About a Ravenclaw, a Gryffindor and two jumps

di M4RT1
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“Salta!”

Piedi calzati in soffici pantofole rosa, tenuti al caldo da calzettoni blu e bronzo alti fino alle sue ginocchia. La camicia da notte le penzola da un lato, bloccata tra il sedere e il davanzale di marmo. Il vento le trapassa la stoffa leggera.

Rose Weasley sa che non dovrebbe essere lì. Lo sa perché è una Corvonero, perché ha letto il regolamento di Hogwarts dodici volte (e poi ha fatto la spia con il Prefetto dei Grifondoro per far punire James); lo sa perché sua madre è Hermione Granger. Ma, soprattutto, lo sa perché è il suo buonsenso a suggerirle che un’undicenne in pigiama non dovrebbe essere seduta sulla finestra del quinto piano di una torre in piena notte.

Eppure, è proprio lì che si trova: i capelli che le svolazzano in tutte le direzioni sono un chiaro segno del vento che tira lì su, dove solo i Corvonero possono arrivare. Perché il suo Dormitorio, quella calda e accogliente stanza circolare popolata da quattro figure addormentate, è proprio alle sue spalle. E Rose si è chiesta più volte perché non si trovi lì con loro, sul serio, eppure non ha trovato risposta se non che è tutta colpa di Scorpius Malfoy.

Già, perché chi se non un Grifondoro del Primo Anno avrebbe mai potuto avere un’idea simile?

“Non salto!” esclama Rose, quasi urlando. La figura del suo primo amico (nonché per ora unico, se si escludono tutti i suoi parenti) è infinitamente piccola, giusto una macchiolina biondo chiaro lì giù, su quel pavimento di mattoni che le farebbero tremendamente male se a lui non riuscisse l’incantesimo – e Rose sa che succederà, che si sfracellerà sul selciato e anche il più giovane dei Malfoy finirà ad Azkaban. O forse non succederà e la sua morte rimarrà impunita, oltre che tragica.

Eppure, non è ancora rientrata. Non lo ha fatto perché sa che lui ci tiene molto al fatto che lei scenda, che festeggino insieme il suo dodicesimo compleanno. Solo che non pensava di dover scendere in quel modo.

“Non posso prendere le scale?” sussurra, indispettita.

“Ci sono i Prefetti, a quest’ora”.

Rose sa anche che per Scorpius è facile sgattaiolare per la scuola – i Prefetti Grifondoro non sono severi come lo era lo zio Percy – mentre per lei, che ha come Caposcuola una ragazza che ha rischiato l’espulsione per aver scagliato uno Schiantesimo contro un povero ragazzo che cercava il bagno, non lo è altrettanto.

“Non salterò dal quinto piano di una torre, Scorp” , dice comunque. È ostinata, proprio come sua madre. Ma è anche accomodante, quando vuole. E Scorpius, nonostante la conosca solo da quattro mesi e mezzo, lo sa.

“Rose!” le grida, in un ultimo tentativo di persuasione. “Ma è il mio compleanno!”

E Rose salta. Lo fa all’improvviso, senza chiedergli di contare fino a dieci come suo fratello Hugo fa prima di bagnarsi in piscina. Si dà una spinta e salta giù, il vento che le sibila nelle orecchie e lo stomaco che le risale fino alla gola. Il cuore le batte all’impazzata mentre aspetta un impatto che, invece, si rivela soffice al punto di farle credere di aver sognato – di essere ancora a letto.

Quando riapre gli occhi, il viso di Scorpius le restituisce lo sguardo. Capelli biondi, occhi allegri, tratti affilati tipici dei Malfoy.

“Te l’ho detto che non saresti morta”.




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