C'è un neo
sul suo fianco.
È davvero
minuscolo, eppure lo sente sotto le dita quando le passa sopra la
pelle, i polpastrelli che appena lo sfiorano. La superficie pallida
tutt'intorno a quel segno rimane liscia solo un momento, poi si
riempe di pelle d'oca, un brivido che scuote il corpo del ragazzo e
lo fa ridacchiare.
Posa il palmo sulla
curva concava della schiena, ma non lo copre, resta ad accarezzarlo
ancora con un pollice, la sensazione dei suoi brividi che lo riempe
di una fierezza particolare, stupida.
Ha la sensazione,
Sousuke, per un solo momento, di essere capace di sconvolgerlo, di
essere memorabile e legarlo a sé, anche se è solo per
la durata di un brivido e della risatina che lo segue.
“Ti ho
svegliato?”
“Non stavi
dormendo?”
Scuote la testa e Ai
solleva la propria per guardarlo, le mani posate sotto la guancia, lo
sguardo assonnato che gli da la risposta che cercava.
"Ho dormito
solo un pochino." ammette, un sorriso sbilenco sul viso. Si
accascia ancora sul cuscino con un verso di soddisfazione, come fa
sempre quando non c'è nessuna fretta e non devono andare
proprio da nessuna parte.
Una domenica mattina
qualsiasi delle loro vite.
"Comincia a far
freddo." commenta, guardandolo dal basso. In momenti come
questo, Sousuke non riesce a smettere di pensare che vorrebbe
protrarre la mattinata per sempre. Oppure allungarla a dismisura, con
movimenti lenti verso la cucina, se proprio devono mangiare,
Aiichirou immerso nel maglione blu che adora rubargli, ma non porta
mai a casa.
L'illusione non dura
che un battito di ciglia, prima di cozzare con la realtà.
Ai non è suo.
È suo ora, mentre allunga le braccia verso di lui come se
fosse lontano chilometri, apre e chiude le mani per dirgli di
avvicinarsi e Sousuke non può fare a meno di piegarsi a quel
volere e nasconderlo sotto la coperta, ben stretto al suo petto.
Lo è ora che
può annusargli i capelli e chiedersi perché abbiano
sempre un profumo diverso, il cambiamento continuo che è quel
ragazzo che lo affascina e spaventa allo stesso tempo.
È suo per il
tempo in cui possono stare soli, per il tempo in cui cammina per il
minuscolo appartamento di Sousuke come se fosse anche suo, la
disposizione degli oggetti mai la stessa perché Ai porta
scompiglio ovunque, con le sue matite e penne e quaderni e peluche
che non sa nemmeno dove tenga prima che compaiano in casa sua.
Ma basta posarci gli
occhi per sbaglio, su una mucca o uno squalo o una creatura marina
poco carina che il ragazzo adora, per illudersi ancora di averlo, di
essere nel posto che lui può chiamare casa.
"Sei sempre
caldo come una stufa." mormora Ai, la pelle fredda che si scalda
al contatto con quella di Sousuke, un nodo di braccia e gambe a
formare una persona sola. Non gli importa di essere soltanto una
stufa, in questo momento, se può stringerlo.
Ai contrasta il
freddo che sente dentro, il freddo che lo invade mentre tenta di
aggrapparsi ancora al sogno, a quel risveglio in cui può
osservarlo e memorizzare ogni parte di lui, fino al più
piccolo dettaglio e neo.
Ai si vergogna dei
suoi nei, Sousuke li trova adorabili e non manca mai di dirglielo
quando ne scopre uno nuovo. Non è una cosa che succede più
molto spesso, ma l'espressione del ragazzo rimane impagabile, il viso
rosso e le mani pronte a spingerlo via, la risata che invade quelle
quattro mura riempendole di una luce che a Tokyo manca.
A volte teme che Rin
torni prima, inaspettatamente, catturando tutte le attenzioni di Ai,
riprendendoselo con la facilità disarmante con cui riesce ad
illuminargli il volto di una felicità che sa non essere capace
di donargli.
Non è un bel
pensiero, quello.
Rin è il suo
migliore amico. Non dovrebbe pensarlo ora, questo, ma concentrarsi
sul ragazzo disteso accanto a sé è difficile, senza
finire a pensare a Rin. Il modo in cui Ai sembra agitarsi
progressivamente prima del suo ritorno, la sua espressione dolce
quando sono al telefono, il modo nervoso con cui si tormenta le dita
quando stanno su Skype e si raccontano cose banali.
Non si immagina
nulla, è palese sotto ai propri occhi e si odia quando arriva
a desiderare che la connessione si stacchi o che ci sia un temporale.
Un dito si posa sul
suo naso, scivolando fino alla fronte e premendovi sopra in piccoli
movimenti circolari.
“Devo
studiare...” mormora Ai, allungando le braccia verso l'alto per
stiracchiarsi. Fa un sorriso buffo, un po' storto per una persona
sempre tanto allegra e gli si accoccola addosso, la guancia sul
petto. “Dopo.”
“Che cosa ti
serve?” domanda, cercando di distrarsi dal battito furioso del
proprio cuore.
“Kawamura.
L'esame è tra una settimana.” biascica il ragazzo, la
voce sonnolenta che suggerisce possa riaddormentarsi da un momento
all'altro.
Non è il
momento di pensare a studiare, pensa Sousuke, circondandolo con le
braccia in una specie di nodo stretto che spera gli impedisca di
fuggire.
“Questo non
voleva dire intrappolami qui,
Sou.” commenta Ai, ridacchiando nella sua spalla. “Non
sono così pessimo.”
La
sua risata lo convince. Un poco, non del tutto, però. C'è
un certo timore, mentre il ragazzo più piccolo scivola via da
quell'abbraccio troppo facilmente, quando si alza e si infila il suo
maglione.
Gli
sta enorme, come tutti gli altri e Sousuke pensa ancora una volta che
è adorabile, così. Suo per il tempo in cui indossa i
suoi vestiti e gli sta accanto, il bisogno devastante di proteggerlo
da un mondo che sembra troppo crudele e freddo per quella visione che
gli scava nel petto.
Lo
trattiene per la caviglia, le dita che si muovono lungo il polpaccio
affusolato, sfiorano appena la coscia fino a trovare un nuovo neo e
premerci un polpastrello.
“Neo.”
spiega, davanti alla sua espressione imbarazzata, le orecchie e le
guance rosse. Sousuke si mette a sedere per posare le labbra su quel
segno e l'altro emette una specie di verso strozzato, coprendosi il
viso con le mani.
“Pervertito.”
È
incredibile riuscire a ridere. Ridere di cuore mentre sprofonda
ancora nei cuscini e lo guarda camminare in tutta fretta fino allo
scaffale.
“Terzo
ripiano.”
“Lo
so!” sbotta Aiichirou, ancora in imbarazzo, tirando verso il
basso il maglione che già gli arriva a metà coscia.
Non
ha mai smesso veramente di nuotare, anche solo per divertirsi. Dice
che l'aiuta a pensare o smettere di pensare, anche. Quando è
preoccupato o stressato per un esame, Sousuke sa dove trovarlo.
Ai
non è mai maturato molto. Le sue spalle sono più larghe
e forse ha preso ancora qualche centimetro, arrivando all'altezza di
Rin. La sua voce si è fatta meno squillante, senza però
perdere la propria energia. È sempre Ai, in tutto e per tutto.
È
sempre bellissimo, ai suoi occhi.
Aspetta
che gli si sieda accanto per accomodarsi con la testa sopra una delle
sue gambe.
“Hai
davvero... Un sacco di roba, qui.” commenta, come se fosse la
prima volta che lo nota. “Pile di disordine.” aggiunge,
in tono più leggero.
Ai non riesce a
trattenere una risatina, fingendosi poi profondamente offeso. Gli
ficca l'indice nella guancia come per punirlo, ma non passa molto
prima che il tocco si trasformi in carezza.
Sousuke chiude gli
occhi, ancora abbastanza assonnato da credere di potersi
riaddormentare.
"Mi piace qui.
Non è molto grande e non affaccia su nulla, ma è caldo.
Ci sei tu."
Il tono di voce lo
costringe a guardarlo di nuovo. Sarebbe molto più semplice
fingere di essersi addormentato, ma sente il rimbombo del cuore
contro il petto, così simile ad un tamburo da temere che
Aiichirou lo senta.
Il ragazzo sta
guardando fuori dalla finestra, le dita immobili, il libro posato in
grembo. C'è l'illustrazione di un pesce orrendo pieno di
spine. Ai gli ha sicuramente detto il nome, ma se l'è
dimenticato.
Sospira e pungola la
pagina per spostarla ed attirare la sua attenzione, ma Ai sembra
ancora triste, perso da qualche parte in cui non può
raggiungerlo.
Resta qui per
sempre. Vorrebbe dirgli.
“Ti manca
Rin?” dice invece, stupidamente, ogni traccia di sorriso
sparita. Torna a tormentarlo la sensazione che stia scivolando via,
anche quando lo guarda e chiude il libro.
Torna ad appoggiarsi
sul cuscino, cercando di ignorare l'atmosfera tetra che sembra aver
invaso la stanza.
“Certo che mi
manca, è in Australia! A te manca tanto?”
Apre e chiude gli
occhi davanti alla sua espressione addolorata, le sopracciglia
corrucciate mentre allunga la mano per posarla sulla sua fronte e
premerla lì.
Ai crede che sia
triste perché Rin gli manca. Come sempre, non pensa nemmeno un
secondo a se stesso, ai propri sentimenti, concentrandosi piuttosto
su di lui.
“Andrai a
vivere con lui dopo la laurea?”
“Questo... lo
stai dicendo per farmi arrabbiare o lo pensi davvero?” domanda
immediatamente il ragazzo più giovane, il viso calmo che
contrasta con il tono secco della frase.
È questo a
zittirlo. Per quella che sembra un'eternità, resta a fissare
la trama del maglione, solo i loro respiri a spezzare il silenzio.
“Sousuke...
noi stiamo insieme?”
Non alza lo sguardo,
non ne ha bisogno per sentire la fragilità della sua voce, per
osservare il tremore delle sue mani ancora ferme in grembo.
“Credi...
credi che... Credi che faremmo l'am...” un respiro che sembra
un singhiozzo e ancora Sousuke testardamente guarda in basso, non per
paura, ma per vergogna. “Credi che faremmo sesso se volessi
Rin?”
Ai centra il punto
con la facilità di qualcuno che conosce paure e speranze
infrante di una persona, gli attraversa il petto come un coltello
incandescente nello stomaco, costringendolo a rannicchiarsi un poco,
come a volerlo proteggere da altre ferite.
Non serve, quando il
veleno sembra avere già infettato quella. È il senso di
colpa immediato del pensare di aver ferito Ai, di avergli causato un
dolore che non pensava possibile, nella sua testarda convinzione di
essere usato e che andasse bene anche così, anche se fa male
respirare, a volte.
“Sono così
disgustoso, ai tuoi occhi? Come puoi... Come puoi toccarmi, pensando
questo?”
Il movimento delle
sue gambe fa scattare Sousuke in avanti, una mano che afferra il
maglione, annaspa per stringerlo, riuscendoci soltanto dopo tre
tentativi. Si aggrappa alla sua vita, il cuore che batte con una tale
violenza da aspettarsi che schizzi fuori dal petto. Ma trova il
coraggio di parlare, le parole che premono per uscire da quelli che
sembrano anni.
“Non c'è
niente da ammirare in me. Ho fallito nel mio sogno, come posso non
pensare che tu preferisca Rin? Come posso pensare che tu voglia
davvero me?” chiede, finalmente.
Ha paura. Vorrebbe
dirlo, quella è solo paura, ma sta bene, davvero bene, quando
riesce a dimenticarsi tutto e stargli accanto in silenzio. Sta bene
quando lo sente suo, sta bene nel riconoscere il proprio profumo,
seppure banale dopobarba, sulla sua pelle.
Non c'è
niente di importante, niente di essenziale quanto quella sensazione.
La paura c'è
solo in momenti come questo, solo quando è insicuro e Rin sta
per tornare.
Aiichirou lo afferra
per le braccia, costringendolo ad affrontarlo, finalmente, gli sale
sopra, placcandolo sul materasso con una forza che non pensava
possedesse.
O forse è
solo Sousuke che è debole. Lo è sempre stato.
“Ammiro Rin!
Lo ammiro tantissimo, sono fiero di quello che ha costruito! È
il nuotatore che avrei voluto essere, se ne avessi avuto l'occasione!
È il mio migliore amico, il tuo migliore amico! Come puoi
pensare che ti faremmo qualcosa del genere! Io o lui, come!?”
sbotta, gli occhi che presto cedono alla rabbia, annebbiandosi di
lacrime.
È orribile
vedere Ai piangere. Non è un viso fatto per questo, non è
una persona che dovrebbe piangere. Eppure non riesce a sollevare di
nuovo le braccia per stringerlo, la testa confusa dai pensieri che
minano ogni certezza e le sue parole che invece rimbombano nel suo
cuore.
“Noi... stiamo
insieme.”
Non c'è tono
interrogativo, in quello, anche se Aiichirou sembra sconfitto, la
testa appoggiata alla sua spalla, la schiena scossa dai singhiozzi.
Eppure sente che quello ha bisogno di una conferma, di una richiesta
di perdono.
“Mi dispiace.”
mormora, la voce sparita chissà dove, troppo debole perché
l'altro lo senta chiaramente.
“Che cos'ho
fatto di male per farti dubitare di noi?” pigola Ai,
spezzandogli il cuore. Gli sembra di soffocare, il bisogno di
contatto che si traduce nel modo quasi violento con cui lo attira al
petto, lo stringe così forte da rischiare di fargli male.
Ma di male ne ha già
fatto abbastanza e può ripararlo solo così.
“È
colpa mia.”
“Sei sempre
stato così forte. Ti ho ammirato così tanto. Ma sono
innamorato di te, sono innamorato del Sousuke che si sveglia
prestissimo per lavorare e mantenersi e riesce a farlo anche se non
ha più il nuoto. Anche se non sarà mai un atleta
olimpionico, anche se non posso ammirarlo nel nuoto. Perché...
Perché non riesci a vederlo?” chiede ancora il ragazzo,
cercando di alzarsi. Lo blocca, le braccia che si richiudono intorno
alla sua figura minuta in una gabbia più efficace.
Non lo sa. Non lo
riteneva possibile, perché da anni non detiene record, da anni
non vince gare, non si fa un nome nel campo dello sport che pensava
gli avrebbe dato un futuro.
“Ho paura che
tu vada avanti senza più voltarti.” ammette finalmente,
sentendo Ai che smette di fare resistenza all'abbraccio, smette di
singhiozzare tanto forte. Il cuore smette di fare male come prima,
una sorta di sollievo che lo invade. “Resta qui.”
Sente Ai che respira
soltanto, grandi respiri presi sulla sua pelle che lo fanno
rabbrividire. Si chiede se riuscirà a farsi perdonare, ma
almeno gli ha chiesto di restare. C'è abbastanza posto per
due, in quell'appartamento, c'è abbastanza posto per
riprendere in mano le redini della sua vita e viverla anche senza
sogni.
Non tutti sono
destinati ad essere l'eroe che uccide il drago, gli ha detto Ai, una
volta. Non vuol dire che non può essere felice. Sono felicità
diverse, aspirazioni diverse.
“Qui è
dove sei anche tu. Qui va' bene.”
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