fairy tail irlanda
Salve
a tutti gente! Chi ha letto altre mie storie sa che mi piace spesso
aggiungerci una "colonna sonora", renderle anche song-fic,
impostarle intorno una canzone, che spesso è proprio la fonte
d'ispirazione della storia stessa. Ecco perché con la mia riscoperta
nell'ultimo periodo della musica irlandese (quanto la adoro! *__*)
l'ispirazione non poteva mancare!
Credo
di non essere l'unico su cui l'Irlanda esercita un attrazione
particolare, un paese e una cultura capaci di far volare e sognare al
solo pensiero; e penso che Fairy Tail sia una serie molto "irlandese"
per certi versi, e che si sposasse alla perfezione con ciò che avevo
in mente ^__°
Ecco
quindi i nostri adorati maghi, proiettati nel mondo reale, in veste
di persone normali, e la gilda trasformata in un pub, in cui persone
molto diverse, vite molto diverse, sapranno incrociarsi, scontrarsi e
influenzarsi.
Buona
lettura a tutti (e visto che siamo in periodo, buone feste! ^__^)!
Chiunque
la conoscesse, da tempo o da un attimo, le avrebbe di certo detto di
non averne alcun motivo, eppure Lucy Heartphilia sentiva che c'era
davvero qualcosa che non quadrasse nella sua vita.
Che
problemi potrebbe mai avere dopotutto la figlia di quel Jude
Heartphilia, della Heartphilia Inc.? Un tetto sulla testa, un pasto
caldo d'aragoste e una piscina riscaldata le erano più che
assicurati. Faceva parte di una delle famiglie più in vista della
città, condizione, la sua, che l'aveva avviata sin da piccola ad una
vita di eventi che contano tra la gente che conta; e ora che era alle
soglie del "debutto in società", le prospettive non
potevano essere più rosee.
A
breve si sarebbe diplomata al conservatorio, e col suo talento (e i
suoi agganci), non c'era filarmonica, nel paese o all'estero, che non
l'avrebbe voluta tra i suoi violini.
Non
voleva fare della musica il suo mestiere? Nessun problema, la
carriera di riserva come dirigente di una qualsiasi delle numerose
imprese del padre era già pronta per lei: avrebbe cominciato dal
basso, qualche anno di esperienza sul campo, corsi e master coi
migliori ed ecco le scrivanie diventare da una tre, o quattro o anche
più.
Non
doveva darsi pensiero su alcunché, e questo dal punto di vista di
una ragazza poco più che ventenne può rivelarsi a dir poco
insopportabile. C'è qualcosa che non va se nel fiore degli anni la
prima cosa che provi al mattino pensando alla tua giornata è la
noia, e non può essere altrimenti con una vita così dannatamente
priva di problemi.
Fin
lì in fondo tutto nella norma, Lucy era ben lungi dal sentirsi
"speciale": la sua sembrava una storia uscita da qualche
film per famiglie o qualche storiella di morale su come i soldi non
fanno la felicità.
Stava
tornando a casa, a piedi, dopo essersi attardata un pò più del
solito a lezione: tra le tante cose che una ragazza ricca e
importante non ha e vorrebbe avere c'è il diritto di non trovare
ovunque tu sia andata una limousine parcheggiata fuori ad aspettarti,
con tanto di choffeur ad aprirti lo sportello. Ne aveva parlato con
suo padre e questi, inaspettatamente, ne aveva lodato lo spirito
d'indipendenza, e le aveva concesso il privilegio di poter rincasare
da sola, nel freddo della sera, come una qualunque persona normale
che dopotutto aveva quasi diciotto anni. Una sua piccola conquista.
Camminare
soli significa riflettere, pensare, domandarsi quanto altro la vita
abbia realmente da offrire. Ma al di là di ciò che stava perdendosi
con quel tipo di vita in cui si era ritrovata, Lucy pensava anche a
ciò che aveva, e ugualmente non riusciva a soddisfarla.
Stringeva
nella mano, inguantata di velluto, la custodia scura del suo violino,
un caro ricordo della sua amata mamma. Mesta, pensava a quanto ci
tenesse e a quanto, in fondo, sarebbe stata bene anche senza.
La
cruda verità, era che ormai da tempo la musica aveva smesso di
rappresentare una passione per lei, ma se ne era resa conto solo di
recente, solo grazie al mistico potere che può avere una camminata
da sola con te stessa.
I
risultati ottimi al conservatorio, le lodi di compagni e insegnanti,
e quelle del padre al suo costante esercitarsi nella sua stanza ogni
giorno, gli applausi e le profuse lusinghe di parenti in visita e
soci d'affari intervenuti ai ricevimenti nella loro villa, che lei
immancabilmente deliziava con la sua avvenenza e la soavità delle
sue note... Non le trasmettevano alcuché. Era brava, bravissima, ma
non traeva alcuna gioia dal sentirselo dire: rignraziava tutti,
rispondendo con eleganti inchini come da etichetta, con la medesima
espressione distante. Persino quel suo modo di fare era spesso
oggetto di voci d'approvazione: ne lodavano la modestia, la classe,
il contegno...
Lei
dal canto suo si sentiva una patata lodata per la sua dirompente
espressività...
Ma
in un mondo come quello, dove deve trasparire sempre il meglio del
meglio, non c'è posto per le emozioni negative: non sono minimamente
concepibili.
Si
rassettò la sciarpa sul collo infreddolito dall'umidità.
Il
violino, la musica, i successi immancabili erano diventati monotonia
e ipocrisia.
Allora
perchè non la smetteva?
Non
certo per paura di incorrere nelle ire di suo padre: era una persona
severa, ma in un modo o nell'altro sua figlia l'avrebbe sistemata al
meglio, purché certo si diplomasse come violinista classica col
massimo dei voti, e a quello comunque mancava poco: le sarebbe
bastato giusto un pò di pazienza.
Non
certo per quanti bei rampolli dal portafoglio infarcito e l'estetista
facile si facevano avanti alle feste cui suo padre la trascinava,
chiedendole di poter udire la dolcezza che le sue dita di musa
evocavano con l'archetto, credendo di entrare così nelle sue grazie
abbastanza da poter poi provarci nelle maniere più spudorate, snob o
idiote. Magari ci avrebbe pensato un pò di più il giorno sarebbe
comparso un rampollo con anche un bel cervello in zucca, ma per il
momento nulla all'orizzonte...
Non
certo per un particolare amore di quei pezzi da museo chiamati
affettuosamente "grandi compositori". Portava a quei
superbi artisti il dovuto rispetto, ma si chiedeva se Mozart o
Beethoven, costretti a studiare la loro stessa musica dal mattino
alla sera, non si sarebbero stufati anche loro prima o poi... La
musica classica era ampia e varia, tanti toni, tante armonie, tante
possibilità, ma forse non aveva ascoltato altro per troppo tempo, e
non le avevano insegnato altro che a divorare spartiti finchè
ciascuno di essi era diventato un binario senza cambi, che lei,
divenuta treno, era costretta a seguire senza sgarrare: perchè così
l'hanno scritta, così ci si diploma, così la si esegue alla
perfezione sicché tutti i ricconi della città, che di musica chissà
quanto ne capiscono, sapranno quanto sia straordinaria la famiglia
Heartphilia.
Cosa
la legava realmente a quel lucido pezzo di legno lì dentro? Era solo
per il dolce ricordo di sua madre che non riusciva ad aprire quelle
dita serrate intorno alla maniglia e lasciarlo finalmente perdersi
nella sua vecchia vita, mentre tentava di entrare in una nuova?
C'era
qualche oscuro motivo per cui, malgrado tutto, aveva continuato,
senza saltare la pratica neanche un giorno, fino a quel momento?
Quanto profondo si era nascosto il suo amore per la musica sotto quel
grigio di indifferenza che ora sentiva?
Magari
sarebbe bastata qualche altra passeggiata e tutto le sarebbe stato
più chiaro; avrebbe trovato la forza di ammettere a sé stessa che,
per quanto talento potesse avere, non aveva senso portare avanti
qualcosa che non riesce più a darti nulla; e quel giorno avrebbe
finalmente avuto il coraggio di chiudere quella custodia per sempre,
come era naturale che facesse.
Un
paio di gocce d'acqua picchiettarono sul suo naso.
Guardò
le enormi nuvole che avevano coperto la luna e le stelle sopra di
lei, inizialmente senza scomporsi...
"...
Oh!"
Certo,
a una ragazza d'alta classe come lei, cresciuta a choffeur e
maggiordomi, può capitare di aver dimenticato di mettere l'ombrello
nella borsetta, se per tutta una vita hai avuto chi lo portava e lo
apriva anche apposta per te!
"Oh, accidenti!"
Le
gocce presero a moltiplicarsi ogni secondo che passava: a decine, a
centinaia presero a riversarsi sulla città, sul largo viale e
sull'avvenente biondina, colta impreparata dallo scatenarsi tanto
rapido di quel diluvio!
Strinse
i denti e affrettò il passo, ma casa sua, sebbene non distante, non
era nemmeno vicina, e correre con quel tempaccio poteva essere anche
pericoloso oltre che inutile: il fresco vento autunnale si era fatto
anch'esso più forte e avrebbe rischiato seriamente di scivolare sul
pavé bagnato.
Subito
rivolse la sua attenzione al riparo più vicino, una fermata
dell'autobus, confidando in quella piccola tettoia di plastica. Si
concesse così un ultimo scatto verso di essa, ma capì subito che
restare lì l'avrebbe protetta come un cuscino da un incudine: la
panchina era completamente zuppa, la direzione del vento faceva si
che non vi fosse alcuna differenza tra fuori e lì sotto.
Con
l'acqua fredda che le veniva sferzata sul viso e negli occhi Lucy
ebbe un gran da fare a non demordere. In fondo, se le riflessioni
degli ultimi tempi erano servite a qualcosa, era stato almeno a farle
decidere di volersela cavare da sola d'ora in avanti: se voleva che
la sua vita cambiasse anche solo di un pò, la prima cosa da fare era
diventare indipendente. Troppe cose decise dagli altri, troppe "bolle
dorate" in cui l'avevano rinchiusa: lei aveva voluto rinunciare
alla limousine, lei si sarebbe tolta da quell'impiccio.
Riprese
a passo svelto e a testa bassa sotto la pioggia, tenendo la custodia
del violino stretta al corpo. Poteva aspettare passasse un auto per
chiedere aiuto, ma pensò piuttosto di proseguire un altro pò lungo
il marciapiede per poi infilarsi nella prima porta in cui si sarebbe
imbattuta: fortunatamente non era tardi e lungo la via sapeva esserci
diversi negozi o locali ancora aperti. Vi si sarebbe fermata giusto
il tempo di lasciare spiovesse, e al limite avrebbe acquistato
qualcosa per il disturbo.
I
suoi occhi, confusi dal brulicare di gocce d'acqua che le danzavano
tutto intorno, seguirono come un faro due piccole luci non molto
distanti, di una tinta calda, come fossero fiammelle accese. Qualche
passo e poté poggiare finalmente la mano su una porta di legno
massiccio, con una finestrella di vetro colorato di forma
rettangolare al centro. Al di sopra di essa, le luci che aveva scorto
provenivano da due lanterne, in stile ottocentesco, che affiancavano
ai due lati l'insegna di quello che doveva essere un qualche tipo di
ritrovo, forse un pub: sentiva dall'interno un gran vociare, gente
che gridava e cantava su una musica ad alto volume.
Forse
il casino che l'aspettava sarebbe stato anche peggiore da quello da
cui stava scappando, però, si disse, almeno sarebbe stata
all'asciutto.
Per
essere di una famiglia ricca, non era mai stata viziata o
schizzinosa, e comunque, mai come in quel momento, le sarebbe andato
bene qualsiasi posto con un tetto.
Nella
fattispecie però, l'insegna di legno dipinto che campeggiava sopra
la porta che Lucy aveva appena varcato recava tale scritta: <<
Fairy Tail Pub >>
Entrò
in scena come un pulcino bagnato. Prima ancora di richiudere dietro
di sé si sentì avvolgere e risucchiare all'interno da un piacevole
calore da cui si lasciò volentieri rinfrancare. Proprio in quel
momento si alzò un coro assordante.
You
may bury me with an enemy in Mount Calvary
You can stack me on a
pyre and soak me down with whiskey
Roast me to a blackened crisp
and throw me in a pile
I could really give a shit: I'm going out
in style!
("Going
out in style" – Dropkick Murphys:
https://www.youtube.com/watch?v=D7g3RuoreRc
)
Tirato
un sospiro di sollievo, si lasciò gocciolare sullo zerbino, nel
mentre che dava una prima occhiata a quel posto: doveva essere
capitata lì in qualche serata speciale, vista la baldoria e il
gruppo che stava esibendosi dal vivo sul fondo della sala. L'ambiente
era grande, ma tanta era la gente riunita che faceva si che sembrasse
più stretto di quanto non fosse.
Come
non bastasse il numero degli avventori, erano anche alquanto...
strabordanti! Davanti ai suoi occhi si innalzava un muro di gente,
uomini e donne, giovani e vecchi, che si alzavano, si sbracciavano,
saltavano, ballavano, brindavano, non uno fermo a sorseggiare un té
in santa pace, neanche a pagarlo! Con una mano si tenevano
abbracciati per le spalle e con quella libera brandivano per aria
boccali più o meno colmi di birra, brindando e bevendo tra una
strofa e l'altra, e talora pure tra un verso e l'altro!
Sembrava
il cielo avesse costruito apposta per lei quanto di più opposto
rispetto la sua vita, i luoghi e le persone che frequentava ci fosse
e lo avesse piazzato lì, come una ironica sorpresa a farle da
salvezza in mezzo alla tempesta... o forse più come una trappola?
You
can take my urn to Fenway spread my ashes all about
Or you can
bring me down to Wolly Beach
And dump the sucker out
Burn me to
a rotten crisp and toast me for a while
I could really give a
shit: I'm going out in style!
I
suoi passi leggeri rumoreggiavano sulle assi scure del pavimento
quanto gli stivali dei clienti che portavano il ritmo battendoci su.
Avanzò circospetta: non per darsi delle arie, ma chissà che tipo di
gente poteva popolare un simile posto a cui qualcuno aveva sabotato i
freni inibitori! Tutto era in eccesso lì: il volume, l'allegria, il
tasso alcolemico... Dove erano finite le care "vie di mezzo",
ora che temeva seriamente che qualche ubriacone le cadesse addosso
spinto dalla foga della festa?
I
suoi timori vennero esauditi da un uomo sulla cinquantina inoltrata,
capelli rossicci ormai sbiaditi, giacca di plaid color verde e una
lunga pipa mezza penzolante a un angolo della bocca, il quale la
incrociò sui suoi passi incerti.
"Ehilà!
Ciao, splendore! Da dove salti fuori?"
Lucy
stava già iperventilando, quando un altro uomo di mezza età, con
capelli e folti baffi scuri arrivò ad afferrare il primo per le
spalle: "Avanti! Riposati un pò lì! Scusalo tanto, ha alzato
troppo il gomito."
Era
finito tutto così in fretta e con tanto sollievo che Lucy non riuscì
neppure a spiccicare un "prego", o quantomeno a scansarsi
un pò a lato per lasciarli passare. Mentre l'uomo coi baffi faceva
sedere l'amico brillo su una panchetta vicino la porta, Lucy richiamò
a sé il coraggio e ricominciò ad esplorare, badando di non farsi
spingere o pestare i piedi nella ressa, o che uno dei boccali tanto
veementemente agitati le si rompesse sul naso...
Make
me up dress me up
Feed me a big old shot
Of embalming fluid
highballs
So I don't start to rot
Now take me to McGreevy's
I wanna buy one final round
That cheap prick would peel an
orange in his pocket
Then hurry up and suck 'em down
L'ambiente
aveva una luce calda e tenue, come si addice ad ogni buon pub, di
quelle che solo un bel camino o un tramonto possono eguagliare in
bellezza e in pace: di quelle che ti carezzano gli occhi mentre la
carne fumante ti solletica lo stomaco e il profumo di whiskey e di
birra ti punzecchia la gola. Sulla parete sinistra, tappezzata di
rosso e verde scuro, c'erano alcuni bersagli per il tiro a freccette,
mentre sulla destra, oltre due spesse colonne squadrate di legno,
stava il bancone. Sulle colonne, come dietro il bancone, e
sull'insegna lì fuori che non aveva notato, era inciso quello che
doveva essere il simbolo di quella taverna: una figura stilizzata che
ricordava una fatina alata, la cui coda terminava in un trifoglio, lo
"shamrock", simbolo irlandese per eccellenza.
Lucy
dell'Irlanda sapeva poco, ma per quanto poco puoi saperne, il suo
fascino lontano e incantato ti raggiungerà comunque: così era anche
nel caso di lei, per la prima volta in vita sua alle prese con un
verace Irish pub. Quanto alla musica, non era il suo primo impatto
con la musica di stampo "celtico": aveva ascoltato qualche
ballata per arpa o violino in passato, quelle arie antiche che fanno
pensare ad alte scogliere sull'oceano e immensi prati smeraldo, una
musica d'atmosfera leggera come il vento su quegli stessi antichi e
sconfinati fili d'erba...
Ecco
perché all'inizio aveva stentato a concedere alcunchè di irlandese
a quel rock che stava facendo tremare l'intero locale.
Al
grido impetuoso della chitarra elettrica e al comando esplosivo della
batteria si affiancavano l'allegro pizzicare del banjo e la
cornamusa, con la sua voce inconfondibile, una voce come un colore,
capace di tingere la durezza del rock di un carattere del tutto
nuovo; una buona idea per distinguersi dalle solite rock band messe
su con tanto entusiasmo, tanti sogni e tantissime fatiche da un
gruppetto d'amici sovraeccitati e magari trovare qualche ingaggio in
più, pensò.
Non
se la sentiva comunque di esprimere giudizi essendo un genere tanto
lontano dal suo, ma visto il gradimento generale, quei tipi dovevano
essere veramente in gamba. Si alzò un pò sulle punte, provando a
leggere il nome del gruppo che campeggiava sullo striscione sopra le
loro teste.
You
may bury me with an enemy in Mount Calvary
You can stack me on a
pyre and soak me down with whiskey
Roast me to a blackened crisp
and throw me in a pile
<<
Dragon Slayers... Che nome curioso. >>
Appena
un istante dopo si sentì avvolgere un braccio intorno al collo. Lo
spavento fu tanto: per un istante credette davvero che qualcuno
stesse provando a strangolarla.
Nulla
di così terribile in realtà: mentre era ancora assorta una tipa coi
capelli bruni e col seno prosperoso l'aveva cinta con un braccio e
tirata a sé, quasi fosse stata sua amica e compagna da tempo
immemore.
I
could really give a shit: I'm going out in style!
Non
contenta le aveva anche gridato in un orecchio l'ultimo verso del
ritornello... Aveva l'alito con lo stesso aroma del whiskey
invecchiato sul piano-bar dello studio di suo padre.
Si
divincolò con forza e cercò di allontarnarsi, ma non c'era troppo
spazio per muoversi e riprese a guardarsi intorno più impanicata che
incuriosita. Doveva cercare un modo per riuscire a scamparla a quel
posto, con cui, dopotutto, cosa centrava mai una come lei? Una
violista senza più passione, che non alzava mai la voce, con alle
spalle un annetto di lezioni di ballo da sala, il cui evento più
eccitante, negli ultimi mesi, era stato quando a un salotto di
lettura (altra sua inclinazione), la loro ospite nel declamare un
racconto si era avvicinata troppo a un candelabro e le aveva preso
fuoco la parrucca...
Riportare
alla mente quell'episodio le risollevò un pochino l'umore, ma doveva
concentrarsi sul presente. Forse se avesse trovato un posto al
bancone sarebbe stata più al sicuro: avrebbe potuto aspettare lì
seduta che il cielo si calmasse almeno un pò, ordinare qualcosa,
ammesso che in un posto del genere avessero una vaga idea di
"analcolico"... Si chiese se ordinare un semplice té non
avrebbe avuto come risultato attirare su di sè gli occhi di tutti
quelli intorno a lei... Si chiese se qualcuno le avrebbe chiesto cosa
ci facesse "una così bella ragazza" tutta sola e se non
desiderasse un pò di compagnia... Si chiese che tipo potesse mai
essere il barista...
Avrebbe
dato davvero qualsiasi cosa in quel momento pur di riuscire a trovare
in mezzo a quel caos un qualunque tipo di contatto umano
rassicurante!
Come
per l'ubriaco marpione di poco prima, fu quest'ultimo invece a
trovare lei e a coglierla di sorpresa; stavolta, nelle vesti di una
slanciata ragazza albina.
"Ciao!
Benvenuta al Fairy Tail Pub!"
Il
grembiule svolazzante che indossava sopra i vestiti e il vassoio
colmo di pinte e di snack che reggeva in una mano la qualficavano
immediatamente come una cameriera, ma Lucy, abbagliata dalla bellezza
dei suoi lineamenti, dei suoi lunghi capelli di neve e dei suoi
grandi occhioni sorridenti avrebbe giurato di trovarsi di fronte a
una fotomodella.
"È
la prima volta che vieni qui?"
"Si,
io..."
"Santo cielo! Ma sei bagnata fradicia!"
"C'è...
un temporale la fuori, ho dimenticato l'ombrello e..."
"Accidenti,
vieni, ti faccio fare subito qualcosa di caldo! Solo un attimo, fammi
portare l'ordinazione..."
Ringraziando
la sua buona stella, Lucy le balzò dietro, come temesse di perderla
nel continuo movimento di persone e ritrovarsi di nuovo sola e
sperduta in mezzo a beoni in festa: tutte le altre persone in quel
posto erano troppo esagitate per i suoi gusti, e quando non lo erano
avevano un che di minaccioso. Come il palestrato biondo con la
cicatrice ad un occhio, seduto insieme con tre suoi amici, che la sua
"salvatrice" stava servendo; a Lucy non sfuggì un certo
sguardo che gli aveva rivolto nell'andar via. Chissà che rapporto
c'era tra quei due.
If
there's a god the girls you loved
Will all come walking through
the door
Maybe they'll feeld bad for me and this stiff will
finally score
You've got the bed already
And the nerve and
courage too
Cause I've be slugging from
A stash of Desi
Queally's 1980s
Bathtub brew
"Io
mi chiamo Jane, ma puoi chiamarmi Mira, qui mi chiamano tutti così!"
-le sorrise la gentilissima cameriera- "Tu?"
"Io
sono Lucy." -rispose ricambiando il sorriso, venendole dietro,
sempre timidamente, ma con fiducia: meglio tenersi ben stretta
l'unica persona tranquilla (almeno in apparenza) lì dentro.
Chiedendo
permesso per entrambe, Mira riuscì a scortarla fino al bancone,
invitandola ad accomodarsi su uno sgabello vuoto (malgrado il
pienone, ben pochi avevano voglia di starsene seduti!).
"Capo,
fuori deve essersi scatenato un temporale coi fiocchi. Potrebbe
preparare qualcosa di caldo per questa ragazza?"
"Eh?
Non è necessario..." -balbettò Lucy imbarazzata da tanta
premura da parte di una estranea.
"Tranquilla!"
-si avvicinò, con sua sorpresa, un vecchio, bassino, dall'aria
rassicurante come quella di un nonno- "Non fa niente se non hai
soldi con te, offre la casa!"
"N-no,
non è per quello! Posso pagare..."
"Fa
niente, offro lo stesso!" -la spense il vecchietto, senza
smettere di servire gli altri clienti- "Che ospite sarei se non
dessi riparo a una dolce fanciulla infreddolita? Tè o tisana?"
"Ma..."
"Tisana
dai, ti calmerà un pò! Tanto ci pensano quei ragazzacci a dare
movimento! Ah ah ah!" -rise alludendo alla band, per poi
dileguarsi in cucina a mettere su un pò d'acqua calda, lasciando un
cameriere ad occuparsi del bancone.
Senza
parole, ne cercò qualcuna per Mira accanto a sé: "Grazie
davvero. Appena fuori avrà smesso di piovere toglierò il
disturbo."
"Macché disturbo, cara! Puoi trattenerti
quanto vuoi! Goditi pure l'intrattenimento di stasera!"
"Vedo
che qui ci date dentro... C'è qualche occasione particolare? Non so,
l'anniversario del locale..."
"No no, nessuna!"
-rispose candidamente l'altra- "Mica c'è bisogno per forza di
un occasione per fare festa, ti pare?"
"Ah...
Davvero?" -incespicò un pò lei, davanti a quella logica così
diversa da quella a cui era abituata. Tutta quella incontenibile
euforia e senza alcun motivo, sembrava così eccessivo, così...
semplice. Se facevano così ogni volta ne avevano voglia, si
domandava come facesse quel posto ad essere ancora in piedi: lo
sgabello sotto di lei sembrava star subendo gli effetti di un
terremoto!
"Ehi,
Mira! Ci porti due bicchierini?"
"Arrivo
subito! Lucy, ora devo tornare a servire ai tavoli, tu mettiti
comoda, asciugati e goditi la serata!"
La
ringraziò ancora con un cenno, restando di nuovo sola tra le grida,
le risate e le chiacchiere. Picchiettò un pò le dita sul bancone
ben pulito e poi decise di rivolgere la sua attenzione al gruppo che
stava esibendosi. Il suo sgabello era il terzo dal palco, appena
davanti una delle colonne, che quindi non le occupava la buona
visuale; inoltre, i "Dragon Slayers" si trovavano su una
pedana, sopraelevata di appena un gradino, che probabilmente, nelle
serate normali, accoglieva altri tavoli.
You
may bury me with an enemy in Mount Calvary
You can stack me on a
pyre and soak me down with whiskey
Roast me to a blackened crisp
and throw me in a pile
I could really give a shit: I'm going out
in style!
Il
primo a saltare all'occhio era il cantante, non per altro quantomeno
per l'assurdo colore rosa di cui si era tinto i capelli...
discutibile secondo lei... Indossava un'altrettanto originale
maglietta, nera con un trifoglio rosso circondato da fiamme verdi, e
una sciarpa bianca attorno al collo. Per quanto bizzarro cantava
molto bene e con un sorriso perenne sulle labbra, mentre le sue dita
pizzicavano velocissime l'accompagnamento al banjo.
Accanto
a lui, alla chitarra elettrica, c'era una ragazza, anche lei col
fuoco dentro, come testimoniavano d'altronde i lunghi capelli rossi.
La sua chioma scarlatta ondeggiava maestosa nell'aria ad ogni suo
movimento: il suo corpo seguiva il ritmo con l'energia che si addice
ad un chitarrista rock e al contempo il suo scuotersi era misurato
più che esplosivo, lasciava trasparire un certo controllo ed
orgoglio. Guerriera e nobile insieme. Indossava una camicetta bianca,
una gonna blu, stivali neri, e ai polsi due bracciali metallici.
Più
in là ancora, seduto su un alto sgabello d'ebano c'era un ragazzo
dai capelli neri, suonava la cornamusa. Di certo lì al Fairy Tail
Pub il calore, tra quello umano e quello del riscaldamento, si
sprecava, difatti quel tipo aveva la camicia a quadroni completamente
aperta, sotto la quale metteva in bella mostra un fisico ben scolpito
e un pendaglio argentato. Di certo era quello che si sbracciava di
meno sul palco, ma non risparmiava affatto la voce con cui sosteneva
il cantante, come tutti gli altri compagni d'altro canto. Strano,
pensò Lucy, guardando come non soffiasse in alcun boccaglio: a
quanto ne sapeva la cornamusa era uno strumento a fiato.
Alla
sinistra del cantante, più vicina rispetto a lei, c'era poi un'altra
ragazza, bassina, probabilmente appena adolescente, con i capelli
scuri acconciati in due lunghi e vaporosi codini ai lati della testa.
Vestita di blu, con in testa un tipico berretto di patchwork
irlandese, saltellava leggera, agitando in una mano un tamburello a
sonagli. Aveva un aspetto molto simpatico, e pensò dovesse essere
una specie di mascotte per il gruppo, vista anche l'età.
Infine,
un pò più sullo sfondo, stava il batterista. Malgrado fosse il
membro rispetto a lei più lontano, non passava certo inosservato:
aveva i capelli più lunghi di ogni altro membro del gruppo,
un'autentica criniera nero pece, la camicia verde di flanella a
quadroni aveva le maniche risvoltate a mostrare potenti bicipiti, le
mani che impugnavano le bacchette erano inguantate da guanti di pelle
nera borchiati e, dettaglio non trascurabile, era alquanto
"borchiato" anche lui... Da lì non riusciva a contare con
precisione quanti piercing avesse, ma era abbastanza certa non si
limitassero al viso...
You
can take my urn to Fenway spread my ashes all about
Or you can
bring me down to Wolly Beach
And dump the sucker out
Burn me
to a rotten crisp and toast me for a while
I could really give a
shit - I'm going out in style!
Alquanto
vario ed eterogeneo questo gruppo, pensò la bionda: si passava da un
composto e "accaldato" cornamusicista ad un'amazzone
rockettara, da un tenera ragazzina saltellante ad un tipaccio
metallizzato passando per quel cantante coi capelli assurdi dalla
voce e il fiato e le energie inesauribili: il brano che stavano
eseguendo era allegro, andante ed ogni strofa più veloce!
"Ecco
la tua tisana! Attenta che scotta!" -la servì il capo del pub.
"Grazie
mille!"
Spread
my ashes all about...
Dump the sucker out...
Il
crescendo della canzone aveva ormai raggiunto il suo apice, una
scalata da cui nessuno dei presenti si era tirato indietro, né
avrebbe risparmiato corde vocali e salti per i versi finali.
Toast
me for a while...
I'm going out in style!
Fischi
e applausi vennero elargiti con generosità da tutti coloro che, tra
una risata e l'altra, riprendevano finalmente il respiro: anche i
lampadari manifestavano oscillando contenti il loro gradimento!
"Perchè
ricordate, ragazzi!" -disse il cantante, riportando le labbra al
microfono- "Qualsiasi cosa la vita possa avervi fatto o
qualsiasi cosa voi abbiate fatto della vostra vita, l'importante è
uscirsene con stile!"
"YEAH!"
-rispose la platea.
Un
parere davvero interessante e niente affatto banale quello espresso
dal cantante, veniva voglia di rifletterci su.
"Ora
però concedete anche a noi di posare un pò i nostri strumenti,
sempre con stile, eh!"
"Ah,
beh, allora!" -alzò le mani qualcuno dal pubblico, provocando
una risata generale.
"Ci
prendiamo una piccola pausa! A tra poco!"
In
certi periodi della tua vita, come fare a cambiare le cose, a trovare
la soluzione, la tua personale soluzione, se ti senti così
"insipido"? Comunque ti vada, bene, male, peggio, fregatene
ed escine con stile, diceva grossomodo la canzone, ma il suo
qual'era? Aver bisogno di sé stessi per uscire e ritrovare sé
stessi... Un circolo vizioso insomma.
Mentre
ci pensava, ritornò Mira.
"Sono
bravissimi! Riescono sempre a trascinare tutti!"
"Indubbiamente."
-ammise Lucy.
"Ti
sono piaciuti?"
Sorrise: "Non è proprio il mio genere,
ma sono bravi."
"Giusto! Anche tu sei
dell'ambiente musicale, vero?" -chiese strizzando un occhio e
indicando la custodia poggiata comoda sopra le sue gambe- "Sei
del conservatorio qui vicino?"
"Giusta
intuizione." -rispose lei, sentendosi già in confidenza- "Suono
il violino."
"Oh,
questo è interessante..."
"Cosa
vuoi dire?"
"Beh..."
Il
quel momento sentirono un trambusto avvicinarsi: rumore di batti
cinque e pacche sulle spalle accompagnavano il cantante dei Dragon
Slayer nel suo tragitto fino al bancone.
"Grande,
Nat!"
"Hai
il fuoco dentro!"
Si
chiamava Nat dunque, e Lucy era curiosa di vederlo più da vicino.
Non si aspettava certo che l'avrebbe visto esattamente sullo sgabello
di fianco al suo!
"Ehi,
nonnetto! Mi dai una pinta? Ho un pò di sete!"
Sorrideva
davvero sempre, si disse.
Il
vecchio capo, con cui doveva essere alquanto in confidenza per
rivolgersi a lui così, dimostrò altrettanta confidenza trattandolo
come un nipotino che ha già avuto abbastanza caramelle: "Natsu,
sarebbe già la seconda."
"Ma
cantare mette sete! E poi eravamo d'accordo: massimo tre a
serata!"
"E ogni volta tu e i tuoi compagni sgarrate:
accontentati di mezza per adesso." -chiuse la faccenda il
vecchio mettendogli davanti un boccale di rossa ben più piccolo di
quelli che circolavano e si svuotavano tra i tavoli.
"Eeeeh?!"
-lo guardò sconsolato il ragazzo- "Ma io ho tanta sete!"
Mira
gli diede scherzosa un colpetto in testa col vassoio vuoto: "Avrai
il fuoco dentro ma anche l'alcol brucia, sai? Bisogna andarci piano!"
Nell'osservare
il disinvolto aggiungersi di Mira a quella scenetta accanto a sé, a
Lucy parve quasi di essere in casa di una famiglia allargata più che
in un locale: ai clienti abituali è logico affezionarsi, ma la
distanza tra loro e quel "ragazzaccio" sembrava ben più
colma. Magari era solo lei, che a cena col padre si sedeva al capo
opposto di una lunga tavola, come separati da ospiti invisibili, a
meravigliarsi tanto davanti una simile vicinanza.
Sotto
gli occhi attoniti della nuova arrivata, Natsu si sgolò la mezza
pinta in tre sorsi e poi, con sua somma inquietudine, si girò
proprio verso di lei!
Incrociò
i suoi occhi azzurri e ritrovò l'abituale sorriso.
"Ciao!
Chi è la tua amica Mira?"
"Si chiama Lucy: è stata
sorpresa dal temporale e noi l'abbiamo accolta!"
<< Non
sono mica un cucciolo smarrito! >>
Una
mano con un polsino bianco le si presentò rapidissima a un palmo dal
naso!
"Piacere!
Sono Natsu Dragonil! Il nome è giapponese come mio padre, ma mi
chiamano anche Nat! Scegli tu come ti va bene!"
"Piacere,
Lucy!" -si presentò lei, in maniera molto meno approfondita.
Un
tipo estroverso, curioso per molti aspetti. Malgrado quanto fossero
diversi, non voleva continuare a sembrare un pesce lesso, troppo
abbagliato da quanto poco avesse quel pub dei "salotti bene"
che normalmente frequentava per imbastire una conversazione. Ma il
pesce biondo non fece in tempo a riaprire bocca che fu quel "drago"
rosa ad attaccare immediatamente bottone.
"Sei
stata fortunata a capitare proprio qui: questo posto è mitico!"
"Ehm,
già, è..."
"Dì, ci hai ascoltato? Ti siamo
piaciuti?"
"Beh, in realtà io ascolto molto poco il
rock..." -ovvero mai...
"Oh,
capito... Fa niente, ognuno ha i suoi gusti no? Anche a me non piace
solo il rock, anche se la musica classica proprio non la digerisco!
Quei vestiti da pinguini, tutti che sembra che se la tirino..."
I
colpetti di tosse di Mira gli fecero capire di non proseguire.
Lui
arrossì, ma Lucy al contrario ne restò divertita: doveva essere uno
di quei tipi sinceri e senza freni inibitori che dalle sue parti non
solo non si vedevano, ma ci si voltava pure per non guardarli!
"In
effetti si, si può avere quest'impressione!" -rise lei,
togliendolo d'impiccio. Poggiò le mani sulla tazza bollente che
aveva davanti, scaldandosi un pò- "Rock irlandese, giusto?"
"Forse
più Irish punk che Irish rock ma non ci formalizziamo noi, ih ih!
Dì, questa custodia è tua?"
"Si,
studio al conservatorio."
Natsu la stordì con un fischio
d'ammirazione: "Wow! Ma allora devi essere una musicista coi
fiocchi! Sei famosa?"
Vedendogli
brillare gli occhi lei si sentì subito in imbarazzo: "Ma che
dici? Devo ancora diplomarmi poi... Sono brava dicono, però..."
"E
cosa suoni?"
"Il violino."
"......"
Da
quel poco che aveva visto, quel Natsu Dragonil o sorrideva o parlava:
il fatto che ora non stesse facendo né l'una né l'altra cosa la
stranì alquanto... Più che altro ciò che sentiva era il suo
istinto di conservazione mettersi sull'attenti.
"Suoni
il violino..."
"Ehm, si... Oh, lo so, non è proprio il
tuo tipo di strumento, eh? Voglio dire, voi le chitarre elettriche a
tutto volume, io tra i "pinguini", ah ah ah..."
Aveva
pensato potesse trattarsi di quello, ma il sogghigno, tutt'a un
tratto molto, ma molto meno rassicurante, che stava rivolgendo alla
sua custodia, la fece ricredere.
"Ehm..."
"VIENI!"
"EH?!"
Come
un guizzo di fiamma, saltato giù dallo sgabello se la portò via
tenendola per una mano!
"U-un attimo! M-m-ma dove andiamo?
Che ho detto?! Ehi!"
Mentre
vedeva la mezza tazza di tisana rimasta allontanarsi sempre più,
scorse le labbra di Mira, che assisteva senza muovere un dito,
mormorare qualcosa...
"Interessante
davvero!"
Beh,
che dite, cari lettori, sembra interessante anche a voi? ^__°
Spero
di si, e che siate così invogliati a commentare o almeno a
continuare a leggere il prosequio! Non progetto una storia molto
lunga, ma vedremo quanto l'ispirazione mi tirerà fuori, non sarebbe
la prima volta che mi dilungo XD
Spero
abbiate gradito la canzone che ho inserito, è di uno dei miei gruppi
preferiti in questo genere X3
Che
dite allora, vi sembrano azzeccati in questi ruoli? Nel prossimo
capitolo andremo alla scoperta anche degli altri membri della band!
Piccolo
chiarimento sul nome di Natsu: pur senza specificare in che paese ci
troviamo, ho deciso, avendola ambientata nel mondo reale, di dare a
tutti nomi realistici di tipo "anglosassone", ecco perché
Natsu è anche "inglesizzato" a Nat ^__°
Alla
prossima, gente, e intanto fate buone, buonissime feste! ^__^
TonyCocchi
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