7.
I believe that love is real
My
uncle was a scientist, but he believed that love was real. A kind of
natural phenomenon. He believed that love could outlive death.
Megan
Sixsmith, Cloud Atlas
La
vita è fatta di stronzate, ne facciamo una dietro
l’altra e non ci fermiamo
nemmeno a pensare come sia possibile.
La
vita è fatta di errori e di sbagli grandi come un
condominio, e spesso, anzi,
quasi sempre, è solo colpa nostra. Certo è
più semplice scaricare i nostri
sbagli sugli altri, ma è solo un modo carino per prendersi
in giro.
La
vita è fatta di responsabilità, alcune le
rifuggiamo come bambini, di altre ci
facciamo carico e piano, piano diventiamo adulti. A volte dei pessimi
adulti.
Ma
non credo sia tutto qui: la vita è anche, e soprattutto, un
insieme di cose
positive e negative ed è l’insieme che dobbiamo
guardare.
Nel
corso della mia fin troppo lunga esistenza ho fatto sogni che sono
rimasti con
me ben oltre il momento della sveglia, frammenti di ricordi, di vite
passate,
di esperienze già vissute in precedenza; sogni che sono
diventati realtà, che
hanno plasmato la mia persona e si sono fusi con essa, diventando per
sempre
parte di me.
Mano
a mano che trascorrevano gli anni, i secoli, mi sono resa conto che i
confini
sono solo convenzioni in attesa di essere superate, ho scoperto che
giusto e sbagliato
sono categorie troppo nette per essere prese realmente come punti di
riferimento e che la vita non è altro che una scala di grigi
in sequenza. Ogni
tanto ci accorgiamo di avvicinarci al bianco e allora ci sentiamo come
se
niente potesse ostacolarci, perché siamo così
vicini ad avere raggiunto la
verità (una verità, spesso nemmeno noi sappiamo
quale) che tutto il resto perde
di importanza; altre volte siamo così vicini al nero che
pare che il mondo
stesso si stia rivoltando contro di noi, pare che non ci sia
possibilità di
salvezza, né via d’uscita.
Mi
ci sono voluti anni per capirlo, ma alla fine ci sono arrivata anche
io, con
calma, passo dopo passo, vita dopo vita, morte dopo morte.
Alla
fine ho capito che a definirci sono le nostre scelte, i nostri
insuccessi tanto
quanto i nostri successi, i nostri errori tanto quanto i nostri meriti,
ciò che
scegliamo di essere, di diventare, chi scegliamo di amare.
Credo
che l’amore sia una delle cose più importanti da
cercare nel corso della
propria esistenza, e io lo so bene, l’ho inseguito per
millenni e mi sono
scoperta disposta a qualsiasi cosa pur di viverlo. Ovviamente parlo
dell’amore
vero: quello che ti brucia i polmoni e ti lascia senza fiato, quello
che toglie
il respiro e il sonno e che ti impedisce di pensare ad altro se non
alla
persona con cui vorresti stare. Quel genere di amore che è
come una calamita e
che, quando hai tredici anni, sogni con tutta te stessa e credi
fermamente che
esista, quel genere di amore che a sedici sei convinto sia
un’invenzione dei
romanzi e che in parte rigetti e in parte vorresti vivere
(perché a volte è
bello sapere di avere torto), quell’amore che a venti hai
più o meno idea di
cosa sia, ma ancora non sei in grado di afferrare con mano. E che,
già quando
arrivi ai venticinque anni, sai di essere disposto ad aspettare tutta
la vita.
A
volte ci sono cose per cui vale la pena lottare e credo che questa sia
una di
quelle.
La
vita è fatta di errori, ma è anche fatta di
seconde possibilità, è fatta di
perdono, incomprensioni e mani tese. È fatta di scelte e, a
volte, sta a noi
decidere se perdonare e riprovarci ancora o se girarci, non offrire
altro che
le nostre spalle piegate dal peso del passato e cancellare quanto
abbiamo
vissuto prima.
So
che in molti diranno che non ne vale la pena. Che un uomo che ha
sbagliato una
volta sbaglierà ancora, che sceglierà di nuovo la morte
e tornerà a stringere il mio corpo
freddo, che la mia non è che una storia,
un’illusione, il sogno di qualcuno che
ha vissuto troppo a lungo e ha perso di vista la realtà. Ma
quanto di vero ci
può essere in un sogno? Quando vi troverete di fronte a un
bivio in cui dovrete
scegliere tra ciò per cui vale la pena soffrire e
ciò che sembra essere più
sicuro, sarete in grado di fare la scelta giusta? Sarete in grado di
perdonare?
Il perdono comporta un grande cuore, comporta sforzo e sacrificio, e
spesso
anche sofferenza, ma a volte ciò che si ottiene in cambio
è in grado di
illuminare le nostre giornate e donarci un sorriso e una
felicità talmente
immensi da ripagare qualsiasi fatica.
Io
ho scelto di perdonare Hans e se dovessi tornare indietro lo rifarei.
Non c’è
niente di cui io mi penta, rifarei tutto dall’inizio mille
altre volte per
stare con lui, perché ogni anno di solutine e sofferenza
è stato ripagato dalla
felicità incontenibile che provo ora, che ho sempre provato
nel ritrovarlo, nell’amarlo
di nuovo.
Nel
frattempo, posso aspettare. Posso aspettare mesi, anni, anche decenni.
Quello
che ho mi basta. E quello che ho è una consapevolezza: la
consapevolezza di non
essere sola. La consapevolezza che, da qualche parte a questo mondo,
esiste una
persona che pensa a me come la sua metà, qualcuno che mi
ama, contro il tempo,
contro gli anni, contro la distanza e che mi amerà sempre.
E
un giorno lo incontrerò ancora, non so quando
accadrà, ma so che accadrà e quel
giorno mi prenderà per mano, mi sorriderà
dolcemente e io sentirò ancora la sua
voce dirmi “Ti ho ritrovata”.
E
quando mi bacerà di nuovo, finalmente, allora il mondo
ritornerà a girare.
Alla
fine, rimpiangiamo solo le opportunità che non siamo stati
in grado di
cogliere.
Are
the dreams you dreams reality or fantasy?
Ashbear,
Crimson Lies
Non
ha mai cambiato la serratura.
Da
quando si è trasferita a vivere in quella casa, un giorno di
Agosto di tanti
anni prima, Anna ha sempre lasciato che la porta rimanesse
così com’era. In
realtà è più corretto dire che non ha
toccato niente, non se l’è sentita:
stessi mobili, stesse suppellettili, stessi quadri (ci sono ancora i
suoi
vestiti in un angolo dell’armadio).
È
in cucina quando l’uscio si apre con un cigolio, niente di
inquietante, niente
di sinistro, ma si apre. Sobbalza leggermente nel sentire quel rumore e
lascia andare
la pasta della torta (per la crostata di lamponi e cioccolata, che
prepara sempre
ogni domenica), si pulisce maldestramente le mani nel grembiule rosa e
si
dirige in salotto.
La
grossa borsa di color verde militare è per terra, di fronte
alla porta nuovamente
chiusa, nell’aria un leggero profumo di tabacco.
«Ti
stavo aspettando» mormora sorridendo.
Le
lacrime le bagnano le ciglia e poi le guance, scivolando giù
come in corsa,
Anna, però, non smette mai di sorridere, sente il cuore
scoppiarle nel petto e
tutto il resto non ha più alcuna importanza.
Quando
le sue braccia la cingono in un abbraccio capisce che sì,
è valsa la pena
aspettare; Hans strofina la barba incolta sulla guancia della donna,
mentre il
suo viso scivola a cercarne le labbra, per il primo bacio dopo otto
anni.
Ispira
profondamente, fissandola con amore, quindi finalmente sorride.
«Bene. Sono
tornato».
When
love is real, it finds a way
Avatar: the
last Airbender, Roku
Note:
È
finita. È la fine e non mi sono nemmeno accorta di esserci
arrivata, perché
questa storia è stata scritta così velocemente e
così di getto che non so
nemmeno come io ci sia riuscita.
Come
avrete sicuramente notato questo epilogo è molto corto, ma
è normale, perché è,
per l’appunto, l’epilogo e serve solo a tirare i
fili. All’inizio l’avevo
scritto dal punto di vista di Hans, perché quasi tutta la
storia è dal punto di
vista di Hans, e l’ottima ragione è che mi
identifico molto di più con lui che
con Anna; ma poi mi sono resa conto che proprio perché avevo
sempre dato così
tanto spazio ad Hans era meglio se nell’ultimo capitolo
avessi finalmente dato
voce ai pensieri e alle emozioni di Anna.
E
scusate è così melenso che credo mi sia venuto il
diabete a scriverlo e ho
avuto la tentazione di cancellare tutto otto volte e di non postarlo
perché sì,
insomma, è troppo cheesy per i miei standard. Ma ok, va bene
così, perché
sinceramente non riesco a immaginarmi un altro epilogo.
Quindi
abbiamo una parte in prima persona e un brevissimo 8 anni dopo, otto
anni
perché ogni cosa richiede tempo, perché mi
immagino Hans che torna in tempo per
il trentesimo compleanno di Anna e mi immagino la sua gioia e niente.
Questa
è la fine, grazie per avere letto tutta la storia, grazie a
chi l’ha
commentata, a chi l’ha preferita e a chi ha seguito e basta.
Non è l’ultima
Hans/Anna che scriverò, ma è sicuramente quella a
cui sono più legata.
(Ci
sono così tante citazioni sparse in questo capitolo che io
boh, se le cogliete
tutti siete delle bellissime persone).
E
niente, sono un po’ triste ora.
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