano. E quando la maggioranza dei loro indumenti caddero per terra, sentì il suo seno che si posava leggermente sul suo petto e la temperatura salire vertiginosamente, come se qualcuno avesse acceso i riscaldamenti in piena estate, dimentico che quella fosse una notte umida e fredda di primavera.
Alla giovane sfuggì un lievissimo gemito, davanti al quale Ranma percepì un bisogno ancora più impellente di affrettare la sua corsa. Perché quei mugugni lo eccitavano ancora di più invece di preoccuparlo? Perché una ragazza tanto pudica stava lasciandosi andare a quelle effusioni di sua iniziativa, senza dar segno di odio o paura?
Si erano sempre accontentati della vicinanza dell’altro, senza soffermarsi quasi mai sulla possibilità di avere un rapporto sessuale. Solo in quell’istante il desiderio divenne tale da non essere più represso. Forse, era tutto quello che sentiva ciò di cui era composto l’amore. Perché con le altre ragazze non avrebbe mai fatto nulla di quello che aveva fatto con Akane.
Si staccò da lei, e quel che si ritrovò davanti fu uno spettacolo per gli occhi di qualunque uomo.
Le gote di Akane erano sfumate di un delizioso rosa confetto che contrastavano con la sua carnagione nivea; il respiro tenuto forzatamente regolare dalla bocca un po’ arrossata dai baci ricevuti, dischiusa al pari di un bocciolo sul punto di fiorire; ed un’espressione confusa, offuscata, delusa e contrariata allo stesso tempo le contraeva il viso piccolo. Riprendendosi dalla meraviglia di quella visione, Ranma mosse le labbra per dar voce ad una giustificazione per quell’interruzione.
“Scusami. Io… sei bellissima.”
“Ah, sì?” disse lei emozionata. “E che ne è del maschiaccio?”
“Il maschiaccio c’è ancora, cosa credi?” replicò Ranma, sorridendole sornione. “Ma non lo cambierei con nessuno.”
Akane rimase sorpresa con la bocca leggermente dischiusa, e Ranma ne approfittò per riprendere il bacio interrotto, carezzandole lascivamente il viso, il collo, il seno, i fianchi, fino a passare le mani sotto le gambe, che lei aprì lentamente per farlo morire nell’attesa.
Quel che provarono pochi istanti più tardi fu la travolgente esplosione di un amore che finalmente si completava, chiudendo un cerchio che cominciarono a tracciare, a cancellare e a ridisegnare quel giorno in cui una ragazzina dai capelli rossi arrivò in casa Tendo con un buffo panda gigante.
Si resero conto di aver omesso qualcosa di importante a causa di paure e titubanze che avrebbero potuto trovare la loro fine già molto tempo prima di sposarsi.
Perché era così che si sentivano, mentre ad un tratto, esausti, si addormentarono l’una fra le braccia dell’altro.
Completi.
Nodoka aveva fatto la scelta giusta.
 
 
 
 
 
NDA
Le mie care Ladies volevano qualcosa da me, ed io le ho accontentate, nonostante abbia da fare in un altro fandom. Le insistenze erano molte, e ho capito che non avrei trovato pace finché non avessi regalato loro qualcosa. xD
Sapete che non correggo quello che scrivo, perciò vi chiedo di segnalarmi qualche eventuale svista. Arigatou!
Lascia alquanto a desiderare, ma avete voluto la bicicletta ed ora pedalate. Ahahahahah in un pomeriggio (perché ci tenevo a pubblicare oggi) non ho potuto fare altro.




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